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San Artoldo

San Artoldo

vescovo di Belley

San Artoldo  (F. Zurbaran)

San Artoldo (in francese Arthaud, Arthold) . Nacque verso il 1101 nel castello di Sothonod, parrocchia di Songieu, in Valromey (Dipartimento francese di Ain, il cui capoluogo è Bourg-en-Bresse) nello stesso anno in cui morì San Bruno. Trascorse la sua gioventù come araldo alla corte di Amedeo III di Savoia (1095-1148), che morì a Cipro durante la seconda crociata. Nel 1120, quasi ventenne, decise di abbandonare i fasti di corte, per entrare presso la Certosa di Portes (Lione), qui egli si distinse in modo particolare e fu ben presto giudicato degno di svolgere importanti compiti pastorali. Nel 1132 fu inviato nella diocesi di Ginevra, per fondare una nuova Casa dell’Ordine Certosino. La prima costruzione, eretta presso il Monte di Colombier, fu distrutta qualche anno dopo da un incendio, allora Artaldo si spostò nella piana di Arvières dove fondò una nuova certosa diventandone priore. Raggiunse ben presto una fama di santità, basti pensare che Papa Alessandro III (1159-1181) intratteneva con lui un rapporto epistolare ove gli confidava i suoi contrasti con l’imperatore Federico Barbarossa. Alla veneranda età di 83 anni, fu poi eletto vescovo di Belley, città francese e capoluogo nel Medioevo di una contea, succedendo al defunto vescovo Reginaldo, ma per evitare la carica Artaldo si nascose in una grotta di una grangia, ma fu poi scoperto e fu costretto nel 1188  ad accettare l’incarico. Compì tutti i doveri di un vescovo in modo esemplare, senza mai smettere  di condurre  le norme di vita di un certosino,  e dopo due anni, nel 1190, riuscì ad ottenere il suo ritiro, a causa della vecchiaia, da Papa Clemente III (1187-1191). Egli potè così rientrare nella sua bramata certosa di Arvières, dove visse santamente altri 16 anni, fino alla sua morte che avvenne il 6 ottobre (stesso giorno e mese di san Bruno) 1206 alla veneranda età di 105 anni!!! Nelle sue ultime parole, consigliò alla comunità di ricorrere allo Spirito Santo per la luce e il conforto, alla Santissima Vergine per la protezione speciale, ed a San Bruno, come modello da imitare . “Crescere nella virtù”, disse loro, “in modo che la santità di questa comunità può durare per sempre, passando per le sue tradizioni del bene a quelli che verranno dopo di voi. Amatevi l’un l’altro, che la carità può essere il legame in ogni momento che vi unisce a tutti in Gesù Cristo “. Prima di spirare disse: “Come il cervo anela alla fonte d’acqua, così l’anima mia anela a te, mio Dio”. Fu sepolto nella sua amata certosa. Le sue reliquie, riconosciute ufficialmente nel 1640, durante la Rivoluzione Francese, vennero affidate alla parrocchia di Lochieu e dopo alterne vicende di sepolture e riesumazioni, dal 13 aprile 1830 sono di nuovo nella suddetta chiesa parrocchiale. Diversi miracoli dopo la sua morte hanno confermato la sua fama di santità e  la sua festa celebrata dai certosini il 7 ottobre, venne estesa a tutta la diocesi di Belley e poi a tutta Europa, da papa Gregorio XVI, con decreto di conferma del culto del 2 giugno 1834. Dopo il Concilio Vaticano II la sua celebrazione è stata spostata al giorno 8 di ottobre.

Preghiera:
Signore, Dio dell’universo, fa ‘che
l’intercessione di San Artoldo ci aiuti
ad affrontare con coraggio le battaglie di
questa vita, per ottenere un giorno
il resto dell’eternità.

Beato Pietro Petroni

BEATO PIETRO PETRONI

beato Pietro_Petroni (D. Crespi)

Nato a Siena nel 1311. In gioventù aveva curato gli infermi e persino i lebbrosi della sua città, prima di entrare, diciassettenne, nella Certosa di Maggiano contro la volontà dei suoi genitori nel 1328. Durante la sua vita Pietro ebbe numerose visioni mistiche e compiva miracoli, o almeno questi venivano attribuiti alla sua intercessione da parte dei fedeli. Ciò gli procurava grande celebrità e venerazione, con tutti i clamori che ne conseguivano. Clamori che non si addicevano, in particolare, alla severità ed anche alla serenità della vita certosina, fatta di silenzio e di raccoglimento. Perciò, il Priore della Certosa pregò il Santo monaco di desistere dalla sua attività taumaturgica e Pietro Petroni obbedì. Non compì più miracoli, per non disturbare la disciplina certosina. E con ciò si confermò religioso veramente esemplare, pienamente degno d’ammirazione e di culto. I chiostri della Certosa non risuonarono più di grida riconoscenti; le folle dei fedeli non si accalcarono più alla porta del monastero di Maggiano sembrò che la luce del miracolo si fosse spenta nel cielo della campagna senese per sempre. Invece una grazia più segreta lievitava dentro quelle  mura che prima o poi avrebbero rivelato le virtù del santo certosino. Affetto da obesità, divenne smisuratamente grosso, e morì ancora giovane, nel 1361. Per le sue dimensioni venne chiamato Petrone, cioè « grosso Pietro», soprannome che è restato, a guisa di cognome, al singolare campione dell‘obbedienza, virtù che vale più dei miracoli. Si racconta che 15 giorni prima di morire, raccontò alcune profezie ad un suo confratello, Gioacchino Ciani, al quale affidò il compito di andare ad avvisare numerose persone tra le quali il Boccaccio (vedi articolo precedente) che se non avessero cambiato la loro condotta di vita sarebbero state condannate all’inferno. Daniele Crespi il noto pittore milanese del Seicento, attivo nella certosa milanese di Garegnano, raffigurò questo monaco con le forbici in mano, poichè si narra che si tagliò l’indice della mano sinistra per rendersi inabile al sacerdozio, del quale non si reputava degno. Si celebra l’8 maggio.

Boccaccio ed i certosini

BOCCACCIO ED I CERTOSINI

Giovanni_Boccaccio_(Andrea_del_Castagno_c_1450)

Voglio raccontarvi qualche aneddoto che riguarda i rapporti di Giovanni Boccaccio con i certosini.

Giovanni Boccaccio (Certaldo o Firenze, giugno/luglio 1313 – Certaldo, 21 dicembre 1375) è stato uno scrittore e poeta italiano, uno fra i maggiori narratori italiani e europei del XIV secolo.

Decameron

Il capolavoro di Boccaccio è il Decameron, (1348 – 1351 o 1353) il cui titolo fu ricalcato dal trattato Hexameron di sant’Ambrogio. Il libro narra di un gruppo di giovani (sette ragazze e tre ragazzi) che, durante l’epidemia di peste del 1348, si rifugiano sulle colline presso Firenze. Per due settimane, l’«onesta brigata» si intrattiene serenamente con passatempi vari, e in particolare raccontando a turno le novelle licenziose. Poiché il venerdì e il sabato non si narrano novelle, queste, disposte in un periodo di dieci giorni come indica in greco il titolo dell’opera (Ta tòn deca emeròn biblìa, ossia i libri (Ta biblìa) delle (tòn) dieci (deka) giornate (emeròn). Quindi il libro è composto da cento novelle. Dopo la composizione del Decameron, inizia un periodo di ripiegamento spirituale e di vocazione meditativa. Boccaccio si dedica appassionatamente allo studio dei classici, scambiando testi antichi col Petrarca, a cui è inoltre legato da un’affettuosa amicizia. Nel 1362, nello spirito del Boccaccio, inciderà fortemente l’ammonimento di un certosino, Pietro Petroni: (recatogli da un altro certosino, Gioacchino Ciani), che poco prima di morire in odore di santità lo aveva esortato a lasciar gli studi mondani, per dedicarsi ad argomenti più ascetici e religiosi, poiché prevedeva per lui una morte imminente. A seguito di ciò forti scrupoli morali lo portarono a meditare persino la distruzione del Decameron , ma il Petrarca in una lettera del 1364 lo dissuase, invitandolo a riflettere sui valori spirituali dell’attività letteraria. Nel frattempo tra le rinunzie e lo studio, tra le strette del bisogno e gli acciacchi dell’età, il Boccaccio è attratto dalla vita napoletana ed ancora due volte si recherà a Napoli, ospite di Niccolò Acciaiuoli. Questi, fiorentino, era il Gran Siniscalco di corte nel Regno di Napoli, magnanimo con i certosini, e fu colui che effettuò il trasferimento dei propri possedimenti ai certosini attraverso una donazione alla quale Boccaccio fece da procuratore. A seguito di tale donazione il 13 febbraio 1342  i certosini si insediarono nella certosa di San Lorenzo a Firenze. Acciaiuoli va ricordato anche come un gran benefattore della certosa di San Martino a Napoli. Nell’ultimo soggiorno di Boccaccio a Napoli, nel 1370, ritenne di avere avuto un’accoglienza inospitale che lo lasciò deluso ed accorato. In quegli anni si diffuse la notizia infondata che il poeta fosse diventato certosino nella certosa di Napoli, al fine di salvarsi l’anima nell’aldilà. Dopo qualche anno nel 1375 malato ed angustiato per la morte dell’amico Petrarca egli morì il 21 dicembre a Certaldo.

Santa Rosellina di Villeneuve

Santa Rosellina di Villeneuve

Oggi, 20 ottobre vogliamo narrare la storia di Santa Rosellina di Villeneuve, la cui ricorrenza per la chiesa è il 17 gennaio, data della sua morte, ma che nel calendario certosino si celebra oggi.Santa Rosellina_di_Villenueve__virgen

Roselina, nacque il 12 gennaio 1263 nella nobilissima famiglia provenzale di Villeneuve, figlia del barone Arnaldo des Arcs e di Sibilla di Sabran, i quali le dettero una educazione cristiana.
La santità si può rendere evidente in una persona, in tutte le età, è la Provvidenza che dispone e con Roselina fu davvero precoce, biografi amanti del meraviglioso, raccontano che mentre portava del cibo preso di nascosto per un povero, fu sorpresa da suo padre, che le chiese cosa portasse così accortamente, ella rispose che erano fiori e aprendo il grembiule, mostrò effettivamente un fascio di rose.

Si consacrò a Dio, all’età di 25 anni, nella certosa di Bertaud nella diocesi di Gap in Francia e qualche anno dopo venne scelta come priora nella certosa di Celle-Roubad nel Fréjus; il fratello Hélion de Villeneuve fu un grande benefattore di questa certosa, facendo costruire a sue spese una chiesa consacrata dal vescovo di Digne, Elzeario.
Roselina morì il 17 gennaio 1329, all’età di 66 anni, e sepolta nel cimitero della certosa pur avendo fama di santità; il fratello Hélion dopo qualche giorno fece trasferire il corpo nella chiesa, dove si verificarono numerosi miracoli sulla sua tomba.
Nel 1607 fu effettuata una traslazione e le reliquie furono sistemate in una tomba di marmo bianco, in una cappella a lei dedicata. È patrona della città francese di Draguignan, la sua festa si celebra il 17 gennaio nelle diocesi di Gap e Fréjus.

Nel 1614, il corpo di Roselina risultò essere prodigiosamente intatto. La notizia di questo prodigio si diffuse in tutta la regione, fu così che nel 1660 il re Luigi XIV di passaggio in quei luoghi, volle far constatare dal suo medico di fiducia Antoine Vallot lo strano fenomeno. Il dottore vedendo gli occhi di Roselina particolarmente brillanti volle premere su quello sinistro, il cui corpo vitreo schizzò come vivo!!!

Sainte-Roseline-reliquiario occhi

Dopo aver subito numerose traslazioni, e verifiche sullo stato di conservazione delle spoglie, oggi il reliquiario degli occhi, e la cassa di vetro dove riposa il corpo della beata Roselina è esposto alla vista dei fedeli e dei turisti nell’antica cappella della certosa di Celle Roubaud, divenuta Chappelle Sainte Roseline.

Sainte-Roseline cassa di vetro

Preghiera

Signore Dio, per il vostro amore, Santa Roselina
disprezzava le lusinghe del mondo per
appartenere solo a Te,
concedici, come a lei, di disprezzare
i beni del mondo, per partecipare con
gioia alle ricchezze celesti.


Lettera d’Oro

Lettera ai fratelli di Mont-Dieu

(«Lettera d’oro»)

La lettera d'oro immagine

Guglielmo di Saint Thierry (Liegi, 1075 circa – Signy, 8 settembre 1148) è stato un teologo e filosofo francese.

Grande figura di mistico e di teologo alle origini dell’ordine cistercense, Guglielmo scrisse questa lettera a una comunità di monaci certosini di    Mont– Dieu suoi amici, per trasmettere loro i più alti insegnamenti sulla contemplazione divina.

Vi proponiamo un passo nel quale si elogia la spiritualità certosina.

” Ai fratelli del Monte di Dio, che irradiano nelle tenebre dell’Occidente e nel gelo delle Gallie la luce dell’Oriente e quel celebre antico fervore dei monaci dell’Egitto – vale a dire l’esempio della vita solitaria e il modello della comunità celeste – corri incontro, anima mia, e corri insieme a loro nella gioia dello Spirito Santo e col sorriso nel cuore, col favore della carità e con tutto l’ossequio di una volontà devota”.

Per scaricare il testo completo della “Lettera d’Oro”:

clicca qui

“Dies Natalis”

DIES NATALIS

Domenica 6 ottobre 1101

morte san bruno

Dopo aver ricordato le sue diverse età a partire dalla infanzia e narrato il corso di tutta la sua vita, degno di sapienza e di dottrina, e dopo aver professato la propria fede nella Trinità, il Santo morì e fu seppellito nella spelonca ove aveva passato parte delle sue giornate. Il suo successore, il Beato Lanuino, fu sepolto accanto a lui, nella medesima fossa. Il terzo Maestro dell’Eremo di S. Maria fece trasferire le due salme nella chiesa dell’Eremo. Dopo la sua morte gli eremiti di Santa Maria della Torre, conforme un uso molto diffuso nell’epoca per i personaggi illustri, con una lettera circolare indirizzata alla Sede Apostolica e all’intera chiesa, annunciarono la morte di Bruno e chiesero suffragi. che consegnarono ad un “rolligero” perché la diffondesse nelle contrade d’Europa, incaricandolo, al tempo stesso, di raccogliere testimonianze e suffragi sull’opera e la personalità del santo. Il “rolligero” era così chiamato perché portava con sé un rotolo di pergamena costituito da una serie di pergamene tra loro cucite, della larghezza di 25 centimetri, racchiuse in un cilindro di legno o di metallo che veniva portato appeso al collo. su cui venivano riportate tali testimonianze. Il monaco, raccolse 178 “Titoli funebri”, brevi elogi nei quali la figura di Bruno appare nella sua interezza, dall’epoca dell’insegnamento nella scuola cattedrale di Reims sino al periodo calabrese, essi ci hanno tramandato dati preziosi sulla fisionomia spirituale di Bruno.

Il Papa Leone X autorizzò, il 19 luglio 1514, il culto di San Bruno, con una sentenza orale (vivae vocis oraculo), e il 17 febbraio 1623 Gregorio XV ne estese il culto alla Chiesa universale, da celebrarsi nell’anno liturgico il giorno 6 d’ottobre.

Gli eremiti di Santa Maria della Torre

Alla Sede apostolica e all’intera chiesa

(ottobre‑dicembre 1101)

Anzitutto, noi, umili eremiti del monastero calabrese di Santa Maria, Madre di Dio, il cui fondatore e superiore è stato, finché è vissuto nella carne, il padre Bruno, veneriamo e salutiamo con la dovuta sottomissione colui che crediamo primate e capo nella chiesa e che confessiamo presule della Sede apostolica, e tutta l’alta curia, e annunciamo la morte del nostro santo padre Bruno, avvenuta il 6 di ottobre, affinché questi sia aiutato presso Dio dai loro meriti e dalle loro preghiere.

Salutiamo anche l’intera chiesa santa, nei suoi ordini e nelle sue professioni religiose: canonici, monaci, eremiti, le sante vergini che si sono votate a Dio.

A tutti costoro ci prostriamo spiritualmente con la nostra persona, affinché vogliano ricordarsi del nostro padre defunto. Così, se quell’anima amata avrà qualche macchia ‑ poiché non c’è giusto che non pecchi ‑, grazie ai numerosi intercessori e alle incessanti preghiere essa sia cancellata, ed egli passi al riposo eterno.

Supplichiamo, inoltre, che alle comunità e alle persone religiose, di qualunque luogo, che fanno memoria di lui non dispiaccia di scrivere espressamente il loro nome in calce a questa lettera. In particolare, però, siano scritti coloro che volessero impegnarsi per iscritto a celebrare annualmente la sua memoria, affinché, pur secondo il poco di cui siamo capaci, contraccambiamo a ciascuno come si conviene.

Perché, inoltre, sappiate con quanta fiducia e con quale certa speranza della sua liberazione voi effonderete le vostre preghiere, vi rendiamo noto il suo transito con alcune brevi parole, affinché dal modo in cui quest’uomo santo si è spento voi possiate comprendere la verità e la perfezione della sua vita passata.

E così, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo convocato i suoi fratelli, ricordò le diverse età della sua vita, a partire dalla sua stessa infanzia, e narrò il corso di tutta la sua esistenza, onorevole per sapienza e dottrina. Poi espose, con un ampio e profondo discorso, la sua fede nella Trinità, e concluse: “Credo anche ai sacramenti, ai quali la santa chiesa crede e che essa venera; e, in particolare, che il pane e il vino che vengono consacrati sull’altare sono, dopo la consacrazione, il vere corpo del Signore nostro Gesù Cristo, la sua vera carne e il suo vero sangue, che noi riceviamo in vista della remissione dei nostri peccati e della speranza della salvezza eterna”. La domenica successiva, il 6 ottobre dell’anno del Signore 1101, quell’anima santa fu sciolta dalla carne. Pregate per lui e per noi peccatori.

Affidiamo il nostro fratello, portatore di questa lettera e in viaggio per obbedienza, alla vostra carità. State bene!

Le testimonianze che seguono, sono una selezione tra tutti i 178 Titoli funebri raccolti, testimonianze che culminano nel giudizio dei suoi compagni dell’eremo calabrese nel quale il santo il 6 ottobre 1101  conobbe il suo dies natalis: «Bruno fu lodato per molte cose e soprattutto per una. / Fu un uomo equilibrato in vita, un uomo speciale in questo. / Era sempre festoso in volto, modesto nel parlare. / Con la severità del padre mostrò l’affetto di una madre. / Nessuno lo sentì grande, ma mite come un agnello. / In tutto in questa vita fu un vero israelita. / O Dio, liberalo dalle pene e donagli il paradiso» (PL 152: 554).

MEMORIE E SUFFRAGI IN MORTE DI SAN BRUNO

Titolo dell’eremo della Chartreuse, nei pressi di Grenoble

Anche noi, fratelli della Chartreuse, miseramente privati di consolazione più di tutti gli altri, non possiamo stabilire che cosa faremo per la sua anima amata e santa. I meriti dei suoi benefici nei nostri confronti, infatti, vincono qualunque cosa noi possiamo e siamo in grado di fare. E così preghiamo senza fine per lui come per il nostro unico padre e signore; e ogni consuetudine che è in vigore presso di noi quanto a messe o ad altre pratiche spirituali per i defunti, la celebreremo in ogni tempo, quali figli, per la sua anima.

Titolo di Santa Maria di Blyes

Non bisogna piangere né affliggersi per la morte del padre. Non è morto Bruno, che ha scelto come sua porzione l’unico [necessario]. Dio la ha sottratto [al mondo] e una santa moltitudine lo ha accolto come compagno.

Versi di scolari

Se qualcuno non sa chi è stato Bruno, / per un solo istante venga qui, se desidera apprenderlo: / egli fu giusto, estremamente sapiente e uomo pieno di grazia. / E, d’altra parte, a nessuno è stato di danno imparare di che cosa egli sia stato capace. / A lui offriamo le nostre devote preghiere e preghiamo il nostro Padre / che sfuggendo all’ira egli ottenga il riposo. / Se Bruno visse come si pensa che sia vissuto, / viva in eterno e goda della sede del paradiso. / Egli era il fiore dei padri, consolazione e gloria dei fratelli, / cercatore del vero, amante della legge divina. / Era sentiero di giustizia, fonte e origine della sapienza, / luce, specchio del mondo, sublime sommità di ogni cosa, / bastone di quelli che cadono, dolce sollievo dei miseri. / Il suo animo non veniva meno nelle avversità, né si inorgogliva nelle prosperità. / Egli non visse per sé, ma per il mondo, che governò bene. / Non questi ora lo piange, ma lo piange la vita, che è stata spogliata di questo eremita. / Non ha avuto bisogno della vita colui che ha vissuto non per sé ma per il mondo. / E, per dirla in breve: chi può parlarne in modo esauriente? / Quanto Febe a Febo, quanto tutti gli altri astri alla Luna, / altrettanto il mondo intero sta davanti a te, o gallico Bruno.

Titolo di Santa Maria della Metropoli di Reims

Quest’uomo, pari a Elia e a Giovanni Battista, / fu amico dell’eremo e amante della bontà. / Simile ad Abramo, visse nel timore di Dio e nella fedeltà. / Avendo seguito, come Pietro, i comandi del Signore, / abbandonò ogni cosa e aderi, povero, a Cristo. / Preferì vivere povero in Cristo che ricco nel mondo / osservando così in pienezza i comandamenti di Dio. / E mentre la morte tutto ciò che è del mondo lo porta via con sé, / sottraendo lui al mondo lo ha unito alle realtà celesti. / Noi, poi, imploriamo dal Signore la sua misericordia / affinché se a un padre così grande è rimasta attaccata / un po’ di polvere del mondo, Dio, fonte di misericordia, la tolga

Titolo di Sant’Ilario di Poitiers

Gli eremiti contemplino il corso della vita di Bruno: / egli, mentre osservava il mondo che era nel suo pieno vigore / e che ingannava quanti erano suoi / ma senza contaminarsi con il peccato del mondo, / e mentre diminuiva di valore di fronte a se stesso e non conosceva le ripugnanti gioie [mondane], / aderendo a Cristo si separò da questo mondo. / Bruno, felice eremita, è stato privato di questa vita; / ha raggiunto il Signore, poiché alle sue parole ha conformato le azioni. / Non piangiamo, dunque, colui che vediamo esser migrato in tal modo.

Titolo del cenobio di San Massimino di Micy

Bruno, dotto salmista e famosissimo filosofo, / che la sua Gallia dovrebbe mirabilmente seppellire, / ora, come ci vien detto, è sepolto nelle campagne della Calabria. / Morto a questa vita nei tempi stabiliti, / egli passi a quella vita che è stata stabilita oltre ogni tempo.

Titolo di San Pietro di Neuchâtel

Finché visse in questa vita, questo felice eremita, / detto Bruno buono, in ogni cosa nostro patrono, / nella città in cui visse fu immagine vivente / della vera giustizia, dottrina, sapienza, / e, dando un esempio per quanti avevano raggiunto l’età della ragione, / edificò una costruzione che previde non sarebbe andata in rovina, / una sede eterea che rimane per tutti i secoli, / nel più alto dei cieli, ove il fedele Bruno gioisce. / Contemplando la vita di lui e imitandone i costumi, / innalziamo, tutti, una preghiera ‑ quella di cui siamo capaci ‑ / affinché egli, che è così degno, così veritiero, così benevolo, / effondendo preghiere per noi nella sua grande intercessione, / confidando in Colui nel quale, lieto, gioisce nel più alto dei cieli, / faccia gioire anche noi e ci faccia dimorare con lui.

Titolo della chiesa di Santa Maria di Spalinga, di San Nicola di Angers

Sul mondo rifulge lo splendore del sole; e rifulgendo / oltrepassa e supera i brillanti astri del cielo. / Allo stesso modo anche Bruno, solo tra gli astri dei franchi, / rifulse di così grande sapienza da essere quaggiù / fiore tra tutti e fonte per i filosofi. / Fiore bellissimo era, ed era fonte profonda. / Da lui è scaturita per tutto il mondo una così grande sapienza / che tutti quelli che egli ammaestrava li rendeva filosofi. / Fu splendore nel parlare e luce per la vita di fede. / La sua vita di fede è dappertutto assai conosciuta, / e dal suo insegnamento son stati resi sapienti tanti / che né la mia mente lo può sapere né la mia penna scrivere. / Secondo il suo esempio vi sono molti uomini di fede e seguaci e discepoli della croce. / Egli ha preso la croce di Cristo e ha abbandonato ogni cosa / e rinnegando se stesso è stato di vero giovamento a sé. / Ricco, famoso, abile nel parlare e generoso, / nel mondo brillò, ma non cercò di piacere a se stesso. / Il mondo e i suoi beni e l’autorità mondana / non gli furon cari, ma da tutto ciò egli si tenne lontano. / Nessun amore o onore [mondani] furon di danno a lui che cercava Dio, / ma, anzi, cercando Dio fuggì in esilio. / Era esule dalla patria e ottenne le protette dimore di Maria, della quale fu figlio. / Fortunato esule era, colui che la Vergine Maria accolse. Ella gli offra rifugio e aiuto. / Il Figlio eterno, che ebbe un’integra nascita, divenga per lui porto. / Egli sia per te certa salvezza!

Ai fratelli religiosi del luogo che è chiamato “della Torre” e che servono Dio con fervore, Lamberto abate e tutta la comunità di San Nicola: salute e affetto. Partecipando con viscere di carità al vostro dolore e alla vostra desolazione, rallegrandoci con il venerabile Bruno ‑ poiché egli, crediamo, è passato da questo mondo al Padre ‑ e sciogliendo il debito che abbiamo verso questa morte gloriosa soddisfiamo in abbondante misura le vostre giuste richieste e i vostri desideri acconsentendo a che la sua memoria sia scritta nel martirologio tra i nomi dei nostri fratelli e che si celebri un perpetuo ricordo di lui.

Titolo della chiesa di Santa Maria e di Sant’Adelmo, di Malmesbury

Questo buon atleta, la cui celeberrima vita qui viene narrata, / riceve testimonianza di come fosse degno di lode. / Se egli, infatti, è vissuto come la presente lettera dice / e se fu generoso, pieno di fede e casto, / se fu austero per sé, ma largo nel dare ai poveri, / se calpestò le ricchezze e disprezzò i piaceri, / se fu colto nel parlare e contenuto nei costumi, / è necessario che io dica qualche parola, che io mi affatichi per dire di più? / Colui che ha fatto tante opere buone ha già, ormai, raggiunto il cielo; / ormai, per i suoi meriti, gli è dato in cambio il cielo pieno di stelle. / Ora, dunque, Bruno si rallegra e aderisce all’Uno. / Bruno ha ricevuto l’Uno, lui che ha abbandonato molte cose. / E quest’Uno è, tuttavia, la sola realtà che eccelle su tutte le altre. / E poiché quaggiù è utile imparare quale grande guadagno esso sia, / parlerò molto brevemente e con poche parole insegnerò apertamente: / egli ha ricevuto Cristo, dolce consolazione di ogni fatica! / Cosa giova, dunque, che noi scriviamo dei versi per lui? / Penso, invece, che gli sia di utilità se dico [a Dio per lui]: “Abbi pietà! “. / E poiché nessuno è senza il neo del peccato, / se egli ha qualche peccato, tu, o Dio, che sei buono, cancellalo.

Titolo della chiesa di Santa Maria di Rouen

Siano in lutto gli ordini dell’intera chiesa santa, / piangendo per l’irreparabile danno del genere umano. / È morto al mondo colui che ha vinto l’onore mondano, / il padre Bruno, fondatore di una santa [forma di] vita monastica, / la cui così grande purezza di costumi testimonia una vita di fede tale / che non è possibile paragonarlo a nessun altro. / Egli fu sapiente, uomo nobile, rifulgente per la sua indole, / dissetatosi alla fonte di ogni sapienza. / Mentre risplendeva in lui viva la virtù dell’onestà, / grazie alla quale ha potuto meritare la gloria celeste, / calpestando le ricchezze e disprezzando tutti gli onori, / con il suo piede schiacciò la stolta ambizione del mondo / e fondò, con grande cura, una santa [forma di] vita monastica. / Lasciandosi alle spalle il mondo ed evitandone la gloria, / scelse piuttosto di vivere una vita nascosta. / Ma, sebbene umile eremita, risplendette per i suoi meriti, / poiché nessuno può narrare la perseveranza della sua magnifica vita di fede, / come pure gli atti della sua compassionevole bontà. / Perciò, lasciato da parte tutto ciò, ci dedicheremo alle preghiere / e invocheremo con animo devoto il sommo Padre / affinché l’esimio padre goda della luce della vita / e, da giusto, sia unito alle moltitudini dei giusti.

Noi, canonici della chiesa della città di Rouen, celebreremo ogni anno l’anniversario del venerabile Bruno.

Titolo di San Giorgio di Bayeux.

Fiore degli eremiti, luce mirabile, splendida stella, / Bruno, vigore dei padri, norma, regola dei fratelli, / modello di vita celeste e fonte di sapienza, / ha raggiunto quella meta a cui si arresta ogni vita. / Ti abbiamo scritto nell’elenco dei fratelli, o eccelso padre, / effondendo per te con animo devoto assidue preghiere, / affinché per la misericordia di Dio ti sia concesso di aver parte al riposo.

Fonte: http://www.certosini.info