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Dionigi il certosino: “La carità fratena”

Dionigi il Certosino

Dal Trattato

La vita e lo scopo dei solitari

La carità fraterna

“Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche

voi fatelo a loro”. Questo comportamento ci fa amare il

prossimo come noi stessi. Quando incitiamo i confratelli a

compiere il bene e li aiutiamo in tal senso, quando ci

rattristiamo dei loro errori con la medesima partecipazione

con cui noi stessi desideriamo raggiungere il bene ed evitare

il male, allora li amiamo veramente. Ad una condizione,

tuttavia: che quest’amore sia in Dio, a causa di Dio e per

giungere a Dio.

I segni di rancore tra i fratelli sono giusto il contrario;

com’è proprio dell’amore unire l’uno con l’altro, donarsi e

donare le proprie cose, affidarsi all’altro come a se stessi,

così la mancanza d’amore causa divisione, fa invidiare il

bene altrui, rifiuta di accogliere e condividere; non riesce a

7 Mt. 7, 12

scorgere il positivo nell’altro e prova dispiacere e disgusto in

ogni cosa che può fare colui che si detesta.

L’amore nasce dalla somiglianza e la somiglianza

proviene dall’unità. Aristotele ha scritto che uno è nutrito e

fortificato dal suo simile; perciò vivere e agire nel medesimo

modo sviluppa e conserva l’affetto nei cuori. Tant’è che sta

scritto: Ogni essere si accoppia secondo la sua specie;

l’uomo si associa a chi gli è simile. E sant’Ambrogio

asserisce che niente è tanto conforme alla nostra natura

quanto amare il proprio simile. Chi desidera, dunque,

mantenere un’amicizia duratura con qualcuno deve adeguarsi

ai suoi medesimi gusti e comportamenti, evitare ciò che

rischierebbe di offenderlo o contrariarlo, per non ledere la

santa carità, tranne ovviamente che ci sia una ragione seria

per farlo. Così l’amore si mantiene, cresce e divampa.

8 Sir. 13, 16

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