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“Cristianesimo vissuto” di F. Pollien capitolo XXII°terza parte

”Cristianesimo vissuto”

Consigli fondamentali dedicati alle anime serie

Terza parte : Il lavoro

Capitolo XXII: Maria piena di grazia

Maria è piena di grazia; e questa pienezza è il vero motivo della sua grandezza. Come potrò farti comprendere qualcosa di questa pienezza e di questa grandezza? La S. Vergine ha una grazia che è per lei, che le è propria e che la fa Madre di Dio. E questa grazia unica e singolare è così grande che da sé sola sorpassa tutte le grazie riunite insieme che furono accordate agli Angeli ed ai Santi. Calcola, se puoi, ma non lo potrai mai, calcola almeno quanto puoi, il numero infinito di grazie attuali distribuite in tutti i secoli, l’estensione immensa di grazia santificante profusa negli Angeli e nei Santi. Tutte le grazie comunicate nei secoli passati e tutte quelle che saranno comunicate nei secoli futuri, tutte insieme, come ti dissi, costituiscono la pienezza della Chiesa.
Ebbene, la sola grazia data a Maria per farla Madre di Dio, è più grande di tutto questo. Per conseguenza Maria è da sé sola un prodigio di santità più grande di tutti gli Angeli e i Santi riuniti insieme. Dopo il suo divin Figliuolo, ella è la più perfetta delle opere di Dio. Che grandezza! Per ciò è che i Santi e i Dottori hanno cercato a gara di lodarla, e cose meravigliose hanno detto di lei. Non finiscono di cantar lodi, di porgere felicitazioni, e di espandersi in acclamazioni in suo onore. E che cosa hanno potuto dire? Nulla che sia degno di lei, poiché le lingue degli Angeli e degli uomini riunite non diranno mai una grandezza, che è al dì sopra di loro tutti. Quando parlassi le lingue degli Angeli e degli uomini, non avrei ancor detto nulla di lei.
Tu vedi come, per quest’elevazione, Maria è la Regina degli Angeli e degli uomini. Ma tale ella è ancora per un altro titolo, più immediato, in un senso, e più effettivo. Infatti ella possiede inoltre, per comunicarla, tutta la pienezza di grazia, che è propria della Chiesa. Tutte le grazie che fanno gli Angeli e i Santi, Maria le possiede, ne ha il dominio, e da lei le riceve l’intera Chiesa degli Angeli e dei Santi. Maria è la distributrice universale delle grazie. Non c’è nessuna grazia che non venga dal suo cuore, e che non passi per le sue mani. Tu ed io, come tutti i santificati di tutti i tempi, tutto riceviamo da lei. Comprendi quindi come ella è, in modo pratico e vivo, la Regina del cielo e della terra? Infine tutti i movimenti del cielo e della terra, si compiono unicamente per comunicare la grazia; perciò ubbidiscono alla S. Vergine, che è distributrice delle grazie. Vera Regina e Signora, al cui volere tutto obbedisce, per portare agli Angeli ed agli uomini le grazie, di cui ella è la proprietaria e la dispensatrice!
Per questo secondo titolo, Maria sarebbe già più grande di tutti gli Angeli e i Santi, poiché non solo possiede ciò ch’essi ricevono, ma distribuisce da Regina e da Signora quello ch’essi ricevono quali servitori. Che sarà adunque, se a questa pienezza che è incaricata di distribuire, tu aggiungi quella che ha per se stessa e che è incomparabilmente più grande? Oh! dimmi, trovi la tua madre abbastanza grande? abbastanza degna delle tue lodi, del tuo rispetto, del tuo amore e della tua confidenza? Ti ho detto la sua grandezza: ma ti dirò la sua bontà? Pensa che questa seconda pienezza ella non l’ha che per comunicarla. La prima la fa Madre di Dio. La seconda la fa Madre degli uomini. È Madre, e non si può dir di più. È tua Madre; cosa vuoi che dica ancora? Vieni e salutala Madre del tuo Dio e Madre tua. Salutala in quell’incomparabile pienezza che la fa Madre di Dio, ed ama ripeterle con l’Angelo quel saluto che tu ora troverai più bello: “Ave, Maria, piena di grazia”. Salutala in quella pienezza che la fa Madre degli uomini, e dille quell’invocazione che le rivolge la Chiesa: “Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi”.
Non aggiungo altro: di fronte a questa grandezza di Maria, io sento il bisogno di contemplare in silenzio. Che cosa potrei dire che sia degno di lei e di te? Tu pure hai bisogno di prostrarti nel silenzio della meditazione, e le espressioni mancheranno alla tua venerazione e la tua venerazione non troverà parole per esprimersi. È pur grande Maria, Madre di Dio! È pur dolce e buona Maria, Madre tua! Io lascio che tu ora la veneri e la preghi: lascio che veneri la sua grandezza, preghi la sua bontà. Lascio che la veneri in quella pienezza di grazia, per cui è Madre di Dio; che la preghi, a motivo di quella pienezza, per cui è Madre tua. Lodala, porgile felicitazioni per quella grazia incomparabile, che la fece Madre di Dio; non la loderai mai abbastanza. Pregala, invocala, per ottenere da lei le grazie che ella possiede per te. Non l’invocherai mai abbastanza. Lode a Maria, preghiera a Maria: debbono essere i due atti incessanti del tuo amore per lei. Ella è la Madre dei tuo Dio: come non lodarla? Ella è la Madre tua: come non pregarla? E questi due sentimenti di lode e d’invocazione sono così bene espressi in quella preghiera, che è la più bella dopo il Pater, quella preghiera che tu ami già tanto, ma che amerai ancora di più. Ave Maria. Ti saluto, o Maria… ecco la lode. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi… ecco l’invocazione Oh! quando saprai recitare l’Ave Maria!

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“Cristianesimo vissuto” di F. Pollien capitolo XXI°terza parte

”Cristianesimo vissuto”

Consigli fondamentali dedicati alle anime serie

Terza parte : Il lavoro

Capitolo XXI: Le tre pienezze della grazia

Ma che cosa è in sé quest’influsso della divina bontà, con cui Dio ti unisce a sé e ti fa vivere della sua vita? È questo il più grande dei misteri di Dio, poiché la grazia è la più grande delle cose che abbia create. Essa è anche una creatura di Dio, perché fu creata da Dio. È la più grande ed è la prima che sia stata creata. La prima di tutte le cose create è la sapienza, dice la S. Scrittura. Quello che la Scrittura chiama “Sapienza creata” è la grazia nella sua generalità completa, nella sua pienezza universale. Dio ha posseduta questa sapienza fin dall’inizio delle sue vie, prima ancora di creare qualunque altra cosa. Perché la grazia fu la prima cosa creata? Rammenta il piano di Dio. Lo scopo della creazione è l’unione delle anime a Dio, per la sua gloria e per la loro felicità. Il mezzo che attua questa unione è la grazia; la grazia attuale che la prepara, la grazia santificante che la stabilisce. Le altre creature sono i veicoli della grazia. Non era forse necessario che il gran mezzo d’unione esistesse prima dell’uomo che doveva essere unito? prima delle creature che dovevano esserne gli strumenti? Essa fu dunque creata la prima; e a misura che Dio ha fatto e continua a fare gli altri esseri, essa si espande in essi. Simile al fluido magnetico, s’insinua, per così dire, nelle creature destinate ad essere i suoi strumenti, affinché tutto il movimento degli esseri creati possa convergere alla formazione delle anime cristiane.
Sai qual è il più grande capolavoro della grazia? È Gesù Cristo. In lui vi è la più perfetta unione dell’uomo con Dio, poiché Gesù Cristo è Dio e uomo, è il figlio di Dio fatto uomo. In lui la natura umana è talmente unita alla natura divina, che non esiste se non una sola persona. E cos’è che fece tale unione? È la grazia. È essa che unì l’umanità del Salvatore alla divinità del Verbo. Che grazia! Da sola essa sorpassa tutte le grazie riunite insieme. Cosi Gesù Cristo ha in se stesso e per se stesso una prima pienezza di grazia, che in qualche modo si può chiamare infinita, la grazia mediante la quale si operò il mistero dell’Incarnazione.
Dopo questa prima pienezza, che è propria del Figlio di Dio, ce n’è un’altra che le si avvicina molto, ed è quella che fece la Madre di Dio. Incomparabile pienezza anche questa! poiché dopo il prodigio del Figlio di Dio fatto uomo, il più gran portento è la Vergine fatta Madre di Dio. E per compiere questo portento della Vergine fatta Madre di Dio, ci volle una pienezza di grazia che non fosse troppo discosta dalla prima pienezza. È questa pienezza che tu saluti con l’Angelo, dicendo a Maria: “Ti saluto, piena di grazia”.
Infine ce n’è ancora una terza, ed è quella che è destinata a fare i figli di Dio. Gli Angeli e i Santi sono chiamati a formare tutti insieme un solo corpo che si chiama la Chiesa. E per formare questo corpo, esiste una pienezza di grazia, che è la pienezza propria della Chiesa. Ogni membro del corpo della Chiesa, vale a dire, ogni Angelo ed ogni eletto, attinge in questa pienezza la parte di grazia che gli è necessaria, per occupare nel corpo il posto che gli è destinato. È a questa terza pienezza che tu pigli parte, e da essa appunto ricevi la parte di grazia che ti fa cristiano.
Così eccoti tre pienezze di grazia: l’una propria di Cristo, l’altra propria della sua Madre, la terza propria della Chiesa. La prima ha fatto l’Uomo-Dio, la seconda ha fatto la Madre di Dio, la terza fa la Chiesa di Dio. Di queste tre pienezze la seconda è maggiore della terza, e la prima è maggiore delle altre due. Così la grazia che ha fatto Gesù Cristo Uomo-Dio, è maggiore di quella che ha fatto Maria Madre di Dio, maggiore di quella che nella Chiesa fa i figli di Dio e maggiore delle due riunite.
Da sé solo e per sé solo Gesù Cristo possiede una pienezza di grazia incomprensibile ed incomunicabile. Ma nello stesso tempo possiede la pienezza propria di Maria e la pienezza propria della Chiesa.
Difatti egli meritò per la sua Madre la grazia insigne ch’ella ricevette da lui, e guadagnò tutte le grazie che comunica alla sua Chiesa. Grazia attuale e grazia santificante, tutto viene da lui. Egli pertanto ha da sé solo la pienezza assoluta ed universale della grazia. È il santo di Dio per eccellenza, è la Santità personificata, è l’essere Santo che porta il nome di Figlio di Dio. È a lui che devi ricorrere, come alla fonte d’ogni vita, se vuoi vivere cristianamente. Quanti tesori egli tiene in serbo per te! È lui, sono i meriti della sua Passione, che spandono la grazia attuale, nelle creature che ne sono i canali. Per lui e pei meriti suoi la grazia santificante viene infusa nell’anima tua e in tutte le anime. Ama dunque Gesù Cristo, studialo, seguilo. Egli ti farà cristiano. Accostati con confidenza al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovare i soccorsi di grazia proporzionati ai tuoi bisogni.

Dossier certose attive: Marienau

Dossier certose attive: Marienau

La certosa di Marienau, è l’unico complesso monastico certosino esistente in Germania. Essa si trova nella regione del Bad Wurzach ((Baden-Wuerttemberg). La sua fondazione è abbastanza recente, difatti essa risale al 1964 quando fu costruita per ospitare una comunità proveniente dalla certosa di Hain. Da allora, in questo moderno complesso si svolge regolarmente la vita monastica, attualmente vi sono trentacinque monaci di dodici diversi paesi, essa risulta essere la certosa più popolata tra quelle attive. La certosa di Marienau è circondata da un fitto  bosco, e da un muro alto due metri e mezzo e lungo 1250 metri, che consente la separazione dal mondo e la salvaguardia della clausura.

La nostra visita alla certosa tedesca si avvale oltre che delle consuete fotografie, di un video (in lingua tedesca) frutto di un reportage televisivo degli anni 80, con una intervista al priore dell’epoca Dom Felix Bissig, che ci racconta la vita in certosa.  Oltre alle immagini degli ambienti, vi sono delle rare fotografie in bianco e nero, che testimoniano le procedure funebri durante la morte di un monaco e la relativa sepoltura, tale funzione potrete apprezzarla anche nell’ultima parte del prezioso video.

Per informazioni e contatti

Buona Visione

VIDEO

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“Cristianesimo vissuto” di F. Pollien capitolo XX°terza parte

”Cristianesimo vissuto”

Consigli fondamentali dedicati alle anime serie

Terza parte : Il lavoro

Capitolo XX: La grazia santificante

Ogni volta che ti comunichi effettivamente, cioè, unisci la tua volontà a quella di Dio, si produce un’effusione di Dio in te, che è la grazia santificante, poiché S. Tommaso definisce la grazia santificante un influsso della divina bontà nell’anima, la quale per questa comunicazione diventa simile e gradita a Dio, e degna della vita eterna. È questa grazia che fa la santità, e perciò si chiama santificante.
Vi è sempre una preparazione, un adattamento necessario perché questa grazia possa essere infusa nell’anima. Infatti finché l’anima è lontana da Dio, l’influsso della grazia non può prodursi. Bisogna pertanto ch’essa sia vicina a Dio, affinché egli possa effondersi in lei. Così, per il battesimo, il bambino vi è portato e disposto dalle sollecitudini della Chiesa. L’adulto vi si accosta lui stesso, sotto l’influsso di quella grazia attuale, che ho cercato di farti comprendere. Appena l’anima è vicina a lui, Dio si effonde in lei, si comunica a lei, e quest’infusione misteriosa della grazia santificante fa si che l’anima viva di Dio; essa ha la vita di Dio in se.
Questa prima unione è affatto gratuita; non puoi in nessun modo meritarla. Puoi e devi disporti a riceverla, non con le sole tue forze certamente, poiché la grazia attuale ti è già data per questo, ma devi collaborare con la grazia. Quando sei disposto, Dio entra in te, per un puro atto della sua bontà, e piglia possesso dell’anima tua. Egli è in te e tu in lui; egli è tuo e tu sei di lui, egli vive in te e tu vivi in lui. Ecco la vita cristiana.
Quando Dio è così in te, ogni volta che si fa un nuovo incontro della tua volontà con la sua, cioè, ogni volta che fai un atto di conformità alla sua volontà, si compie un nuovo ravvicinamento. e in questo ravvicinamento una nuova effusione. In tal modo la grazia aumenta, e Dio penetra nell’anima tua e ne prende possesso per trasformarla, soprannaturalizzarla e divinizzarla. Ecco come si fanno i cristiani e i Santi.
Tu hai già capito che ogni particolare dell’azione di Dio reca una grazia attuale; adesso vedi che ogni incontro della tua volontà con quella di Dio, produce un aumento di grazia santificante; vedi dunque quante grazie! Che cosa ti manca ancora, dal momento che l’azione di Dio è da per tutto con la grazia attuale, e da per tutto puoi incontrare la volontà di Dio e trovar nella sua unione la grazia santificante? Pensa alla quantità dei movimenti prodotti nelle tue facoltà da tutto ciò che ti tocca interiormente ed esteriormente… e in tutti questi movimenti si trovano grazie attuali; perché non ne approfitti? Pensa alla facilità che hai d’unire la tua volontà a quella di Dio, che trovi dappertutto, nel tuo dovere e in tutte le cose che si devono accettare; perché non fai quest’unione? Se non diventi un cristiano e un Santo, la colpa è cento volte tua.
L’eccitazione della grazia attuale è già un movimento della vita; codesto scotimento che porta la luce nella mente, il calore nel cuore, la forza nelle potenze, ti aiuta in modo singolare a far ciò che devi. Ma quando la grazia si spande nell’anima tua, allora è la vera vita, la vita di Dio, che fa vivere l’anima tua. Si spande anche nella mente, nel cuore e nei sensi, e dovunque porta la vita divina. Essa, l’anima tua, fino a che le tue facoltà siano intieramente unite a Dio, senza alcuna deviazione, il che è l’apice della perfezione. E allora qual gloria gli rendi! Il tuo essere gli è interamente consacrato, dato, dedicato; tu vivi di lui e vivi per lui. Allora inoltre qual felicità per te! Tu godi di Dio, godi in Dio; e gusti veramente e vedi quanto è soave il Signore

Lettera di Bernardo di Chiaravalle a Guigo

Lettera di Bernardo di Chiaravalle a Guigo

Oggi voglio proporvi la lettura di questa meravigliosa lettera scritta da Bernardo di Chiaravalle a Guigo I (1109-1136) quinto priore della Grande Chartreuse. Abbiamo già visto, come i due erano legati da profonda amicizia, testimoniataci dal dipinto realizzato nel 1623, da Vicente Carducho e raffigurante la visita di Bernardo alla Grande Chartreuse avvenuta nel 1123. Successivamente i rapporti tra i due si consolidarono pur rimanendo principalmente epistolari. La lettera oggetto della mia proposta, e contraddistinta nella raccolta di epistole con il numero undici, ed è quella che  Bernardo scrive al priore certosino tra il 1124 ed il 1125, ovvero quando ha all’incirca trentacinque anni e con una dozzina di anni di vita monastica all’attivo. In questo testo indirizzato a Guigo, egli comincia ad introdurre il concetto inerente i quattro gradi dell’amore, che approfondirà nell’opera “De diligendo Deo” (Dio dev’essere amato). E’ letteralmente sublime l’intero contenuto del testo, che vi riporto e sul quale vi consiglio di meditare approfonditamente avvalendovi di questa analisi esplicativa a cui vi rimando. Epistola di San Bernardo

Epistola XI, ad Guigonem priorem et caeteros Cartusiae Major. religiosos.

Ho ricevuto con profonda gioia la lettera di vostra santità, che da tempo desideravo ardentemente. L’ho letta e quante erano le sillabe che avvicendavo sulle labbra, altrettante scintille avvertivo nel cuore; con esse s’è riscaldato entro di me il mio cuore, come con quel fuoco che il Signore ha mandato sulla terra. O quanto arde in quelle meditazioni un fuoco da cui sprizzano siffatte scintille.

Il vostro saluto infiammato e infiammante mi è stato, a dir la verità, così gradito e lo è tuttora, come se non provenisse da un uomo, ma proprio da colui che manda il saluto a Giacobbe, come dice il salmista. Ritengo, infatti, di non aver ricevuto uno di quei saluti che si è soliti ricevere per via, di passag­gio, occasionalmente; mi sono vista venire incontro una benedizione cosi gradita e imprevista che pareva uscire dalle viscere della carità. Benedetti dal Signore, voi che avete avuto cura di prevenirmi con benedizioni di una tale dolcezza e che, scrivendo per primi, avete infuso al vostro figlio la fiducia per rispondere; già da tempo vi anelavo, ma non avevo il coraggio di scrivervi. In realtà temevo di scomodare con importuni scrittarelli la quiete santa che godete nel Signore, di interrompere anche per un momento quel costante e sacro vostro silenzio riguardo alle cose del secolo.

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Godo per me, godo per voi, per l’utilità che ne ricavo, per la sincerità che voi manifestate. Infatti, è vera e sincera carità quella che certamente sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera; è la carità che ci fa amare il bene del prossimo come il nostro. Perché chi ama di più o addirittura in esclusiva il proprio bene, si espone ad essere giudicato di non amare il bene a modo, perché lo ama per la propria utilità, non per la sua natura. E un uomo siffatto non sa obbedire al Profeta, che dice: Celebrate il Signore, perché è buono. Dunque c’è chi loda il Signore perché è buono con lui, non perché è buono in sé. Perciò apprenderà che è diretto a lui il rilievo disonorevole che parte dal medesimo Profeta: Ti loderei quando gli avrai fatto del bene.

Vi è chi loda il Signore, perché è potente, vi è chi lo loda perché è buono con lui, e v’è infine chi lo loda perché semplicemente è buono. Il primo è un servo e teme per sé; il secondo è un mercenario, e brama per sé; il terzo è un figlio e s’affida al padre.

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Sia chi teme sia chi brama, entrambi agiscono per se stessi; solo la carità che risiede nel figlio non cerca il suo interesse. Perciò credo che di essa sia stato detto: La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima, perché è la sola che può allontanare l’anima dall’amore di sé e del mondo e dirigerla verso Dio. Non sono né il timore né l’interessato amore personale a convertire l’anima. Chi li sente muta volto o comportamento, ma non muta mai il sentimento intimo.

Un’azione gradita a Dio la fa talvolta anche il servo, ma poiché non la fa volontariamente, si rivela dimorare ancora nella sua durezza di cuore. La fa anche il mercenario; ma poiché non la fa se non in vista di un compenso, si rivela guidato dalla bramosia personale.

Insomma dove c’è riguardo alla proprietà persona­le, là c’è tendenza all’egoismo; dove c’è tendenza all’egoismo, lì c’è isolamento; ma dove c’è l’isolamento, lì indubbiamente ci sono sporcizia e corruzione.

Rimanga perciò al servo come sua legge propria il timore, dal quale è incatenato; rimanga al mercenario la sua cupidigia, da cui è inceppato quando ne subisce l’assalto e la seduzione. Ma di questi sentimenti nessuno è senza macchia o riesce a convertire le anime. È la carità a convertirle, perché dà loro la libera volontà.

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Direi che l’amore è immacolato in chi si abitua a non conservare nulla del suo. Per chi non ha nulla di suo, tutto quello che ha è di Dio; e poiché è di Dio, non può essere impuro. Dunque la legge immacolata di Dio è la carità che cerca non ciò che sia utile al singolo, ma ciò che lo è di molti. Ed è chiamata legge di Dio, sia perché ne vive egli stesso, sia perché nessuno può possederla se non per dono di lui.

Non sembri paradossale ciò che ho detto, che anche Dio vive sotto una legge, perché essa altra non è che quella dell’amore. Infatti, nella somma e beata Trinità, che cosa conserva quella somma e ineffabile unità se non l’amore? L’amore è legge dunque, è legge del Signore, legge che lega e tiene stretta in unità la Trinità nel vincolo della pace.

Ma nessuno pensi che a questo punto io consideri la carità come una qualità o un qualche accidente — altrimenti direi, e non se ne parli neppure — che in Dio vi è qualcosa che non è Dio. Invece, la carità è la sostanza stessa divina, il che non è né nuovo né insolito, dato che Giovanni dice: Dio è amore.

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Che io sia spinto dal tuo Spirito, o Signore Dio mio, sì che possa rendere testimonianza al mio spirito di essere uno dei figli di Dio, dato che per me la legge è la stessa che per te, e come tu sei, così sono anch’io in questo mondo. Quelli che fanno come dice l’Apostolo, ossia che non hanno alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole, costoro stanno indubbiamente in questo mondo nella stessa maniera come vi è Dio, e non sono servi o mercenari, ma figli.

Eppure non sono figli senza legge, tranne che qualcuno non la pensi diversamente perché è scritto: La legge non è fatta per il giusto. Ma bisogna sapere che altra è la legge promulgata dallo spirito di servitù nel timore, altra è la legge concessa dallo spirito di libertà nella dolcezza. A quella non sono sottoposti i figli, ma senza questa soffrirebbero.

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Buona legge e soave è la carità, che non solo è lieve e dolce da portare, ma rende sopportabili e leggere anche le leggi dei servi e dei mercenari. Queste, peraltro, non le distrugge ma fa in modo che si completino, come dice il Signore: Non son venuto per abolire, ma per dare compimento alla legge. La carità addolcisce quella, regola questa, leviga l’una e l’altra.

La carità non sarà mai senza timore, ma sarà un timore santo; mai senza desideri, ma ben regolati. La carità dà compimento alla legge del servo, quando infonde la devozione; e porta a compimento la carità del mercenario, quando regola la bramosia.

Perciò la devozione frammista al timore non lo annulla, ma lo santifica. Viene soltanto tolta l’idea del castigo, senza la quale la legge non poteva sussi­stere finché riguardava esclusivamente i servi; ma il timore rimane nei secoli dei secoli, però casto e filiale. Perciò, nella frase: L’amore perfetto scaccia il timore bisogna intendere che la causa è presa al posto dell’effetto; si allude alla pena, la cui idea non manca mai al timore servile, come ho detto.

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Così la bramosia è regolata a dovere dalla soprag­giungente carità, in quanto il male viene eliminato in assoluto, e al bene è preferito il meglio; anzi il bene non è desiderato se non in vista del meglio.

Quando per grazia di Dio questo risultato sarà pienamente raggiunto, sarà amato il corpo e ogni bene del corpo, ma solo in vista dell’anima, l’anima in vista di Dio, Dio infine per se stesso. Ma siccome siamo fatti di carne e nasciamo dalla concupiscenza della carne, è necessario che in noi tale bramosia — o l’amore incipiente — nasca dalla carne. Se questa è diretta nel giusto ordine, avanzando per gradi sotto la guida della grazia, alla fine sarà assimilata allo spirito. Infatti, non vi fu prima ciò che è spirituale, ma quello che è animale, e poi lo spirituale, ed è necessario che prima rechiamo l’immagine dell’essere terrestre e poi quella del celeste.

Da principio quindi l’uomo ama se stesso per se stesso. Egli è carne e non è capace di intendere nulla fuori di sé. Quando vede che con le sole sue forze non può sussistere, per mezzo della fede comin­cia a ricercare e ad amare Dio, in quanto a lui necessario. Perciò in un secondo momento ama Dio, ma in vista di sé, non in vista di lui.

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Quando, sotto la spinta della propria necessità, l’uomo comincia ad onorare il Signore e a frequentarlo con la meditazione, la lettura, la preghiera, l’obbedienza, ecco che, in conseguenza di tale familiarità, Dio a poco a poco insensibilmente gli si rivela e gli comunica la sua dolcezza. Allora, dopo aver gustato quanto è dolce il Signore, l’uomo passa al terzo grado, cioè ama Dio non in vista di sé, ma in vista di lui.

Per lo più si rimane a questo grado, e non so se in questa vita sia possibile realizzare pienamente il quarto grado, dove l’uomo ama se stesso solo in vista di Dio. Se qualcuno lo ha sperimentato, ce lo dica; a me, lo confesso, ciò sembra impossibile.

Ma questo accadrà sicuramente quando il servo buono e fedele sarà introdotto nella gioia del suo Signore e saziato dell’abbondanza della casa di Dio. Allora, come ebbro, meravigliosamente dimentico di sé, quasi cessando di appartenersi, si sprofonderà tutto in Dio e aderendo a lui, sarà con lui un solo spirito.

“Cristianesimo vissuto” di F. Pollien capitolo XIX°terza parte

”Cristianesimo vissuto”

Consigli fondamentali dedicati alle anime serie

Terza parte : Il lavoro

Capitolo XIX: L’imperturbabilità

Se tu hai l’intelligenza di quest’adorabile mistero della tua volontà divina nascosta dappertutto, se sai fare questa comunione, di cui cerco d’insegnarti il segreto, non ci può essere per te nessuna sventura.
Infatti tutto quello che il mondo chiama avversità e disgrazie, come quello ch’esso chiama fortuna e felicità che cosa è in realtà? Non è che una scorza, una superficie, un’apparenza; è l’esteriore della vita. Lì sotto sta nascosta una sostanza, che è l’interno, il midollo della vita: cioè la volontà di Dio. Fare il volere di Dio è tutto il cibo dell’anima; nessuna cosa la nutre tranne questo. Ma quanto le è anche vantaggioso questo cibo! Unendosi alla volontà di Dio, l’anima s’ingrandisce, la sua vita si sviluppa, tutte le sue facoltà s’innalzano fino a poter glorificare Dio.
Tu ora sei serio e vuoi vivere ad ogni costo: vivere, cioè, crescere, dilatarti, per raggiungere la meta per cui fosti creato. Il solo bene che ti attrae, perché infatti è il solo tuo bene, è l’ingrandimento del tuo essere per la gloria di Dio. Ora questa grandezza cristiana, che t’incanta, tutto te la conferisce: il dolore quanto, e spesso più ancora della gioia. La volontà di Dio è dappertutto Ecco perché sei sempre felice. Dovunque trovi Dio che lavora al tuo ingrandimento servendosi delle sue creature.
Che importa a te un po’ di piacere o un po’ i sofferenza? Queste son sciocchezze da nulla per un cuore che vuol vivere!…
E guarda che pace in questo cuore! Una pace che nulla turba, nulla altera e nulla interrompe. Una pace che è sempre la medesima, calma nella gioia, più calma ancora nel dolore. Una pace che accoglie tutti gli avvenimenti e tutti i doveri con la stessa serenità perché tutti le recano il medesimo nutrimento e il medesimo profitto. La pace cristiana!
Un’assoluta imperturbabilità! ecco il vero stato del vero cristiano. Dopo la gloria di Dio non c’è cosa tanto grande quanto la pace dell’uomo, come cantarono gli Angeli sulla culla di Betlemme. Oh! Quanto fa bene l’essere cristiano! Nulla vale questa pace, e questa uguaglianza d’anima io t’auguro di gustarla.
L’uomo che pone lo scopo della sua vita nel suo piacere, che vede la ragione della sua esistenza nella felicità di cui può godere, e che è incessantemente occupato nel conseguimento di questa felicità attraverso le creature, quest’uomo, dico, è continuamente infelice; perché ciò che pensa essere la parte principale della sua vita, gli sfugge sempre. Tu ancora non conosci che assai poco i mali di questa vita; ed io ti auguro di non conoscerli mai.
Hai or ora veduto come si effettua l’imperturbabilità nella vita umana individuale. Vuoi vedere ora come si effettua nella vita sociale? Non vi sono mestieri sciocchi, ma c’è della gente sciocca, dice un proverbio volgare. Che profondità di senso cristiano e di buon senso racchiude questo proverbio! Infatti un mestiere qualunque, una condizione sociale qualsiasi, dal momento che è voluta da Dio per il bene generale, contiene la sua volontà tutta intera. La condizione di capo di uno Stato non la contiene più di quella dello spazzino. Dio vuole delle condizioni sociali diverse, pei diversi bisogni della società; ma per quanto varie siano tali condizioni, tutte indistintamente non contengono che un’identica sostanza, che dà ad esse il loro valore, cioè, la volontà di Dio. In qualunque grado della scala sociale ci si trovi, unica cosa essenziale è fare la volontà divina.
Il mondo, con la sua vanità fallace, non sa apprezzare che le esteriorità delle distinzioni sociali; compiange o disprezza quelli che sono in basso, ed invidia quelli che sono al vertice della scala sociale. Il cristiano, il quale sa che la volontà del Signore non è più in alto che in basso, stima colui che è in basso tanto ricco e privilegiato quanto quello che è alla sommità. Non stima, non invidia, non ambisce che la sola cosa che abbia un valore per lui, la volontà del suo Dio. Ed egli sa di averla tanto in basso quanto in alto. Vedi un po’ se un S. Benedetto Labre, che si santificò mendicando, non ebbe una situazione tanto privilegiata, quanto quelle dei Papi, che regnarono mentr’egli mendicava, e che non furono come lui canonizzati?
Ecco attuata, nella più estesa diversità delle funzioni sociali, la divina e vera, e profonda uguaglianza delle anime. Nessuno può lagnarsi che Dio sia stato con lui avaro, poich’egli ha assegnato a la sua volontà, per condurli tutti alla sua gloria per questa via. Cosicché è profondamente vero che non c’è mestiere sciocco. Ma, ohimè! quanta gente sciocca! quanta gente la cui insipienza non apprezza che l’esteriorità delle cose, e non si pasce che di apparenze! Dunque qualunque sia il tuo mestiere, ricordati ch’esso non sarà mai sciocco, e studiati di non esserlo mai tu stesso: il mezzo lo conosci.

Saper ascoltare, il silenzio e… non solo

Saper ascoltare, il silenzio e… non solo

Saper ascoltare il silenzio, è di certo una prerogativa essenziale inseguita dai monaci certosini finalizzata alla ricerca di Dio. Questa pratica è, sviluppata all’interno dell’eremo nella solitudine della cella, con il cuore la mente e lo spirito nella quies, condizione ideale per potersi porre in ascolto. Ma la loro ricchezza spirituale viene come sappiamo raggiunta gradualmente, pertanto essi sono in grado di poter offrire preziose indicazioni fondamentali per il raggiungimento della pace interiore. Quest’ultima è da noi, estranei alla clausura, ricercata a tentoni, difatti non riusciamo ad apprendere la dote privilegiata dei certosini, ovvero la comprensione del linguaggio del silenzio. Pertanto, per poter raggiungere un apprezzabile equilibrio interiore, bisogna saper andare alla ricerca del proprio sé, intraprendendo un viaggio dentro di noi attraverso la meditazione, la quale ci educa al silenzio ed all’ascolto interiore. Ma prima ancora di poter ascoltare il nostro sé, dovremmo saper ascoltare il prossimo, si ma come?

A tal proposito voglio offrirvi una meravigliosa testimonianza scritta di un padre certosino anonimo, il quale ci elargisce un insegnamento credo fondamentale, a cui tutti dovremmo attenerci per poter come loro progredire gradualmente.

«Per comprendere l’altro è necessario entrare nel suo universo, saper guardare con i suoi occhi, sentire con i suoi sentimenti, essere lui per compenetrazione e simpatia. Occorre abbandonare momentaneamente i propri pregiudizi, le proprie inclinazioni personali, le proprie idee a priori, il proprio paesaggio familiare. Tutto ciò infatti rende selettiva la nostra attenzione filtrando ciò che ci viene dall’altro e riducendolo in definitiva all’immagine che noi abbiamo di lui. Lasciare da parte ogni preoccupazione di affermare se stessi, di curiosità, di critica»

Questo insegnamento, del saper ascoltare l’altro prima del silenzio, ci appare dunque come una virtù che ogni uomo dovrebbe poter acquisire per la propria trasformazione spirituale. Ed ancora, come non rimanere insensibili verso i moniti dispensatici da Lanspergio!!! «Nella solitudine, l’uomo si purifica e si conserva puro; conosce se stesso ed impara ad amare Dio. Nella solitudine impara ad amare Dio, ad unirsi a Lui. Colui che ha il gusto della solitudine, ha il gusto di Dio. Là tutte le cose del mondo diventano straniere all’uomo…Ben pochi sanno amare e conoscono questa solitudine. Se gli uomini avessero uno sguardo più profondo, scorgerebbero quale tesoro si racchiude in essa e tutti vi accorrerebbero…Conserva il silenzio, cerca sempre luoghi e tempi favorevoli per dimorare solo, evita la familiarità degli uomini. Dimora con assiduità nel santuario interiore» Opera Omnia (tomo IV). Gradirei che la vostra attenzione si soffermasse sull’analisi dell’ultima frase; Conserva il silenzio.. ovvero non privartene mai per non impoverirti. Cerca sempre luoghi e tempi favorevoli per dimorare solo, qui Lanspergio fa riferimento alla fondamentale importanza della propria forza di volontà che deve emergere sempre. L’esortazione conclusiva .. evita la familiarità degli uomini. Dimora con assiduità nel santuario interiore, si riferisce alla ferma capacità di evitare condizionamenti che possano interferire nella ricerca del nostro equilibrio interiore. Credo e spero che  voi tutti vogliate concordare con me, nel ritenere questi scritti fonti inesauribili di saggezza, un vero tesoro da cui attingere per l’arricchimento spirituale.

“Cristianesimo vissuto” di F. Pollien capitolo XVIII°terza parte

”Cristianesimo vissuto”

Consigli fondamentali dedicati alle anime serie

Terza parte : Il lavoro

Capitolo XVIII: La vera comunione

Se, per un privilegio impossibile, il Papa ti accordasse la facoltà di portar sempre con te un ciborio pieno di ostie e di comunicarti quante volte vuoi, la tua vita sarebbe un continuo rapimento. Ora quello che il Papa non ti accorderà mai, te lo accorda Iddio. Tu hai sempre con te la volontà di Dio, in tutto quello che hai da accettare e da fare. Accetta e, fa’; accetta e fa’ la volontà di Dio ed è ogni volta una nuova comunione. E in certo modo è meglio d’una comunione sacramentale, poiché è una comunione effettiva, una comunione essenziale della tua volontà con quella di Dio. Ti ho detto che fai la comunione sacramentale unicamente come mezzo per attuare questa unione effettiva della tua volontà con quella di Dio. Infatti perché ti comunichi e ricevi Gesù? Per accrescere in te il suo amore. E il suo amore che cosa è, se non l’unione della tua volontà con la sua? La tua comunione sarebbe sterile, se non producesse l’amore. La comunione piena, efficace e vera è dunque l’unione della tua volontà con quella di Dio. Oh! quante belle cose svela la fede!… quando la si ha!… Bisogna però convenire che la fede illuminata e viva non è cosa comune, oggi soprattutto!
Ma osserva anche le conseguenze. Se la tua fede non è ancora così viva da farti vedere la volontà di Dio nel sacramento delle cose da accettarsi e da farsi, essa tuttavia è abbastanza illuminata da farti sapere che Nostro Signore è tutt’intero in ciascuna ostia e in ogni parte d’ostia, tutt’intero in una piccola come in una grande, in un frammento come in un’ostia intera. La differenza di dimensioni e di accidenti dell’ostia non modifica in nulla la presenza reale di Gesù Cristo. Ti comunichi tanto con una piccola ostia, quanto con una grande, con una metà come con una intera, e vedi che il sacerdote raccoglie con lo stesso rispetto e uguale venerazione anche le minime particelle consacrate.
Ebbene lo stesso è della volontà di Dio. Essa è sempre intera, sempre la medesima, in tutte le cose da farsi e da accettarsi, piccole e grandi. Perché dunque disprezzi le piccole cose? La volontà di Dio è forse meno pregevole, perché ti dà una piccola cosa da fare o da sopportare? Dio non è forse Dio egualmente dappertutto? Se tu lo disprezzi nelle piccole cose, è questo un modo di attestargli la tua fede? Perché fai tanta differenza, se non perché in fondo non è la sua volontà che tu cerchi, ma il tuo capriccio? Se vuoi essere cristiano, non far tante distinzioni. Se vuoi comunicare con la volontà di Dio, essa è lì tutt’intera nelle piccole cose come in quelle grandi, nelle circostanze spiacevoli come in quelle che ti possono dare consolazioni. Se tu la disprezzi, è perché non hai fede; se la disconosci, è perché sei un cieco; se la trascuri, è perché sei un codardo; se te la metti sotto i piedi, è perché sei uno scellerato.
Se sapessi comunicarti, vale a dire, unir la tua volontà a quella di Dio, non ti occorrerebbe molto tempo per essere un cristiano; poiché questa comunione può essere di tutti gli istanti, e in tutte le cose Ö Ah! se tu sapessi!… Suvvia, dunque! di’ risolutamente col Salvatore, che d’ora innanzi il tuo grande e sostanzioso cibo sarà il fare la volontà di colui che t’ha inviato in questo mondo, fino al perfetto compimento dell’opera, per cui t’ha creato.

“Cristianesimo vissuto” di F. Pollien capitolo XVII°terza parte

”Cristianesimo vissuto”

Consigli fondamentali dedicati alle anime serie

Terza parte : Il lavoro

Capitolo XVII: La volontà di Dio

Accettare e fare, ecco la tua vita: accettare per fare il tuo dovere, è il cammino della vita cristiana.
Questi due elementi devono sempre stare uniti, completarsi l’uno con l’altro, e intrecciarsi in modo da formarne uno solo. Del resto essi sono veramente uno. Difatti sia in quello che accetti come in quello che fai, non c’è che una cosa che abbia pregio, e che dia vita alla tua accettazione come alla tua azione, ed è la volontà di Dio. Che cosa accetti? quello che vuole Dio. Che cosa fai? quello che lui vuole.
Accetti e fai, perché lui lo vuole. Nell’uno e nell’altro caso è la sua volontà che ti spinge; quella tu vedi, ami e segui. Il dovere non sarebbe il dovere, se in non ci fosse la volontà di Dio; la tua accettazione sarebbe vuota di senso, se tu non abbracciassi il beneplacito divino. Ecco un paragone che ti farà comprendere meglio.
Dimmi in un’ostia consacrata, che cosa è che valore per te? la specie sacramentale o quello che è nascosto sotto le specie? Quando ti comunichi è l’ostia in sé che ti preme di ricevere, oppure Nostro Signore nell’ostia? Non è forse vero che questa per te non ha valore, se non perché contiene il tuo Dio?
Un’ostia non consacrata non è che un pezzo di pane, e tu non te ne curi. Un’ostia consacrata invece contiene il tuo Dio, ed è ciò che adori con maggiore amore. Tu sei felice di comunicarti!…
Ora le cose da accettare e il dovere da compiere sono veri sacramenti ed ostie, che contengono la volontà di Dio, cioè, Dio: poiché la sua volontà è lui; e per te egli non è così presente in nessun altro luogo come là dov’è la sua volontà, come presto ti farò vedere. Se tu non cerchi questa volontà nel dovere e nell’accettazione, queste cose sono per te assolutamente vuote, vuote come un’ostia non consacrata: e dovere ed accettazione non hanno maggior valore d’una comunione con un’ostia non consacrata. Ma se vai al tuo dovere per trovarvi la volontà di Dio, e se nelle disposizioni della Provvidenza accetti la volontà di Dio, allora è la vera comunione, l’unione piena, l’amplesso della tua volontà con quella di Dio.
Ed è in ciò la vera comunione, di cui la stessa comunione sacramentale è un mezzo. Infatti comunione significa unione comune, comune unione dell’uomo e di Dio. Ora l’unione con Dio si opera soprattutto sotto forma di un’unione morale, vale a dire, di volontà. L’unione tra Dio e l’uomo si compie quando la volontà dell’uomo s’unisce a quella di Dio. Per conseguenza, allorché la tua volontà incontra quella di Dio e vi aderisce, si fa una comunione. E l’unione fra te e Dio non può compiersi in altro modo; perciò vedi che Dio per te non è presente in nessun altro luogo come là dov’è la sua volontà: non puoi incontrarlo che là. Il luogo del tuo incontro con lui è dunque il dovere e l’accettazione, perché li vi è la sua volontà. È lì che la sua volontà attende la tua, per unirsi ad essa. E se tu la vedi e l’abbracci, ti comunichi realmente, poiché entri in unione con Dio. Ma se non la vedi, sei come un infedele in presenza del SS. Sacramento. Questi non sa affatto quello che c’è nella santa ostia, la quale per lui non è che una cosa senza significato. E lo stesso succede del dovere e degli avvenimenti della vita pel cristiano cieco, che non sa adorare in essi la volontà di Dio. Va’ dunque alla scuola di Dio per cercare la volontà di Dio, e sarai in comunione con Dio.

Dom Ludolfo di Sassonia

Dom Ludolfo di Sassonia

Ludolfo (Landolfo) di Sassonia o il Certosino, nacque a Strasburgo nel 1295 cominciò la sua vita religiosa in un convento domenicano dove laureatosi in teologia vi rimase per diciotto anni. Dopo questa esperienza egli decise verso il 1340, di chiedere di essere ammesso alla certosa di Strasburgo per dedicarsi ad una vita più ritirata e ascetica, la sua richiesta viene accolta e comincia così il periodo di noviziato. Solo tre anni dopo il suo ingresso tra i certosini, Ludolfo per le sue spiccate qualità viene nominato priore della certosa di Coblenza (1343-1348), per poi passare nel 1348 dopo essersi volontariamente dimessosi alla certosa di Magonza.  Successivamente, ma in una data imprecisata, egli ritornerà alla certosa di Strasburgo dove finirà i suoi giorni il 10 aprile del 1377. Cari amici come vedete le notizie biografiche di Ludolfo sono scarne, ma bilanciano la sua immensa fama dovuta alla diffusione della sua principale opera composta in latino: la Vita di N. S. Gesù Cristo”. Questo testo fu letto moltissimo, diffondendosi presto in tutta Europa molto prima della invenzione della stampa, successivamente, fu infatti stampato per la prima volta a Strasburgo nel 1474. Ludolfo con questa meravigliosa opera viene considerato unanimemente come il primo biografo di Cristo. In Italia la Libreria Fiaccadori di Parma ne pubblicò una versione italiana di F. M. Faber, in otto volumetti, (1871-1873), considerevole è anche il dato che nel 1880 vi erano 88 edizioni in vari formati e varie lingue. Il libro è diviso in due parti con un totale di 181 capitoli e, in ognuno di essi, si trovano una breve presentazione di una particolare parte della storia della salvezza cristiana, una interpretazione e una preghiera finale. Quest’opera è stata definita una summa evangelica,con  una serie di dissertazioni dogmatiche e morali, istruzioni spirituali, meditazioni e preghiere, in relazione alla vita di Cristo, dalla nascita alla sua Ascensione. Per avere idea della potenza degli scritti di questo scrittore certosino, bisogna menzionare un episodio realmente accaduto e testimoniato. La lettura de la “Vita di N. S. Gesù Cristo”, ha contribuito in maniera fondamentale alla conversione di Ignazio di Loyola che conosciamo essere il fondatore della Compagnia di Gesù, ma vediamo come e perché.

La vicenda che vi racconto si svolse nel 1521 allorquando l’allora giovane soldato Ignazio si recò a Pamplona in difesa della città assediata dalle truppe di Francesco I di Francia. Nel corso di questi cruenti combattimenti, il 20 maggio un episodio apparentemente “casuale”, stravolge il corso dell’esistenza del soldato Ignazio, poiché un colpo di cannone lo ferisce gravemente fracassandogli la gamba destra e ferendogli più lievemente la sinistra.

A causa di queste ferite egli è costretto ad una lunga degenza nel castello paterno, dove subirà due dolorose operazioni alla gamba che rimase inevitabilmente più corta dell’altra, rendendolo zoppo per tutta la vita. Durante la lunga convalescenza, in mancanza dei suoi romanzi preferiti di cavalleria, ebbe l’occasione di leggere numerosi testi religiosi dedicati, in particolare, alla vita di Gesù e dei santi. Tra questi, quello che lo folgorò particolarmente fu appunto il libro di Ludolfo di Sassonia, nel quale rimase emozionato circa le vicende della passione di Nostro Signore. Iddio comincia dunque ad operare la crescita spirituale dell’anima turbolenta del giovane soldato ferito.

Fu altresì entusiasmato dalla lettura delle gesta dei santi, è ciò fece si che fu pervaso dalla Grazia della vocazione inaspettata, combattendo inizialmente contro le vanità materiale che fatalmente lo attraevano. Fu una lotta molto dura, ma Ignazio affidandosi alla Vergine si arrese alla volontà di Dio. In questo combattimento, poi vinto, ha inciso profondamente il testo scritto da Ludolfo, ed assorbito da Ignazio poiché viene amplificato e  reso sacro l’importante sacrificio umano di Nostro Signore Gesù Cristo. La Provvidenza servendosi dello strumento offerto da Ludolfo ha permesso di regalare a noi tutti quel Sant’Ignazio di Loyola, che sarà il grande protagonista della Riforma cattolica nel XVI secolo, e che a sua volta formerà notevoli e numerosi discepoli. Si narra inoltre che Ignazio dopo la sua conversione ed un suo pellegrinaggio a Gerusalemme, avesse avuto il desiderio di diventare certosino, ma fu dissuaso da un priore da lui consultato. Concludo questo articolo con un profondo suggerimento di Ludolfo!!!