“Sul Disprezzo del Mondo”
De contemptu Mundi
A conclusione di questo mese di ottobre gradisco offrirvi una preziosa elegia sotto forma di orazione parenetica, dal titolo “Sul disprezzo del mondo”. Questa poesia, secondo Dom Du Puy, Priore Generale dell’Ordine certosino dal 1503 al 1521, è da attribuire a san Bruno. Sarebbe uno scritto composto intorno al 1050, quindi in età giovanile da Bruno, diligente studente, che già aveva una particolare visione e idea, appunto sul disprezzo del mondo. Dom Du Puy, senza fornire elementi documentabili, ha inserito questo testo in una sua opera scritta nel 1515: “Vita Beati Brunonis primi institutoris Ordinis Cartusiensis”.
Vi offro, tradotto dal latino, il testo, che appare sublime ma semplice, poiché nell’XI secolo si conoscevano e si veniva attratti dagli autori greco-latini, ma si era ben lontani dal concepire testi classicheggianti e raffinati tipici del Rinascimento.
Dio creo tutti i mortali
per godere della loro gentile compagnia.
Chi sempre a Dio i suoi pensieri invia
sfugge felice ai peggiori mali.
Beato quello che errori sì fatali
piange con pena notte e dì
perché infausta e pazza fantasia
è non pensare che vi sian pene infernali.
Chè se è di fede il morire e l’inferno
chi è così pazzo, chi così sventurato
da non temere il morire e condannarsi?
Se l’uomo deve morir e non è eterno,
viva per vivere, chè il suo bene è misurato
solo in salvarsi o non salvarsi.
Analisi del testo
Iddio ha creato tutti i mortali nella luce, affinché mediante i loro meriti possano conseguire le supreme gioie del Cielo. Felice di certo è colui che incessantemente tiene la mente rivolta lassù, e, vigilante, si guarda da ogni male! Ma felice altresì chi si pente del peccato commesso, e chi sovente suol piangere la propria colpa. Purtroppo gli uomini vivono come se la morte non seguisse la vita, e come se l’inferno fosse una favola vana, Mentre l’esperienza insegna che ogni vita si dissolve con la morte, e la divina Scrittura attesta le pene dell’Erebo! Vive del tutto infelice e da insensato chi tali pene non teme; morto, ne patirà l’ardente rogo. I mortali tutti cerchino pertanto di vivere in maniera da non temere la palude dell’inferno.
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