La vita interiore di F. Pollien Capitolo III
LA VITA INTERIORE
semplificata e ricondotta al suo fondamento
Dom François Pollien
L’ORDINE DELLE MIE RELAZIONI DIVINE
- Rassomiglianza e non uguaglianza. – 38. L’essenza intelligibile. – 39. L’essenza reale. – 40. La mia felicità è forse nell’essenza delle cose? – 41. Posso perderla.
- Rassomiglianza e non uguaglianza. – Dio ha voluto la mia creazione, le ha assegnato un fine, temporale prima, eterno poi. In questo fine unico, due interessi: la sua gloria e la mia felicità. Questi due interessi, che fanno parte del medesimo fine, non debbono, secondo il disegno divino, essere separati. Dunque, debbo unirli. Ho detto bene: debbo unirli; perché, quantunque egli li abbia posti entrambi nel piano dell’immortalità, mi ha lasciato tuttavia libero, durante la prova, di poterli unire o disgiungere. L’uno mi è proposto, l’altro imposto. Comprendo che non potrò mai sottrarmi alla sua gloria, però posso non raggiungere la mia felicità. A me dunque spetta associarli; ma, in che modo? in che ordine? d’uguaglianza o di rassomiglianza? Di rassomiglianza, perché io sono stato creato ad immagine e somiglianza di Dio (n. 30), e sono stato chiamato a trasformarmi a somiglianza del mio Padre (cf. 1Gv 3, 2). Di uguaglianza, no, perché Dio è necessariamente anteriore e superiore all’umano. Tre ragioni, dunque, non permettono di uguagliare il mio interesse a quello di Dio: l’essenza stessa degli esseri, l’anteriorità e la superiorità del divino sull’umano. L’essenza degli esseri manifesta l’assoluta supremazia di Dio; l’anteriorità del divino dice che egli deve precedere; la sua superiorità attesta che egli deve reggere l’umano. Esaminiamo una dopo l’altra queste tre ragioni, teoriche in se stesse, eminentemente pratiche nelle loro conseguenze.
- L’essenza intelligibile. – Dio è eterno in se stesso, senza principio né fine. Prima che alcuna cosa fosse fatta, egli era. Prima della creazione, quella gloria proveniente dalle opere che poteva far esistere, era ab aeterno, come lui, il fine supremo, l’unico assoluto, l’unico necessario, talmente necessario, talmente assoluto, che, prima ancora che alcuna cosa esistesse, era vero, eternamente ed invariabilmente vero, che tutti gli esseri possibili non avrebbero potuto esistere che per la gloria del loro autore.
Il modo di glorificazione, la misura di onore da rendere, possono variare all’infinito secondo la natura e l’azione degli esseri; e variano di fatto, secondo la capacità e la condotta delle creature. Io posso rendere personalmente al mio Creatore una gloria più o meno meritevole, secondo il grado della mia conformità ai suoi disegni. Posso inoltre non elevarmi fino a quel grado supremo di glorificazione al quale la mia fedeltà mi avrebbe condotto, e non procurargli che la gloria del supplizio meritato e della giustizia ristabilita da tale supplizio. I modi particolari di glorificazione non sono nell’essenza assoluta, in questa necessità di ordine preesistente a tutto, che si chiama essenza intelligibile.
In questa essenza vi è eternamente l’obbligo per ogni creatura di essere riferita, nella misura del suo essere, sebbene sotto una forma qualsiasi, all’onore del suo Creatore. In questo riferimento finale, assoluto, consiste la gloria estrinseca, essenzialmente necessaria.
- L’essenza reale. – Questa gloria divina, indipendente dal modo e dalla misura con cui è procurata, appartiene anche all’essenza reale degli esseri. Si chiama essenza reale ciò che entra talmente nella costituzione propria di un essere che, senza di ciò, l’essere non sarebbe più. La gloria divina s’inoltra talmente nella costituzione reale delle creature che, senza di essa, queste non esisterebbero. Essa penetra così profondamente nella natura dell’uomo, domina così pienamente la sua vita, che gli stessi dannati, sotto l’azione della divina giustizia, rendono a Dio, forzatamente, la gloria che non vollero rendergli liberamente, assecondando gli inviti della sua misericordia. Dio ha fatto tutto per se stesso, tutto, anche l’empio riservato per il giorno dell’eterna rovina. E sant’Agostino afferma che la bontà di Dio non potrebbe permettere il male se la sua onnipotenza non potesse ridurlo al bene.
- La mia felicità è forse nell’essenza delle cose? – Anzitutto, Dio poteva non crearmi; nulla, nell’essenza delle cose, reclama la mia esistenza. Egli mi ha dunque creato liberamente, per decreto affatto gratuito della sua bontà. Dall’istante stesso che mi creò, l’essenza assoluta della sua natura e della mia esigeva che ciò fosse per la sua gloria. Ma allorché mi creava, era egli obbligato a scegliere, per la sua glorificazione, quel modo sovreminente dell’unione soprannaturale, nella quale io divento partecipe della sua vita? Egli volle elevarmi fino all’onore di partecipare alla sua propria felicità; per questo ha dato alle mie facoltà quel modo speciale di azione per cui esse si uniscono al loro oggetto, si nutrono di esso, se lo assimilano, o meglio ancora, si assimilano ad esso e vivono di esso. La capacità iniziale e il bisogno dell’unione beatifica sono ovunque nelle mie potenze e sono doni affatto gratuiti, splendori del libero beneplacito divino. La mia creazione è dunque una liberalità gratuita, non richiesta dall’essenza delle cose. La mia elevazione all’unione divina è un’altra liberalità più gratuita ancora, che la mia stessa natura non esigeva in alcun modo.
- Posso perderla. – Io posso, infatti, soffrire in questo mondo e dannarmi per tutta l’eternità, senza perdere la mia natura e senza che l’ordine essenziale sia distrutto. Se la mia felicità quaggiù e la mia salute eterna fossero nell’essenza intelligibile, non potrei assolutamente perderle, poiché ciò che è dell’essenza primordiale è invariabilmente necessario e non può essere altrimenti. Se invece fossero semplicemente nell’essenza reale della mia natura, io non potrei perderle, senza perdere questa. Ma, giacché posso perderle, non sono cose affatto essenziali. Non vi è che una sola cosa del tutto essenziale: la gloria di Dio procurata comunque. La mia stessa salute, in quanto è felicità per me, è cosa relativa, o meglio, correlativa alla gloria di Dio.
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