La vita interiore di F. Pollien Capitolo V
LA VITA INTERIORE
semplificata e ricondotta al suo fondamento
Dom François Pollien
CAPITOLO V
SUPERIORITA’ DEL DIVINO
- I diritti di Dio. – 48. Questioni circa la via e i mezzi. – 49. I suoi diritti risultano dalla creazione. – 50. Il Signore. – 51. Il servo. – 52. In dipendenza assoluta.
- I diritti di Dio. – Il divino non è soltanto anteriore all’umano, ma è di molto superiore. Questa nuova nozione non ripete la prima, bensì deriva da essa come applicazione pratica e la sanziona, assegnando alla condotta la forma di subordinazione che deve avere. L’anteriorità afferma i diritti di Dio a ricevere i miei omaggi; la superiorità stabilisce i suoi diritti a darmi la regola secondo la quale sono obbligato a servirlo. L’una e l’altra attestano i diritti di Dio, li mettono al disopra di tutto, proclamando in essi la ragione fondamentale di ciò che devo fare e del modo con cui devo farlo. Quanto è necessario mettere in risalto i diritti di Dio che l’empietà così arditamente nega e la pietà trascura così inconsciamente! Non saprò mai metterli al posto che loro spetta; soltanto la loro elevazione è capace di elevarmi. Più Dio dominerà la mia vita, più l’attirerà. Sì, o Signore, datemi la grazia di riconoscere il vostro potere, di rispettare la vostra autorità, di sottomettermi alle vostre leggi, onde partecipare, mediante la mia sottomissione, ai beni del vostro regno; di essere ammesso alla vostra eredità e di regnare eternamente con voi nella gloria dell’immortalità.
- Questioni circa la via e i mezzi. – Il diritto di Dio a reggere la creatura lo vedrò, almeno per la determinazione del suo esercizio, nella seconda Parte, ove mi propongo di studiare le vie del lavoro di costruzione della mia vita. Ivi vedrò come il suo potere mi governi e in che modo io debba sottomettermi. Quest’argomento continuerà pure nella terza Parte, ove mi riserverò di considerare l’impiego dei mezzi, creati da Dio, attualmente nelle sue mani e messi a mia disposizione. Ivi conoscerò come il suo dominio disponga che gli esseri servano alla mia santificazione e in qual modo desideri che adatti i miei propri mezzi allo scopo da lui assegnato. Ma bisogna, fin d’ora, stabilire il principio generale la cui luce rischiarerà anche le riflessioni della prima Parte. Cerchiamo adunque di conoscere quale è il diritto di Dio a reggere gli uomini e il creato. Le conseguenze, per gli uomini, saranno dedotte ne « La Via »; quelle per il creato, ne « I mezzi ».
- I suoi diritti risultano dalla creazione. – Il diritto di Dio a reggere ciò che ha creato deriva necessariamente dal fatto creativo. Qual è l’uomo che pianta un albero nel suo campo e non ha pieno potere sulla coltivazione e sui frutti di esso? Tuttavia il proprietario, pur essendo il possidente, non ha creato né la terra né la semente né gli elementi né gli strumenti per lo sviluppo dell’albero; egli non dà all’albero né l’energia né la vita né la fecondità. E tuttavia, chi gli può contestare il dominio di coltivazione? L’albero è suo, si dice, e ne fa quel che vuole. Benissimo. Se la ragione riconosce l’inalienabile legittimità di questo dominio, quanto più dovrà affermare la sovrana autorità di Dio sull’uomo, che gli appartiene completamente, anima e corpo, facoltà e attitudini, vita e potenza di vita! quanto più dovrà ammettere il dominio sulle creature, messe a servizio dell’uomo e fatte da Dio in tutto ciò che sono e hanno, in tutto ciò che fanno e possono fare!
- Il Signore. – Per diritto di creazione, Dio è padrone assoluto. Egli non cessa di affermare, nelle Sacre Scritture, che intende essere e restare il padrone. Che cosa è l’Antico Testamento se non un’affermazione ripetuta attraverso quaranta secoli, dei diritti del Signore? Egli li ha proclamati prima che fossero misconosciuti; ne ha reiterate le dichiarazioni contro tante infrazioni, così che sarebbe impossibile enumerare le volte che ripete: Sono io il Signore. Egli rivendica il suo impero sull’umanità, sull’universo. Benedizione e castighi vengono dalle sue mani. Se si viola il suo dominio, egli ne vendica l’ingiuria; se si rispetta la sua autorità, egli ricompensa la fedeltà. La terribile libertà dell’uomo si rivolta spesso contro di lui; ma le disgrazie che sopravvengono attestano che i diritti divini sono inalienabili. Si possono contestare, ma non sopprimere. Egli è il Signore e resta tale, nonostante tutte le negazioni empie, oblianti o sprezzanti.
- Il servo. – Se Dio è il Signore, l’uomo è il servo; se il Signore comanda, il servo deve obbedire. Quando il padrone rinuncia a qualche suo diritto, il servo è libero dall’obbligo corrispondente. Ma Dio non rinuncia ad alcun diritto; egli li conserva e li esercita tutti. L’universo è suo e lo governa con la sua provvidenza. L’uomo, che è suo servo e che egli vuol rendere figlio ed erede, è in linea diritta con la sua paternità. Dio ha date le sue leggi al mondo e le creature stanno soggette ai suoi ordini e al suo governo. L’uomo ha pure ricevuto delle leggi; perché, allora, fra gli esseri, dev’essere il solo a contravvenire alle disposizioni e all’azione del suo creatore? Triste lo spettacolo di questa creatura privilegiata, che trova, nei privilegi stessi della sua grandezza, l’occasione di mettersi al di sotto di tutto ciò che obbedisce! L’uomo è chiamato ad essere servo libero, dipendente volontario, figlio amante; e la sua libertà scuote il giogo, la sua volontà rigetta il dominio, la sua filiazione ingiuria la paternità. È dunque il caso di meravigliarsi se lo colpiscono funesti mali? Tutto ciò fa comprendere sempre meglio che la gloria data al padrone è l’unica sorgente di felicità per il servo.
- In dipendenza assoluta. – Non vi è nulla, in nessuna creatura, che non sia totalmente nelle mani di Dio. Non vi può dunque essere nulla nella mia vita che non gli sia sottomesso. Se non lo sarà per spontanea deferenza, lo sarà per forzata necessità. E poiché voglio sforzarmi a mettere nella mia esistenza l’equilibrio voluto dalla legge di creazione, devo concludere che tutti i miei movimenti liberi debbono essere sottomessi alla direzione di colui che è mio dominatore. Egli ha il diritto ed esige i miei frutti di gloria e la mia collaborazione; ha il diritto ed esige di ordinare gli stessi mezzi che prendo. Che altro posso fare allora se non applicarmi per fare trionfare la sua autorità su questi tre punti? Bisogna che io sappia quello che egli vuole come fine da raggiungere, come via da seguire, come mezzi da adoperare; e dopo averlo saputo, vuole che mi applichi e mi consacri totalmente ad essi. Così egli sarà il mio Signore e io il suo servo. Se saprò, da servo buono e fedele, seguire il padrone secondo i suoi ammaestramenti, arriverò, conforme alla sua promessa, là dove egli è; e dopo averlo seguito, sarò incoronato di gloria dal Padre Celeste (cf. Gv 12, 26).
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