Omelia per la Presentazione al Signore
In occasione della celebrazione della “Presentazione del Signore”, ho scelto di proporvi questa splendida omelia scritta da “un certosino”. Essa è basata sull’esempio di obbedienza di Maria, Giuseppe e Gesù nel giorno della Presentazione, il Priore fa una riflessione sull’obbedienza con analisi della lettera di San Bruno ai suoi figli.
PRESENTAZIONE DEL SIGNORE
“Per adempiere la legge del Signore” (Lc 2)
2 febbraio 2001
“L’obbedienza, frutto soavissimo della Parola di Dio” (San Bruno)
Carissimi fratelli:
A nessun sfuggì che nel Vangelo di San Luca che leggiamo oggi, nella festa della Presentazione del Signore, l’evangelista nota per tre volte in cinque righe, che si tratta di adempiere la Legge del Signore. La Presentazione di Gesù al suo Padre nel Tempio è un’obbedienza di Maria e Giuseppe alla Legge del Signore. La Madre di Dio non si considerò esente da obbedienza alla legge di Dio. E questo ci rivela come tutto il mistero di Gesù e di Maria si basa su rapporto di obbedienza filiale di Gesù e di Maria al Padre, obbedienza che si esprime in una dipendenza d’amore alla volontà di Dio, immagine e riflesso dell’atteggiamento del Verbo Divino nel seno della Santissima Trinità. Tutta la nostra esistenza di cristiani e, ancora più, di monaci consacrati, è edificata sull’obbedienza di Gesù al Padre, l’obbedienza che ci salva e che deve si incarnare nella nostra vita quotidiana come amorevole obbedienza, ad imitazione di Gesù e di Maria.
Noi, certosini, abbiamo la grazia di possedere nella lettera del nostro Padre San Bruno ai suoi fratelli in Chartreuse, un piccolo trattato di obbedienza monastica. Perché non approfittare l’insegnamento del nostro Padre e Fondatore, in quest’anno consacrato a lui all’Ordine sotto il nono centenario della sua morte (1101 – 2001)?
Quello che il nostro Padre scrive è sempre una preziosa attualità. Proviamo a metterci in ascolto di San Bruno che gioisce ammirando l’opera di Dio nel cuore obbediente dei suoi primi figli (n.1): “Esulto e mi sento spinto a lodare e ringraziare il Signore.” Questa è effettivamente l’ottica di Bruno nella sua lettera. Il suo cuore si rallegra quando il Priore della Certosa Francese gli parla sull’obbedienza della comunità, l’obbedienza in cui Bruno scopre l’ampiezza della misericordia del Signore su di loro (n.3). La sua obbedienza emana dall’amore di Dio, la sua obbedienza è il frutto della grazia speciale di Dio che gli rivela il suo amore infinito. Il mio spirito esulta, scrive il nostro Padre, udendo il vostro Priore parlare di voi e del vostro zelo incessante (n.1). Ecco come Bruno concepisce l’obbedienza: il frutto dell’amore divino nel cuore (n.1); “frutto della ampiezza della grazia divina su di voi” (n.2). Obbedienza, dono di Dio.
Dopo questa esultanza amichevole, Bruno spiega il motivo di tale gioia: “Mi rallegro perché, essendo privo della scienza delle lettere, Dio Onnipotente incide con il suo dito nei vostri cuori, non solo l’amore, ma anche la conoscenza della sua santa legge. Con le vostre opere infatti mostrate che cosa amate e che cosa conoscete. Giacchée praticate con grande cura e zelo la vera obbedienza, che è l’adempimento dei comandamenti di Dio, così come la chiave ed il sigillo di ogni disciplina della vita spirituale, è evidente che raccogliete sapientemente il frutto soavissimo e vitale dela Scrittura divina. Questa obbedienza non esiste senza molta umiltà e notevole pazienza, a cui sempre si accompagna il casto amore del Signore e la vera carità” (n.3).
Qui Bruno sottolinea che l’obbedienza è il frutto dell’amore, è più dolce e vitale frutto della Parola Divina, e lui ricorda che Geremia scrive: “Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore” (Gr 31,33) – pensiero ripreso nella lettera agli Ebrei (8, 10). Ma Bruno aggiunge una morbidezza speciale, quando scrive che Dio incide nel cuore la conoscenza della sua Legge con il proprio dito divino (dito che la tradizione dei Santi Padri dice di essere lo Spirito Santo). Questa parola di Bruno offre una luce sul suo
pensiero. Per Bruno, la vera obbedienza è uno slancio del cuore infiammato d’amore, molto più che il frutto di una riflessione.
L’amore e la conoscenza di Dio fanno il cuore lanciarsi all’obbedienza, alla sequela di Gesù e raccogliere così, dice San Bruno, il frutto soavissimo e vitale della Sacra Scrittura: la docilità allo Spirito Santo. Il testo di Bruno aggiunge che non è necessario sapere leggere trattati mistici molto elevati, perché il dito di Dio scrive nel più profondo del cuore una parola misteriosa che ci porta ad una autentica obbedienza.
Un altro aspetto del pensiero di san Bruno sull’obbedienza: “non può esistere senza molta umiltà e notevole pazienza, a cui sempre si accompagna il casto amore del Signore e la vera carità” (n.3). L’obbedienza per San Bruno allora è, in via prioritaria, un modo di comportarsi verso Dio. In primo luogo, un riferimento a Dio: “È sempre accompagnata da un puro amore del Signore e autentica carità fraterna” (n.3). Solo in secondo luogo, l’obbedienza riguarda il rapporto tra noi, tra il Priore ed il fratello, un aspetto che possiamo chiamare di orizzontale. Il primo posto in questa obbedienza appartiene a Dio, che è verticale, è un lanciarsi in Dio: Bruno scrive che è una totale sottomissione allo Spirito Divino. Lasciarsi insegnare ed accettare ciò che ci viene chiesto in uno slancio di amore divino.
Meditando questa descrizione dell’obbedienza di Bruno, si vede che la sua ascesa non fa perdere “i piedi per terra”, voglio dire, non ignora le conseguenze pratiche dell’amore: molta umiltà e notevole pazienza (n.3 finale), o sia, la rinuncia di sé e abnegazione di chi vuole amare e imitare Gesù, che ha obbedito fino alla morte. Allo stesso modo, l’obbedienza del monaco viene dall’amore del Padre e lo porta a tutta la spoliazione della propria volontà.
Dopo questa analisi dell’obbedienza nella lettera di San Bruno, cercheremo di riassumere brevemente il suo insegnamento con alcune prospettive pratiche dell’obbedienza monastica, ben inteso, cioè, frutto da un cuore, il cui sguardo è fisso in Dio – docilità allo Spirito Santo che ci insegna che cosa Dio vuole da noi, cioè:
– Rinunciare a sé stesso.
– Prendere la sua croce.
– Seguire Gesù nella sua obbedienza al Padre (Luca 9:23).
L’obbedienza non è un vincolo, una costrizione, un obbligo che ci sarebbe imposto dall’esterno. È, invece, una esigenza dell’amore che Dio ha posto nel nostro cuore. Bruno parla di slancio interiore generato in noi dallo Spirito di Gesù, presente in noi, e ci chiarisce su ciò che Dio vuole da noi: ” la rinuncia a noi stessi come la chiave ed il sigillo di ogni disciplina spirituale” (n.3).
Non dobbiamo considerare la santa obbedienza come un obbligo, come una violenza che ci è fatta. No, questo non è l’obbedienza religiosa che abbiamo promesso. Si tratta di una dipendenza amichevole e dolce alla voce di Gesù, una mozione dello Spirito Divino che ci indica un’opportunità di crescita spirituale alla somiglianza di Gesù e di Maria, frutto dolcissimo della conoscenza di Dio che “incide la sua volontà nel vostro cuore”. L’obbedienza viene dal interiore ed esprime ciò che amiamo e conosciamo.
Infine, dalla lettera di San Bruno si conclude che l’obbedienza è un atteggiamento contemplativo, perché si tratta di una completa armonia tra lo Spirito di Dio, che scrive la volontà del Padre nel cuore, e la nostra azione. Armonia amichevole, comunione con Gesù obbediente non solo a parole, ma come dice San Bruno: “Com le vostre opere raccogliete il frutto soavissimo della Parola Divina” (n.3). Atteggiamento contemplativo
che lo Spirito Divino scrive nel cuore fedele e generoso, è l’atteggiamento del Verbo Divino nel seno della Santissima Trinità; è per questo che fu anche la disposizione fondamentale del cuore di Gesù.
Chiediamo, dunque, a Gesù per intercessione di Maria Santissima questa grazia: che la volontà di Dio sia impressa sempre nel nostro cuore, come era nel cuore di Gesù, Maria e Giuseppe; e così siamo graditi al Padre perché simili a Gesù nella sua obbedienza divina. Insegnamento del nostro padre San Bruno che può e deve ancora oggi, dopo novecento anni, ispirare la vita dei suoi figli. Amen.
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