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Fra Gonçalo Hernández: dell’umiltà il suo abito monastico

Fra Gonçalo Hernández: dell’umiltà il suo abito monastico

certosino in nebbia

Oggi voglio proporvi un’altra storia di vita esemplare, poco nota, vissuta all’interno di una certosa. La storia di Gonçalo Hernández, un fratello converso di Porta Coeli, che ha fatto dell’umiltà il suo abito monastico.

 

Fratello Gonçalo Hernández Professo di Porta Coeli

Gonçalo Hernández nacque a Cantillana, nei pressi di Siviglia. I suoi genitori di condizioni modesta, erano onesti e profondamente cristiani. Egli entrò molto giovane, come servo, nella casa dei nostri Padri di Siviglia, e un po’ più tardi nella Certosa di Jerez. Nel 1575, viaggiò a Roma per ottenere le indulgenze del Giubileo. Tornato alla Spagna, un giorno in cui passava attraverso Valencia, sentì il bisogno di visitare la Certosa di questa città. Fu lì, si può dire per chiedere lavoro.

Ma Dio aveva altri piani per lui!

Era un gran bel giovane, ben vestito, dimostrava in tutta la sua persona un’aria di distinzione che seduceva. Il fratello portinaio, sorpreso di vedere un viaggiatore di questa condizione alla ricerca di lavoro, cercò di dissuaderlo, con il pretesto che le persone della casa erano sufficienti per le esigenze attuali. Date le insistenze del viaggiatore: «Forse, disse lui, ti occuperai della cucina; eppure sarà solo sotto gli ordini dei servi.» Gonçalo non chiedeva altro che questo: l’ultimo posto ed i lavori più piccoli. «Qualunque cosa facciano per me, sarò felice. Oltre a questo, io non sono degno tranne di disprezzo.»

Impossibile trovare allo stesso tempo più candore e lealtà. Il procuratore lo impiegò effettivamente in questa obbedienza. Gli aiutanti, grossolani e chiassosi per la maggior parte, trattavano indegnamente il nuovo arrivato. All’assenza del cuoco, c’era un corso di detti sarcastici ed equivoci, a volte osceni. Gonçalo non si allontanò un solo giorno del suo atteggiamento umile e riservato.

Più ammirevole fu anche la sua pazienza, con un povero Fratello che trascorse diversi anni allettato. Paralizzato in tutte le membra, non poteva fare una mossa senza l’aiuto di qualcuno. Hernández fu uno di coloro che trascorse più tempo al capezzale del caro malato. Eseguì questo ministero di carità otto anni di seguito: i primi sei come servo, gli altri due nella qualità di Converso. E questo senza mai esprimere la minima ripugnanza o fastidio.

Dopo aver dato le prove evidenti della solidità della sua virtù, Gonçalo Hernández fu ammesso a prendere l’abito dell’Ordine. Questo fu per lui l’occasione per raddoppiare il suo fervore al servizio di Dio. Obbedire non gli costava nulla. Da bambino, si prestava volentieri a tutti i sacrifici che gli imponeva l’umile condizione della sua famiglia. Una volta introdotto nella milizia del chiostro, si elevò improvvisamente senza uno sforzo visibile, fino al terzo grado di obbedienza. Poco gli importava di essere qui o là; oggi in un’obbedienza, domani in un’altra. Dal momento in cui era consapevole di fare la volontà dei suoi superiori, il resto era indifferente per lui.

Tuttavia, verso la fine della sua vita, esprimeva timidamente un desiderio che lo tormentava, era il desiderio di lavorare nella chiesa sotto gli ordini del sagrestano. È perché considerava le ore trascorse davanti al Santissimo Sacramento, come le migliori della giornata. Questo favore, al quale egli dava tanta importanza, il Priore ritenne di non affidargliela. Ma il buono Fratello si consolò consacrando al nostro Signore nel tabernacolo, quei rari momenti liberi che gli consentiva la sua obbedienza.

L’amore divino da cui era consumato, dava al suo volto una grazia speciale e alle sue parole un unzione penetrante. Dio, il cielo, la grazia, questo non lasciava. Quando si dirigeva al lavoro, camminava con gli occhi modestamente bassi, pensando nella brevità del tempo e nell’instabilità delle cose umane, diceva lui; inoltre si fermava raggiante alla vista delle bellezze della creazione. E non potendo più contenersi, cantava le canzoni della sua infanzia in onore della maestà divina.

Il dono della preghiera, quando prende possesso di un’anima, è quasi sempre accompagnato dal dono delle lacrime. Ed è durante l’Ufficio Divino della notte che le lacrime del caro Fratello correvano più abbondantemente. Invano provava di ricomporsi, uscendo della chiesa sotto il pretesto di indisposizione. Subito dopo il ritorno alla chiesa, le lacrime riprendevano il loro corso e non seccavano.

D’altra parte, la grande attrazione che sentiva da termpo per le penitenze corporali cresceva di giorno in giorno. Oltre alle pratiche utilizzate nell’Ordine, ottenne licenza di prendere solo un paio d’ore di sonno su assi di legno semplici, tanto in estate come in inverno.

Un fatto rivelerà quanto quest’anima era semplice e potente sul cuore di Dio. Mentre eseguiva la carica di portinaio, un abitante di Valencia si presentò presso il monastero. Il suo camminare insicuro denotava una debolezza nelle gambe. Una, infatti, era coperta con ulcere. Con questa visione, il nostro Fratello pieno di pietà si mise in preghiera e benedì il povero malato. Le ferite si chiusero nello stesso giorno.

Fedele agli impegni della sua professione, il Fratello Hernández rimase fino alla fine un modello di pietà, di umiltà, di obbedienza. Si spense in queste disposizioni felici, all’età di settantadue anni (7 novembre 1610).