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  • Memini, volat irreparabile tempus

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Dom Bonaventure D’Argonne, un celebre letterato

certosa di bourbon Les gallion

Bourbon Les Gaillon

Il personaggio di cui voglio parlarvi oggi risponde al nome di Noel d’Argonne, ma egli si rese celebre anche con lo pseudonimo Sr. de Moncade o Vigneul- Marville. Ma vi spiego meglio….
Natale (Noel) d’Argonne, nacque a Parigi il 7 giugno 1640, era figlio di un orafo, e dedicò i suoi studi applicandosi alla giurisprudenza, egli infatti esercitò come avvocato fino all’età di 28 anni.
Disgustato dal mondo, entrò nell’Ordine dei Certosini, facendo la professione nella certosa di Bourbon Les Gaillon per effetto di ciò il suo nome Natale è stato cambiato in Bonaventura. Abbracciando la severa vita monastica, egli ha sempre mantenuto il suo gusto per la letteratura, riuscendo a mantenere contatti con i suoi amici letterati in tutto il mondo. Svolse mansioni di Vicario presso la certosa di Rouen, morì il 28 gennaio del 1704 a Les Gaillon, in Normandia.
Bonaventure D’Argonne, fu dunque un dotto certosino dalla mentalità aperta e progressista, e per questo inviso alla gerarchia ecclesiastica. la quale – sospettandolo fra l’altro di filogiansenismo – lo confinò vita natural durante nella periferica certosa di Gaillon, vicino a Rouen. D’Argonne era un grande erudito, un eminente umanista, un fine studioso e un prolifico saggista: ma soprattutto era un appassionato estimatore di Fozio. D’Argonne era uso nascondere la propria identità dietro a pseudonimi e personaggi fittizi Pubblicò il primo dei suoi libri senza un nome di autore.
Quindi in seguito userà gli pseudonimi di Monsieur de Moncade e Vigneul-Marville con i quali verrà apprezzato. Tutti i suoi testi sono accomunati da una caratteristica ben precisa: quella di essere tutti scritti in un latino impeccabile e forbito, anche se, non di rado, cervellotico, infiorettato, per di piu, sia di termini greci rari, sia di neologismi latini. D’Argonne, nella sua giovanile baldanza, acuita dalla consapevolezza di possedere un’erudizione fuori del comune, 
non si peritava di coniare nuovi termini. Egli è riconosciuto come un eccelso letterato francese, ebbe a dire di lui il grande Voltaire: “ E’ l’unico certosino che ha coltivato la letteratura”.
Tra le sue opere principali vi ricordo:

  • Trattato sulla lettura dei Padri della Chiesa (1688) un’opera che Mabillon lodò molto.
  • L’Educazione, massime e riflessioni di M. de Moncade, con un discorso di sale nelle opere della mente (1691)
  • Miscugli di storia e letteratura, raccolti da Vigneul-Marville(1699-170)

Ma cari amici voglio lasciarvi a questo saggio consiglio per una vita felice, indicataci dal certosino letterato. Leggiamo e meditiamo!

“Dei libri che sian scelti, e degli amici che lo siano ancor di più. Più buon senso che non scienza ed erudizione, e per unica filosofia, molto cristianesimo. Una casa adeguata e comoda in un luogo salubre ed ameno. Una rendita media, ma sicura. Niente maggiordomo e pochi servitori. Sufficienti occupazioni per non restare mai inattivi. Sufficiente inattività per non essere mai troppo occupati. Nessuna ambizione, nessun processo, nessuna invidia ed avarizia.conservare la propria salute con sobrietà e il lavoro piuttosto che con i farmaci. Essere fedeli a chi si deve. Non odiare se non ciò che è odioso, non amare se non ciò che è giusto amare. Lasciar scorrere senza inquietudine quel che non può durar per sempre, attendere con fiducia quel che durerà per sempre. Tale è la vita felice che Lucilio conduce in un angolo del mondo, sulla riva d’un mare che non ha tempeste che lo turbino, né quiete che non gli insegni ad amare ed a conservare la propria”.

“Meditationes”

copertina

16 Tu sei giusto solamente quando, a causa dei tuoi peccati, ti riconosci e ti dichiari meritevole di condanna. Se ti proclami giusto, sei mendace (Gv 2, 4), e il Signore Verità ti condanna, poichè ti opponi a lui. Dichiarati peccatore, affinchè, per la tua veracità, tu sia liberato in accordo con il Signore verità e possa essere liberato.

17 Ti compiaci di te stesso, poichè non comprendi che nulla di buono hai da te stesso. Da te non proviene altro che male. Di nulla devi ringraziare te stesso: ogni tuo male viene da te. E così devi considerare le tue grandi sofferenze come castighi dovuti.

18 Sii tale da meritare di essere lodato. Nessuno può essere lodato veramente, se non chi è buono. Chi vuole essere lodato, però, non è buono. Dunque non viene lodato.

19 Quando porgi ossequio a chi ti loda, in realtà non lo fai a chi ti loda. Infatti, non sei tu, così vano, l’oggetto della lode. Quando si dice: ” Come è buono, come è giusto”, la lode va a chi lo è veramente, non a te, che non lo sei. Sei dunque da biasimare, e non poco, dal momento che sei così cattivo e ingiusto. La lode del giusto, infatti, è il rimprovero dell’ingiusto, quindi per te, che sei ingiusto. Quando, allora, approvi chi loda il giusto, plaudi a colui che ti biasima con tutta verità, poichè sei ingiusto. Infatti, non è giusto chi si reputa tale. Neanche il bimbo che ha un solo giorno di vita ( Gb 25, 4).

20 Chi si compiace delle lodi, le perde. Se ami le lodi, non vuoi le lodi dovute ai santi; ma se vuoi essere lodato, non volerlo essere. Infatti, non può essere lodato veramente chi brama le lodi. Bisogna lodare colui del quale si celebrano le opere buone. Chi dunque vuole essere lodato, non solo e privo di tutti i beni, ma è anche pieno di un grande e diabolico male, cioè l’arroganza. Di conseguenza non viene lodato. Il giusto, al contrario, è sempre lodato, perchè non può essere in alcun modo biasimato. Il biasimo è la riprovazione delle opere cattive, che il giusto non compie, e che dunque non gli si possono rimproverare. Così non può essere biasimato. Generalmente, ogni lode dei giusti è riprovazione degli ingiusti, e ogni biasimo rivolto agli ingiusti è vera lode dei giusti.

 

Il silenzio il mezzo migliore per trovare Dio

Forza del silenzio Dysmas 2

Ancora uno stralcio della “preziosa conversazione” di Dom Dysmas de Lassus, ed il cardinale Sarah, contenuta all’interno del libro:>La forza del silenzio – Contro la dittatura del rumore” All’interrogativo dell’intervistatore, i due religiosi rispondono con parole semplici ma preziose!

Che i Certosini aspirino ad una tale ascesi silenziosa è perché il silenzio è il mezzo migliore per trovare Dio?

Cardinale Robert Sarah

L’uomo non cerca il silenzio attraverso il silenzio. Il desiderio di silenzio in sé sarà un’avventura sterile e un’esperienza estetica particolarmente esaustiva. Nelle profondità della sua anima, l’uomo desidera la presenza e la compagnia di Dio, allo stesso modo in cui Cristo ha cercato il suo Padre nel deserto, allontanandosi dalle grida e dalle passioni della moltitudine. Se lo vogliamo veramente e siamo nella sua presenza, le parole non sono più necessarie. Solo intimità silenziosa con Dio è parola, dialogo e comunione. Nella Grande Chartreuse ho la sensazione che il silenzio è una scala che poggia sulla terra la cui estremità tocca il cielo. Se Giacobbe avesse potuto passare la notte in essa, sono sicuro che avrebbe detto: “È terribile questo luogo, questa è solo la casa di Dio e la porta del cielo” (Genesi 28,17).

Dom Dysmas de Lassus

Per noi, il silenzio significa un ascetismo e un desiderio. Un ascetismo perché dobbiamo tener presente che il silenzio richiede uno sforzo; ma ci attrae anche ed è necessario. Il semplice è sempre difficile da spiegare. Per chi ha voglia di ascoltare il canto degli uccelli, basterà che un aereo attraversi il cielo, affinchè il suo spazio di percezione sia ridotto e non potrà ascoltare più gli uccelli. Noi non ci confondiamo, noi cerchiamo il silenzio per il silenzio, ed anche per lo spazio che esso ci fornisce Il silenzio ci permette di percepire e ascoltare meglio, aprire il nostro spazio interiore.

Cartusiae vintage: Montreuil

Cartusiae vintage

Montreuil

1

Cari amici lettori a grande richiesta, torna la rubrica Cartusiae vintage, con immagini antiche di certose e certosini. Oggi vi propongo antichi scatti e cartoline della splendida certosa francese di Notre-Dame-des-Près a Montreuil. Il più grande monastero certosino in Francia completamente conservato: 18000 m² costruiti in una vegetazione lussureggiante di 12 ettari.
Ma ora largo alle immagini…

 

“Meditationes”

copertina

11 Da quanti amori di cose destinate a perire ai tuoi occhi, o morire tu nei loro confronti, ti ha liberato il Signore verità! Da quanti timori e dolori, cause di tristezza, ti ha salvato! Così pure dagli odi!

12 Vedi quanto valgono quei beni che sono le ultime tra le vestigia di dio, cioè i beni di questo mondo, i quali sono bramati dagli esseri razionali e irrazionali e per i quali si sopportano tante fatiche e si corrono certi rischi cruenti.

13 La stessa miseria e i rigori del tempo ci costringono, a guisa di un aguzzino, a desiderare beni differenti. Ma noi, abituati solo alle realtà terrene, non conosciamo null’altro e ciò che desideriamo non è molto diverso da quello per cui soffriamo. Allora, o cerchiamo di mitigare la loro collera, cioè i loro rigori, con una sorta di riconciliazione, o scegliamo di subire realtà non molto diverse da quelle.

14 O uomo che soffri, vuoi lenire il dolore’ ” Si, lo voglio.” Per un certo tempo o per l’eternità? ” Per l’ eternità.” Desidera, dunque, il rimedio eterno, che è Dio Verità: Egli ti ha percosso affinchè tu desideri lui, non erbe medicinali o fasciature.

15 Chi domanda una vita lunga, domanda una lunga prova. La vita dell’uomo sulla terra, infatti, non è che tentazione (Gb 7, 1).

Pedro il novizio (seconda parte)

Pedro il novizio (seconda parte)

dai racconti di Dom Sebastian Maccabe

novizi

Sappiamo che Santa Barbara di Colonia non è stato l’unica certosa in cui tali regole elementari di comportamento sono state insegnato ai novizi in un epoca forse più solida della nostra, ma anche più dura. La cella, con il suo silenzio e la sua solitudine – definita un paradiso dai visitatori casuali – fornisce una disciplina più profonda, una disciplina che scava profondamente sotto la superficie. La perseveranza alla sedia nella interminabile lavoro di stampa, l’illuminazione, il cucito, rilegatura e tutta l’ arte del lavorare un libro fatto a mano. La lettura, rintendendo con essa, ciò che oggi definiremo la lettura spirituale, lo studio e l’opera di memorizzazione. Novizi dovrebbero imparare il salterio a memoria per essere in grado di cantare, senza libro o nessuna luce, nel più breve tempo possibile, almeno le parti dell’ufficio che sono state ripetute più spesso. La preghiera, che può essere il riposo più delizioso dell’anima, può anche diventare una stanchezza suprema. Così l’esercizio della perseveranza è conosciuto solo attraverso gli occhi di Dio. Per un giovane non esercitato, come questo di cui ci occupiamo, gli sforzi spesi a rimanere puntualmente fedeli al corso del giorno, come previsto – e nonostante l’equilibrio pendolare tra la “larva” e gli stati di esaltazione spirituale – in una vera formazione della volontà e, in alcune occasioni, richiederà virtù quasi eroiche. Lanspérgio scrive ad un novizio:

“Fai tutte le cose secondo la tua abilità. Tutto quello che devi fare, sia che si prega o si lavora, fa tutto al suo tempo, con le cerimonie e le peculiarità di ciascuno. E fai loro il meglio che puoi e con uno spirito di pietà. Facendo così, quando il tuo lavoro è finito nel tuo cuore, non sentirai afflizione o amarezza. Una volta stabilita il fondamento del tilore di Dio, il resto seguirà da solo “.

Finalmente siamo più sottili e più esigenti di qualsiasi altra cosa, disciplina nel coro. Consideriamo, in primo luogo, di avere la sensazione di essere non più di una piccola corda nella vasta distesa di un’arpa, collocato lontano dalla scala usata di solito là dove la mano dell’arpista l’attuale Figlio di Davide, nessun impulso non sono di rado . Durante la lunga notte in cui concerto vibra debolmente dall’effetto delle note più basse, ma rimane muto fino a quando il musicista gentilmente salire un vasto arpeggio e toccare la corda del cuore, per un momento. E poi, oh, quanto velocemente! Per essere abbandonati di nuovo, ma lasciando tutto il tuo essere sotto la vibrazione del tocco divino. La disciplina di aspettare Dio, che non ha orari, è particolarmente sentita nel coro. Considerate, in secondo luogo, la formazione offerta dal lavoro di squadra coinvolto nel canto di un coro monastico. Prova il perfetto unisono di voci e di tono, in modo che un altro Dio ascoltatore ascolti il coro di tutto e non voci individuali, se non diversamente indicato canto solista: l’Venite, per esempio, o il dorso di un Responsorio. Quindi, sopra di tutto, per evitare ogni tipo di esibizionismo vocale. In “Meditazioni Devotissimae” che troviamo tra le opere di San Bernardo, che è quello di raccontare un monaco, accusando se stesso: “Spesso ammorbidito la mia voce durante i Santi Misteri a cantare più melodiosamente. Senza dubbio, Dio, che non sfugge nessuno dei difetti che si sono impegnati, non cercando la bellezza del canto, ma la purezza del cuore “. Lanspérgio indica molte precauzioni per i suoi novizi, in modo che evitino gli eccessi di affinamenti e urla nell’esecuzione delle loro funzioni nel coro. Infine, cantatevi per te. È dunque una disciplina di sobrietà, ma gioiosa nel suo sviluppo ritmico; così diversi dalla musica moderna, così come gli esercizi sconvolti di un istruttore militare rispetto ai movimenti ondulati della ginnastica svedese; così efficace per insegnare il perfetto equilibrio dell’anima a cercarlo nel corpo.

Pedro vedendo crescere in sapienza, età e grazia (Lc 2,52). – aveva una notevole crescita nel corso degli ultimi mesi – il suo Maestro era soddisfatto, ma non del tutto senza apprensione. Sembrava un vecchio marinaio in piedi sull’onda frangiflutti, che ammira le linee bianche e graziose di una nuova imbarcazione veloce mentre attraversa la superficie di un mare calmo. Non era tuttavia sicuro del suo comportamento, se si hanno tutte le vele spiegate, se il vento si alzerà, perché il baricentro non è stato abbassato. Ecco quello che è successo qui. C’era un fervore che facilmente suscitava l’emozione, ma c’era una stabilità? La risposta non si farà aspettare.

“Meditationes”

 

 

copertina

6 Reclama il tuo salario da colui del quale ti metti a servizio. Devi vivere in modo tale da non avere alcun debito verso te stesso, poichè non puoi retribuire te stesso. ” Il salario del tuo bracciante al tuo servizio non resti la notte presso di te fino al mattino dopo” (Lv 19, 13). il Signore, dunque, ti farà giustizia contro te stesso.

7 Chi fa tutto secondo la propria volontà, esiga da se stesso il compenso e, siccome non può estorcerlo a se stesso, faccia ricorso a Dio, giusto giudice (Sal 7, 12), contro se stesso. Se tu ti amassi veramente,mai ti sarebbe dolce metterti al servizio di colui – cioè di stesso – dal quale non puoi sperare alcun salario.

8 Perchè rivendichi la proprietà di te stesso più che di qualsiasi altro uomo o campo, dal momento che nulla hai creato in te più che in essi ? Quale diritto reclami per te su cose che non hai creato, come non hai creato neanche te stesso?

 9 Vedi come il cammino verso la vita sia più facile nelle asperità che nelle consolazioni. E’ più facile, infatti, frenare la lussuria e le altre bramosie quando non vi si trova niente di bello o di attraente.

10 Non essere unito al tuo corpo nè per il piacere nè per il diletto, il che sarebbe peccato, ma solamente per il legame della vita.

I monaci certosini secondo Giorgio la Pira

Costa la Pira

Dom Costa e G. La Pira

Oggi vi propongo un articolo contenente un testo scritto da Giorgio La Pira, un politico italiano nonchè sindaco della città di Firenze. Si dice che la Pasqua del ’24 segnò, per Giorgio La Pira, il momento della reale conversione e l’approdo alla fede. Per la sua vita esemplare, infatti, è in corso la causa di beatificazione. Lo scorso 5 novembre si è celebrato il quarantesimo anniversario della sua scomparsa.

Egli ebbe modo di conoscere la spiritualità certosina, entrando in contatto tra gli altri con Dom Antonio Gabriele Costa, che divenne ben presto il suo confessore. La Pira attratto dal mondo certosino visitò la Grande Chartruse il 12 settembre del 1960.

Di seguito vi riporto un suo scritto riguardante la contemplazione certosina:

La contemplazione di Dio – solidamente poggiata sulla parola di Gesù a Marta e sulla rivelazione dell’ultima cena agli apostoli (haec est vita aeterna ut cognoscant te solum Deurn verum, et quem misisti Jesum Christum) – è l’atto supremo verso il quale converge, come a suo punto finale, lo sforzo ascensionale della grazia e dell’uomo: si può dire che in certo senso essa definisce il cristiano; è il fiore ed il frutto al quale tende la totalità dell’ordine della natura e della sopra natura: perché nella visione di Dio consiste la completezza finale ed il finale coronamento della natura umana.
E questa visione, anche se totalizzata soltanto nell’altra vita, non è senza rapporto con la vita presente: la fede, infatti, è una incoatio di questa visione futura: e quanto più essa si approfondisce tanto più questa incoatio si fa penetrante: gli occhi interiori della fede sono già, in certo modo, un inizio degli occhi interiori della gloria.
L’orientazione del pensiero umano verso l’atto supremo della contemplazione costituisce il motivo dinamico più vitale della più alta meditazione filosofica.
Ma un secondo problema si impone subito alla riflessione: la Chiesa è il Corpo mistico di Cristo e una multitudo ordinata: la vita religiosa, anche se vita personale, dialogo interiore di ciascun anima con Dio, è tuttavia anche espressione collettiva di adorazione e di amore: non avrà anche la contemplazione questa espressione collettiva? Non vi sarà una vocazione in tal senso? Un ordine che esprima nella sua totale purità – quanto è possibile in questo mondo – questo atto immacolato di ‘visione’? Che sia depositario, per dir così, di questo assoluto primato della contemplazione? Che abbia per unico scopo l’esercizio puro di questo unum necessarium?
Se si medita la vita di San Bruno – collocata all’albeggiare, quasi del 1000 – si trova la risposta di questo problema.
C’è sempre una ragione profonda, che lo Spirito Santo persegue, nella genesi di un grande movimento religioso: non che mancassero, al tempo di San Bruno, Ordini votati alla contemplazione: pure la Certosa ha qualcosa di nuovo, nella totalità della sua concezione: qui la contemplazione ha valore totale, per se stesso: non è unita a nessun altro valore: lo stesso apostolato, in quanto azione esterna, è eliminato in radice: l’unico scopo dell’Ordine, il punto unico di convergenza che ne collega tutte le strutture liturgiche, architettoniche, temporali, è costituito da questo atto di adorazione e di lode perenne che deve fluire di notte e di giorno come sacro profumo e sacra testimonianza resa dall’anima a Dio.
Nessun interesse, anche buono e santo, deve disturbare questo interesse unico: Dio solo: dall’alba al tramonto, dal tramonto all’alba ogni certosino per proprio conto e la Certosa nella sua totalità esprima con energia di amore questa lode che non si allenta: come se si prolungasse sulla terra la schiera beata delle gerarchie angeliche: l’ultima, perché infima, gerarchia di angeli tocca la cima di questa ultima, perché suprema, gerarchia di oranti!
Concezione grandiosa che lascia incantati chi la medita e chi la esperimenta.
E se la Chiesa avesse bisogno attivo di un Certosino? Ecco San Bruno guidare, in certo senso, come consigliere attivo di Urbano II la Chiesa di Dio; eccolo vicino a Cardinali, a Vescovi, a Principi; guida che traccia linee concrete nella storia del suo tempo; che si interessa di guerre e di paci, di concili e di riforme; ma si tratta sempre di attività di margine: la novità assoluta della Certosa sarà in questo deserto totale della natura e della storia perché su questo distacco anche visibile dalle cose e dagli uomini si possa costituire una città strana: la piccola silenziosa fatta di piccole case di solitari che esprimono individualmente e collettivamente il massimo di orazione ed il massimo di amore!
Piccola città del deserto, che ha per protettore il Battista e per Regina Maria!”

Fratello Francisco Justo

Fratello Francisco Justo

Professo della certosa di Porta Coeli

fratello pastore

 

Proprio come il suo nome, era infatti anche lui “giusto“. Egli nacque in Spagna. I suoi genitori erano poveri coltivatori, privi di doni di fortuna, ma ricchi di beni dal cielo. Dio, che si diletta nell’ esaltare gli umili, lancia una predilezione su di lui. Docile agli insegnamenti ed agli esempi della sua famiglia, il piccolo è stato notato per la sua modestia e la sua pietà. Impegnato a portare i greggi, trascorreva, sin da piccolo, i suoi giorni nei campi e si dava alla preghiera prima di conoscerne i segreti. Cosa curiosa, la certosa di Porta Coeli, situata ad una giornata di viaggio da lì, ha parlato al suo cuore. Ogni volta che pensava o sentì il suo nome pronunciato, sentiva un movimento indifendibile. Guidato dalla curiosità o, per dire di più, con un tocco di grazia, diresse il suo bestiame in quella direzione, senza preoccuparsi molto dell’angoscia che avrebbe provocato nei suoi genitori. Arrivò alle prime ore del mattino, vicino le mura del monastero. Il suono della campana lo incantò e lo attrasse Dopo aver affidato il suo gregge a un compagno, chiamò il fratello portinaio. “Lasciami”, dice, “lasciami entrare”. “Cosa ti porta a questa ora?” “Voglio vedere, voglio capire cosa sta succedendo qui”. Il giovane pastore partecipò all’ufficio e si ritrovò trasformato!

Pochi giorni dopo, vi fece ritorno, chiedendo lil santo abito. Gli fu prontamente dato e subito i monaci potettero vedere che il buon fratello Francisco apparteneva alla razza di quelle anime semplici che vanno a Dio e non si ritirano indietro in presenza del dovere. Sempre ultimo, non si lamentava mai, trovava invece che la sua povera persona era oggetto di una troppa attenzione. Svolgeva alla perfezione qualsiasi obbedienza, passava da un lavoro all’altro, al minimo segno dei superiori, egli si applica ovunque con lo stesso entusiasmo. Divenne molto qualificato come fabbro, avrebbe dovuto costarlo più di una volta per cambiare questa obbedienza da parte di un’altra per cui non sentiva né attitudine né gusto. La forgia, il giardino, il lavoro della terra, ecc., Tutto era indifferente a lui. Quanto meno l’umile conteggio per se stessi, più Dio si prende cura di loro e trovandoli morbidi e malleabili, morti a tutti, fa grandi cose con loro. A seguito di una imprudenza per il troppo zelo, il buon fratello contrasse una grave malattia che lo condusse prematuramente al riposo eterno. La sua morte avvenne il 4 settembre del 1528. Una prece per questa anima santa.