Torno oggi a parlarvi di una grangia, etimologicamente deriverebbe dal francese arcaico “granche”, che a sua volta verrebbe dal latino volgare “granica”, ed indicherebbe il luogo dove si conserva il grano (granarium).
Furono vere e proprie tenute agricole in cui fratelli conversi e donati lavoravano sotto la direzione di un Magister Grangiae, essi oltre a lavorare in loco dormivano, mangiavano e pregavano. Si resero indispensabili quindi la costruzioni di un dormitorio, un refettorio ed una cappella (oratorio).
Quella di cui oggi vi parlerò, è la Grangia di Pizzauto ed apparteneva ai certosini di Capri.
Questa Grangia, fu costruita tra il 1375 ed il 1381 da Giacomo Arcuccio signore di Capri e gran Camerario del Regno Angioino. Egli è colui che nel 1371 aveva fondato la certosa di San Giacomo a Capri, essendo possessore di un vastissimo feudo denominato “Feudo di Cancelleria e Paludicella”, un territorio che comprendeva ampi terreni agricoli ubicati negli odierni comuni di Angri, Sant’Antonio Abate, Santa Maria la Carità e Scafati, fece erigere una Grangia dedicata, anche essa, all’Apostolo Giacomo in zona, allora denominata, Pizzauto. Tutto il feudo, fu donato ai monaci certosini di Capri, che si presero cura del luogo per lo sfruttamento dei terreni.
L’imponente struttura porta a ritenere che inizialmente fosse abitata da un consistente gruppo di monaci. Alcuni documenti, attestano che dopo tre secoli dalla sua erezione, a Pizzauto vi era la presenza di pochi certosini, sufficienti comunque a gestire l’immenso patrimonio posseduto. La Grangia, nel XVIII secolo risultava essere abitata dal Padre Procuratore, dal Magister Grangiae, dall’addetto alla Foresteria e qualche altro Fratello incaricato di riscuotere le decime. Dai citati documenti si evince che la Grangia di Pizzauto con il “Feudo di Cancelleria e Paludicella” fu una grande azienda agricola amministrante enormi beni e ingenti capitali, superando di gran lunga gli introiti della certosa madre di Capri, come pure di tutte le altre tenute o dipendenze da essa possedute tanto sull’isola che sulla terraferma. Sappiamo che nella zona a valle si coltivavano grano, frumento, legumi, orzo, fave, avena, lupini, canapa, lino, ed in quella a monte, vite, ulivo e frutteti. I certosini di San Giacomo di Pizzauto nel XIX secolo continuano a tenere il possesso dei loro beni con una conduzione di stampo feudale, a loro va il merito di aver contribuito, con la pratica della coltura, al risanamento ed alla bonifica di una zona paludosa della piana del Sarno. Va anche aggiunto che in località Monte Monaci la Grangia di Pizzauto possiede un fortilizio di quattro torri ai lati, che fu avamposto di Lettere nel XI secolo, utilizzato dai monaci certosini come convalescenziario o luogo di cura e di soggiorno per i monaci molto anziani e malati.
Con l’avvento napoleonico, 1806, fu promulgata una legge che sopprimeva gli ordini religiosi, tra cui, l’ordine dei certosini. La Grangia di “San Giacomo Apostolo”, fu venduta prima al Caveliere Andrea Dini, che la utilizzò come magazzino, poi venduta ai principi di Cerenzia Giannuzzi Savelli, i quali, da ultimo, lottizzarono i beni e la stessa grangia, cedendoli ai contadini del luogo, ciò intorno agli anni 1950. Con il sisma degli anni’80, lsi decise di porre il vincolo storico sulla struttura appartenuta ai certosini, ma nulla da allora è stato fatto . Attualmente la Grangia si presenta in una veste complessivamente settecentesca presentando pesanti deturpazioni dovute all’incuria, alle guerre e al sisma del 1980. La Grangia di Pizzauto si presenta a pianta quadrata con un chiostro al centro. Essa è formata da sotterranei, da un piano terreno e da due piani superiori ai quali si accede mediante una scala con volte a crociere. La costruzione nel lato est è sormontata da tetto in tegole con capriate in legno. La trasformazione e gli adattamenti subiti dalla costruzione agli inizi del secolo scorso, non consentono una visione chiara dei numerosi ambienti e della loro funzione e utilizzo. Si può solo ipotizzare che al piano terra vi fossero locali adibiti al servizio di foresteria, cucine e refettorio, a granai, cellai, magazzini, stalle.
Come ogni Grangia vi doveva essere anche la presenza di una chiesetta, di cui non vi è più traccia, oggi l’oratorio che vi rimane è soltanto uno di modeste dimensioni ma risalente al XIX secolo.
Complessivamente, si nota una condizione completamente fatiscente ed in stato di abbandono. Dal video che segue potremo constatare che questa situazione, purtroppo, appare difficilmente modificabile, a causa della burocrazia che impedisce un decoroso recupero di questo monumento.
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