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Meditazione per Pentecoste

Pentecoste retablo cartuja de Miraflores

Pentecoste, particolare retablo cartuja de Miraflores

Oggi in occasione della festa della Pentecoste, quest’anno ho scelto per voi una meditazione estratta da “Vita Christi” di Dom Ludolfo di Sassonia.

A seguire, una deliziosa preghiera.

Nel giorno di Pentecoste, il cinquantesimo dopo la Risurrezione e il decimo dopo l’Ascensione, il Signore Gesù parla al Padre della sua promessa, che aveva fatto ai discepoli per inviare loro lo Spirito Santo. Avendo compiaciuto il Padre, mandarono lo Spirito Santo a scendere sui discepoli, riempili, confortali, rafforzali, istruiscili e inondali di virtù e gioie.

Ci sono tre segni attraverso i quali ognuno può congetturare di avere lo Spirito Santo; ecco perché lo Spirito Santo apparve sotto tre segni: sotto forma di nuvola, sopra il Cristo trasfigurato; colomba, su Cristo battezzato, e fuoco sul collegio degli apostoli riuniti. Il primo segno è l’abbondanza di lacrime, ecco perché è apparso sotto forma di nuvola: quando arriva l’Austro le nuvole ruotano nelle piogge, così viene lo Spirito Santo, le menti ruotano nelle lacrime. Il secondo segno è il perdono delle offese, ecco perché è apparso come una colomba: la colomba non ha fiele, quindi lo Spirito Santo infonde un grido di carità nei cuori, scaccia odi ed espelle tutti i rancori. Il terzo segno è il desiderio di cose elevate; così è apparso sotto forma di fuoco; il fuoco tende alle altezze, quindi lo Spirito Santo innalza i cuori.

Preghiera

Gesù, generoso donatore di tutti i doni! Hai inviato lo Spirito Santo sotto forma di fuoco sui discepoli. Ti prego, affinché io possa ricevere, per mia salvezza, per tua grazia, il dono che i tuoi discepoli hanno ricevuto dalla tua generosità. Invia su di noi, il tuo servo, il tuo Spirito di carità, amore e pace; possa visitare i nostri cuori, purificarli dai vizi, adornarli con le virtù, abbracciarli con il vincolo dell’amore, illuminarli con la luce della tua conoscenza e accenderli con l’ardore del tuo amore. Perdona i nostri peccati e donaci la vita eterna.

Amen.

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Devozione alla Mater Singularis Carthusiensis

La vergine dei certosini

A conclusione di questo mese mariano, mi piace ricordare che nessuno come l’Ordine certosino onora liturgicamente la nostra Beata Vergine. Oltre all’ufficio divino, i monaci certosini pregano quotidianamente l’intero piccolo ufficio della Beata Vergine Maria. In un opuscolo vocazionale dell’Ordine vi sono queste parole: “Maria svolge un ruolo primario nella vita solitaria di un monaco. Per quanto la fragilità umana lo consenta, la sua anima si sforza continuamente di avvicinarsi a Dio e rimanere fedele a questa alleanza sponsale di amore. Questo sforzo unisce il certosino in modo speciale con la Beata Vergine Maria, che siamo abituati a chiamare Mater Singularis Carthusiensis (la madre in particolare di tutti i certosini). La onoriamo con un affetto speciale recitando quotidianamente il suo piccolo ufficio e consacrando la nostra chiesa e comunità al suo Cuore Immacolato “.

In ogni certosa, si offre una messa quotidiana in onore della Madonna. Il sabato questa è una messa comunitaria, mentre in tutti gli altri giorni questa Messa viene celebrata privatamente dai Padri.

Alla fine dei Vespri ogni giorno, nell’Ufficio divino canonico, i monaci cantano la Salve Regina. L’ Angelus viene recitato quattro volte al giorno, uno in più rispetto ai tre tradizionali. I monaci pregano anche un’Ave Maria ogni volta che entrano nella loro cella individuale. Come sapete, il primo ambiente della cella viene appunto chiamato Ave Maria, poichè vi è sempre una immagine della Madonna al quale il monaco rivolge un saluto ogni qualvolta esce ed entra dalla cella.

l'Ave Maria

l’Ave Maria

È consuetudine recitare ogni ora dell’ufficio della Madonna prima dell’ora corrispondente dell’ufficio divino. L’unica eccezione è a Compieta dove la Preghiera notturna della Madonna segue Compieta dell’ufficio divino canonico. Così la giornata inizia con Mattutino della Madonna e termina con Compieta della Madonna; e così, l’intera giornata di preghiera è nell’abbraccio della nostra Beata Madre, confidando nel suo amore materno.

Ogni sera all’interno delle certose di tutto il mondo viene cantato l’inno Ave Maris Stella durante i Vespri della Madonna. In quell’inno la Madonna viene individuata come Felix Coeli Porta. Quelle parole parlano implicitamente del potere della sua intercessione, dell’amorevole Madre che Gesù non può rifiutare, della porta che conduce all’eterna visione beatifica, è la porta attraverso la quale Dio stesso è entrato nel mondo.

Nell’ultima preghiera del giorno, Compieta della Madonna, la nostra santa Madre conforta i suoi figli con queste parole che la Chiesa mette sulle sue labbra e viene letta ogni sera, tranne durante l’Avvento. Queste parole traducono dalla Vulgata latina come: “Sono la Madre del giusto amore, della paura, della conoscenza e della santa speranza“(Ecclesiasto 24:24) . Tale sentimento consolatorio dà la fiducia di pregare il Nunc Dimittis che segue: “ Nunc dimittis servum Tuum, Domine, secundum verbum Tuum in pace…- Ora allontana il tuo servitore, o Signore, in pace, secondo la tua parola. . “. (Luca 2:29).La combinazione di quei due passaggi della Sacra Scrittura e dell’ufficio della Madonna rende una bella serenità mentre si riposa per la notte.

A conclusione di questo articolo ecco per voi una considerazione di Dom Lanspergio

Maria non ci ha scelti come suoi servitori, ma come suoi figli e figlie. Figli e figlie che non è soddisfatta di proteggere e difendere, ma che desidera nutrire nel suo cuore, nutrire con squisita tenerezza. Da parte nostra, non permettiamoci di attaccarci al suo servizio come servi ma come suoi figli più affettuosi; lei stessa non ha posto limiti alla sua materna sollecitudine per noi. La onoriamo e la amiamo con affetto veramente filiale, meditando costantemente sulla sua vita e sulle sue virtù ”(Ioannes Lanspergius, Opera Omnia, vol. IV).

Mentre i certosini pregano l’ufficio della Madonna, uniamoci in preghiera anche noi:

Maria, Mater gratiæ, Mater misericordæ, tu nos ab hoste protege, et hora mortis suscipe” “Maria, Madre della grazia, Madre della misericordia, proteggici dal nemico e ricevi le nostre anime nell’ora della morte.”

Come accennato in precedenza, i certosini cantano la Salve Regina dopo i vespri canonici. Ecco un video che contiene questa deliziosa preghiera cantata dai monaci certosini.

Fra Bonaventura Presti, l’architetto certosino

3 Leggio monumentale manufatto di B. Presti

Leggio monumentale manufatto di B. Presti

Cari amici, nell’articolo odierno voglio parlarvi di un personaggio poco noto, ma molto attivo in attività esterne alla vita claustrale, un fratello certosino distintosi per le sue spiccate virtù di artigiano. Voglio parlarvi di Fratello Bonaventura Presti, a molti di voi questo nome non dirà nulla, perciò proverò a farvelo conoscere. Della sua biografia non si conosce molto, si sa che nacque a Bologna ed in quella città ebbe la sua formazione, imparando l’arte della falegnameria. Successivamente, cominciamo ad avere notizie certe sulla sua vita, poichè è documentata la sua presenza a Napoli all’interno della certosa di San Martino, appunto come fratello converso. In questa città si svolge la sua vita, dall’aprile del 1650 fino alla data della registrazione della sua morte, avvenuta il 9 settembre del 1685. A Napoli il suo status di converso gli permise contatti con il mondo esterno alla clausura, consentendogli di sviluppare una prolifica carriera come architetto ed ingegnere. Le opere realizzate dal Presti furono notevoli e numerose. Ma proviamo a contestualizzare il suo operato, per comprendere meglio la sua alacre attività esterna alla vita claustrale. Fra’ Bonaventura, in quel tempo, rappresentò nella politica culturale dei certosini napoletani, uno ‘strumento di persuasione’, nell’accezione barocca del termine, da proporre ai potenti dell’epoca pronti a legittimare la loro magnificenza personale per poter passare alla memoria dei posteri. Il periodo era quello nel quale l’aspetto della stessa certosa era in trasformazione, oramai improntata allo splendore post-conciliare teorizzato dai principi della Chiesa che in funzione antiprotestante incoraggiarono il recupero della magnificenza delle basiliche, delle cattedrali e delle chiese. A questa imponente trasformazione contribuì Fra’ Bonaventura Presti, che nel 1656, a seguito delle controversie sorte tra i monaci ed il grande Cosimo Fanzago, il quale decise di abbandonare tutti i lavori in corso, assunse un ruolo essenziale nella conduzione dei lavori, curandone il prosieguo ed il completamento. Tra questi, vi ricordo i dispersi arredi lignei per lo studiolo del Priore e la realizzazione del leggio monumentale del coro, oltre al completamento del pavimento della chiesa, e forse la realizzazione del vano ellittico sottostante l’aula del coro per realizzare la famigerata “cassa armonica”. A ciò si aggiunge l’esecuzione di un disperso modello ligneo per l’altare maggiore e altri interventi inerenti l’arredo del Quarto del Priore e della Foresteria. Fin qui gli interventi e le opere realizzate per la propria certosa, ma come vi dicevo egli a queste, sovrappose attività legate alla committenza fatta dal Cardinale Ascanio Filomarino dal 1655 a seguire. Da quest’ultimo fu incaricato dell’ampliamento e ammodernamento del palazzo arcivescovile e della residenza avita a largo San Giovanni Maggiore. Nel 1659 Fra Bonaventura progetta a Soriano Calabro, dopo un devastante sisma, il convento di San Domenico che verrà nuovamente distrutto dal terremoto del 1783. Negli stessi anni a Casoria completa la chiesa di San Mauro. Creazioni di notevole livello scultoreo progettate dall’architetto furono i soffitti lignei delle chiese di San Pietro a Majella e del Carmine (quest’ultimo andato distrutto durante la seconda guerra mondiale e sostituito da una riproduzione moderna), entrambe realizzati sul finire degli anni cinquanta del Seicento. Il Vicerè il 2 ottobre 1666, rilasciò al nostro certosino la patente di “Regio ingegnere e architetto” in base alla “expereniencia que haves mostrado”, riferendosi agli interventi effettuati in città.

Pianta Baratta particolare della Darsena

Pianta Baratta. particolare della Darsena

A seguito di ciò, venne incaricato di quella che sarà la sua opera ingegneristica più importante ovvero la darsena, realizzata tra il 1667 e il 1668. Come vi avevo premesso, l’ascesa di Fra’ Bonaventura al rango di regio ingegnere è strettamente connessa all’influenza dei certosini di San Martino. Data la sua notorietà acquisita, l’architetto certosino fu incaricato di fare e dirigere il progetto della darsena, ma senza alcuna conoscenza di ingegneria, purtroppo durante lo scavo dell’opera si aprì una sorgente d’acqua sotterranea ed il certosino non riuscì nell’impresa, venne quindi sostituito da architetti ed ingegneri i quali trovarono il rimedio per prosciugare lo scavo. Dal 1668 lo si vede attivo nella vicina Aversa, nel cantiere della Chiesa della Santissima Annunziata. Contemporaneamente venne incaricato di realizzare laVilla Carafa di Belvedere al Vomero, voluta da Ferdinando Vandeneynden e realizzata tra il 1671 ed il 1673. Il certosino ottenne anche la nomina di ingegnere ordinario del Pio Monte della Misericordia a Napoli nel 1678, e tra il 1673 e il 1685 Presti è autore del rifacimento della chiesa di San Domenico Soriano e del relativo chiostro che sarà poi completato molto più tardi. Queste che che vi ho citato sono solo le principali opere ed interventi, tra le numerosissime che egli realizzò.

Dalle cronache, sappiamo che Bonaventura Presti, dopo aver convissuto negli ultimi anni con una malattia che interessò le vie urinarie lentamente si spense nella sua certosa, il 9 settembre del 1685 a causa di un blocco renale. Come accennatovi, Presti fu soprattutto un abile falegname e dotato di un notevole talento come intagliatore e disegnatore, ebbe indiscutibili capacità creative pertinenti alla figura dell’architetto piuttosto che quella dell’ingegnere, la sua ascesa come abbiamo visto fu dettata però non solo dalle sue doti, ma anche da motivi politico religiosi. Restano oggi tutti i suoi meravigliosi manufatti, che ci testimoniano il suo innegabile talento, che ho voluto farvi conoscere. A seguire immagini di alcune delle sue opere.

 Pavimento Navata certosa

Pavimento Navata certosa

Particolare commesso marmoreo chiesa_pavimento_di_fra_bonaventura_presti_1664-67_

Particolare commesso marmoreo pavimento 1664-67

Grata nel pavimento del coro della certosa (cassa armonica)

Grata nel pavimento del coro della certosa (cassa armonica)

3 Leggio monumentale manufatto di B. Presti

 

Meditazione per l’Ascensione

Ascensione di G.Lanfranco certosa san Martino

Ascensione di G.Lanfranco certosa san Martino

Per celebrare la festa dell’Ascensione, quest’anno ho scelto per voi una meditazione estratta da “Vita Christi” di Dom Ludolfo di Sassonia.

A seguire, una vibrante preghiera.

Dice San Gregorio: “Cristo è asceso in modo che, a parte la presenza corporea, buttiamo fuori l’ affetto per il mondo e ti auguriamo con tutto il nostro cuore. Cerchiamo cose dall’alto con forza intellettuale; lo assaporiamo con l’affettivo. Così un soldato ascese con il suo cuore, nelle regioni d’oltremare ha visitato sollecitamente e in lacrime tutti i luoghi in cui era stato il nostro Salvatore e quando aveva investigato tutti i luoghi santi con devozione, infine arrivò al Monte degli Ulivi, da dove il Signore ascese e, dopo una lunga preghiera con le lacrime, disse: “Ecco, Signore, ti ho cercato tutti diligentemente, nel luogo in cui sei asceso al Cielo. Non so più dove cercarti; ordina il mio spirito essere ricevuto, affinché possa vederti alla destra del Padre seduto in cielo ‘. Detto questo, indolore, consegnato lo spirito. Pertanto, anche noi lo cerchiamo per ciascuna delle opere e delle esercitazioni delle virtù così che possiamo finalmente ascendere a Lui.

Preghiera

Gesù! Grande corona! che risorgendo dai morti sei rimasto alla destra del Padre:

Disegna la mia mente su di te in modo che io possa desiderare solo te e cercarti con fervore. Dammi, ti chiedo, con tutto il desiderio e l’entusiasmo, di provare per quanto credo tu sia asceso; così, sebbene il corpo mi fermi nella presente miseria, potrei essere con te con il pensiero e l’avidità, così che il mio cuore è lì dove sei, il mio tesoro desiderabile e amorevole. Disegnami dopo di te, affinché tu possa salire dalla tua grazia di virtù in virtù, merita di vederti, Dio degli dei, in Sion.

Amen.

Il certosino croato in Corea

22 Padre Sipos

L’articolo di oggi voglio dedicarlo ad un monaco certosino che avrete visto nelle recenti immagini provenienti dalla certosa coreana, oggetto dei video estratti dal film “La casa alla fine del Mondo”, di cui vi ho parlato. Da qualche anno, l’Ordine aveva fatto un appello ai confratelli delle certose europee circa la possibilità di trasferirsi in Corea, per incrementare, con giovani, la certosa asiatica. Ebbene Dom Pio Maria Šipoš (Tin, nome di battesimo ), di nazionalità croata, confratello della certosa di Marienau in Germania ha accettato questa proposta, ma conosciamolo dal racconto dei suoi genitori. In una intervista rilasciata ad una rivista croata, essi ci fanno conoscere la storia di Dom Šipoš.

I genitori e Dom Pio

I genitori e Dom Pio Šipoš

 

 

I suoi genitori, Mary e Velimir, si sono incontrati quando erano studenti universitari. Si sono poi sposati quando lei aveva 23 anni e lui 27, e Tin è nato dopo due anni.

“Era un “bambino vivace” fin dalla nascita. Il momento della nascita è stato difficile; taglio cesareo, rianimazione del bambino. Entrambi abbiamo avuto la sepsi. Io mi chiesi se mai sarebbe sopravvissuto, dice sua madre. “Sebbene leggesse molto, non si stancava mai. In particolare, amava le fiabe, quindi ha adottato molte espressioni forbite che spesso hanno sorpreso i professori a scuola. All’età di otto anni, è andato al centro studentesco per un seminario informatico dove ha imparato a programmare. Era uno studente così bravo che si trasferì direttamente dalla terza alla quinta elementare.

Il viaggio di Tin verso la chiamata spirituale iniziò precocemente, già alle elementari egli era molto interessato alla vita monastica certosina. In un’occasione, durante un viaggio, passarono accanto ad un loro monastero, credo Pleterije e lo trovò molto interessante. Chi sono questi certosini? Che aspetto ha la loro vita solitaria? All’epoca pose questi quesiti ai suoi genitori ed alla fine, mostrò l’intenzione di andare al seminario “Gli abbiamo detto di andare liberamente, e lo tranquilizzammo dicendogli che poteva sempre tornare a casa.”

Per un po’, è stato in formazione a Fratrovac, e poi a Salata, dove ha incontrato Marko Glogovic, con il quale era stato in giro. Ci sono state anche le prime crisi di fede, hanno ricordato i genitori. Era abbastanza maturo, leggeva molto. Pensava che ci sarebbero state molte preghiere lì e cose simili, ma alcuni ragazzi ascoltavano anche musica “folk”, e giocavano a carte. Tin è andato a concerti di musica classica e ha avuto difficoltà a tollerare l’atmosfera di svago nel seminario Fratrovac. Quindi ritornò dopo poco tempo, a casa dei suoi genitori. Successivamente il sacerdote Ivica Berdik, che lo portò per la prima volta in seminario per un ritiro, lo incoraggiò a lasciare il seminario, terminare il liceo e iscriversi alla facoltà di teologia, come fece Berdik. Tuttavia, Tin tornò in seminario, e in seguito disse che era stata una bella esperienza e che non gli era dispiaciuto farla.

Ha completato i suoi studi in teologia a Zagabria. Per due anni è stato cappellano di Ludbreg, nella Parrocchia e Santuario del Preziosissimo Sangue di Cristo. Fu mandato alla scuola di specializzazione a Roma, dopo di che è stato parroco per tre anni a Coblenza nella Missione cattolica croata in Germania. Mentre era a Coblenza si recò per la prima volta alla certosa di Marienau. In precedenza, aveva fatto una visita nella certosa calabrese di Serra San Bruno ed a Pleterje. Ma ha deciso di scegliere la certosa tedesca dove ritenne che vige una regola molto stretta.  C’era una situazione piuttosto caotica a Coblenza; i laici erano divisi, ed era anche molto stancante perché la parrocchia era spazialmente grande. Ma non è quello che conta. Era più infastidito dalla confusione e dal disaccordo tra i credenti. Entrò nell’Ordine certosino e scelse il nome religioso Pio Maria.

Inizialmente, ha vissuto crisi fino a quando – come ha testimoniato ai suoi genitori – non aveva completamente deciso a questo invito religioso. Passarono diversi anni fino a quando finalmente decise “Ci ha detto, ‘Se alla fine uscissi e mi arrendessi, non vorrei essere di nuovo un pastore. “Nessuna chiamata del genere. Lo visitavamo ogni anno “, dicono Maria e Vladimir.

22 Padre Sipos a Marienau

Padre Šipoš a Marienau

Dopo dieci anni trascorsi nella certosa tedesca di Marienau, Tin ha compiuto un altro grande passo in avanti accettando l’invito di andare alla certosa in Corea del Sud.

Dato che sono tutti monaci in età avanzata, avendo più di 70 anni, avevano bisogno di qualcuno più giovane per diventare insegnante di reclutamento per venire lì. Cercavano un volontario da cinque anni e nessuno prima di nostro figlio Tin aveva risposto. Alla domanda se davvero era intenzionato ad accettare, Dom Pio ha risposto. che a lui non importava dove si trovasse, perché ovunque egli si trova è sempre con Dio “.

È partito a luglio dell’anno scorso, (2018). Per i primi tre mesi, era in prova per vedere se poteva adattarsi. A Zagabria, ha trovato una signora dalla Corea che gli ha dato istruzioni della lingua per corrispondenza. Attualmente, Dom Šipoš parla 12 lingue e ora sta imparando anche il cinese perché lo vede pertinente al coreano ed al vietnamita che già conosce. Lo studio delle lingue, lo rende felice. Parla perfettamente oltre al croato, latino, greco, ebraico, inglese, tedesco, italiano, francese e ungherese. Un vero poliglotta!

A seguire un video realizzato in croato dai suoi connazionali nel 2014, nel quale si rende omaggio a Dom Pio Šipoš, quando era nella certosa di Marienau.

Tre short video dalla Corea (seconda parte)

copertina doc Korea

Cari amici per voi i secondi tre brevi estratti video del film “La casa alla fine del Mondo”, di cui vi ho parlato in un precedente articolo . Oggi vi propongo gli estratti della seconda parte. A corroborare i video vi sono i testi tradotti dal coreano, in varie lingue, grazie all’aiuto di una rete di amici. 

Testo in inglese 

Testo in portoghese 

Testo in francese 

Testo in spagnolo

Questi i titoli introduttivi.

L’Ordine certosino fu fondato nel 1084 da San Bruno a Chartreuse in Francia. Da quel giorno la storia è continuata con il silenzio le poche parole del dialogo ed il totale abbandono.

Attualmente, 370 monaci in 11 paesi in tutto il mondo dedicano tutta la loro vita in stretta solitudine e silenzio per seguire la verità dell’eternità.

E 15 anni orsono, a seguito della speranza di Papa Giovanni Paolo II, fu istituito il primo convento certosino in Asia, qui in Corea.

PARTE SECONDA video 1

(24secondi)

Il nostro impegno e la nostra vocazione consistono principalmente nel dedicarci al silenzio e alla solitudine della cella. Questa è infatti la terra santa e il luogo dove il Signore e il suo servo conversano spesso insieme. (Statuti Certosini 4-1)

(52 secondi)

Il nostro cuore è un altare vivente dove offriamo costantemente pure preghiere al Signore. (Statuti certosini 4-11)

(1min22)

Solo all’uomo puro è permesso vedere Dio nel suo cuore. Per raggiungere questo livello, si richiede un grande abbandono. (Statuti Certosini 6-4)

(1min56)

La terra è unita al cielo, ed il divino è unito alla natura umana.

La giornata è lunga ed il percorso è arido ed insensibile per raggiungere la primavera nella terra promessa. (Statuti certosini 4-1)

(2min24)

La casa alla fine del mondo

Monastero di clausura certosino

(L’arrivo del vescovo)

Vescovo Dupont, 90 anni.

Nel 1954 fu inviato in Corea da Parigi dalla ‘Foreign Mission Society’, Francia.

1969 – 1990 Ha prestato servizio nella prima diocesi cattolica della diocesi di Andong, in Corea.

Il vescovo Dupont è stato di aiuto sin dalla preparazione per stabilire un monastero 20 anni fa.

(4min20)

I monaci discutono gli argomenti con il vescovo Dupont una volta al mese, su un tema libero.

Benvenuto!

Abbiamo un microfono, qui…(monaco)

(Vescovo)

Quindi, non posso battervi, perché siete preparati a tutto.

C’è il rischio di rivelare la mia età…Quindi, sono molto preoccupato.

Allora, parliamo dell’argomento di oggi?

(Monaco)

Ho scelto un argomento.

Ho scelto il tema “povertà”.

(Vescovo)

Quanto povero devi essere per vivere! Non avrai una buona risposta.

Ora…fammi ascoltare qualcosa…

(6min)

Forame (fessura)

I pasti vengono serviti una volta al giorno.

PARTE SECONDA video 2

La casa alla fine del mondo

Monastero di clausura certosino

La povertà sarà tanto più gradita al Signore quanto più sarà volontaria. Ciò che merita lode non è l’aver perduto le comodità del secolo, ma l’avervi rinunziato. (Statuti Certosini 28-10).

(Dialogo)

Per la prima volta, nel mio caso, ho mangiato una banana. L’ho mangiata quando ho mangiato mezzo pasto.

Sai come ho assaggiato la banana?

Salata.

Sì, avevo altri due o tre cucchiai di riso e poi il sapore salato è gradualmente scomparso.

Mi sembrava di aver mangiato il riso senza accompagnamento. E mi sentivo come se stessi contando sulle banane.

Da allora non ho più mangiato una banana.

Per me è più semplice mangiare solo riso cotto. È più comodo mentalmente ed anche in realtà.

Mi sembra più difficile semplicemente tagliarlo perfettamente. Ma pensavo che fosse più facile in qualche modo.

Ora sono disposto a digiunare, senza scendere a compromessi con il digiuno.

Ma forse in Corea del Nord…molti di loro non hanno scelta. Mi dispiace per loro.

Quindi se hanno il riso cotto senza accompagnamento, saranno molto felici.

Preghi per i nordcoreani?

Sì, le mie preghiere includono tutto il mondo.

(6min12)

(Preghiera)

Santo Padre, ami particolarmente i poveri, dal momento che il Santo Figlio te li ha mostrati,

Aiutaci a seguirLo nello spirito di povertà, in modo che possiamo raggiungere la felicità di vederti in paradiso.

Preghiamo per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, tuo Figlio che vive e regna con te, Padre, nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.

(6min 52)

Caro – Carne

Entrò nella certosa 29 anni fa.

Ha 52 anni, ed è un monaco di chiostro (Padre).

Il lavoro è un servizio per cui ci uniamo a Cristo che non venne per essere servito ma per servire. (Statuti Certosini 5-4)

PARTE SECONDA vídeo 3

Musca – Le mosche

La casa alla fine del mondo

Monastero di clausura certosino

(1min24)

7 anni fa arrivò al monastero.

34 anni, monaco del coro.

(2min54)

(Ricreazione)

È una coccinella.

Non penso sia una coccinella.

Le creature di Dio nel monastero sono davvero belle.

Quando penso a Dio che crea, che prende cura di loro…come posso ucciderle!

Racconta la storia ai fratelli in cucina che catturano le zanzare ogni giorno.

(4min35)

(Dialogo)

Ci sono troppe zanzare. Forse, le zanzare sono 60 fino a 100 nella mia stanza.

Mi piacciono le zanzare. Sono un loro amico.

Sei un amico delle zanzare? .

Perché tutti gli animali e gli insetti sono miei amici, ma non mi piacciono le zanzare.

Va bene…perché sono stato morso sulla mia mano dalle zanzare e non mi fa male.

Le zanzare coreane sono diverse dalle zanzare tedesche.

Non ho visto le zanzare volando in Germania.

Le zanzare coreane camminano bene…ma le zanzare tedesche no.

Cattura le zanzare!

È più difficile catturare le zanzare coreane.

Perché? Non so molto sulle zanzare coreane qui.

Non li conosci…forse le zanzare coreane sono più intelligenti delle zanzare tedesche…

Quando sei arrivato in Corea, cosa hai provato?

Ho provato molto shock, spiritualmente e fisicamente in un nuovo ambiente.

Ho avuto molte deficienze spirituali 15 anni fa. Sono stato in grande agonia. Ma Dio mi ha aiutato. Senza l’aiuto di Dio e di Santa Maria Vergine, non avrei potuto vivere in Corea.

Avevo bisogno di più tempo per adattarmi al nuovo ambiente in Corea in quel momento. Perché, prima di tutto, ho sentito che la vita nel monastero era un po’ difficile. Dopo che il tempo passa, ci abituiamo alla vita nel nostro monastero.

Di solito, i giovani hanno un deficit spirituale.

Quindi capisco l’agonia dei giovani.

Ti sto dicendo … spero che si abituino alla vita nel nostro monastero.

Dopo che il tempo passa, ci abituiamo.

Tutto ha bisogno di tempo per arrivare a questa orbita.

Ci vuole tempo per fare bene.

Quando sentiamo agonia e defict spirituale, il nostro Signore ci aiuterà.

Buon Appetito.

Anche a te, buon Appetito.

 

 

 

 

Speciale “San Bruno e la Pentecoste”

busto in processione

Cari amici lettori questo articolo è legato alla inedita trasmissione in streaming, andata in onda su Facebook lo scorso sabato 16 maggio. La ripropongo in versione integrale per tutti quegli amici lettori che non hanno potuto assistere alla diretta, e che me ne hanno fatto esplicita richiesta. La trasmissione in oggetto, è stata organizzata all’interno della rubrica “On the News”, ed è stata intitolata Speciale “San Bruno e la Pentecoste”. Alla diretta alla quale sono stato invitato a partecipare insieme agli amici ed esperti Antonio Cavallaro, Domenico Pisani e Marco Primerano, abbiamo discusso ed esposto i significati relativi alla Pentecoste ed a San Bruno. Un excursus storico molto interessante, con il racconto ed immagini assolutamente inedite. Un ringraziamento speciale da parte mia alla gradevole e competente conduzione degli amici serresi Antonio Zaffino e Biagio La Rizza. Va sottolineato che si è pensato a questa nuova forma di comunicazione sull’argomento Pentecoste, poichè a causa dell’emergenza Coronavirus, la rituale processione del busto di San Bruno che si sarebbe dovuta svolgere martedi 2 giugno, non si potrà effettuare per evitare rischiosi assembramenti. Gli amici serresi hanno perciò ideato questo gradevole programma nel tentativo di lenire la sofferenza e la mancanza del rito della processione molto sentito tra la popolazione di Serra San Bruno, del quale spesso vi ho riportato immagini e video.

Vi lascio alla interessante trasmissione, che spero vogliate gradire.

Link alternativo

Concludo segnalandovi una singolare “coincidenza”, ci siamo ritrovati a parlare dell’avvenimento del 16 maggio 1505, sabato 16 maggio 2020. Spero sia un buon segnale della protezione di San Bruno, con l’augurio che possa esterdersi su tutti voi.

Fratello Francisco de Aranda (seconda parte)

Fratello Francisco de Aranda

Donato di Porta Coeli

Aranda

Prosegue il racconto della vita di Francisco de Aranda…

La condizione della donazione differisce in molti punti dallo stato di converso. In effetti, grazie alla loro professione, sono veri religiosi, mentre gli altri non lo saranno mai. Ne consegue che la formazione di quest’ultimo non richiede la stessa cura o la stessa profondità spirituale. Tuttavia, ogni candidato alla donazione è sottoposto a un esame di un anno

Durante questi dodici mesi, che possono essere estesi, per volontà del priore, il principiante donato sperimenta in qualche modo le sue forze psichiche e morali. Iniziato a poco a poco nella vita ordinaria, è presto in grado di vedere se questa esistenza risponde ai suoi gusti, i suoi bisogni e i superiori, dalla sua parte, sono chiamati a parlare con la conoscenza della causa a favore o contro la sua ammissione. Parallelamente a questo lavoro, il novizio ne sta perseguendo uno più importante. Fatto già maestro nelle scienze umane, deve imparare le basi del catechismo religioso, sapere che lo stato e l’abito non ci santificano affatto, se non ci applichiamo per acquisire una grande umiltà di spirito, un sincero amore per l’abiezione, una rinuncia perfetta alla nostra volontà propria, anche in azioni sante. Il nostro aspirante ha avuto la fortuna di cadere nelle mani di un uomo famoso: Dom Bonifácio Ferreri. Quando entrò anche in questa casa, all’età di quarantuno anni, aveva appena emesso i voti, quando il nostro futuro donato debuttò come postulante. Prima di assumere il governo di Porta Coeli, per trasferirsi da lì alla Grande Chartreuse il nuovo Priore fu incaricato, oltre alla gestione della certosa, di dirigere i Fratelli. Basti dire che, non appena è stato investito nell’abito, Francisco Aranda si è dato con tutto il cuore per lavorare, senza mai scendere a compromessi; a chi non piacevano i termini medi, né la lentezza. «Parla, mio venerabile Padre, dice, senza considerare chi sono o da dove vengo. Sono pronto a soffrire. Abituato a seguire i miei capricci e fare, un po ‘più o meno la mia volontà, vai da me, quindi penso che costerà molto, che la sofferenza conta per un’anima che pone la cura del suo futuro in Dio! Quindi ho chiesto tutto ciò che ti piace. Con l’aiuto della grazia, trovami docile da bambino. »Mantenne la parola. L’estrema purezza delle sue intenzioni, la delicatezza della sua coscienza, la cura con cui veglia su tutta la sua condotta, quel ricordo abituale e, così profondo che non riesce a distrarre senza sforzo il suo spirito dalla meditazione mattutina, quella costante generosità in presenza di sacrificio, questo amore di Dio che tende costantemente verso un’unione più intima, tali sono le caratteristiche di questa figura virile. Il tempo non farà altro che evidenziarlo. Un principiante non potrebbe offrire migliori garanzie. Quindi è stato ammesso alla donazione senza il minimo accenno di difficoltà. Da quel giorno, il buon Fratello attraversò una serie di incidenti molto curiosi, di cui avremmo il diritto di essere sorpresi, se non sapessimo che non si è mai allontanato, dal controllo dell’obbedienza. Ecco, inoltre, le linee principali del programma, che ha dovuto presentare, e questo secondo le istruzioni formali inviate dal reverendo padre generale, Guillaume de Raynaud e che sono state rapidamente confermate, in seguito da Dom Bonifácio Ferreri. Sebbene donato, occupava una cella nel chiostro, con la facoltà di uscire, di volta in volta, per aiutare i conversi. Seguì i religiosi del coro e cantò la prima lezione nei giorni festivi. Per poter seguire esattamente le cerimonie, era stato montato un cappuccio nella sua tuta – un’appendice che non esisteva allora per i conversi. Nella mensa, dove si mescolava ai religiosi. a sua volta leggeva. Ammesso alle deliberazioni del capitolo, aveva il diritto di voto. Infine, non è stato escluso dalle ricreazioni o dallo spaziamento. Questo insieme, come si può vedere, costituiva una specie di vita mista, in relazione alla vita del coro religioso e a quella dei conversi: esistenza singolare, è necessario confessare, ma cara e regolata, nei minimi dettagli, dall’autorità superiore. In ogni caso, per quanto ampi siano i suoi privilegi, il caro Fratello non era religioso.

Mancava ciò senza il quale l’anima non può diventare, la “cosa” del Signore, la sua proprietà autentica; assoluta; mancava il sigillo della professione. Questo inaspettato favore arrivò a porre fine, non solo alle sue intime ispirazioni, ma a ciò che avrebbe voluto, se avesse sognato qualcosa di diverso dalla pura e semplice donazione. La cerimonia si è svolta, come di consueto, durante la messa conventuale. Nonostante tutto, nulla è cambiato, né il suo nome né il suo titolo. Solo, era designato più che da questa denominazione generale: il donato, come se fosse l’unico in casa. Ovunque, veniva chiamata il donato di Porta Coeli; perché, – ci siamo affrettati a dirlo, ha acquisito, in breve tempo, una grande notorietà nelle province dell’ordine. Com’è stato? Diciamolo il più brevemente possibile. I tempi furono difficili nei primi anni del XV secolo. La Chiesa divisa dallo scisma stava attraversando una delle crisi più acute della sua storia. C’erano poi due papi, ognuno con i suoi sostenitori, quello di Roma e quello di Avignone. Gli ordini religiosi non potevano non seguire il Pontefice riconosciuto dalla sua nazionalità. I certosini gettati nella corrente erano anche raggruppati sotto l’obbedienza dell’uno o dell’altro, a seconda che fossero francesi o spagnoli, tedeschi o italiani. Bonifácio Ferrer, assolutamente devoto a Benedetto XIII, ancor prima di entrare in Porta Coeli, gli rimase fedele dopo la sua elevazione al Priorato della Grande Chartreuse. Il sovrano Pontefice, che lo conosceva come abile giurista e religioso come marchio, lo chiamò vicino a lui e lo fece suo intimo consigliere, lasciandolo solo di tanto in tanto per tornare al suo posto.

Il reverendo padre avrebbe sacrificato tutto per riprendere il cammino nel deserto, ma era obbligato a obbedire e prolungare la sua permanenza ad Avignone. Non contento di avere di persona il Padre Generale nel suo palazzo, Benedetto XIII gli ordinò di mandare immediatamente il famoso Aranda, aggiungiamo che quest’ultimo era personalmente noto al papa. All’epoca in cui viveva nella corte di Aragona, era stato mandato in missione straordinaria al vicario di Gesù Cristo. Aveva manifestato, in questa circostanza, tanta scienza giuridica e un tal talento premuroso, che Benedetto voleva averlo sotto mano, soprattutto da quando aveva appreso, da Bonifácio Ferreri, i dettagli più edificanti sugli inizi del caro Fratello in carriera monastica. Quest’ultimo, dopo aver ricevuto il messaggio pontificio, ebbe un movimento di sorpresa. «Come, ha detto, il Santo Padre si degna ancora di ricordare il suo povero servitore! E, ora che mi conosce rinchiuso in una certosa, non ha paura di lanciarmi di nuovo nel mare politico, dove, ahimè! Ho sperimentato più di un naufragio. “Basta con le recriminazioni, mio buon fratello” disse il priore. In presenza di un ordine così elevato, oggi devi inchinarti e prendere la strada per la Francia. Dio sia con te! Ti benedico”Il Fratello si ritirò dalla culla della sua vita religiosa, con un cuore oppresso, pronto comunque a tutti i sacrifici, persino a morire lontano dalla cella. Appena arrivati al palazzo dei papi. fu portato negli alloggi di Benedetto XIII, il che lo rese l’ospite migliore e con grande sforzo nascose un sorriso alla vista di quella strana abitudine. Fu stabilita una vera intimità tra loro, molto presto il nuovo diplomatico fu iniziato per molto tempo nei più piccoli segreti del conflitto aperto. L’umile donato, uomo della sua parola, si comportò in quelle circostanze con l’ammirevole abilità che lo distingueva: interamente consegnato a Dio, durante gli esercizi spirituali, tutto consegnato, quando necessario, alla domanda in sospeso. Finché le sessioni del consiglio non lo richiedevano, lo abbandonava alla preghiera e allo studio. Diremo quanto Bonifácio Ferreri e lui erano felici di riunirsi? Che non è stato, ahimè! in solitudine! Quali ore deliziose il padre e il figlio hanno trascorso insieme, parlando sia dei vantaggi della vita contemplativa che di Porta Coeli, sia della tristezza del momento, del disordine della loro esistenza, hanno deciso tuttavia di rispettare fino in fondo la volontà del rappresentante di Gesù Cristo nella persona di Benedetto XIII. Era il 1407. I negoziati, sebbene condotti con entusiasmo da entrambe le parti, non raggiunsero il sindacato così impazientemente atteso da tutto il mondo cattolico. Aranda era ad Avignone da alcuni anni, sospirando per la cella, chiedendosi se non avrebbe dovuto rinunciare a tutto per sempre, quando fu improvvisamente chiamato in Spagna. Il re d’Aragona avanza a grandi passi e morirà senza figli. Ansioso di tagliare gli intrighi degli ambiziosi che stanno già contestando la corona, ignorando gli interessi della nazione, pensa a designare l’uomo di sua scelta, un successore che risponde allo stesso tempo alle speranze del paese. Ma, per paura, per scrupolo, d’altra parte, avendo domande più serie da esaminare, raccolse attorno al letto di morte i suoi migliori consiglieri, tra i quali si rammarica fortemente di non contare il suo fedele Aranda. Non è a Porta Coeli! Dovrebbe chiedere al papa di separarsi da lui? È improbabile che il papa lo permetta. Viene effettuato almeno un tentativo e pochi giorni dopo arriva il Fratello a Barcellona, giusto in tempo per porre una semplice domanda al paziente e prepararlo a lasciare il mondo. «Signore, dice, Vostra Maestà capisce, voglio credervi, tagliare la difficoltà nella giustizia buona e rigorosa o, in altre parole, segnalare all’attenzione degli elettori il candidato più vicino per sangue, della famiglia reale. – Tale è il mio pensiero, tale è la mia volontà, risponde l’uomo morente. – Ti rispetteremo, Signore; puoi credere nel tuo servitore dedicato. ”Successivamente, l’umile religioso si rivolge al campo della coscienza. Senza essere qualificato per esercitare questo tipo di ministero, parla al re del nulla della vita presente e delle meraviglie dell’altro mondo, con un accento di fede che fa scorrere molte lacrime. È il linguaggio autorizzato di un uomo che una volta possedeva le fortune più invidiabili e morì, dodici anni fa, di tutte le cose quaggiù. La persona morente ascolta attentamente queste considerazioni serie e, dopo aver ricevuto gli ultimi sacramenti con piena conoscenza, si addormenta con fiducia sul cuore del Re dei re. Non appena i confidenti del defunto tornarono dal funerale, si ritrovarono obbligati a soddisfare i loro ultimi desideri. Riunirono i tre parlamenti di Aragona, Valencia e Catalogna, composti da arcivescovi, vescovi e dei grandi di ogni regno. Questi, dopo lunghi dibattiti, nominano, a scrutinio segreto, nove deputati che investono con pieni poteri con l’effetto di proclamare il successore al trono. Fare la storia di questo atto solenne ci porterebbe troppo lontano. Basti pensare che tra questi nove commissari vi sono Don Bonifácio Ferreri per il regno di Valencia e Francisco de Aranda per l’Aragona. Nelle notizie precedenti era stato detto che il reverendo padre, con l’accordo di Benedetto XIII, si era ritirato in Spagna e che il capitolo generale era stato presieduto da lui a Valle de Cristo. Ora, leggiamo nella lettera di questo capitolo una nota più o meno simile a questa: “In considerazione dello zelo che Dom (sic) Francisco de Aranda sviluppa al servizio del papato e del nostro ordine, i celebranti diranno della loro intenzione una Messa dello Spirito Santo con la preghiera pretende; le non celebrità reciteranno i sette salmi penitenziali e convertiranno trenta volte Pater noster e Ave Maria. I delegati del parlamento, giustamente orgogliosi del proprio mandato, si sono dotati di tutte le garanzie necessarie per rimuovere, all’ombra, ogni sospetto. Sarebbe quasi un conclave. Aggiungiamo, in tuo onore, che la preghiera ha avuto un ruolo importante durante queste deliberazioni. Dopo otto giorni, il bambino di Castiglia, Don Fernando, fu nominato re d’Aragona, con l’unanimità dei suffragi. C’erano cinque pretendenti. nel paese fu riconosciuto che l’onore di questa soluzione davvero inaspettata proveniva in gran parte dal povero monaco, il cui talento diplomatico era proverbiale. L’Infante di Castiglia si congratulò con lui e, a testimonianza della sua simpatia, lo portò a Saragozza il giorno in cui fece il suo solenne ingresso in questa città (1413). Quasi immediatamente, il re ed il donato andarono a Morella, dove Benedetto XIII li stava aspettando, venendo espressamente a incontrare il sovrano sulle misure da prendere al fine di porre fine allo scisma. A seguito di questa intima conferenza, il papa è andato a presiedere il consiglio di Perpignan, accompagnato dal suo instancabile segretario. Da lì tornarono nel regno di Sicilia, dove rimasero fino all’inizio del 1417. È allora che il caro donato osa, un’ultima volta, chiedere riposo. L’età avanzata circa, settantadue anni, l’austerità dell’ordine praticata con perseverante rigore, varie malattie incurabili hanno reso difficile il suo lavoro, i suoi viaggi ancora più dolorosi. Benedetto XIII, accetta queste ragioni gli consente di tornare alla solitudine, imponendo così, in nome dell’obbedienza, l’obbligo di usare cibi grassi. Per comprendere la felicità degli umili religiosi, si deve aver vissuto quella vita frenetica, diametralmente opposta a quella del chiostro. Lasciamolo nelle gioie della cella e aggiungiamo che quest’anno il 1417 ha visto ristabilire l’unione con l’elezione di Martino VIII e promulgata dal concilio di Costanza. Non appena il Fratello fu consapevole della fine di queste dispendiose controversie, si sottomise rapidamente al legittimo Papa. Non ci si aspettava di meno da lui. Molto di più, scrisse al pontefice una lettera molto ferma, in cui lo esortava a rinunciare e riconoscere il nuovo vescovo di Roma. Benedetto, non volendo sentire nulla, insistette il vecchio donato. Ragioni, preghiere, lacrime, tutto era inutile. Il venerabile settuagenario non ha mai lasciato la casa per gli ultimi vent’anni della sua vita. Ottima preparazione per questa morte! Che felicità per tutti coloro che sono andati a cercarla, che si tratti di un consiglio, che si tratti di una parola di incoraggiamento! Con instancabile bontà, sempre accessibile, rispose ai secolari che si scusavano per aver disturbato i suoi esercizi: “Ma, no, non mi interrompi più del solito; Non smetto mai di pregare ”. In effetti, la carità, costringendolo a disperdersi, non interruppe la sua unione con Dio. Senza essere un regista qualificato, poiché non ha mai voluto ricevere ordini sacri, ha letto molto e la sua memoria è rimasta fedele fino alla fine, ha aggiunto un vero tesoro che, nonostante la sua umiltà, ha arricchito la sua conversazione. Durante il suo prolungato riposo scrisse un buon numero di trattati spirituali, tutti impregnati di unzione e significato pratico. Egli morì l’11 novembre del 1438, terminando una vita esemplare.

Fratello Francisco de Aranda

Fratello Francisco de Aranda

Donato di Porta Coeli

Monument_a_Francesc_d'Aranda,_Terol

Monumento a Francisco de Aranda a Teruel

Ho lasciatio per ultimo questo profilo di vite esemplari di fratelli e donati. Il Fratello Francisco de Aranda è infatti uno speciale donato della certosa di Porta Coeli. La sua vita, oltre ad essere esemplare, è stata abbastanza sui generis, proverò ad illustrarvela. A causa della lunghezza del testo ho ritenuto opportuno dividerlo in due articoli.

È una vita estremamente curiosa quella di questo bravo Fratello che morì all’età di novantadue anni sotto l’umile abito di donato. Venne al mondo nel villaggio di Teruel intorno al 1346. La famiglia di origine era tra le più illustri del paese. La sua prima educazione, diretta al bene, sotto il controllo dei suoi genitori e con l’aiuto di abili maestri, non lasciava a desiderare. Dotato di doni e aggettivi squisiti che donano al giovane tanto fascino, il bambino è diventato un adolescente di grande distinzione, destinato ad avere un ruolo importante nella società. Suo padre lo presentò alla corte, dove lui stesso aveva i suoi ingressi, e lo presentò al re d’Aragona, Pedro IV, persuaso che avrebbe aperto i suoi onori. Francesco vinse presto, il favore del monarca che lo nominò primo cameriere del figlio minore. C’è la morte del sovrano, l’erede della corona ha dovuto inviare un corpo di marina in Sicilia per sopprimere un inizio di insurrezione. Mise il fratello alla testa delle truppe, ma mantenne il brillante scudiero a cui affidò l’educazione del figlio maggiore da bambino. Delicata missione per un giovane di sedici anni! Interamente dedicato al suo compito, il maestro coltivava lo spirito e il cuore del suo studente con sorprendente competenza e maturità, che gli valse più di una volta gli incoraggiamenti dei principi e lo mise in evidenza. Queste due esistenze finirono per crearne una sola, in modo tale da avere punti di contatto. Le giornate sono state condivise tra la vita familiare e le lezioni del tutor. Quest’ultimo, tuttavia, ha avuto la parte migliore. Di notte, le loro stanze erano comunicanti. Ora, una mattina, contrariamente alla sua abitudine, il bambino non rispose alla chiamata. Sorpreso e non ascoltando, Aranda penetra nell’appartamento e trova un cadavere ancora caldo. L’emozione è indescrivibile e trasmessa con il passaparola ai quartieri più remoti della capitale. Immediatamente furono svolte indagini. Gli abitanti del palazzo furono sottoposti a un accurato interrogatorio; Aranda fu particolarmente incalzato di domande. Nonostante ciò, questa tragica morte rimase avvolta nel mistero. Tuttavia, il giovane viene arrestato e, sebbene non vi sia alcun sospetto fondato su di lui, viene imprigionato nella cittadella di Morella. Scuola dura che un giorno dovrebbe metterti in possesso anche del sovrano! Scuola dura, diciamo! In effetti, si può prevedere una svolta più inaspettata e completa? Ieri al vertice delle distinzioni; oggi, in fondo alla scala sociale! Seduto al tavolo di un re ieri; gettato oggi nel fondo di una prigione! Ieri, lusingato dalla massa di favoriti; oggi, posto tra i ranghi dei prigionieri! In quale direzione tende la fortuna di un uomo! A ciò che tende la tua rovina morale! Qui, per uno spirito esperto nelle cose della fede, ci sarebbe una questione di riflessione. Profondamente abbattuto, ma rassegnato, consapevole della sua innocenza, il nostro prigioniero adora, senza capire, le vie della Provvidenza e bacia la mano che lo batte. “Ah! se dice, il mondo è fatto comunque! Promette molto. Cosa dà comunque? La fortuna mi ha sorriso. La mia orgogliosa famiglia mi ha mostrato il futuro con i colori più belli. Quanti miei amici hanno invidiato la mia situazione! Ed ecco questo bellissimo edificio crollato da cima a fondo! Cosa diventerò? Solo tu lo sai, Signore; questo è abbastanza per me. Mi abbandono anima e corpo ai tuoi disegni impenetrabili. Tutto quello che posso promettere, “giuro” è che se mi dai la libertà, il mondo non conta più su di me tra i suoi adoratori. Mi rinchiuderò in un chiostro.

Nel frattempo, re Giovanni I d’Aragona morì improvvisamente per un incidente di caccia (1395). Per mancanza di un erede diretto, suo fratello minore, Martino, un tempo studente di Aranda, salì al trono. Ma, essendo stato trattenuto in Sicilia, Dona Maria, sua moglie, fu proclamata regina dell’Aragona. Riconosciuto per i servizi forniti, una volta, dallo scudiero di Teruel, ne ordina la scarcerazione e lo nomina membro del consiglio privato: una doppia iniziativa che riceve piena approvazione dal sovrano. La riparazione fu completa, soprattutto perché era necessaria. Il rilascio del prigioniero fu un sollievo per tutte le coscienze. Riabilitato nell’opinione e reintegrato in tribunale, Aranda non perderà di vista le riflessioni sensibili suggerite dal suo soggiorno a Morella? Ora che la fortuna gli sorride, il mondo non gli appare, senza dubbio, con colori così cupi. E, in effetti, una voce gli dice: questa voce del mondo che invariabilmente dà la stessa nota: «Tagliare la tua carriera, lanciarti nell’ignoto, lasciare il giusto per l’incerto, è pazzo. Ci hai pensato? E se i certosini ti respingessero? O se non riuscissi a perseverare in questo impegno? La corte sarebbe evidentemente chiusa a te.

Recatosi a Barcellona per la famiglia, convinto del grande progetto che alimenta, un giorno entra in una chiesa, si avvicina a una cappella dedicata a Santa Anna e le sue mani appoggiate sull’altare, rinnova il suo giuramento per rompere con la corte e per finire se stesso nella certosa di Porta Coeli e voler trascorrere il resto dei suoi giorni con l’abito di donato. Ciò accadde nel 1396. Poco dopo, scrive al priore di questa casa, implorandolo di riceverlo come l’ultimo dei suoi figli. Per ottenere la benedizione del cielo su sua richiesta, si impegnò a costruire interamente un chiostro e sette celle a proprie spese. Queste celle sarebbero state fornite da lui e fornite del materiale necessario per le occupazioni dei suoi abitanti. Inoltre, un reddito annuo di cinquanta scudi d’oro, che sarebbe stato consegnato, vicino al Natale, nelle mani del priore, e diretto ai bisogni più urgenti del monastero. La risposta non fu fatta aspettare; era del tutto affermativo. Il lettore estraneo alle cose di religione dirà esiste un singolo convento che non apre tutte le porte a un candidato armato di tali pezzi? Anche se, secondo gli statuti, al priore è vietato, sotto severe sanzioni, di pretendere qualsiasi cosa da un postulante, non gli è tuttavia proibito accettare una donazione mano nella mano. Ritornando al nostro Francisco. Con il suo futuro fissato, poteva solo dire addio ai sovrani. È, secondo lui, il lato delicato della domanda. Il re e la regina, ascoltando questa notizia, non possono evitare un movimento di sorpresa misto a tristezza. dopo trentadue anni che questo coraggioso Aranda entrò in tribunale, tutti i principi lo avevano votato come un affetto quasi fraterno; tutti si sono resi conto dell’idea di vederlo finire in mezzo a loro. Nessuno è più silenzioso del sovrano. Non è sotto gli occhi e, per così dire, nella scuola del tuo precettore, che sei cresciuto e hai imparato le lezioni in cui ti ispiri ogni giorno nella gestione degli interessi del Paese? Quante obiezioni, quante riparazioni affettuose, cadono da questi due cuori infranti e sono confuse nel mezzo di un diluvio di lacrime! E lui rispose con una voce rotta dai singhiozzi: «L’affetto per il tuo augusto popolo, mi è stato concesso per molto tempo. Ciò che ho cercato lì per forza morale, nel corso della mia frequente cattività, solo Dio lo sa. La tua desolazione testimonia la sincerità della tua amicizia; i tuoi gemiti mi spingono nel profondo della mia anima. Solo Dio lo sa. Vuoi allora che resista alla chiamata della grazia? Tutto mi indica la vita del chiostro. Separandomi da te, sono sicuro, per quanto possibile, di adempiere un dovere di coscienza. Se il sacrificio che sto pensando di fare fosse opera della mia volontà, certamente non lo farei. Ma state tranquilli, la separazione non vi sta dimenticando. Al contrario, più apparteniamo a Dio, più apparteniamo a coloro che amiamo quaggiù. Là tutto consegnato alle mie sante occupazioni, vi porterò, ancora di più nel mio cuore. Lontano dalle vanità del mondo, estraneo agli affari, non smetterò di pregare per la conservazione di Vostra Maestà e per la prosperità del regno, – ciò che è più caro in questo mondo. »Crediamo che le cose debbano accadere più o meno così. Ciò che ci rifiutiamo di tradurre è l’emozione che è esplosa da una parte e dall’altra nel momento in cui, con l’ultimo saluto, sono stati scambiati gli ultimi sguardi pieni di lacrime. Aranda aveva cinquantadue anni quando aprì l’ingresso di Porta Coeli Per lui, stava entrando nell’atrio del paradiso. Arrivato al porto, si espande in termini commossi ed esclama: «Che ringraziamento devo darti, Signore, per avermi portato in questa santa dimora! È allora al tuo tabernacolo che i miei giorni passeranno d’ora in poi. È sufficiente, per riconoscere questo favore, offrirti l’offerta della mia povera persona sotto il dominio di São Bruno? Perché dovrei pentirmi di ciò che ho lasciato? Tutto questo non è nulla in confronto a quello che ho trovato, oh mio Dio. ”Ricordiamo, aveva espressamente chiesto di rimanere nella condizione di donato, vale a dire tra i più piccoli della famiglia. Per non parlare del chiostro a cui non ha mai osato appartenere, ha respinto l’idea di unirsi ai conversi. La donazione pura e semplice era il suo sogno. Le sue aspirazioni più intime non salirono più in alto. Lavoratore dell’ultimo minuto, voleva vivere nell’ignoranza, nonostante il fatto che la sua esperienza di vita, la sua educazione, la sua conoscenza lo rendessero adatto a tutte le posizioni. La Provvidenza gli aveva riservato delusioni crudeli.

Continua…..

Dionigi il certosino sulla Vergine Maria

GC Vergine e bambino GC

Per celebrare questo mese mariano, ecco per voi uno scritto di Dionigi il certosino sulla Vergine Madre di Dio. Una profonda considerazione che risuona come una preghiera.

Tu sei la consolazione e la speranza del più colpevole degli uomini. Chi ti ricorre non potrà mai lamentarsi della tua severità e durezza. Ai tuoi figli, anche ai più ingrati, hai la stessa gentilezza e tenerezza; per tutti, hai il cuore di una Madre compassionevole e indulgente. Nonostante la tua alta tenuta e i privilegi esaltati di cui godi in cielo, se il più miserabile, il più impuro, il più disprezzato dei peccatori ti fa appello per un aiuto con un cuore veramente contrito e umile, lungi dal disdegnarlo, lo accogli come una madre amorevole. Lo prendi tra le tue braccia e, tenendolo vicino al tuo cuore, gli comunichi un nuovo calore e poi fai pace con il Giudice che teme. Quanti sono gli afflitti, i peccatori, i cuori completamente abbandonati, che si rallegrano di averti trovato, o Maria misericordiosa. . . !”