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Buone vacanze 2020

monaca 5

Monache certosine e lo spaziamento

Cari amici lettori, è giunto il momento di separarci per qualche settimana. Sarà un periodo di riposo, che arriva a quattro mesi dall’inizio della pandemia del terribile Coronavirus, che tante vittime ha mietuto in questo lasso di tempo. Un riposo fisico ma anche psichico, che possa farci ritemprare dall’ansia e dall’angoscia che ha attanagliato tutti noi, costringendoci ad una clausura forzata. Molti dei lettori di questo blog mi hanno confidato di aver trovato conforto nel consultare Cartusialover, e nel leggere meditazioni, preghiere e testi di alcuni Priori, oltre ad allietarsi nell’ascolto dei canti certosini. La spiritualità certosina, è stata per noi un faro in questa violenta tempesta che si è abbattuta su tutto il pianeta. La domanda che sorge spontanea a seguito di questo isolamento è la seguente, ma ne usciamo piu ricchi o più poveri? Abbiamo nutrito sufficientemente lo spirito in questo periodo di privazioni?

E per questo, che vi allego un breve testo di Dom Innocent le Masson che ci illumina sulla povertà materiale connessa alla povertà spirituale.

Nel congedarmi da voi vi auguro buone vacanze, che siano all’insegna del riposo della serenità, e delle riflessioni.

A presto!!!

La povertà materiale diventa quindi una risorsa della povertà mentale che è la soglia dell’umiltà commentata da Dom Innocent Le Masson nelle sue Direzioni e argomenti di meditazioni per l’uso delle monache certosine. Egli scrive: “La perdita dell’uomo è iniziata con la perdita della povertà di spirito che egli ha sviluppato mentre voleva diventare come Dio. Presunzione di diventare più ricco di com’era, lo fece sprofondare nella miserabile povertà dello spirito, che passò in eredità a tutti i suoi posteri. Le miserie della mente e del corpo che soffriamo provengono solo da un possesso ingiusto, opposto alla povertà. Quindi possiamo dire la verità, che quando non abbiamo niente, noi possediamo tutto, ma volendo possedere, abbiamo perduto tutto. Le consorelle certosine sono pertanto invitato ad applicare alla lettera lo spirito di povertà dell’Ordine, per raggiungere la fonte di umiltà”

 

certosina in bosco spaziamento

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Dom Bartolomeo Serafini, il discepolo di Santa Caterina da Siena

Bassorilievo portale certosa di Pavia a destra monaci certosini tra i quali Dom Bartolomeo Serafini

Bassorilievo portale certosa di Pavia a destra monaci certosini tra i quali Dom Bartolomeo Serafini

Nell’articolo odierno voglio parlarvi di un’altro certosino che ebbe un rapporto privilegiato con Santa Caterina da Siena.

Se Dom Stefano Maconi è noto per essere stato uno dei segretari personali di Caterina da Siena, il personaggio di cui oggi vi parlerò fu tenuto in grande stima dalla santa senese.

Di Dom Bartolomeo Serafini, vi ho già parlato dalle pagine di questo blog in un articolo a cui vi rimando, ma conosciamolo meglio.

Bartolomeo Serafini o di Ravenna, nacque nella prima metà del XIV secolo a Ravenna da giovanissimo fu francescano e facente parte della “famiglia cateriniana“, come discepolo di Caterina. Poi scelse di entrare nell’ordine certosino facendo la professione nella certosa di Bologna. Nel 1373 egli fu nominato priore della certosa di Rivarolo a Genova, e l’anno successivo divenne protopriore della nascente certosa di Gorgona. L’eremo fu concesso ai certosini da Gregorio XI per intercessione di S. Caterina, che si recò a visitare l’isola nel 1375.

La santa in quella visita predisse a Dom Bartolomeo. alcuni avvenimenti relativi all’eremo. Da questo momento in poi, i rapporti tra i due si intensificarono e la stima reciproca crebbe. La santa lo propose a Urbano VI come consigliere, ed il papa lo chiamò a Roma il 15 dicembre del 1378 insieme a Dom Giovanni Upezzinghi da Calcinaia, protopriore della certosa di Calci, al vallombrosano Giovanni delle Celle, a Pietro di S. Casciano, all’agostiniano Guglielmo Fleete, al domenicano Taddeo da Orvieto, al francescano Leonardo da Montepulciano e a fra Luca degli Umiliati, incaricandoli dell’azione di riforma degli Ordini religiosi.

Sempre nel 1378 Dom Bartolomeo è a Pisa, donde scrisse alla santa dandole notizie del carattere del pontefice. Nel 1380, fu incaricato dal pontefice insieme ad alti prelati a visitare vari cenobi per verificarne l’applicazione delle regole. Il 2 aprile 1392 il nuovo pontefice Bonifacio IX lo inviò, insieme a Pietro da Mondovì, presso il re di Francia Carlo VI, quale legato. Varie sono le opinioni sull’atteggiamento assunto dall’antipapa Clemente VII nei riguardi dei due religiosi; certo è che essi giunsero a Parigi il 25 dicembre 1392 e, pur ricevendo buona accoglienza da Carlo VI, non poterono trattare dello scisma. Il re li incaricò di ringraziare Bonifacio IX e dette loro come compagni altri due certosini, Dom Jean de Vaux, priore di Vauvert Parigi, e Dom Simon de Chagnet, priore di Champmol a Digione. Bonifacio IX inviò Dom Serafini, l’anno dopo, a Perugia per alcuni negozi ecclesiastici di minor conto. Nel 1394 visitò le case d’Italia del proprio Ordine, e conosciuto Gian Galeazzo Visconti, fu da questo incaricato, insieme a Pietro da Mondovì, di sorvegliare i lavori della certosa di Pavia, dove si recò nell’agosto 1396. Dal 1398 al 1409 fu priore della nuova certosa pavese. Fu, in seguito, invitato da Tommaso da Siena di compilare una deposizione per il processo di canonizzazione di Caterina da Siena, ne compose il testo tra il 27 ottobre del 1411 ed il 20 giugno 1412 e lo inviò a Domenico d’Ascoli, vicario del vescovo di Castello, che lo inserì negli atti del “processo castellano“. Questo pio certosino, morì nel 1413 nella certosa di Pavia, a cui lasciò il mantello che la santa senese gli aveva donato alla Gorgona, egli fu venerato come beato. In un prossimo articolo, vi proporrò l’unica lettera che Caterina gli indirizzò, laddove lo invita a recarsi a Roma per fare da consigliere al pontefice.

La “croce dei ladri”, tra realtà e leggenda

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Cari amici, il titolo dell’articolo che oggi vi propongo si riferisce ad una scultura, oggetto di un episodio che oscilla tra storia e leggenda. Proverò ad esporvelo ed a comprendere ciò che accadde.

Si narra, che nei dintorni della certosa di Santa Maria de Las Cuevas, a nord in località Triana, tra i propri campi di proprietà i monaci avevano eretto una colonna con al di sopra una croce in marmo. Alla base del crocifisso, vi era una scultura che riproduceva la Vergine con il corpo del Cristo morto tenuto tra le braccia e poggiato sulle sue gambe: la pietà.

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Ma come ogni elemento voluto dai certosini, essa era stata posizionata in quel punto non a caso, e nemmeno senza avere una funzione specifica.

Ma quale era la sua funzione vi starete chiedendo?

Ebbene questa croce eretta su di una colonna era visibile anche da lontano, ed era rivolta a tutti i malintenzionati dediti ai furti nelle proprietà monastiche, per dissuaderli da ogni intenzione furtiva. La “cruz de los ladrones”, dunque era una sorta di dissuasore per i malintenzionati, anche perchè i monaci la cui certosa era situata distante dalla città di Siviglia, in una zona isolata e dall’altra parte del fiume Guadalquivir, erano spesso oggetto di furti e rapine. Ma oltre a questo fatto reale, esiste una leggenda molto diffusa a Siviglia, secondo la quale avvenne un accadimento prodigioso legato a questa croce.

A metà del XV° secolo, una banda di ladri riuscì ad intrufolarsi all’interno della certosa, trafugando oggetti di valore. Il furto avvenne di notte, ed i ladri fuggirono dileguandosi, ma nel corso di questa fuga nei campi, essi persero l’orientamento. Vagarono per tutta la notte, ed esausti si ritrovarono all’alba sotto alla “croce dei ladri”, si resero conto che tutti i tentativi di fuga erano stati vani. Spaventati ed attoniti di quanto accaduto, decisero di restituire ai monaci quanto avevano rubato!

L’eco di questo episodio accrebbe la fama di questa croce.

Alcuni anni fa, la “croce dei ladri” è stata collocata all’interno del complesso monastico, e più precisamente, oggi è stata collocata nell’atrio che precede la cappella di S. Anna. Sul muro di destra, vi è una nicchia dove è stata alloggiata la famigerata croce. Lo stelo della colonna è stato tagliato, per consentire di ammirare la prodigiosa scultura.

Tra realtà e leggenda, questa scultura ha svolto una sua funzione nel corso dei secoli, ed oggi la si può ammirare, percependone ancora la sua aura di prodigiosità.

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Foto dal passato della certosa di Pleterije

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Nell’articolo odierno, vi propongo una serie di fotografie provenienti da un vecchio libro e riguardanti la certosa slovena di Pleterije. Immagini scolorite, che ci testimoniano la vita claustrale dei certosini in Slovenia. Quest foto risalgono al 1938.

Vi auguro buona visione.

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Monaci riuniti sull’altare maggiore

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Cappella Giovanna d’Arco

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Cappella delle reliquie

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Sala capitolare

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Corridoio coperto

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Monaco che lavora nell’orto della cella

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Fratelli conversi ai lavori agricoli

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Monaco speziale in spezieria

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Leggio monumentale

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Pregando nella cella

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Monaco, novizio, postulante

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Novizi al lavoro

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Sedia priorale

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Lavoro in legnaia

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Lavoro in cella

Il “pittore dei certosini”

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L’articolo di oggi, voglio dedicarlo ad una persona del nostro tempo, noto a tutti per essere considerato appunto, “il pittore dei certosini”.

Ma chi è costui?

Trattasi di Antonio Callà, nato il 4 dicembre 1946 a Catanzaro in Calabria.

La sua infanzia l’ha trascorsa a Serra San Bruno, dove ha frequentato le scuole, ma a quell’epoca si interrompevano gli studi per cominciare a lavorare. Egli già da piccolo nutriva l’interesse per l’arte ed anche una passione per la certosa di Serra ed i suoi monaci.Tra il 1965 ed il 1975 Antonio ha lavorato in Germania, dove ha incontrato la moglie dalla quale ha avuto due figli. Dopo tanti sacrifici fatti all’estero, riesce a tornare in patria. Nell’agosto 1981, ha cominciato a lavorare presso l’ospedale di Serra San Bruno, prima come autista di ambulanza per cinque anni, poi come assistente in farmacia fino al suo pensionamento. Da questo momento in poi, Antonio ha potuto dedicare il suo tempo libero interamente alla sua passione ed amore per l’arte.

Ha eseguito numerose opere d’arte commissionategli dai monaci di Serra San Bruno, tra cui il restauro delle vetrate del Grande Chiostro. La sua produzione di dipinti, sculture, medaglie commemorative e statue in terracotta, è stata molto prolifica.

Antonio Callà è considerato il “pittore dei certosini” non soltanto perché molti dei suoi quadri raffigurano il momenti di preghiera dei monaci e la vita claustrale nell’ascesi certosina ma anche perché così è stato definito dalla prestigiosa rivista Analecta Cartusiana, del compianto Professor James Hogg. Il nostro amico serrese, ha sviluppato negli anni numerose tecniche tra le quali ricordiamo la scultura, la lavorazione della creta, lo sbalzo su lastra metallica e naturalmente la pittura.

Le sue opere sono state spesso esposte in Italia, di recente, nell’ottobre 2013, ma anche in Austria presso la certosa di Gaming ed in Spagna.

A seguire, una carrellata di immagini delle sue principali opere d’arte, ed in seguito un breve video che ci mostra il suo laboratorio.

Complimenti ad Antonio per la sua passione e dedizione verso i certosini espressa con il suo talento artistico.

La regina Isabella la Cattolica nella certosa di Miraflores

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Nell’articolo di oggi, vi propongo un dipinto realizzato dal pittore spagnolo Luis Alvarez Català (Madrid, 1836-1901), che è stato anche direttore del Museo del Prado, dal 1898 fino alla sua morte. La tela, realizzata nel 1866, descrive un episodio storico della vita della regina Isabella la Cattolica, avvenuto nel 1486 allorquando si recò nella certosa di Miraflores. Il motivo della sua visita era quello di poter vedere le spoglie mortali di suo padre Giovanni II di Castiglia, morto nel 1454, quando lei aveva appena tre anni. Il sovrano alla sua morte fu seppellito in certosa. Solo successivamente, fu eretto il favoloso monumento sepolcrale realizzato da Gil de Siloe’(1489-1493) per celebrare sia Giovanni che la sua consorte Isabella del Portogallo.

Ma torniamo alla visita di Isabella descritta nel quadro conservato al Museo del Prado. L’ingresso della regina in certosa fu consentito per il rinomato privilegio.

Isabella particolare

La regina, vestita di verde e visibilmente commossa, si sporge verso la bara aperta per osservare i resti mortali di suo padre. Alla sua sinistra si scorge sua figlia, l’infanta Isabella e la sua governante, più dietro gli accompagnatori della regina. Sullo sfondo dietro la bara aperta, un gruppo di monaci che ha accompagnato il feretro, mentre a sinistra, nel dipinto si vede il padre Priore ed altri monaci, uno dei quali sorregge una croce astile. Ciò ci lascia supporre che abbiano organizzato una solenne processione per far giungere la bara alla vista della sovrana. Il pittore, attraverso la rappresentazione di molti dettagli degli abbigliamenti e dell’architettura, ci mostra le sue notevoli qualità. Preziosa è l’illuminazione della scena e dei soggetti dipinti, giochi di luci ed ombre che arricchiscono ed enfatizzano la drammaticità della scena. Su tutto, sublime il volto triste e dall’aria malinconica di Isabella, che scruta le spoglie mortali del padre alla presenza austera del Priore che sembra raccolto in preghiera.

Quest’opera, valse all’artista la seconda medaglia nell’Esposizione Nazionale di Belle Arti del 1867.