Cari amici, oggi voglio parlarvi della seconda certosa fondata nel XX° secolo, ma ormai del tutto sconosciuta ai più. Essa fu la 278esima fondazione certosina che nacque, e fu fondata in Italia, precisamente a Riva di Pinerolo in Piemonte, essa fu nota come certosa di Motta Grossa.
Ma conosciamone la sua storia.
Bisogna raccontare un antefatto, nel 1903 a seguito di leggi che soppressero case monastiche, la comunità certosina femminile di Bastide Sainte Pierre a Montauban nella Garonna in Francia, dovette abbandonare il proprio convento trovando rifugio in Italia. Il Padre Priore Generale dell’epoca, Dom Michel Baglin, dovette, acquistare l’antico castello medievale di “Motta dei Trucchetti” da un medico di Torino, Mario Scrivano, su richiesta di padre Martin, superiore del seminario di Pinerolo, e grande benefattore delle monache fino alla sua morte. Le consorelle certosine, si insediarono così presso l’antico castello nel 1903.
Furono realizzati grandi lavori di ristrutturazione, iniziati nell’ottobre 1903, eseguiti sotto la direzione di Dom Roch Mallet, procuratore della Grande Chartreuse, il quale rese gli edifici idonei alla regola monastica certosina. Fu installato un bellissimo orologio, proveniente dalla certosa di Le Reposoir, che fu posto in una torre quadrata, a una cinquantina di metri dal convento. Poiché l’antica cappella di San Giovanni Battista, situata nel giardino, era troppo piccola, ne fu costruita un’altra più spaziosa, e Dom Michel Baglin andò a benedirla il 12 maggio del 1904 titolandola a Santa Rosellina. In questo luogo la comunità religiosa rispettò la regola certosina come casa rifugio, e soltanto in seguito, nel 1936, visto la notevole crescita del numero di monache, si decise di erigere una certosa autonoma conosciuta con il nome di Motta Grossa. Le monache certosine di Riva, rappresentarono la seconda fondazione femminile dell’Ordine in Italia, dopo quella di Buonluogo, esse vi rimasero fino al maggio del 1998 data in cui si trasferirono alla certosa di Vedana. La certosa fu poi ceduta all’Istituto Diocesano di Torino, che da allora l’ha abbandonata.
Ma cosa ne è stato di questa certosa?
Oggi, la certosa di Motta Grossa ci appare come un luogo abbandonato e spettrale, svetta tra la fitta vegetazione che quasi ne impedisce l’accesso. Un vecchio cancello arrugginito ma aperto, ne ha consentito l’ingresso a balordi sacrileghi, che nel corso degli anni hanno vandalizzato gli ambienti claustrali. Lo stato di abbandono, è subito percepibile, vetri rotti, finestre spalancate, tapparelle divelte e porte sfondate invase dai rovi, fanno da sfondo a quel che resta degli arredi liturgici. Writer sfrontati hanno deturpato le pareti irrimediabilmente.
La struttura monastica è costituita da un enorme edificio eretto su due livelli, al centro del pian terreno si trova la Chiesa con i suoi imponenti stalli lignei, con l’altare maggiore ed un grande crocifisso ligneo. Nel 1947, Michele Baretta dipinse l’ affresco ancora presente nell’abside, raffigurante la certosa nel contesto del paesaggio di Pinerolo, su di un lato si accede alla sacrestia. In essa troviamo ancora un grande mobile che conteneva i paramenti sacri, ed i cassetti a scaffale che un tempo custodiva i documenti del monastero. Poco più a sinistra si entra nella cucina dove troviamo l’enorme focolare al centro, dalla parte opposta si trovano invece le stanze adibite a lavanderie e laboratori che le sorelle usavano per cucire e ricamare, lavorare il legno e la ceramica, che in quel periodo servivano come sostentamento economico di tutto il convento.
Al piano superiore si entra in un lunghissimo corridoio che conduce alle celle dove vivevano le sorelle. Ogni cella era composta da un piccolo ingresso, dove nella parete interna si vede ancora un immagine in legno della Madonna e una piccola sporgenza che serviva a sostenere la candela che illuminava l’immagine, a sinistra un piccolo bagnetto frontalmente si trova la piccola stanzetta adibita a studiolo dove in un angolo una piccola stufa a legna riscaldava tutta la cella nei rigidi inverni, sulla destra invece il letto spartano, e l’inginocchiatoio che le suore usavano per la preghiera. Esternamente al centro si trova un enorme giardino che al tempo serviva come orto dove le monache coltivavano gli ortaggi che servivano al fabbisogno quotidiano. Purtroppo ovunque si trovano tracce del passato, incredibilmente ovunque si trovano ancora sedie, libri, lettere, statue come se si fossero cristallizzati dal giorno in cui le monache abbandonarono questa certosa. Le immagini che seguono, credo possano farvi meglio comprendere quanto ho provato a spiegarvi in questo articolo. I video che ho scelto per voi, sono due, il primo è quello che più rende idea del presente e del passato, poichè in esso vi sono anche rare immagini della quiete vita monastica. Il secondo è una testimonianza capillare, della situazione di decadimento di due anni fa, potrete percepire come la devastazione aumenta crescentemente con il passare del tempo!
Grazie agli autori che li hanno realizzati!
Auspichiamo che qualcuno possa intervenire, per evitare ulteriore degrado ad un luogo in cui regnava la spiritualità monastica certosina, e nel quale oggi la sacralità sembra ormai svanita.
VIDEO 1
VIDEO 2
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Perché non presenta la situazione di questo luogo a sua eminenza mons Ravasi che certamente saprà e potrà porre qualche rimedio?
Che tristezza vedere lo stato della Cartuja. Spero che presto qualcosa venga recuperato da quel luogo santo.
Yes, so very sad. Continued gratefulness for your continued reporting of all things Carthusian. A thousand thanks.
Magari possa avere i mezzi per andare li e aiutare però questo luogo non é rigalo. Noi siamo una famiglia grande che ama molto l’italia e anche ho conosciuto all’Ordine Servi e Serve di Maria che possono aiutare però dobbiamo avere sicuritá che ci lascierano nelle nostro mani. Perch’é non posso credere che questo luogo santo adesso sia morto.