CAPITOLO 6
Breve considerazione sul lavoro dei libro, a partire da una domanda.
Ma ora mi interroghi e dici: «Come faccio a pensare a Dio in se stesso, e che cos’è Dio?». In verità non posso risponderti che a questo modo: «Non ne so niente». Con questa domanda tu mi hai proprio buttato in quella stessa oscurità e in quella stessa nube della non-conoscenza in cui vorrei che ti trovassi tu. Infatti, di tutte le creature e delle loro opere — sì, certo, anche delle opere di Dio stesso — un uomo può benissimo avere una piena conoscenza per mezzo della grazia e su esse fare delle meditazioni; ma su Dio com’è in se stesso nessuno può fare delle meditazioni. Per questo lascerò da parte tutto ciò che posso pensare e sceglierò per il mio amore quella cosa che non posso pensare. Perché? Perché Dio lo si può amare, ma non pensare. Solo con l’amore lo si può afferrare e trattenere, non certo con il pensiero. Perciò anche se è bene talvolta pensare in particolare alla bontà e alla perfezione di Dio, e per quanto questo, possa rivelarsi illuminante e costituire una parte della contemplazione stessa, tuttavia nel nostro lavoro tutto ciò deve essere ricacciato in basso e ricoperto da una nube d’oblio. E tu devi camminarvi sopra con vigore e con zelo, sotto la spinta di un devoto e gioioso slancio d’amore, nell’intento di perforare quell’oscurità che ti sovrasta. Colpisci dunque questa fitta nube della non-conoscenza con la freccia acuminata del desiderio d’amore e non muoverti di lì, qualunque cosa capiti.
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