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Dom Pedro de Soto y Domecq (2)

La vita monastica

1 pedro

Dom Pedro con Giovanni di Borbone

Prosegue oggi il racconto della storia della conversione di Pedro de Soto y Domecq. Ho terminato lo scorso articolo con l’ingresso, nel novembre del 1947, dell’ormai maturo aristocratico tra le mura della certosa di Miraflores. All’età di quarantacinque anni, egli decide di isolarsi dal mondo e di dedicare il resto dei suoi giorni alla ricerca di Dio, nel silenzio di una cella monastica. Ora proverò a ricostruire la sua nuova vita, quella monastica attraverso alcune testimonianze di alcuni confratelli che lo hanno conosciuto. Cominciò il suo percorso da novizio il 18 marzo del 1948 e successivamente fece la professione temporanea il 25 marzo del 1949 sempre a Miraflores, dove nello stesso giorno del 1953 fece la professione dei voti solenni. A seguire fu nominato diacono il 19 settembre del 1953, ed ordinato sacerdote il 13 marzo del 1954. Celebrò la sua prima messa il 15 marzo 1954, all’età di 51 anni. Poco dopo, il 22 maggio del 1955, fu nominato procuratore. Nel Capitolo Generale del 1963, fu nominato primo priore della certosa portoghese di Scala Coeli ad Évora.
Vari sono gli aneddoti raccolti sulla sua lunga vita claustrale, del primo periodo, un suo confratello ci narra che durante il noviziato il suo Maestro, per testare la sua vocazione fu molto rigido nei suoi confronti. Un giorno di ritorno dallo spaziamento settimanale, Pedro aveva i piedi insanguinati a causa delle calzature (fatte dagli stessi monaci artigianalmente e senza differenza fra il piede destro o sinistro!), egli dunque chiese umilmente al Padre Maestro di essere fornito di scarpe più comode per evitare questo inconveniente, ma gli fu risposto con tracotanza: «Perché sei venuto in Certosa, per vivere da gentiluomo o per fare penitenza?».
I suoi primi anni in clausura furono quasi eroici, egli che conosceva gli agi di una vita da ricco, dovette patire il freddo, la fame e le condizioni di vita spartana ed austera.
Ma piano piano egli si integrò al punto di essere nominato procuratore, ed in quella veste mostrò tutte le sue capacità.
In quegli anni la certosa di Miraflores aveva poche risorse economiche, ne aveva soltanto per arrivare fino a maggio, il resto dell’anno era sovvenzionata dalla Grande Chartreuse. Dom Pedro decise di inventarsi qualcosa per risollevare le sorti economiche del monastero, e quindi aprì un enorme allevamento di polli, pare fossero undicimila!
Con la sua oculata amministrazione, qualche anno dopo, la certosa divenne autosufficiente. Si distinse anche per aver formato oltre venti Fratelli conversi, indirizzandoli al meglio nella vita monastica.
Ormai, aveva fatto tanta esperienza ed aveva attirato a se le attenzioni dei superiori, fu così che nel 1963 fu nominato primo priore della nuova fondazione certosina in Portogallo, Santa Maria Scala Coeli a Évora.
Chiamò subito come collaboratori due giovani di Miraflores: un asturiano che aveva studiato medicina veterinaria, per aiutarlo a creare un pollaio ed un caseificio, e l’altro per aiutarlo a gestire la comunità come suo vicario.

Per questa nascente certosa, Dom Pedro impiantò un pollaio per ottomila volatili, inoltre costituì una mandria di vacche di razza Charolaise che divenne la migliore della Penisola, con il miglior stallone Charolaise del mondo, una medaglia d’oro! Grazie al suo ingegno, ideò la prima diga costruita alla periferia di Évora. Si narra che Vasco Maria Eugénio de Almeida, Conde de Vill’Alva, ovvero colui che donò i terreni ai certosini, ebbe a dire: “Padre, sono un ingegnere agricolo, sono il proprietario e sono cresciuto qui, non mi è mai venuto in mente di realizzare questo, ed un monaco viene a migliorare la mia fattoria, sono incredulo” e Dom Pedro gli rispose candidamente: “La preghiera dovrà pur avere qualche utilità“.

mandria

giornale medaglia d'oro

Dom Pedro benedice acque per diga
La principale preoccupazione e occupazione di Dom Pedro era il noviziato, poichè voleva contribuire a far rifiorire Scala Coeli. Dei sei certosini portoghesi professi o donati, cinque furono da lui ammessi e formati. Successivamente l’Ordine spostò il noviziato a Miraflores.
Come avrete capito il suo lavoro fu incessante, e soprattutto far sviluppare una nuova certosa in ogni suo aspetto lo provò molto nel fisico. Inoltre la sua insufficienza tiroidea appesantiva tale condizione, i suoi confratelli narrano che era corpulento ed aveva le palpebre gonfie a causa di questa malattia.

Per tale motivo, chiese misericordia, che gli fu concessa il 3 luglio del 1972, e che lo portò a ritirarsi a Porta Coeli, a Valencia, dove morì di cancro il 28 agosto del 1980.

firma
Questi due miei articoli sono volti alla memoria di un uomo, che stravolto dagli urti della vita ha saputo non abbandonarsi alla confusione ed alla propria dissoluzione, ma dopo aver incontrato Dio nel dolore, ha voluto dedicare per ben trentatré anni la sua esistenza alla gloria di Dio tra le mura certosine.
Vada una prece alla sua memoria.

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Dom Pedro de Soto y Domecq

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L’insondabile disegno Divino

Cari amici lettori, di storie simili a quelle che sto per narrarvi sembrano far parte di romantiche fantasie o leggende metropolitane, ed invece sono fatti accaduti realmente.

In passato, vi ho già raccontato fatti riguardanti improvvise conversioni, che hanno spinto diversi uomini a cambiare radicalmente vita, abbandonando tutto per abbracciare la vita eremitica certosina.

La storia che voglio farvi conoscere è alquanto lunga, pertanto l’ho divisa in due articoli.

Il personaggio di cui voglio parlarvi oggi è Pedro de Soto y Domecq, V Conde de Puerto Hermoso, nato il 15 ottobre del 1902 a Jerez de la Frontera, in Spagna in una notabile famiglia aristocratica. Dedicò la sua giovinezza agli studi con estremo profitto, laureatosi in Scienze Economiche divenne poi avvocato, e fu avviato alla carriera diplomatica.

Fu assegnato come segretario d’Ambasciata nelle rappresentanze della Spagna a Londra nel novembre 1922 ed a Washington nel marzo del 1925, svolgendo incarichi importanti egli ebbe la fiducia e la stima di re Alfonso XIII collaborando nella Segreteria particolare del re, nel settembre del 1927. Successivamente, nel 1931, a seguito della proclamazione della Repubblica il giovane Pedro, “per non servirla“, si congedò interrompendo la carriera diplomatica, e ponendosi al comando degli affari e delle cantine di famiglia, dirigendo la nota Bodegas Domecq.

Bodega Domecq

Ecco quindi il profilo di un giovane rampante e di successo, con una carriera spianata e proiettata verso una esistenza agiata e senza patemi. Gli ambienti che il giovane Pedro era solito frequentare, erano salotti, locali di prestigio, casinò e circoli sportivi di alto rango, egli si appassionò infatti al gioco del polo. L’immagine che ho inserito in questo articolo ci mostra, nel 1930, un sorridente conte Pedro de Soto nel tipico abbigliamento da polo, con il berretto e la stecca. Un bel giovane aitante e radioso.

PEDRO DE SOTO DOMECQ

Come spesso accade in narrativa, ecco giungere un colpo di scena volto a modificare radicalmente gli esiti futuri della vita di questo giovane.

Si racconta, che Pedro viveva a Madrid, e da scapolo e viveur in una delle tante feste a cui partecipava, conobbe una bella signorina dell’alta società, i suoi impegni sociali ed il lavoro lasciarono il posto ad una vita più dedicata a questa giovane donna. Rimase affascinato da questa ragazza, che lo fece inaspettatamente innamorare perdutamente a detta degli amici. Una notte mentre rientravano da una festa a cui avevano partecipato rimasero coinvolti in un terribile incidente d’auto nel quale la sua amata rimase uccisa. A seguito di questo tragico evento Pedro abbandonò la sua vita mondana, divenne un’altra persona perdendo il suo carattere gioviale ed allegro, la tristezza e l’apatia presero su di lui il sopravvento. Confessò ai suoi amici più intimi di avere un profondo senso di colpa per quello che era avvenuto, attribuendosi le responsabilità dell’incidente a causa della sua scellerata imprudenza.

Riprese a lavorare con il cuore contrito, ed oltre ai suoi viaggi di lavoro aveva un solo interesse, recarsi quotidianamente al cimitero per pregare e deporre fiori freschi sulla tomba della sua sventurata amata. Il suo autista lo vedeva in ginocchio davanti alla lapide piangere a dirotto ed implorando alla defunta di perdonarlo, una scena straziante. Si narra, inoltre, che ogni qualvolta andasse al camposanto, udiva in lontananza un bizzarro suono di campanello che lo incuriosiva. La sua profonda indole religiosa, in questa fase della sua vita, cominciò a prevalere, e spinse Pedro a cercare luoghi che lo aiutassero a pregare.

Una mattina, il conte di Puerto Hermoso salendo sulla sua lussuosa automobile disse al suo fidato autista: “..portami a Burgos“, stanotte ho fatto un sogno molto sereno, ho sognato che dovevo andare a Burgos per ascoltare la Messa.

Essi si recarono direttamente alla Certosa di Miraflores, e fu qui che avvenne un fatto prodigioso per il suo animo, successe che udì in lontananza lo stesso bizzarro suono di campanello, che riconobbe essere esattamente lo stesso suono che sentiva sempre nel cimitero. Meditò a lungo su questo singolare episodio e lo interpretò come un segno della Provvidenza, ma soprattutto lasciando la certosa si rese conto che la pace e la serenità, impossessandosi di lui, erano giunti a lenire i suoi tormenti.

Aveva raggiunto le condizioni per poter ascoltare la chiamata di Dio alla vocazione religiosa.

Ormai deciso ad abbandonare tutto, volle congedarsi con il mondo con un gesto nobile verso il suo fidato ed amato autista e maggiordomo. La mattina del 21 novembre del 1947, gli ordinò di preparare l’auto più lussuosa che possedeva, una Rolls Royce per partire a breve. Una volta in viaggio, da Madrid chiese di avviarsi in direzione nord verso Burgos. Giunti in quella città indicò di deviare verso la certosa di Miraflores, dove fermatisi, i due scesero e dopo un lungo e caloroso abbraccio Pedro consegnò alcune lettere in buste chiuse, al fidato autista con le disposizioni da eseguire. Con passo deciso bussò alla certosa, il monaco portinaio lo fece entrare, e varcando poi l’ingresso Pedro scomparve dietro il portone che si chiuse alle sue spalle.

Una lettera fu consegnata alla famiglia, un’altra alla sua servitù e l’ultima destinata all’autista, il quale prontamente la apri, scoprendo con grande stupore che gli era stata regalata la Rolls Royce, e che già era stata trasferita a suo nome, così come la licenza di taxi per guadagnarsi da vivere, e come ringraziamento per i tanti anni al suo fianco. Pianse di fronte a questo estremo atto di generosità, non unico…difatti si apprese in seguito che Pedro de Soto y Domecq aveva donato tutto il suo patrimonio ai poveri.

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Questa avvincente storia continua nel prossimo articolo…non perdetelo!

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 28)

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CAPITOLO 28
Le visite

1 Il Capitolo generale dei monaci, molto preoccupato che le case rimangano nella carità, nella pace e nella fedele osservanza, ha deciso di inviare loro dei Visitatori ogni due anni: la loro missione è di manifestare a ciascuna casa la sollecitudine dell’Ordine, ed hanno i poteri necessari per risolvere eventuali problemi che possono sorgere. (St 32.1)
3 La Visita si svolge come altrove affermato (cap. 35). La comunità, volendo fare della Visitazione un momento favorevole in cui Dio dona la sua grazia, accoglierà con spirito di fede i Visitatori o i Commissari, che sono investiti dell’autorità del Capitolo Generale o del Reverendo Padre. Ciascuno si sforzerà di aiutarli nell’adempimento del loro compito. Visitatori e suore faranno quindi del loro meglio per instaurare un rapporto di fiducia reciproca. (St 32.4)
4 Il primo dovere dei Visitatori è ascoltare ciascuno con la massima attenzione e fraterna accoglienza; dopodiché si sforzano di aiutarla a dare al Signore e alla sua comunità il meglio di sé. (St 32,5)
5 Eserciteranno il loro incarico di fratelli ai quali i tentati e gli afflitti potranno aprire il loro cuore senza temere che le loro confidenze vengano divulgate. In una questione di così grande importanza, non devono affrettare nulla, ma anzi procedere con calma. (St 32.6)
6 Ciascuno deve sentirsi a proprio agio con i Visitatori per spiegare loro i problemi che richiedono una soluzione o un consiglio da parte loro, sia che riguardi la sua vita personale o quella della comunità. Possiamo anche presentare loro suggerimenti costruttivi che sembrano utili per il bene comune. (St 32.7)
7 Prima di parlare degli altri, ci raccogliamo in preghiera. La nostra disponibilità allo Spirito ci aiuterà a praticare la verità nella carità. Chi è in pace non sospetta nessuno; spesso è meglio tacere che soffermarsi su cose impossibili da provare o banalità. (St 32,8)

8 I Visitatori dialogano in particolare con ciascuna monaca. Incontrano anche la comunità in quanto tale, in particolare durante le sessioni di apertura e chiusura della Visitazione (cfr cap. 35). Affinché la loro visita porti frutti durevoli, per grazia del Signore, faranno in modo che la stessa comunità si faccia carico del proprio rinnovamento spirituale. (St 32.9)
9 Si informeranno sulla vita della comunità, sui progressi compiuti dall’ultima Visita o sulle difficoltà incontrate. Provocheranno la comunità a mettere in discussione la fedeltà allo spirito e alla lettera di regolare osservanza, come stabilito negli Statuti. Esamineranno anche i conti della casa e il modo in cui si vigila sulla povertà evangelica. Indicheranno i rimedi per le carenze che potrebbero incontrare. Cercheranno attentamente con le monache, e prima con la priora, le misure da considerare per aiutare la comunità a progredire sempre nella fedeltà alla sua vocazione. (St 32.10)

10 Prima di lasciare la comunità, i Visitatori metteranno per iscritto nella scheda gli orientamenti che hanno dato ad essa o le decisioni che hanno preso. Scriveranno la mappa in termini semplici adatti alla comunità in modo che questa mappa possa essere applicata efficacemente in pace. Preoccupati per la continuità del cammino della comunità, ricorderanno, se necessario, punti già indicati nella mappa della Visita precedente. Spesso è opportuno informare prima la priora sull’azione che intendono intraprendere e ascoltare le sue osservazioni. È infatti importante che i Visitatori comprendano le intenzioni pastorali secondo cui la priora guida le sue monache, per promuoverne l’efficacia. (St 32.11)
11 Prima di prendere una decisione su qualcuno, o di avvertirlo, i Visitatori avranno cura di ascoltarlo. Se ritengono utile fare delle raccomandazioni ad una suora, gliele spiegheranno oralmente, in modo da far capire chiaramente lo spirito del loro intervento. Infine, non usciranno di casa finché non saranno sicuri che la comunità abbia colto le intenzioni e le prescrizioni indicate nei testi. (St 32.12)
18 L’andamento delle case dipende molto dall’efficacia delle Visite. È quindi importante che i Visitatori svolgano il proprio compito con attenzione e dedizione, senza mai accontentarsi di un’esecuzione puramente formale ed esterna. Pensando solo al bene delle anime, non risparmieranno né le forze né il tempo perché il loro passaggio faccia crescere nei cuori la pace e la dilezione perché Cristo cresca. (St 32.18)

La Grangia di Lauro

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Eccoci giunti ad un’altro approfondimento su di una grangia certosina.

Torno oggi a parlarvi di una grangia, etimologicamente deriverebbe dal francese arcaico “granche”, che a sua volta verrebbe dal latino volgare “granica”, ed indicherebbe il luogo dove si conserva il grano (granarium).

Furono vere e proprie tenute agricole in cui fratelli conversi e donati lavoravano sotto la direzione di un Magister Grangiae, essi oltre a lavorare in loco dormivano, mangiavano e pregavano. Si resero indispensabili quindi la costruzioni di un dormitorio, un refettorio ed una cappella (oratorio).

Siamo in Campania, e la grangia di cui vi parlerò è quella di San Giacomo situata a Lauro nei pressi di Nola in provincia di Avellino. Essa è impropriamente nota come certosa, vediamone l’origine.

Essa sorse come struttura tra il 1198 ed il 1209, allorquando Papa Innocenzo III la nomina in una Bolla di quell’anno. Successivamente, nel 1211 da un documento risulta che il monastero fu eretto in un luogo detto “corte dei liciti”, per esplicita volontà di San Guglielmo da Vercelli nel 1134. Questo convento dunque nasce inizialmente come monastero Verginiano, per poi passare ai Benedettini ed a seguire ai certosini. Nel 1433, divenne una grangia della certosa di Capri, pertanto titolata a San Giacomo. Ben presto, essa divenne un centro di produzione agricolo molto rinomato, avendo già a disposizione molti ettari di terreni, possedeva, inoltre, una grande cantina con il torchio per il vino e la macina per le olive, che ancora oggi è possibile ammirare. Nel XVIII secolo fu oggetto di un completo rifacimento che gli donò nuovo splendore. Nel 1808, la proprietà confiscata, divenne una splendida dimora di campagna e, dopo accurati restauri, si è trasformata una splendida struttura alberghiera, raffinata e dotata di sale congressuali, ideali per eventi speciali e ricevimenti di classe. Il Chiostro, i porticati, la Chiesa, il Parco, la Terrazza, il Giardino dei Monaci sono stati trasformati in maniera fruibile. Nelle sale più prestigiose del complesso, si svolgono manifestazioni ed eventi culturali di alto livello.

L’ingresso dell’Hotel Certosa di San Giacomo, così impropriamente chiamato, presenta un vialone che attraversa 42 ettari del parco secolare in lieve salita, che lascia intravedere l’importante e suggestiva facciata dell’edificio. La facciata in stile vanvitelliano è stata rimaneggiata tante volte, fino ad assumere l’aspetto di quella attuale, di lavorazione ottocentesca. Suggestiva è l’illuminazione, con luci posizionate al suolo che emettono raggi luminosi dal basso verso l’alto, durante la notte questo gioco di luci rende tutto il complesso molto interessante e suggestivo, creando un’atmosfera unica nel suo genere. Le immagini che seguono potranno farci comprendere l’ imponenza di questa antica grangia.

Dom Michel Brünier de Larnage

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Cari amici lettori, prosegue l’approfondimento sui Priori Generali dell’Ordine certosino. Oggi vi parlerò di Dom Michel Brünier de Larnage, in carica dal 1737 al 1758.

Michel Brünier de Larnage, nacque a Vienne nel 1688, proveniva da una delle migliori famiglie del Delfinato. I suoi talenti e le sue potenti protezioni presagivano un brillante futuro per lui nel mondo; suo fratello Charles era influente a corte, governò la Martinica, per il re, in qualità di intendente generale. Egli sprezzante degli onori, volle donarsi interamente a Dio. Entrato nella Grande Chartreuse all’età di ventidue anni, Dom Michel vi emise la professione nel 1711. Alcuni anni dopo fu inviato alla Certosa di Prémol per ricoprire la carica di Procuratore; poi, il 12 gennaio 1732, il reverendo padre Dom Ambroise Crollet lo nominò priore di Val Saint-Hugon, in Savoia. Dom de Larnage doveva prendersi cura degli interessi materiali di questa certosa che soffriva. Si oppose alle usurpazioni e alle rapine degli abitanti della Chapelle du Bard, nel Delfinato, che devastarono l’intera foresta di Saint-Hugon. Animato da un vivo desiderio di conciliazione, Dom Michel fece grandi concessioni, dimostrò, con titoli inconfutabili, che andava ben oltre il diritto che doveva essere richiesto, e ottenne la promessa che avrebbero smesso di devastare la foresta fino a quando la giustizia non si fosse definitivamente pronunciata. Con il consenso del Reverendo Padre Dom Etienne Richard, non volle affidarsi a nessuno per la cura degli interessi della sua Casa, e partì per Parigi, nell’estate del 1736, per sottomettere il conflitto alle padronanze di acque. e foreste. Dopo aver sistemato gli affari del suo Convento, stava tornando a Saint Hugon, quando venne a sapere della morte del Reverendo Padre Dom Etienne Richard. Quando entrò nella Chartreuse de Sylve-Bénite, gli fu comunicata la notizia della sua elezione, avvenuta il 10 aprile 1737. Cedendo, nonostante la sua umiltà, alla volontà dei fratelli, invece di tornare a Saint-Hugon, si recò subito alla Grande Certosa. Dom Michel Brunier de Larnage era notevole per la nobiltà della sua mente e la bontà del suo cuore. Aveva una corporatura alta, lineamenti fortemente accentuati, uno sguardo benevolo, ma questa dolcezza, che aveva la sua fonte nella carità, non escludeva affatto la fermezza. Dopo aver governato santamente per ventuno anni, morì tra il dolore dei suoi Religiosi, il 1° ottobre 1758, all’età di settant’anni.

Riflessione sulla contemplazione

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Oggi voglio offrirvi una riflessione sulla contemplazione, un breve testo scritto da un certosino, vogliate leggerlo ed apprezzarlo.

La contemplazione non è altro che l’amorevole e costante guardare verso Dio. Forse la grande differenza per l’uomo comune, il cuore del contemplativo sa trovare Dio in tutte le cose, e a Lui rivolge tutta la sua attenzione.

Per essere contemplativi anche noi dobbiamo imparare l’abitudine di vedere Dio in ogni cosa. Le nostre occupazioni, le nostre attività non sono, non devono essere, fini in sé, ma ciò che sono veramente: mezzi. Dovremmo accettarle, approfittarne, sapendo che provengono da Dio, e che ci conducono anche a Lui. Dio ci dà quotidianamente i mezzi per santificarci, e soprattutto in coloro che sono contrari alla nostra natura e ai nostri gusti.

Contemplazione, dopotutto, è la disponibilità di essere nella nostra integralità tutti a Dio, di ricevere tutto da lui, permettendogli di agire in noi, superando tutte le difficoltà che lo opponiamo per la nostra azione.

La contemplazione è la pienezza con Dio nel momento presente. È vincere e avere la piena consapevolezza di ricevere, momento per momento, la totale azione di Dio nella nostra vita. Di un Dio che si dà continuamente.

Un certosino

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 26)

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LIBRO 4
L’Ordine
CAPITOLO 26
Il governo delle monache

1 I primi Priori dell’Ordine, volendo assicurare la continuità e la stabilità del proposito certosino, decisero di comune accordo di tenere un Capitolo Generale alla Grande Chartreuse; tutti posero le loro case sotto l’autorità di questo Capitolo con il potere di mantenerle o di riportarle sulla retta via, e le promisero obbedienza, ciascuno in nome proprio e in nome della sua comunità. Così si rafforzò per sempre il vincolo di carità che unisce le case e tutti i membri dell’Ordine, decisi a camminare insieme gioiosamente sulla strada che conduce a Dio. (St 31.1)
2 Su richiesta della Santa Sede, il Capitolo Generale dell’Ordine del 1973 ha deliberato che le monache tengano un proprio Capitolo Generale, presieduto dal Reverendo Padre, il quale, in quanto Ministro generale, è incaricato di mantenere l’unità dell’ Ordine. Le monache, pur volendo pienamente restare unite alla famiglia certosina, hanno da allora preso decisioni che le riguardano in completa autonomia. (cfr St 31,15)
3 Il Capitolo Generale si svolge ogni due anni. Priore e Visitatrici di monache devono andare lì. Una priora impedirà ai delegati di venire a professare i voti solenni. Se una casa non ha una priora, il Reverendo Padre può invitare un membro professo di voti solenni di quella casa a venire al Capitolo. Le monache così presenti al Capitolo hanno tutti i diritti e le funzioni di priora. In Capitolo vengono anche le monache scelte dal Consiglio Generale. (St 31.2)
4 L’Assemblea che riunisce il Reverendo Padre, le priore, le Visitatrici delle monache, le tre monache elette dal Consiglio Generale (27.2) e le altre monache che possono essere membri del Definitorio (27.3) è chiamata Assemblea Plenaria. È presieduto dal Reverendo Padre. Ha il potere di prendere tutte le decisioni, tranne quelle che rientrano nel Definitorio. Solo le suore votano. Il Reverendo Padre può annullare un voto se esso implica l’unità dell’Ordine e le sue osservanze fondamentali. I Visitatori sono presenti come consulenti. Tuttavia, quando è richiesta la maggioranza dei due terzi dei voti, tutti i membri dell’Assemblea Plenaria partecipano alla votazione. Le monache che sono membri dell’Assemblea esprimono anche voti di carattere consultivo sulle domande che i definitori sottopongono loro: in questo caso le monache che sono membri del Definitorio non votano. (St 31.3,18)

5 Il Definitorio, la cui presidenza è assicurata dal Reverendo Padre, è composto da quest’ultimo, dal Visitatore delle monache e da quattro membri eletti, come si dirà altrove (27.3 e Regolamento dell’Assemblea). Nessuno degli eletti può essere definitore durante due Capitoli successivi. Il Definitorio decide ciò che riguarda le persone e le case. Ad ogni Capitolo generale, le madri priore chiedono misericordia, secondo la sottomissione che tutte gli hanno promesso e che gli devono; così il Definitorio potrà deliberare sulla loro continuazione in carica o sulla loro deposizione. Secondo la nostra tradizione, la priora esercita il suo ufficio purché, a giudizio del Capitolo generale, sia idonea ad esercitarlo per il bene della comunità. (St 31.4)
14 Il Reverendo Padre, cioè il Priore di Grande Chartreuse, è il Ministro generale dell’Ordine. È eletto dalla comunità di Chartreuse, ma questa elezione assume valore di legge solo se è stata accettata dai priori, priore e rettori dell’Ordine riuniti a tale scopo nella Grande Chartreuse. Va come segue. (St 31.11)
15 Dopo l’elezione, gli scrutatori informano tutti i priori, priore e rettori dell’Ordine di riunirsi presso la Grande Certosa, per accettare o rifiutare l’elezione. In caso di rifiuto, la comunità di Chartreuse può, se lo desidera, fare una seconda elezione. Se il collegio formato da priori, priore e rettori rifiuta ancora l’elezione, o se la comunità di Certosa ha rinunciato a questa seconda elezione, questo collegio propone altri tre monaci, tra i quali la comunità di Certosa sceglierà il Reverendo Padre. Colui che viene eletto dovrebbe essere accettato dal collegio. Chiunque sia stato eletto e accettato come Reverendo Padre non può rifiutare l’ufficio. (St 31.12)
18 Tutti coloro che nell’Ordine esercitano l’autorità avranno sempre come norma suprema lo spirito e le leggi della Chiesa nella loro comprensione delle tradizioni dell’Ordine. Le priore, che hanno il diritto di aspettarsi una pronta obbedienza dalle loro monache, daranno loro stesse un esempio appropriato, sottomettendosi con umiltà alle decisioni del Capitolo generale o del Reverendo Padre, e astenendosi dal criticarle. Per promuovere la piena comunione del nostro Ordine con il Sommo Pontefice, il Reverendo Padre invierà ogni sei anni alla Sede Apostolica una breve panoramica della situazione e della vita dell’Ordine. (St 31.19)

Antoine Sublet, il pittore al servizio dei certosini

Locandina

Con questo articolo odierno, miei cari lettori, voglio portarvi a conoscenza di una interessante mostra monografica dedicata al pittore lionese Antoine Sublet. Una magnifica esposizione è stata realizzata a La Correrie, nel Museo della Grande Chartreuse, essa è stata inaugurata lo scorso 11 giugno e sarà visitabile fino al prossimo 5 novembre. Non perdetela! A seguire un breve video di presentazione.

Ma chi era Antoine Sublet?

Antoine Sublet nasce a Lione, l’8 giugno del 1821, a soli 14 anni fu ammesso alla Scuola di Belle Arti di Lione, ben presto gli fu conferito il terzo premio per il disegno nella categoria ritratto, campo in cui Antoine eccellerà.

Dopo diverse discrete partecipazioni al Salon des artistes di Lione, Sublet fa una svolta fondamentale nella sua vita e carriera tra il 1847 e il 1848, si mette in viaggio, dirigendosi verso l’Italia. In quel periodo, fare il Grand Tour era un viaggio obbligato per gli artisti, una sorta di rito iniziatico. Durante questo viaggio, i giovani artisti si formavano una cultura comune, apprendendo dall’Antichità e dai grandi maestri del Rinascimento.

Da qui la sua palese ispirazione agli artisti italiani del Primo Rinascimento, nel 1857 fu tempo di tornare in Francia, vi fece ritorno in compagnia di una donna che aveva sposato. Ed eccolo al lavoro a Marsiglia, una sua opera, “Il trionfo della Croce” adorna le volte della navata centrale della Chiesa di Saint-Théodore. Poi Sublet lavorerà a Lione in una cappella della ex certosa lionese, pertanto il vero incontro tra Antoine Sublet e l’ordine certosino e solo rimandato di qualche anno…

foto Sublet

Ma quali furono i suoi rapporti con l’Ordine certosino?

La attività pittorica di Sublet, continuerà tra Lione, Belley e Nancy, ed aumenterà la fama tra gli ambiti religiosi, ciò attirò, nel 1877, le attenzioni di Dom Roch Marie Boussinet, Reverendo Padre dell’Ordine certosino il quale lo individua come un’artista cattolico in grado di condividere i valori spirituali certosini.

Comincia una collaborazione che durerà per gli ultimi anni di vita del pittore lionese.

Seguendo una antica tradizione certosina, concernente il dipingere ritratti dei Priori Generali, da esporre nella sala del Capitolo Generale alla Grande Chartreuse, gli fu affidato il compito di riprodurre i ritratti di Dom Jean-Baptiste Mortaize e Dom Charles-Marie Saisson. Nel 1878, un anno dopo, dipinse un’altra opera per la Grande Chartreuse,” Estasi di San Bruno”

Estasi di San Bruno

Nel 1873 l’Ordine certosino decise di fondare in Inghilterra una nuova certosa, a Parkminster in grado di accogliere due comunità espulse dal continente europeo. Questa fu una ghiotta occasione per Sublet il quale fu incaricato di dipingere vari ambienti monastici, ma per non disturbare la quiete monastica, le tele commisionategli, furono dipinte nella casa parigina di Sublet, e poi trasportate su di una imbarcazione e furono poi fissate sulle pareti della Certosa inglese. Tra queste spicca l’opera della Gloria Celeste, ma anche Il Martirio dei certosini inglesi…e tante altre, circa una cinquantina di tele!

Vergine

Le certose che conservano opere di Sublet sono tante, Pleterije, Neuville, Scala Coeli, la Valsainte, Parkminster, Selignac, Montrieux e la Grande Chartreuse. La fiducia verso questo artista fu tale che fu incaricato nel 1884 di restaurare le 22 tele di Eustache Le Sueur sulla Vita di San Bruno. Insomma un’artista davvero poliedrico. Al termine di una fruttuosa carriera, Antoine Sublet morì a Parigi il 17 dicembre 1897, all’età di 76 anni. Dipinse fino alla fine, poiché le sue ultime opere conosciute sono datate1896.

La Mostra

La mostra organizzata con gusto, intende mostrare la produzione pittorica dell’artista nel periodo “certosino”, e celebrare questo pittore e le sue opere che fino ad oggi hanno avuto come spettatori i soli monaci certosini, poichè realizzate per essere ammirate tra le mura delle certose.

Attraverso un’accurata e coinvolgente scenografia espositiva, prodotta in collaborazione con le scuole superiori della regione, il visitatore potrà rendersi conto di come i certosini si confrontano con questi dipinti nei loro monasteri. 

Beata Maria Vergine del Santo Rosario

Vergine del Rosario Antonio Laveglia.

Oggi 7 ottobre, in questo giorno in cui si celebra la festa della Madonna del Rosario, dedichiamoci con fervore alla preghiera del Rosario, invocando la protezione della santa Madre di Dio per meditare sui misteri di Cristo, sotto la guida di lei, che fu associata in modo tutto speciale all’incarnazione, passione e resurrezione del Figlio di Dio. Da questo blog, molti sono stati gli articoli rivolti a questa particolare devozione dei monaci certosini nei secoli. Oggi voglio parlarvi di un dipinto realizzato nel XVIII secolo da Antonio Laveglia per la certosa di Valmanera di Asti, purtroppo non più esistente. La tela, raffigurante la “Vergine del Rosario con San Domenico, Santa Caterina da Siena, e due monaci certosini“, è oggi alla parrocchia di Grana Monferrato in provincia di Asti in Piemonte. Essa è collocata sotto il maestoso organo, ai lati del portale in noce, sulla destra per chi entra. Difatti dopo la soppressione della certosa astigiana disposta dal governo napoleonico il Il 20 marzo 1801 fece seguito, il 3 agosto una barbara spoliazione di tutti gli arredi sacri della certosa, delle opere d’arte ed addirittura degli infissi!

La chiesa fu poi demolita nel 1816.

Fortunatamente, la tela in oggetto, fu messa in salvo e dopo varie collocazioni in chiese della zona sembra aver trovato, dopo un restauro effettuato nel 1976, una sua stabile sistemazione.

Il dipinto del Laveglia rappresenta una testimonianza unica della certosa di Valmanera, poichè in basso, tra i due monaci certosini genuflessi, è raffigurata la pianta del complesso monastico in tutta la sua estensione.

pianta

Superba la Vergine con il Bambino, che dona a San Domenico e Santa Caterina da Siena il Rosario, i quali lo ricevono con sguardo estatico. Laveglia, aggiunge i due monaci certosini genuflessi nell’atto di stringere tra le mani il Rosario a cui sono devotamente legati. Una tela poco nota, e che con gran piacere offro alla vostra attenzione.

statbn

Ed ora una breve preghiera concepita da un certosino, per la Beata Vergine Maria con una particolare introduzione, Recitiamola con devozione.

Alla mia Madre Celeste, perché accoglie sempre la mia preghiera. A mia madre sulla terra, perché, fin da piccolo, mi ha insegnato a pregare il “Sia benedetta la tua purezza”.

Sia benedetta la tua purezza ed eternamente così, perché un Dio intero si ricrea in una bellezza così aggraziata. A te, celeste Principessa, Santa Vergine Maria, ti offro in questo giorno la mia anima, la mia vita e il mio cuore. Guardami con compassione. Non lasciarmi, Madre mia, per la tua Pura Concezione. Amen.

6 ottobre omaggio a San Bruno

6 San Bruno V. Carducho (Prado)

Carissimi amici lettori di questo blog, eccoci giunti al 6 ottobre giorno del “dies natalis” del nostro amato San Bruno. Per questa lieta ricorrenza, voglio offrirvi una preghiera attribuita proprio all’iniziatore e ispiratore dell’Ordine certosino. Recitiamola con devozione amici. A seguire vi ripropongo la puntata di “Parole dal silenzio” dedicata alla descrizione della vita del santo.


(Preghiera attribuita a San Bruno)

Tu, che sei il mio Signore,
tu, di cui preferisco la volontà alla mia,
non posso più accontentarmi di pregare con le parole:
Ascolta il mio grido che ti supplica come un immenso clamore …

Tu, il cui servo mi sono fatto,
con perseveranza ti prego,
e ti pregherò ancora,
per meritare di ottenerti.
Perché non è un bene della terra quello che cerco;
Chiedo solo quello che devo chiedere: solo tu!

Abbi pietà di me
E poiché la tua misericordia è immensa
e il mio peccato grande,
abbi pietà di me grandemente
proporzionata alla tua misericordia!

Allora potrò cantare le tue lodi
mentre ti contemplo, Signore.

Ti benedirò con una benedizione
che durerà per tutta la vita.

Ti loderò attraverso la lode e la contemplazione,
in questo mondo e nell’altro,
come Maria di Betania, il cui Vangelo ci dice che
ha scelto la parte migliore.

AMEN