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  • Memini, volat irreparabile tempus

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Dom Isidoro Alfonso Maria, “De cella Ad coelum”

+Dom Isidoro

In ricorrenza del suo trigesimo, voglio onorare la memoria del compianto certosino, uno dei quattro ultimi monaci della certosa portoghese di Evora. Alla chiusura di Scala Coeli, come ricorderete gli anziani confratelli furono trasferiti a Miraflores, dove è terminata la vita terrena di Dom Isidoro Alfonso Maria.

Che Dio lo abbia in gloria e che San Bruno lo accolga come merita.

Egli nacque il 16 marzo del 1929 a Santa Gadea del Cid, un piccolissimo paesino spagnolo. Dopo gli studi, fu un instancabile insegnante che lavorò in America Latina.

Decise di abbandonare tutto ed abbracciare la vita monastica certosina, entrando nella certosa di Miraflores come professo il 6 ottobre del 1971, e poi ordinato sacerdote il 7 aprile 1973. Fu poi trasferito alla certosa francese di Selignac, dove svolse le funzioni di maestro dei novizi dal 1976 al 1981. Successivamente, fu inviato a Porta Coeli nei pressi di Sagunto, dove era stato nominato Priore, e dove svolse tale compito dal 1981 al 1991. Giunse a Scala Coeli, ad Evora in Portogallo nel 1991 dove svolse mansioni di Priore fino al 2011, allorquando a causa di un glaucoma dovette chiedere “misericordia”, ottenendola, e poi come ricorderete alla chiusura di Scala Coeli fu trasferito alla certosa spagnola di Miraflores. Da questo blog, avevamo imparato a conoscerlo, avendovi proposto alcune sue interviste, una video, di quando nel 1991 era Priore di Porta Coeli. Ed una testimonianza scritta di quando nel 1999, da Priore di Evora, ricevette il Presidente della Repubblica portoghese Jorge Sampaio, di cui divenne amico. Quando giunse a Miraflores, sua ultima destinazione, era diventata totalmente cieco e visse il suo ultimo tempo, nella solitudine della sua cella dove non lesinava sorrisi ai confratelli che lo visitavano accudendolo con amore. Trascorreva le giornate pregando incessantemente il Rosario, del quale era da sempre molto devoto, e nonostante le energie che andavano terminando Dom Isidoro pur allettato, partecipava alla Santa Messa tutti i giorni attendendo con serenità la morte, per incontrare la luce di Dio. Lo scorso 29 ottobre ascese al cielo, spirando sotto il mantello della Vergine del Pilar. Andando letteralmente “De cella Ad coelum”

Giunga una nostra prece al compianto certosino.

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Una immane tragedia in Corea

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Cari amici lettori, con il cuore addolorato vi comunico la morte di un confratello certosino a seguito di un incendio scoppiato nella certosa coreana di Nostra Signora di Corea, sita a 270 chilometri a sud-est di Seoul. A distanza di un mese, dal tragico evento, ho deciso di comunicarvi quanto accaduto.

Secondo l’Agenzia nazionale di polizia di Gyeongbuk e i vigili del fuoco il 26, ottobre scorso, intorno alle 22:34 del 25 è scoppiato un incendio le cui cause apparivano sconosciute in una cella della certosa maschile coreana.
Subito dopo l’allarme lanciato dai monaci, sul luogo sono prontamente accorsi, dopo appena 18 minuti, ventinove vigili del fuoco, a bordo di 12 autopompe, i quali si sono adoperati per domare l’incendio.
Il rogo ha bruciato 50 metri quadrati di una delle 12 celle a un piano, realizzate con pannelli isolanti sandwich con struttura in acciaio, provocando danni materiali per circa 25 milioni di won (stima dei vigili del fuoco), ed è stato completamente spento all’01:14 del giorno successivo, appunto il 26.

Questo evento disastroso ha purtroppo avuto un epilogo tragico, difatti dopo aver spento l’incendio i pompieri hanno trovato il corpo esanime di un monaco.

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Si tratta di Padre Jacob, un Padre certosino tedesco di soli 55 anni proveniente dalla Germania nel 2004 ed appartenente al gruppo fondatore di questa recente fondazione.

Padre Jacob, giunse in Corea del Sud con un confratello della certosa di Marienau, e furono raggiunti in seguito da un altro confratello della certosa tedesca.

Lo abbiamo visto nel recente documentario “La casa alla fine del mondo“, che vi ho proposto da questo blog.

Un monaco mite, dedito incessantemente alla preghiera ed alla severa vita certosina, condotta per ricercare l’incontro con Dio. Spesso diceva:  Voglio approfondire questo segreto ogni giorno“. Il mio, e credo il vostro auspicio è che egli abbia lasciato questa terra per raggiungere un luogo sereno, per vivere con gioia tra le braccia di Cristo.

Che Dio lo abbia in gloria e che San Bruno lo accolga come merita.

Gli inquirenti hanno raccolto alcune testimonianze tra i confratelli, ognuno dei quali era nella propria cella. Uno di essi ha affermato che “Mentre era intento in una lettura allo studiolo in cella, ha avvertito un acre odore di bruciato, e quando è uscito ha visto il corridoio saturo di fumo e le fiamme che divampavano violentemente”.

La precisa causa dell’incendio ed anche la causa della morte del compianto Padre Jacob, sono ignote ed in corso di accertamento.

Ci stringiamo alla comunità certosina per questa tragedia e per la perdita del loro confratello.

Cor lutto

Una cappella per la beata Beatrice de Ornacieux

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In occasione della ricorrenza della festività della beata certosina Beatrice de Ornacieux, intendo celebrarla parlandovi della cappella eretta in suo onore, ed ancora oggi luogo di pellegrinaggio.

La storia di questa sublime cappella, e la sua costruzione sono intimamente legate al culto di Beatrice de Ornacieux, difatti a seguito della sua morte, avvenuta il 25 novembre del 1303, la sua fama di santità ed i suoi miracoli furono tanti, che la devozione dei fedeli del luogo crebbe notevolmente. Essi iniziarono a dedicare a Béatrice un culto popolare, che perdurò mer molti secoli, la monaca certosina fu infatti beatificata soltanto nel 1869. La cappella di cui vi parlerò fu edificata nel 1897, diventando un suggestivo luogo di pellegrinaggio, tuttora vivo, esso si svolge la prima domenica di settembre. La cappella di Santa Beatrice, così è conosciuta, sorge in una zona boscosa e si staglia nascosta tra gli alberi sul Mont Saint-Martin ad Eymeux, su un promontorio dominante l’Isère, ed il panorama che si scorge si estende fino a Romans. Le immagini che seguono, ci faranno apprezzare la bellezza di questo suggestivo luogo di culto, ideale per meditare in silenzio e pregare la nostra amata Beatrice.

Statua di Beatrice nella chappelle a Eymeux

Preghiera

Oh beata Beatrice, hai tanto amato Gesù che il tuo ideale era seguirlo nel deserto e nella povertà.

Donaci il tuo amore per Gesù e per la povertà.

Amen

Per chi volesse ulteriormente approfondire la sua vita, consiglio questo libro acquistabile online a questo link.

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Dom Etienne Biclet

Etienne Biclet, originario di Lione, nacque il 5 marzo 1703. Dopo aver lasciato il mondo per consacrarsi a Dio, giunse nel deserto della Grande Chartreuse e vi fece la sua Professione. La sua conoscenza e comprensione degli affari portarono il Reverendo Padre Dom Michel de Larnage a sceglierlo come Scriba o Segretario dell’Ordine, nel 1748. Mantenne ancora questa posizione alla morte di Dom Michel, quando i voti dei Religiosi della Grande Chartreuse lo chiamarono a succedergli il 6 ottobre 1758. Padre de Tracy, parlando di Dom Etienne Biclet, dice che egli ci insegna che “la modestia, il buon esempio, la vigilanza si sono manifestati nella sua condotta, con la sottomissione alla Provvidenza nelle prove“. Infatti Dom Etienne dovette assistere impotente alla soppressione di tre importanti certose in Italia: Pavia, nel 1769, Padova e Vedana, nel 1770. Già l’imperatore Giuseppe II aveva cominciato a mettere in atto queste pericolose novità nei confronti dei possedimenti ecclesiastici e delle Case Religiose che voleva secolarizzare. La morte, però, doveva risparmiare al Venerabile Generale il dolore di vedere la soppressione delle molte Certose, stabilite negli Stati di questo filosofo Imperatore. Gli uomini più eminenti di questo periodo avevano in grande stima Dom Etienne Biclet. Dom Dorothée, Abbé de la Trappe de Sept-Fonts, che era venuto a trovarlo, mantenne sempre un’alta idea della sua pietà, della sua scienza e della sua modestia. Padre Mandar de l’Oratoire, che lo vide nel 1775, ci abbozzò il ritratto in poche righe: “Ho visto Dom Biclet, è un grande vecchio di settantacinque anni, di altissima virtù, di buon giudizio e di una dolce allegria nella conversazione; lo si vede per primo in tutti gli esercizi, per quanto glielo consentano i suoi affari“. Dom Etienne Biclet aveva appena presieduto il Capitolo generale del 1778, quando tre giorni dopo fu colpito da un attacco di apoplessia e, lo stesso giorno, cedette la sua anima a Dio, il 27 maggio, all’età di settanta cinque anni. Il necrologio della Grande Chartreuse ci ha trasmesso l’elogio di questo Priore Generale. “La Natura e la grazia, fu detto, hanno il piacere di riempirlo dei loro doni; durante i vent’anni che camminò al nostro vertice, la sua santa vita servì da modello a tutti noi, il suo comando fu così intriso di dolcezza che conquistò tutti i cuori. Un uomo sopra ogni lode, il più famoso tra coloro che ricoprirono l’ufficio di Scriba, si diceva di lui, quando c’era una questione difficile da chiarire: andiamo a consultare il Veggente, eamus ad Videntem; la sua memoria sarà sempre una benedizione tra noi.

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 30)

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CAPITOLO 30
Funzione del nostro Ordine nella Chiesa

1 Ciò che la solitudine e il silenzio del deserto portano di utilità e di gioia divina a coloro che li amano, solo chi l’ha sperimentato lo sa; ma non abbiamo scelto questa parte eccellente per essere gli unici a beneficiarne. Abbracciare la vita nascosta non ci fa abbandonare la famiglia umana: assistere solo a Dio è una funzione che dobbiamo svolgere nella Chiesa, dove il visibile è ordinato all’invisibile, l’azione alla contemplazione. (St 34.1)
2 L’unione con Dio, se è vera, non ci chiude in noi stessi, ma al contrario ci apre la mente e dilata il nostro cuore, fino ad abbracciare il mondo intero e il mistero della redenzione per mezzo di Cristo. Separati da tutti, siamo uniti a tutti: e così è in nome di tutti che stiamo alla presenza del Dio vivente. Raggiungere Dio in questo modo, così direttamente e continuamente come la condizione umana lo consente, ci associa in modo speciale alla Beata Vergine Maria, che siamo abituati a chiamare l’impareggiabile Madre dei Certosini. (St 34.2)
3 Rivolti, con la nostra professione, solo a Colui che è, attestiamo davanti a un mondo troppo assorbito dalle realtà della terra che fuori di Lui non c’è Dio. La nostra vita mostra che i beni del cielo sono già presenti quaggiù; è un presagio di risurrezione e un’anticipazione dell’universo rinnovato. (St 34.3)
4 Con la penitenza, infine, partecipiamo all’opera redentrice di Cristo. Ha salvato il genere umano, prigioniero e travolto dal peccato, specialmente con la sua preghiera al Padre e con la sua immolazione; sforzandoci di associarci a questo aspetto più profondo della redenzione, e nonostante la nostra astensione dall’attività visibile, esercitiamo l’apostolato in modo eminente. (St 34.4)
5 A lode di Dio, per il quale è stato appositamente istituito l’Ordine Eremitico della Certosa, offriamo dunque al Signore, nel resto della cella e nell’opera, un culto ininterrotto: così santificati nella verità, saremo quei veri adoratori che il Padre cerca. (St 34,5)

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Sant’Ugo di Lincoln esorcizza un indemoniato

Sant'Ugo di Lincoln esorcizza un indemoniato

Oggi, per celebrare la ricorrenza della festività del santo certosino Ugo di Lincoln, voglio illustrarvi un dipinto che richiama la sua peculiarità di esorcista.

Vi ho ampiamente parlato, in precedenti articoli, del certosino Ugo di Avalon, divenuto poi Vescovo di Lincoln e di come è stato oggetto di moltissime raffigurazioni artistiche.

Tra il 1404 ed il 1407 il pittore italiano Gherardo Starnina realizzò per la certosa di Firenze questa tempera su tavola dal titolo: “Sant’Ugo di Lincoln esorcizza un indemoniato“, ovvero uno scomparto della predella di una pala d’altare. Questo episodio richiama uno dei tanti prodigi attribuiti al santo certosino. Provo a descrivervelo…

Al centro della scena un gruppo di eleganti personaggi conduce un uomo con i polsi e le caviglie legate davanti a un santo vescovo. Questi lo benedice con l’acqua santa e lo esorcizza, come mostra il diavoletto che fugge, svolazzando su di un tetto vicino colorato di un rosso acceso. Accanto al carretto con cui è giunto il moribondo posseduto, i carrettieri attendono, osservando incuriositi e spaventati il prodigioso intervento. Il carro ed i cavalli, raffigurati da posteriori, con le splendide architetture colorate che scandiscono la piazza, quinta scenica del miracoloso intervento del santo vescovo certosino, creano una gradevole spazialità. Questo tavola è possibile ammirarla al “Museo Poldi Pezzoli” di Milano.

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Non fu l’unica raffigurazione di Sant’Ugo di Lincoln del pittore Starnina, il quale volle il vescovo certosino a figura intera affiancato a San Benedetto, ed oggi esposto al “Nationalmuseum” di Stoccolma.

S. Ugo di Lincoln e S. Benedetto Nationalmuseum Stoccolma

Commemorazione dei defunti dell’Ordine Certosino

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Oggi, 14 novembre, è il giorno nel quale si commemorano i defunti dell’Ordine certosino, ed ho deciso di celebrarlo in maniera particolare.
Nel ricordare tutti i defunti certosini, colgo l’occasione per parlarvi di un Padre deceduto alcuni mesi orsono: Dom José Manuel Rodriguez Vega, del quale vi proposi una gradevole intervista.
Vi offro oggi la sua biografia ed il ricordo dei suoi confratelli nel giorno della sua dipartita terrena.

Che Dio lo abbia in gloria e che San Bruno lo accolga come merita.

Manuel Rodriguez Vega, nacque a Valdesoto, comune di Siero, il 3 febbraio 1929, in una famiglia molto cattolica formata dai genitori e cinque figli, quattro maschi e una femmina. La sua adolescenza e giovinezza saranno trascorse in un ambiente sociale fortemente intriso dei valori della Fede. Per questo il nostro giovane sarà attratto da una vita di totale consacrazione a Dio. Con la sua radicalità e fedeltà che poi lo caratterizzarono, lui, che aveva iniziato gli studi universitari in Medicina Veterinaria, decise di interromperli per entrare nella certosa di Santa Maria di Miraflores, nel 1950. Nel giorno della proclamazione del dogma della Assunta, iniziò il Postulato come Sacerdote certosino.
Nella solennità di San Giuseppe del 1951 ricevette l’abito certosino. Così aggiunse al suo nome di quello di Giuseppe e questo stesso Santo Patriarca ora, 71 anni dopo, come Santo Patrono della Santa Morte, venne a chiamarlo proprio quando si stava celebrando la novena in sua memoria. Il 24 giugno 1953, emise la professione di monaco certosino. Tre anni dopo farà la sua professione solenne. Sarebbe stato ordinato sacerdote di Gesù Cristo nella cattedrale dall’arcivescovo di Burgos, il 22 marzo 1958. Aveva allora 29 anni.
Nella Certosa di Miraflores, il priore Dom Bernardo Sánchez lo nominò sacrestano l’anno successivo, 1959, e in tale posizione rimarrà fino a quando non sarà inviato dal Capitolo Generale del 1965 come padre procuratore alla Certosa di Santa Maria Scala Coeli, alle sollecitazioni del Priore di questa Certosa, Dom Pedro de Soto Domecq, che stimava molto le qualità di Dom José Manuel, che desiderava avere al suo fianco per dare impulso alla crescita della recente Certosa del Portogallo.
Succederà a Dom Pedro come Priore di questa Certosa. Infatti, il 18 giugno 1973, all’età di 44 anni, Dom José Manuel fu eletto dalla Comunità, carica che avrebbe svolto in modo molto soddisfacente per quattro anni, tornando poi, nella stessa Scala Coeli, al suo precedente ufficio di P. Procuratore.
Durante quei quattro anni nel priorato della giovane comunità portoghese, toccò a lui vivere il tragico evento della rivoluzione dei garofani. Poiché Scala Coeli si trovava in una zona del paese molto segnata dall’influenza comunista e soprattutto dall’attuazione della riforma agraria, che avrebbe espropriato numerosi possedimenti in mano ai legittimi proprietari, conseguenzialmente erano in pericolo anche gli ottanta ettari della certosa. Ma grazie alla saggezza ed alla bonomia, alla diplomazia e alla simpatia di “Padre Manolo”, i certosini di Scala Coeli furono rispettati nei loro possedimenti, conservandoli nella loro interezza. All’ufficio di Padre Procuratore, Padre Josè Manuel aggiunse quello di Antiquior di quella certosa dal 29 novembre 1982 al 13 maggio 1986. In quella festa della Vergine di Fatima, disse addio al Portogallo per andare ad aiutare Santa Maria di Porta Coeli, 57 anni. Dapprima fu nominato sacrestano e vicario. Due anni dopo, lo stesso Priore, Dom Isidoro María Alonso, in occasione della festa della Vergine del Monte Carmelo nel 1989, a sessant’anni, lo fece ritornare all’inquietudine della ricerca. A Scala Colei aveva trionfato con gli animali ma a Porta Coeli c’erano solo gatti… e migliaia di aranci. Tuttavia, è andato avanti di nuovo, migliorando l’irrigazione, plastificando i serbatoi d’acqua, aumentando anche le piantagioni e vendendole a buon prezzo.
Il Capitolo Generale del 1991 ha concesso misericordia a Dom Isidoro María Alonso, che fu inviato a Scala Coeli. Quello stesso Capitolo nominò Dom José Manuel come Padre Priore di Porta Coeli.

In questa posizione rimarrà per 14 anni ininterrottamente, ricevendo misericordia soltanto nel Capitolo del 2005. Dom José Manuel aveva allora 76 anni. Dal Capitolo tornò a Porta Coeli, dove il nuovo Padre Priore, dom Bruno Maria Gándara, lo nominò Padre Procuratore e Antiquior. Il successore di D. Bruno, D. Pedro María Castro, lo cessò nella carica più onorifica di Antiquior ma gli lasciò l’attività dell’ufficio del P. Procuratore, nel novembre 2011. La Visita Canonica del 2012 lo ha rilasciato dalla carica di Padre Procuratore e gli ha restituito il titolo di Antiquior.
Il Capitolo Generale del 2013 lo nomina Rettore della Certosa di Montalegre. Il capitolo in seguito lo conferma col titolo di Priore. In seguito, nel 2017, gli fu concessa misericordia, quando manifestò la diminuzione delle sue forze, all’età di 84 anni, lo inviò a Porta Coeli su sua espressa richiesta. Stava arrivando la malattia che lo avrebbe accompagnato fino al giorno della sua morte: una demenza senile di tipo Alzheimer.
Pertanto, nel giugno 2017, è giunto a Porta Coeli ed è stato presto nominato Antiquior, carica che ha ricoperto fino al giorno della sua morte, ritrovandosi progressivamente con una salute sempre più precaria man mano che il morbo di Alzheimer progrediva e lo rendeva perdere in gran parte le notevoli capacità mentali di cui Dio lo aveva dotato. Infine, lo scorso 14 marzo 2022, Nostro Signore, nella sua bontà e infinita misericordia, volle chiamarlo alla sua Divina Presenza, ponendo fine alla sua dolorosa ascesa al Calvario, vissuta in modo particolarmente intenso negli ultimi anni e mesi della sua lunga vita terrena.

Il ricordo dei confratelli
Padre José Manuel ci lascia il ricordo di un certosino che fu profondamente amante della sua vocazione, di monaco fedele, che servì con generosa dedizione l’Ordine Cartusiano e le diverse comunità con cui visse, in lavori e incarichi difficili come quelli di Visitatore, Priore e Procuratore. Fino alla fine dei suoi giorni, quando aveva quasi completamente perso la percezione della realtà, a causa della sua malattia, Dom José Manuel aveva vissuto a testimoniare un grande amore per la vita certosina ed il desiderio di vivere fedelmente le esigenze della nostra vocazione. Indubbiamente, questi ultimi cinque anni della sua esistenza terrena, in cui i suoi rapporti si sono sempre più ridotti, gli hanno permesso di approfondire sempre più quel rapporto intimo e personale con il suo amato Signore, in una semplice e fervente preghiera, in una quiete dell’anima , in un riposo contemplativo in Dio. D. José Manuel ci lascia il ricordo di una persona retta e leale, fedele e sacrificata.
In questi ultimi cinque anni, ci ha sempre colpito vedere che non si è mai lamentato della sua condizione, che ha accettato con pace e spirito soprannaturale e, se si è pentito di qualcosa, è stata la sua impossibilità di andare a Mattutino. Ci provò più volte, ma la sua debolezza non gli permetteva di dormire bene e questo gli rendeva molto difficile continuare a partecipare alle sante Veglie notturne. Allo stesso modo accettò con pace e rassegnazione il momento in cui, a causa del suo stato mentale, non poteva più celebrare la Santa Messa.
Fino alla fine della sua vita mantenne il suo amore filiale per la Vergine Maria, e la sua tenerezza devozione alla sua “Santina”, la Vergine di Covadonga, sotto la cui immagine, in un bel dipinto appeso sopra il suo letto, donò la sua anima eletta al suo Creatore, morendo nella solitudine della sua spoglia e povera cella certosina.

riposa in pace

R E Q U I E S C A T IN P A C E

Il certosino calligrafo

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Cari lettori, nell’articolo di oggi voglio parlarvi della calligrafia e dello studioso certosino dedicatosi a questa particolare arte.

Ma che cosa è la calligrafia?

La parola calligrafia deriva dal greco καλός calòs”bello” e γραφία graphìa “scrittura”, essa è la disciplina che insegna a tracciare una scrittura regolare, elegante e ornata, conferendo alla scrittura stessa un significato di bellezza.

Nell’antichità è stata sviluppata spesso in ambito religioso, nei monasteri, laddove era possibile indulgere all’arte come forma di comunicazione. Abbiamo visto, in un precedente articolo, che nelle certose non vi erano scriptorium, ma ogni monaco all’interno della propria cella aveva a disposizione tutto l’occorrente per poter scrivere. Inoltre il gesto manuale dello scrivere ed esercitare la grafia, con la sua lentezza ed impegno abitua alla pazienza, alla sedimentazione dei pensieri, al rilassamento agevolando la capacità di concentrazione. Un vero stratagemma per placare la mente e trovare la quiete d’animo con l’arte della calligrafia.

Premesso ciò, in ambito certosino vi fu un personaggio di rilevante spessore per questa disciplina. Dom Agostino da Siena realizzò un volume pubblicato a Venezia nel 1573, ritenuto di valido riferimento per l’argomento.

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Qesto testo, intitolato: “Opera del Reverendo padre Dom Agostino da Siena” risulta essere un vero manuale di calligrafia, nel quale egli ci insegna a scrivere vari tipi di lettere, sia cancelleresche che mercantesche. Inoltre vengono inseriti in appendice, una ricetta per fare l’inchiostro ed un sistema per temperare le penne e consigli posturali, componenti essenziali per tale arte. Ho deciso di offrirvi questi insegnamenti del certosino calligrafo, che dedicò i suoi studi a questa nobile disciplina.

Il libro inizia così….”Essendo stato sempre diligente investigatore di cose….

RECETTA PER FAR INCHIOSTRO,

che per caldo non farà muffa, ne feccia in fondo del vaso. Ho ritrovato in pochi luoghi, doue sono stato, che si sappia far buono inchiostro, qual al mio giudicio è molto necessario all’uso umano, però, acciò ne habbiate perfetta recetta, ho mandata quella fuori, acciò per nessun tempo si levino le lettere, come si vede in molti  libri feriti, e da choro, e instrumenti,che in brevità di tempo, con  fatica si vedeno, e non si possono leggere, Se acciò non vi sia piu quello abuso, mando in luce la sottoscritta esperienza. Piglia onze trenta di vino bianco, grande piu che poi trovarlo, perche’l vino grande cava meglio la sustantia ,e l’anima dalla galla, che non fa l’acqua, e nel detto vino, mettervi onze tre di galla d’Istria piccola, e crespa, franta, e non pesta, perche se la pelli, l’inchiostro in pochi giorni diventa grosso come macco (cremoso), e mettere la detta galla in infusione nel detto vino, per giorni dodeci, circa, attento che dui giorni piu, o manco non importa, e ogni giorno fatela mescolare quattro o sei volte perche importa assai,e nel giorno duodecimo, e ultimo, non la mescolate altramente, ma colate con una pezza di lino un poco grossetta, il vino che sia chiaro, il resto mettesi da banda, che non vale nulla, e nel detto vino mettervi dentro onze due di vitriolo Romano, e fate che sia buono. Perche nel vitriolo consiste la negrezza dell’inchiostro, e come gli hai messo il vitriolo, mescola il detto inchiostro per un mese e poi metteli dentro oncia una di gomma arabica, che fia chiara, e si spezzi come vetro, che quella è la vera gomma ,e fate che la gomma sia stata un giorno in infusione nel vino bianco, che venga liquida come trementina, perche s’incorpora piu facilmente con l’inchiostro, havrete un’inchiostro finissimo, ma nota che l’inchiostro fino a tanto, che non s’è riposato per quindeci,o venti giorni, non puoi mostrare la sua perfezione, e negrezza, e quello è quanto si puoi far per inchiostro finissimo.

MODO DI TEMPERARE LE PENNE.

Io ti potrei far longa diceria, ma attendi a quelle poche parole, che io scriverò qui a tuo ammaestramento. Prima dei sapere, che le penne debbono esser tonde, chiare, e fatto il primo taglio della péna, farai il fecondo ,e’l terzo, a tal che la sia come un becco di sparviero,e poi su l’ungia, tagliala in sguinzo, e se la iscarnarai un poco, sarà piu dolce nel scrivere, e sopra il tutto, attendi a quello che dico del tenire ben la penna in mano. Sappi che la penna, quando scrivi, la vuol guardar alla punta della tua spalla destra, ma fa che la sia de l’ala desta, che fa miglior scrivere, e quando la farà de l’ala stanca, che la guardarà al contrario, tieni pur la mano al modo, che essendo dritta la guardasse la punta della spalla, perche sempre non fi può haver penne de l’ala destra, e non ti pensar d’imparar a temperare cosi al primo, che questo se impara alla giornata, si come si va imparando a scrivere.

Certose storiche: Lechnica

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Oggi vi propongo l’ultimo approfondimento, per quest’anno, sulle certose storiche che hanno avuto un glorioso passato e delle quali oggi restano poche tracce.

Stavolta vi parlerò della certosa di Lechnica, sita nella attuale Slovacchia.

Questo monastero, è conosciuto anche come “Červený Kláštor”, ovvero il Chiostro Rosso, a causa del caratteristico colore del tetto. Il complesso monastico, fu fondato nel 1319, da Gall conte di Szepes, e dal duca Henri suo fratello. Fu costruito inizialmente in legno, poi furono integrati mattoni e pietre appunto di colore rosso, come le cornici sotto i tetti e le nervature delle volte, nonchè le tegole rosse utilizzate per le coperture. Una comunità certosina proveniente dalla certosa di Erfurt, avviò la vita monastica, ed in seguito il Capitolo generale dell’Ordine la incorporò nel 1427 nella Provincia inferiore della Germania.

Nel 1431 gli Hussiti la danneggiarono pesantemente, il priore del monastero fu rapito e i locali furono dati alle fiamme e saccheggiati. La ristrutturazione avvenne lentamente, la chiesa della certosa fu consacrata soltanto nel 1449.

Červený Kláštor gradualmente divenne un importante centro religioso al confine ungherese-polacco. Attraverso donazioni, acquisì grandi appezzamenti di terreno e ottenne importanti privilegi, tra cui il diritto di pescare sul vicino fiume Dunajec.

Ma a seguito delle guerre i certosini, cominciarono a perdere proprietà e divennero bersaglio di violente incursioni. A poco a poco, i monaci furono costretti a lasciare il monastero. Nel 1563 la certosa fu soppressa e, con la morte dell’ultimo priore, cessò praticamente la vita monastica.

Dopo la partenza dei monaci certosini dal monastero di Lechnica, la struttura perse il suo carattere di dimora spirituale.

Durante il XVII secolo le autorità certosine tentarono invano di rientrare in possesso di Lechnica ma invano. Nel 1705 la struttura fu affidata ai Camaldolesi, i quali furono poi espulsi nel 1782 da un decreto di Giuseppe II. Ebbe inizio un declino inevitabile. L’antica certosa subì un incendio nel 1907 e fu gravemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale, ma dopo essere stata ricostruita nel 1956–66 fu riaperta al pubblico ed oggi funge da museo. Le immagini ed il video che segue, ci faranno apprezzare la maestosità del complesso monastico di Lechnica.

Sui tempi moderni

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Oggi, cari amici lettori voglio offrirvi un breve testo o meglio una considerazione di un certosino sui tempi moderni.

Essa sembra apparentemente semplice ma al contempo molto profonda sulla quale vi invito a riflettere. Non facciamoci travolgere e stravolgere da questi tempi moderni!

Ho voluto inserire come immagine di questo articolo un disegno del compianto artista serrese Silvano Onda, dal titolo “San Bruno e l’uomo moderno” mi sembrava alquanto pertinente. La immaginaria linea diagonale, che attraversa il disegno dal basso verso l’alto ci evidenzia: il fanciullo, l’uomo moderno (robot), sorretto da San Bruno e la morte. Sono queste le quattro fasi della vita umana per l’artista. Al di sopra di tutto, Dio e la Santissima Trinità visibilmente amareggiato per la triste involuzione umana.

Il fanciullo in basso, triste e pensieroso sembra voler sollecitare l’adulto su questa tematica. Un disegno del 1975 incredibilmente attuale, come ci ricorda il testo che segue.

stelle sette x

“Purtroppo, oggigiorno l’uomo vive in un mondo meccanico e ipertecnologico. I suoi rapporti con la natura sono fortemente degradati perché il lavoro a cui è sottoposto non favorisce il suo sviluppo. Si passa dal lavoro seriale alla distrazione seriale. Non è facile dialogare con gli altri, come non è facile dialogare solo con con Dio. A tal fine, si presume una vera conversione di tutto il nostro essere egoistico e amor proprio.

L’uomo nella preghiera, deve sentire sotto l’azione dello Spirito Santo la gioia di rimanere in Dio. Spesso, sperimenterai la tua totale incapacità di entrare in questo movimento; lascia che la tua preghiera si unisca alla grande preghiera filiale di Cristo, e il Padre ti accoglierà a braccia aperte, ammettendolo nella sua intimità: “Un giorno nei tuoi cortili val piú che mille altrove. Preferisco fermarmi sulla soglia della casa del mio Dio, piuttosto che vivere nella tenda dei peccatori”. (Salmo 84:10)

(un certosino)