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“Non avere niente, ma possedere tutto”

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Questo piccolo estratto dallo scritto di un certosino è venuto come un acuto promemoria della natura dello stretto sentiero verso il Regno – che, pur non permettendo illusioni su noi stessi e sulla nostra povertà, ci conduce al Padre,

Afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e invece possediamo tutto! Come afflitti, eppure sempre allegri; come poveri, eppure arricchendo molti; come non avendo nulla, eppure possedendo ogni cosa!

2 Corinzi 6 10

«Le prove provvidenziali ci rendono sempre più consapevoli della nostra debolezza. Alla fine, comprendiamo che non siamo niente, ma che Dio ci ama nonostante tutto, che si è fatto uomo per entrare in comunione con noi, che la grazia opera in noi e attraverso di noi, la grazia è tutto, non abbiamo diritto di rivendicare come nostro il bene che facciamo, non abbiamo nemmeno la certezza assoluta di credere in Dio, di amare lui o i nostri fratelli. Ogni mattina dobbiamo ricevere tutto di nuovo nella fede. Dio ci crea veramente in ogni momento. Affidiamo il passato alla sua misericordia, dobbiamo svuotare la nostra memoria delle sue presunte ricchezze per trasformarla in un puro movimento verso Dio stesso al di là dei suoi doni. Questo movimento è vissuto in modo unico nella realtà del momento presente, nel nostro conformarci alla volontà del Signore per noi, qui e ora, nella nostra comunione d’amore e nella nostra stretta attenzione a Lui. Qui povertà e semplicità diventano una cosa sola. Per il futuro, ci affidiamo a Dio. Non abbiamo, per così dire, un conto in qualche banca celeste; tutto ciò che abbiamo è la nostra fede nell’amore del Signore, la nostra speranza e il nostro desiderio di amare. Non dobbiamo essere ansiosi di fronte alle esigenze della vera povertà spirituale. Non siamo mai così benestanti come quando non abbiamo niente. Siamo liberi e disponibili per qualsiasi cosa. Il nostro ego, debole com’è, vorrebbe ricoprire la sua nudità con pellicce fatte di cose materiali, beni intellettuali e spirituali. La luce oscura della fede è davvero una luce, e chi vi si abituerà non la abbandonerà per tutta la dolcezza e le consolazioni di un tempo. Che Dio ci protegga dalle nostre virtù! La nostra fede ci permette di scartare questa copertura ingannevole per camminare nella verità lungo la via che non è una via, che conduce al Padre nell’Amore, cioè nello Spirito di Cristo. L’uomo povero trova aperte le porte della morte e passa liberamente nel regno di Dio. Perché se ci spogliamo, è per riscoprire nel nostro cuore l’innocente nudità dell’immagine di Dio e rivestirci così di Cristo. La nostra povertà è la povertà dei figli di Dio, che «non avendo nulla, eppure possiedono tutto» nella speranza e nella fede. Abbiamo ricevuto ‘uno spirito di adozione a figli, in virtù del quale gridiamo: ‘Abbà! Padre!'” Qui c’è abbastanza su cui meditare per mesi…e nutrire sempre la speranza! Un messaggio edificante per la fine di quest’anno ed un’auspicio per il prossimo anno che verrà.

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“Cartes des Chartreuse”. Una mostra ed un libro

Mostra

Cari amici di Cartusialover con l’articolo di oggi voglio informarvi sulla recente inaugurazione di una interessantissima mostra sulle cosiddette “Cartes des Chartreuse“. Lo scorso venerdi’ 16 dicembre presso il Musée de l’Ancien Évêché di Grenoble sito nell’ex palazzo vescovile, vicino alla cattedrale di Grenoble, ha avuto inizio l’esposizione dal titolo “Chartreuses – Dans le silence e la solitude – “, e durerà fino al 3 settembre del 2023. In questa occasione, è stato presentato al pubblico congiuntamente un prezioso volume, dal titolo “Les cartes de Chartreuse“.

Ma di cosa si tratta esattamente?

Si potrà ammirare una parte dell’eccezionale collezione di settantanove dipinti monumentali raffiguranti i monasteri dell’ordine in Europa dal XVII al XIX secolo, chiamati anche “mappe delle certose”. Classificata Monumento Storico, questa collezione, di proprietà del monastero della Grande Chartreuse, è stato oggetto di un lungo e meticoloso lavoro di restauro durato vent’anni e ha provocato una mobilitazione esemplare, che ha visto collaborare le autorità pubbliche e numerosi mecenati privati.

Queste Mappe certosine, si rivelano essere un prezioso strumento per conoscere i monasteri dell’ordine certosino, tra i secoli XVII e XIX, nonchè ammirare le vedute panoramiche del paesaggio circostante.

Dom Le Masson (anonimo)

Le “Cartes des Chartreuses” e la loro storia

Alla fine del XVII secolo, all’incirca intorno al 1680 il Priore Generale Dom Innocent Le Masson, impegnato nella ricostruzione della Grande Chartreuse a seguito dell’ennesimo incendio del 1676, decise di commissionare dei dipinti delle certose allora esistenti. Per effetto della Controriforma, si ha un vasto movimento di costruzione, ricostruzione e ristrutturazione della maggior parte dei monasteri. In Francia, sedici nuove “case” sono costruite durante il diciassettesimo secolo. La decisione di far realizzare dei dipinti monumentali, conosciuti come “Cartes de Chartreuses”, realizzati sempre a volo d’uccello, sono una testimonianza eccezionale non solo della loro particolare architettura, subordinata alla regola monastica, ma anche di alcune scene di vita claustrale. Queste grandi tele, rispondevano anche alla necessità di avere una sorta di inventario delle case dell’Ordine, e di verificare il rispetto dei principi di ordinamento edilizio, inizialmente erano probabilmente esposte nella Sala del Capitolo Generale della Grande Chartreuse, ed in seguito nella cosiddetta “galleria delle mappe”. Rappresentarono la crescente diffusione territoriale e l’estensione geografica dei possedimenti certosini, oltre alla irradiazione temporale e spirituale. La tradizione iniziata per volere di Dom Le Masson proseguì fino al XIX secolo. Ad oggi settantanove di questi dipinti sono sopravvissuti e sono stati elencati come monumenti storici nel 2001. Queste settantanove tele sono di vari formati, la maggior parte delle quali misurano circa 2 m di altezza per 1,5 m di larghezza, esse raffigurano cinquantuno certose francesi, sedici italiane, tre spagnole, tre austriache, due svizzere, due tedesche, una inglese e una ungherese. A volte datate, raramente firmate, le mappe sono, per la maggior parte, commissionate a pittori locali, poco noti e non sempre talentuosi.

Cap

La mostra

Dopo un profondo restauro, durato venti anni, sarà possibile ammirare trentuno di questi monumentali dipinti, esposti eccezionalmente per una mostra nel Musée de l’Ancien Évêché di Grenoble sito nell’ex palazzo vescovile, vicino alla cattedrale di Grenoble. Questa mostra, dal titolo”Chartreuses – Dans le silence e la solitude – ” sarà visitabile tutti i giorni, con ingresso gratuito, lunedì, martedì, giovedì e venerdì dalle 9:00 alle 18:00, mercoledì dalle 13:00 alle 18:00 e sabato e domenica dalle 11:00 alle 18:00. Durerà fino al 3 settembre del 2023, ed è stata realizzata grazie al Musée de la Grande Chartreuse e l’Associazione per il restauro delle carte Chartreuse (ARCC). Ammirare queste tele ci farà immergere nell’atmosfera certosina e del desertum circostante, e contribuirà alla conoscenza della storia dell’Ordine, da parte mia un plauso agli organizzatori, ed un invito a voi tutti a visitarla.

Il libro

lib

Congiuntamente alla inaugurazione della mostra succitata, è stato presentato il libro “Les cartes de Chartreuse”. Grazie alla lunga ricerca storica condotta da Pierrette Paravy, professoressa di storia medievale all’Università di Grenoble-Alpes, con Daniel Le Blévec, professore di storia medievale all’Università Paul-Valéry Montpellier, e Giovanni Leoncini, professore di storia dell’arte all’Università di Firenze, la ricchezza di informazioni che contengono queste “mappe” ed il loro interesse estetico vengono finalmente svelati. Ve ne consiglio la lettura. Vi allego anche il link per l’acquisto del libro online.

alcune mappe

Quando prese la decisione, nel 2001, di restaurare le mappe di Chartreuse, il reverendo padre Dom Marcellin aveva chiaramente sottolineato la necessità di risvegliare dal suo sonno un patrimonio eccezionale e trasmetterlo alle generazioni future: “il nostro futuro passerà attraverso il rispetto per quello che abbiamo ricevuto dal passato”. Queste grandi mappe rappresentano alcuni monasteri dell’ordine certosino dal XVII al XIX secolo, per informazione del Priore Generale che abita alla Grande Chartreuse. 79 mappe, sulle quali storici dell’arte, scienziati e restauratori hanno lavorato insieme per scegliere le tecniche di restauro di questi dipinti, spesso sull’orlo della perdizione. Siamo lieti che questo lavoro paziente e attento abbia dato vita e bellezza a ciascuna di queste opere. Così, l’unità dell’architettura di questi monasteri appare chiaramente e spiega qualcosa della vita delle comunità che li abitano. Dai monasteri più modesti, come Portes o Durbon, alle grandi certose reali, come Gaming o Pavia, ritroviamo gli stessi elementi essenziali della vita certosina e disposti in modo simile: la chiesa, al centro del monastero , verso cui i due chiostri; il chiostro grande, luogo di vita eremitica attorno al quale si trovano gli eremi dei padri, che circondano il cimitero; il chiostrino, cuore della vita comunitaria, da cui si accede alle celle degli ufficiali, alle obbedienze, alla sala capitolare, al refettorio, utilizzato solo la domenica, e alla biblioteca. L’aspetto esteriore dei monasteri può tuttavia variare perché furono costruiti il più delle volte con l’appoggio di signori e mecenati che volevano introdurre un segno di bellezza, proprio del loro tempo ma che non sempre si addiceva alla semplicità che i Certosini tengono. nelle loro case così come nelle loro vite. Dall’inizio di questo lavoro di restauro, sapevamo che sarebbe stato pesante. La determinazione dei responsabili, sostenuti e incoraggiati dall’ordine, e l’immancabile sostegno di donatori pubblici e privati, hanno permesso di ottenere il risultato sperato: riportare in vita queste testimonianze del passato e farle parlare al presente tempo per discernere meglio dove andare in futuro. Ringrazio quindi con grande gratitudine ciascuno degli attori di questa vasta impresa, grazie a loro le giovani generazioni potranno contare su una memoria viva del nostro patrimonio certosino.

Dom Dysmas de Lassus

Natale 2022

Natale disegno cartolino

Cari amici lettori di Cartusialover, intendo in questo articolo fare a tutti voi, i miei auguri di Buon Natale affinchè la luce dell’amore proveniente dalla nascita di Nostro Signore raggiunga voi oggi e sempre. 

Ai miei auguri si aggiungano, come di consueto, quelli della comunità certosina di Serra San Bruno….

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Voglio donarvi una sublime omelia di un padre Priore certosino rivolta alla sua comunità monastica nel Natale del 2000. Meditiamo su queste parole semplici ma profonde ed edificanti. Abbandoniamoci alla luce di Nostro Signore!

B U O N   N A T A L E

Ancora una volta, ritroviamo sul cammino della nostra vita la festa del Natale, la celebrazione dell’amore ineffabile del nostro Dio, che fa cose nuove. La luce di Betlemme – dolce e luminosa – risplende su di noi. Oggi la nostra celebrazione ha qualcosa che tocca i cuori in modo particolarmente consolante, perché possiamo ammirare, alla luce di Betlemme, l’onnipotenza divina posta al servizio di un amore infinito per noi uomini.

Celebriamo oggi il dono ineffabile di questo Salvatore, un dono che supera ogni aspettativa: non era necessario che l’onnipotenza si riducesse all’estrema impotenza di un neonato. Dio fatto figlio è un mistero d’amore che supera ogni immaginazione, ogni ragione. La nascita di Dio sulla terra esige da noi uno sguardo semplice e limpido, se vogliamo entrare nella luce di Betlemme con gioia e frutto spirituale.

Cosa ci rivela questa luce di Betlemme? Rivela che l’evento più sublime della storia dell’umanità si svolge in estrema semplicità. Dio aveva tanti altri modi di fare la propria volontà, ma no; sceglierà il più semplice possibile. Una semplicità stupenda, che confonde il nostro orgoglio.

È la luce di Betlemme che ci insegna a leggere lo sviluppo dei piani divini nella nostra vita. Abituati come siamo a cercare le novità e ad apprezzare le cose che fanno spettacolo, non sempre riusciamo a cogliere la preferenza di Dio per le cose semplici e umili. Dio usa il più semplice e ordinario, non il più comodo, né il più brillante.

Un’altra luce da Betlemme: silenzio e solitudine. Dio ha offerto a Maria e Giuseppe silenzio e solitudine, per quale motivo? Non c’era posto per loro nella locanda. Così Maria ha partorito nell’intimità, nella solitudine, come era giusto che Dio nascesse tra gli uomini. Possiamo immaginare Maria calma e serena nelle avversità e conforme ai disegni del Padre.

La povertà è un’altra luce di Betlemme. Trova una povera Madre, un uomo giusto, una coppia santa e ignorata. La luce di Betlemme insegna che il distacco dona serenità al cuore. Il confine tra il necessario e il superfluo non è violato continuamente anche nelle Certose? Non ne abbiamo mai abbastanza. Sempre nuove esigenze. Ma quando si possiedi molto e se ne gode, compaiono disillusione e disagio, ed allo stesso modo, la serenità e la gioia fuggono dal cuore. La luce di Betlemme può chiarire questa confusione che è dannosa per la vita spirituale.

Davanti alla grotta di Betlemme, possiamo e dobbiamo scoprire la bellezza del cammino di Dio verso di noi. In questa visione serena il cuore sarà calmo, l’anima troverà pace e l’intelligenza comprenderà – alla luce di Betlemme – il perché di tante cose che Dio fa o permette. Pace nel cuore, perché la luce di Betlemme insegna che la causa di ciò che non si comprende è sempre l’amore divino.

La serenità di Maria ci serva di conforto e di modello. Celebriamo la Natività del Signore nel silenzio, nel raccoglimento; e così la luce di Betlemme potrà irradiarsi nei nostri cuori. La luce di Betlemme illumini i nostri cuori, cari fratelli!

Gli eventi della vigilia di Natale – dolorosi per i cuori di Maria e Giuseppe – devono essere per noi uno stimolo ad adattarci generosamente ai disegni divini.

Auguro a ciascuno di voi qui presenti di essere sereno nella povertà di Betlemme, felice nell’obbedienza che ci unisce a Gesù, e incoraggiato nella castità che permette al cuore di dilatarsi e di avvicinarsi a Dio e di vivere nella sua intimità, come Maria e Giuseppe.

Indubbiamente è un programma esigente! La luce che emerge dal presepe ci rafforzi, ci consoli nella desolazione ed illumini il cammino.

“La certosa sotto la neve”

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Ecco per voi un’altro estratto del libro “Au désert de Chartreuse: La vie solitaire des fils de saint Bruno“, di Robert Serrou. Egli rievoca dalla sua abitazione parigina, attraverso il ricordo della esperienza vissuta con il collega Pierre Vals, le ore vissute in certosa durante la notte di Natale. Notevole l’elogio alla vita cartusiana espressa dall’autore.

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“La certosa sotto la neve”

La messa di mezzanotte in convento si svolge con la semplicità liturgica propria dei certosini, impreziosita però da numerosi ceri accesi, simbolo della Luce che appare nelle tenebre. Nella cappella de La Salette si celebra un’altra messa di mezzanotte, offerta dal Padre Procuratore, per le famiglie degli operai del monastero che risiedono nel Corriere, un chilometro più in basso. Come i pastori di Betlemme, i partecipanti sono pochissimi. Ma hanno la stessa fede e ascoltano attentamente la parola del Padre, come i pastori ascoltavano la parola dell’Angelo.

Ma eravamo solo nella Grande Chartreuse con il pensiero. I miei bambini dormivano tranquilli nella loro stanza.
Al ritorno dalla Messa di Mezzanotte, i Certosini sarebbero stati ancora a lungo in chiesa. Tornati nelle loro celle, si sarebbero potuti riposare un po’. Per loro non c’è nemmeno una cena più modesta. Come gli altri giorni, non mangeranno nulla fino alle undici del mattino. Ma cosa può importare loro il cibo terreno? Per la tua felicità bastano solo la speranza dell’eterno faccia a faccia e le briciole ricevute in questa santa veglia.
Si addormenteranno nella notte silenziosa e anche il loro sonno sarà un’adorazione senza fine. Ti vedo di nuovo. Padre Procuratore, Padre Archivista, Padre Sacristano, con il quale ho avuto un rapporto più costante, e anche tutti gli altri monaci bianchi della Grande Chartreuse, nella tua misteriosa solitudine! Giustamente, un maestro di spiritualità ti ha chiamato “il serafino della terra”. Vedo anche te, fratello converso, ugualmente assorto in Dio, più vicino a noi per opera delle tue mani; a te che maneggia cazzuola e martello e contempli Dio nelle faccende quotidiane.
Rivedo le ore del nostro resoconto e come a poco a poco, visitando i vostri chiostri, le vostre obbedienze, la vostra chiesa, la nostra prospettiva sia cambiata, avvicinandosi – molto poco – alla vostra per vedersi finalmente illuminata dalla vostra parola e dalla grazia divina.

 

Nel grande esercito della Chiesa tu sei l’ala avanzata della preghiera, sopperendo alla nostra mancanza. Nessuna delle tue azioni, dei tuoi pensieri, degli impulsi del tuo cuore ci è estranea, non riesce ad attirare su di noi le benedizioni di Dio. Consolazione inestimabile, fonte di pace per i nostri guai, giustificazione per la nostra indigenza.

Tra i santi della Chiesa militante, voi siete santi oscuri secondo il vostro desiderio, ma il cui peso è necessario per l’equilibrio del mondo. Ci hai promesso le tue preghiere, che consideriamo un tesoro. Sapere che c’è un luogo benedetto, un luogo alto di contemplazione dove ogni giorno i monaci tengono – come la lampada davanti al tabernacolo – la luce della fede e l’ardore della carità, ci rassicura e ci conforta. Da questa terra, a volte, alziamo “quello sguardo della speranza di Dio” di cui ci parlava Péguy.
Sei ancora giovane nonostante hai ottocentosettanta anni e il tuo ideale è ancora capace, come nell’XI secolo, di far battere i cuori, desiderosi di bellezza, di purezza, di assoluto.
So che nei vostri monasteri in Spagna un giovane, purificato nel sangue dei martiri, ha scelto le vostre livree bianche. Alcune ragazze vanno all’estero, in attesa della Certosa femminile che tanto ardentemente desiderano venga eretta nel loro paese.
Anche il giovane Nord America si mette in moto. Mentre tre vostri Padri e alcuni Fratelli preparano la fondazione materiale in completa solitudine nei boschi di Vernon, i postulanti nordamericani, capisaldi della fondazione spirituale, vengono a impregnarsi nella culla dell’Ordine dello spirito di San Bruno, per essere suoi figli non solo di nome, ma di fatto. In questo slancio giovanile, la Francia viene lasciata un po’ in disparte. Vogliamo farvi capire che riempire le Certose dei vostri figli non deve essere il coronamento, ma la base della vostra nuova primavera.
Per tutti questi motivi abbiamo voluto presentare al pubblico questa testimonianza. Voi, cari monaci della Grande Chartreuse, ci perdonerete per aver leggermente turbato la vostra solitudine e per aver espresso – male, senza dubbio – il vostro ideale. In questo momento canti la vigilia di Natale solenne per te e per noi. In mezzo alle montagne innevate del “Deserto”, la tua salmodia ei tuoi canti non suscitano eco. Solo Dio ti ascolta e ti comprende.
Nel chiostro grande, vicino al cancello della clausura. San Bruno, dalla sua vetrata, inclina il capo per contemplare i suoi figli e ascoltarne il canto, identico a quello dei primi giorni. Sopra di lui, lo stemma dell’Ordine certosino: il globo terrestre dominato dalla croce, circondato da sette stelle. Il santo vigila sul mantenimento della Regola, approvata da secoli, e per la vita dei propri, il cui motto è inciso sullo stemma: “Stat crux dum voltur orbis

Spero abbiate gradito la lettura ed il consiglio di acquisto di questo libro, in attesa della nascita di Nostro Signore.

“Natale alla Grande Chartreuse”

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Cari lettori di Cartusialover, eccoci giunti alla settimana che ci condurrà al Santo Natale ed attendendo la nascita di Nostro Signore voglio proporvi lo stralcio di un libro di cui vi consiglio la lettura. Si tratta di un libro pubblicato per la prima volta nel lontano1955 dal titolo “Au désert de Chartreuse: La vie solitaire des fils de saint Bruno“. Nel 1954, un giornalista francese Robert Serrou ed il suo amico fotografo Pierre Vals, ottennero per la prima volta in assoluto l’autorizzazione ad entrare nel nella Grande Chartreuse e potersi avvicinare alla severa vita monastica certosina.

Va detto che Robert Serrou fu il primo giornalista, insieme al suo collega Pierre Vals, ad entrare negli appartamenti privati di Papa Pio XII in Vaticano per un servizio giornalistico, già nel 1952.

Gli autori del libro, ben 51 anni prima di Philip Gröning, autore del “Il Grande Silenzio” (2005), hanno avuto il privilegio assoluto di vivere tra le mura della certosa e di condividere le esperienze di vita claustrale. Il risultato di questo “soggiorno” è un prezioso resoconto narrativo corroborato da eccezionali fotografie che rivelarono per la prima volta una esistenza volta al nascondimento e fatta di preghiera, lavoro e meditazione per ricercare Dio.

Dalle prime edizioni, tante ne sono state fatte, riorganizzando il materiale e modernizzandolo in una nuova edizione questa testimonianza unica.

Ora vi proporrò il link dove poter acquistare online il libro, ottima idea regalo per Natale per parenti, amici, e perchè no per noi stessi!

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Fin qui la premessa introduttiva, ma voglio offrirvi per ingolosirvi alla lettura due estratti dal V° capitolo riguardante appunto il Natale.

“Natale alla Grande Chartreuse”

Stasera è la vigilia di Natale. Dalla mia casa parigina penso alla Grande Chartreuse, che sarà innevata.
Le gole del Guiers-mort hanno cambiato aspetto. Le rocce si sono avvolte nella loro grande coltre bianca, i faggi piegano i rami troppo carichi di neve in gesto di adorazione, e gli abeti, con i rami quasi attaccati al tronco e ricoperti di brina, sembrano grandi ceri preparati per la festa. L’acqua gocciola dalle rocce in colonne lattiginose, dalla volta dei cunicoli scende in stalattiti cristalline. Cinquanta metri più in basso, l’acqua del torrente è trasparente. Non molto fitto, assume la tinta del canale roccioso attraverso il quale scorre, oppure è verde, più o meno scuro, a seconda della profondità. I viaggiatori hanno occasione di ammirarlo. L’autobus Saint-Pierre effettua frequenti fermate. La neve scivola lungo le fessure delle rocce. Scende in una nuvola di polvere bianca e forma un grande mucchio sulla strada. Devi maneggiare la pala per farti strada, o aspettare l’aiuto dello spazzaneve che pattuglia i dintorni. Nel “Deserto” di Chartreuse tutto tace: il silenzio misterioso delle montagne innevate e il silenzio profondo dei Vespri solenni.
In spirito, mentre i miei figli dormono, frequento l’Ufficio dei monaci della Grande Certosa. Sono le dieci. Si sono appena alzati e stanno recitando il “Beato Ufficio” nell’oratorio della loro cella. Mezz’ora dopo i Certosini. vanno in chiesa un’ora prima rispetto alle festività più solenni e circa due ore prima rispetto ai giorni ordinari. La vigilia di Natale è la lunga notte di speranza. Come lei, il giorno dopo, più lungo del solito, sarà trascorso esclusivamente in preghiera. Il giorno di Natale non c’è pausa, non importa quanto piccola. Si lascia per il giorno successivo.
In questa lunga notte, così diversa dalle altre, i certosini trovano la risposta alla loro attesa, il centuplo che, da questa terra, è il premio della rinuncia per amore. Non ricordano affatto i loro Natali d’infanzia. Non invidiano minimamente il nostro Natale di padri e madri di famiglia, inondati dalla gioia pura e chiara dei nostri figli. Ricordi il tuo Natale in famiglia, in cui canti devoti precedevano la Messa di mezzanotte, in cui tutti si comunicavano? I certosini non cercano la gioia che dona il Signore, ma il Signore che dona la gioia.

antiphonario
Nel coro, i grandi antifonari sono aperti dal paggio della festa. Dom Odon, il sacrestano, ne aprì uno durante la mia visita alla chiesa. Ho potuto leggere le prime parole, il testo dell’Invitatorio: Christus natus est nobis, venite adoremus (Cristo è nato per noi; vieni, adoriamolo). Il cantore della settimana la canta in tono acuto, e poi, quando il canto comunitario si interrompe, prosegue con il Salmo 94, in cui ogni versetto si alterna al ritornello, e le cui prime parole sono un’esplosione di gioia, come un bottone che diventa fiore: «Vieni, rallegriamoci…»
Il grido risuona per tutte le vie del cristianesimo: “Venite, rallegriamoci, il Salvatore è nato per noi – venite e adoriamolo“. E le brave persone, cristiane dal cuore semplice, tenendo per mano i loro piccoli, con gli occhi ancora corrucciati dal sonno, si dirigono verso la chiesa lungo i viali impolverati di neve, sotto le stelle, ricordando che un giorno uno di loro era spinto da parte dalla Mano divina per guidare i Magi all’umile presepe di Betlemme.
Venite, rallegriamoci“, notti della vigilia di Natale di ogni tipo: una notte come tante altre da cui Dio è assente. Senza dubbio pensano, nella loro solenne contemplazione, a quelle ore benedette fra tutti, sperperate in questa notte da tanti uomini.

A domani, per un’altro estratto!

Il prodigioso solstizio alla certosa di Miraflores

retablo con luz

Oggi, come ogni anno, in questa data con il “solstizio d’inverno”, comincia l’inverno astronomico che si concluderà il 21 marzo. Nel solstizio d’inverno, vi è la notte più lunga ed il giorno più corto dell’anno.

Come sapete cari amici, lo scorrere del tempo ed il relativo studio per la misurazione dello stesso, è stato da sempre un elemento essenziale dei padri certosini. Essi infatti dedicavano molto tempo alla scienza della gnomonica, al fine di realizzare strumenti che consentissero loro di misurare il tempo con la luce del sole. In passato vi ho proposto vari esempi di meridiane ed altri orologi solari in varie certose, oggi vi voglio parlare di ciò che accade nella certosa di Miraflores, a Burgos nel giorno del solstizio d’inverno.

Da 523 anni, quando arriva il giorno o il periodo del solstizio d’inverno, ovvero il 21 dicembre, nella chiesa della certosa di Miraflores, un fenomeno astronomico può essere osservato, ma di cosa si tratta esattamente?

Il fenomeno astronomico

Intorno al 21 dicembre e poco prima del tramonto, tra le 16:45 e le 17:15, un raggio di sole penetra attraverso il grande oculo che presiede la facciata del tempio e attraversa diagonalmente l’intera superficie del tempio. Il raggio di sole sale lentamente da sinistra a destra e, per alcuni istanti, si ferma alla grande ruota centrale degli angeli che presiede la pala d’altare.

Bisogna fare una premessa necessaria per poter comprendere del tutto quanto avviene e perchè. Innanzitutto soffermiamoci sugli elementi

Il grande oculo

La chiesa della certosa di Miraflores, fu costruita dall’architetto tedesco Juan de Colonia tra il 1454 e il 1484, anche se fu suo figlio Simón a completare i lavori nel 1488. Questi è considerato uno dei grandi geni dell’arte castigliana, artefice quindi anche dell’oculo della facciata anteriore della chiesa elemento importante del fenomeno in oggetto.

Il Retablo

Il sole, come dicevo, entrando dall’oculo attraversa, con i suoi raggi, l’intera chiesa per giungere ad illuminare per pochi minuti un punto preciso dell’altare maggiore.

Il cerchio di angeli (ruota angelica) che circonda il Cristo crocifisso della pala d’altare maggiore, il “retablo” capolavoro dello scultore Gil de Siloè e con policromia e doratura del pittore Diego de la Cruz, il quale utilizzò parte della prima spedizione d’oro che arrivava dall’America! In esso viene rappresenta la vita di Cristo, che viene mostrato crocifisso sulla grande ruota centrale circondato da angeli, da Dio, dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria. In cima alla croce c’è una figura peculiare, un pellicano, un uccello che metaforizza il sacrificio eucaristico perché in passato si credeva che nutrisse i suoi piccoli con ferite autoinflitte. Il tema di questa pala d’altare, commissionata dai monaci, è quindi la celebrazione dell’esaltazione eucaristica e redentrice.

La congiunzione degli elementi

Per ottenere la precisa congiunzione degli elementi che fanno funzionare questo meraviglioso fenomeno astronomico, ovvero il sole, la data e la posizione dell’apertura (oculo) attraverso il quale entra il raggio di luce che illumina il centro della pala d’altare al solstizio d’inverno, vi è stato uno studio approfondito ed un’innegabile complicità artistica tra l’architetto del tempio, Simón de Colonia, e lo scultore della pala d’altare, Gil de Siloè. Ovviamente alla base di ciò l’imprescindibile committenza monastica certosina, custode della evidente intenzionalità teologica di questo straordinario fenomeno astronomico.

Un altro dato importante è, che la pala d’altare fu inaugurata alla fine di dicembre 1499, in coincidenza con il tempo del solstizio, che ne indica il chiaro intento celebrativo. Il costo totale della pala d’altare, compresa la doratura e la policromia di Diego de la Cruz, ammontava a 1.015.613 maravedí, un costo molto alto per l’epoca!

L’osservazione

E’ possibile accedere nella certosa per poter ammirare questo fenomeno poichè nel 1923, la certosa venne dichiarato Monumento Storico Nazionale. Un vero Pantheon Reale a causa dell’imponente altare maggiore ed il sontuoso sepolcro di alabastro che custodisce le spoglie dei fondatori, Giovanni II di Castiglia e di Isabella di Portogallo e del figlio l’infante Alfonso. L’attività monastica ha saputo coesistere egregiamente con questo luogo di interesse storico e artistico, che risulta essere uno dei principali monumenti di Spagna, consentendo l’accesso ai visitatori nella Navata centrale della chiesa ed al chiostro i quali possono essere liberamente visitati.

Non è ancora molto diffusa la conoscenza di questo spettacolare fenomeno, in questo luogo, ma sempre in numero più crescente decine di visitatori si accalcano armati di smartphone o di reflex cercando di catturare, per godere e fotografare, lo straordinario momento in cui un raggio di sole della sera, penetrando attraverso la finestra circolare della facciata della certosa, illumina il Retablo per pochi minuti, regalando ai presenti una suggestiva e magica atmosfera.

retablo 2

Va detto, che recenti studi, sviluppati dalla Università Complutense di Madrid hanno rilevato che anche nel periodo del solstizio d’estate, il 21 giugno, si sviluppano particolari giochi di luce intorno al sepolcro reale. Con l’avanzare del sole al mattino, si accendono le figure dei quattro evangelisti che circondano la tomba a forma di stella a otto punte. Questo fenomeno raggiunge il suo apice, in coincidenza con il giorno di San Giovanni 24 giugno, patrono del monarca. L’intensità della luce permette in quei momenti una visione privilegiata di questo sublime complesso scultoreo gotico.

Le immagini che seguono, ed un breve video spero saranno eloquenti e compendiose di quanto vi ho descritto.

luce oculo

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luce oculo 3

luce oculo 4

retablo con luz

Un consiglio per un regalo

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Carissimi amici di Cartusialover ormai ci siamo, con l’approssimarsi delle prossime festività natalizie noi tutti saremo impegnati a scegliere un regalo per i nostri parenti ed amici. Per dimostrare loro, il nostro amore attraverso una piccola attenzione, possa esservi utile questo mio consiglio, un libro, atto a sviluppare la propria essenza spirituale attraverso la miniera inesauribile del sapere offertoci dalla spiritualità certosina.

Questa volta voglio suggerirvi un libro dell’amato certosino Dom Jean-Baptiste Porion, dal titolo “Scritti spirituali Amore e silenzio. La Santissima Trinità e la vita soprannaturale“. Una raccolta di testi di Dom Porion, che sapranno insegnarci come il silenzio ci aiuti a metterci in contatto con Dio.

«Essere certosino, non significa fare cose straordinarie, come immagina a volte la gente, bensì vivere nell’umiltà e nella calma senza cercare, pretendere e rifiutare niente. Le giornate dei certosini possono essere molto monotone e insignificanti; ma devono essere così poiché la nostra vita in se stessa non è nulla».

Dom Jean Baptiste Porion

Ringrazio l’editore Rubbettino, e voi che vogliate ascoltare il mio consiglio.

La lettura di questo libro risulterà davvero edificante, siatene certi! Vi allego il link dove poterlo acquistare online.

Dalla prima di copertina:

Il volume riunisce gli scritti principali di D. Jean-Baptiste Porion (1899-1987), autore certosino noto soprattutto per la sua opera principale Amore e silenzio, pubblicata per la prima volta nel 1941 con il titolo originale di Introduction à la vie intérieure e ripubblicata con il titolo attuale nel 1951, breve scritto che ha avuto una grandissima diffusione, tanto da essere annoverato tra i testi principali della spiritualità monastica contemporanea. Il Card. Journet, introducendone la prima edizione, scriveva: «Sembra impossibile dire in termini più semplici cose altissime. C’è in queste pagine la limpidezza del Vangelo». A questo primo scritto, più volte pubblicato in italiano e sempre andato esaurito, si aggiunge un’altra opera meno conosciuta e oggi introvabile: La Santissima Trinità e la vita soprannaturale; in essa l’autore riprende i temi della sua spiritualità alla luce di una rigorosa analisi teologica e antropologica. Composte nel silenzio della Certosa, queste opere aiuteranno tutti coloro che oggi aspirano a conoscere meglio il valore del silenzio e dell’interiorità, cercando la risposta in una sempre più autentica relazione con Dio.

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 32)

in chiesa

LIBRO 5

Riti e atti di vita certosina
CAPITOLO 32 

I riti della vita certosina

1 Chi entra nella famiglia certosina, al termine di una prima prova, viene accolta come novizia: ponendo le mani in quelle della priora, esprime la sua dipendenza ed entra nella comunità certosina; tutti la portano in cella o, se è una conversa o novizia data, in chiesa, per farle capire che la sua vita è essenzialmente consacrata alla preghiera. La professione, o a suo modo la donazione, è un impegno libero e personale: per questo si compie nell’emissione della formula della professione o della donazione. Prima di emettere i primi voti, il futuro professo indossa la cocolle del professo, che simboleggia la conversione della morale e la consacrazione a Dio; prima dell’atto irrevocabile della professione solenne, ha esortato le sue sorelle ad aiutarla con la preghiera. (St 36,1) È la priora che accoglie le monache nelle diverse tappe. Ma il vicario può anche pronunciare una predica se lo ritiene opportuno.

Accoglienza di una novizia del chiostro

2 La postulante, al termine della sua prova, viene presentata alla comunità nel giorno stabilito (cfr 11,9). In precedenza compila e firma un questionario le si chiede se ha emesso la professione in un altro istituto religioso, se è libera dai vincoli del matrimonio, se ha qualche difetto del corpo o della mente che è di ostacolo alla professione religiosa e se ha nessun debito. Deve sapere che se nasconde qualcosa mentre risponde al questionario può essere licenziata (estromessa), anche dopo la professione. (St 36.2)
3 Un altro giorno, essendo tutta la comunità riunita in capitolo, la postulante si prostra per chiedere misericordia. La priora la invita ad alzarsi; dice poi il postulante: Chiedo, per amore di Dio, di essere ammesso in libertà vigilata sotto l’abito monastico, come il più umile servitore di tutti, se voi, mia madre, e la comunità lo ritenete opportuno. Poi la priora le spiega il tipo di vita che desidera abbracciare. (St 36.3)
4 Se la postulante risponde che, confidando unicamente nell’amore di Dio e nella preghiera delle sue sorelle, intende soddisfare tutto questo nella misura in cui la bontà divina le concederà, la priora la informa che prima della professione potrà ritirarsi liberamente e che, da parte nostra, conserveremo la libertà e il diritto di rimandarla indietro, se, dopo aver esaminato la cosa davanti a Dio, non la riterremo adatta al nostro modo di vivere. Poi, se la postulante dà il suo assenso, si inginocchia ai piedi della priora e pone le mani giunte nelle sue; la priora, in nome di Dio e dell’Ordine, in nome proprio e in quello delle sorelle, l’accoglie nella comunione dell’Ordine. Poi la novizia riceve il bacio della pace, prima dalla priora, poi da tutte le altre monache. (St 36.4)
5 Lo stesso giorno, se possibile, la postulante veste l’abito in privato; poi all’ora stabilita, in chiesa, va al limite del presbiterio dove si prostra e prega. La comunità si inginocchia nelle forme, in coro, e canta il verso: Veni, Sancte Spiritus. Poi tutti si inchinano alle misericordie, e il vicario, vestito con la cocolle ecclesiastica e la stola bianca, dice un versetto e aggiunge una preghiera. Dopodiché, tutti conducono la novizia nella sua cella cantando i Salmi 83, 131 e 50. Se bastano uno o due salmi, non si dirà altro. Indossando la stola, la priora cammina per prima, accompagnata dalla novizia; poi viene la cellaria o un’altra suora che porta l’acqua santa, poi la comunità, la più anziana in testa. Arrivata alla porta della cella, la priora asperge la novizia e la cella dicendo: Possa la pace del Signore…; prende per mano la novizia, la fa entrare e la conduce all’oratorio. La novizia si inginocchia lì e prega. Quando la comunità ha terminato la salmodia, si recitano le preghiere indicate nel rito. Finite queste preghiere, la priora ingiunge alla novizia di seguire fedelmente la vita della cella e le altre osservanze del nostro Ordine; così, nella solitudine e nel silenzio, nella preghiera assidua e nella gioiosa penitenza, la novizia si renderà disponibile solo a Dio. Poi la priora la affida alla maestra delle novizie. (St. 36.5)

monaca e acquasantiera

Zelo per l’Ufficio Divino

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Cari amici, il testo che vi propongo oggi, è stato realizzato da “un certosino“, il quale ha voluto esternare lo zelo con cui impegnarsi per l’Ufficio Divino. Il contenuto ci mostra l’abnegazione e la totale attrazione, verso il tempo dedicato a lodare Dio, questo testo si conclude come una vera e propria preghiera. Davvero sublime!

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Sono in uno stato in cui non ho obbligo più grande di benedire il tuo santo nome, o mio Dio; quanto è felice e glorioso il mio destino in questo mondo! Essere Supremo, che desidera essere adorato in spirito e verità, purifica il mio cuore, perché i miei peccati me lo rendono! Indegno di alzare la mia voce al tuo trono, ma lascia che un peccatore benedica le tue misericordie con tutta l’effusione del suo cuore. Le tue lodi non saranno solo sulle mie labbra; il mio spirito sarà impregnato delle tue infinite perfezioni mentre reciterò i santi Cantici, che mi ricordano la tua potenza e i tuoi benefici. Allontanatevi, pensieri estranei, distrazioni sgradite. Che tutti i poteri della mia anima manifestino la gloria del Creatore sovrano. Possano tutti i miei sensi essere nel ricordo più profondo quando i miei desideri sono offerti al Signore. Se il tempo trascorso con un amico mi sembra molto breve, come potrei trovare troppo lungo il tempo destinato a lodare un Dio così misericordioso nei miei confronti? Felice se potessi morire celebrando l’ufficio; alla sera, al mattino, nel mezzo della giornata, pronuncerò le lodi dell’Altissimo e tu mi ascolterai, Signore, nelle tue misericordie (Sal 54; ). Sosterrò il coro secondo il mio grado di Forza; Interromperò perfino il mio sonno per circondarne i vostri altari: “Media nocte surgebam ad confitendum tibi” PS. 118.

Ti cercherò durante la notte come uno dei tuoi Profeti: “ Anima mea desideravit te in nocte“. Isaia 26.
Che è vantaggioso e onorevole per un solitario; mentre tutte le creature stanno in silenzio, entrare nel tuo santuario per cominciare da questo giorno questa lode continua, che non sarà mai interrotta dalle vicissitudini dei giorni e delle notti. Quanti misfatti commessi nelle tenebre, e di cui tu sei testimone, giudice sovrano di tutti gli uomini, che vede nel loro cuore tutto ciò che accade più segretamente! Che le mie deboli lodi disarmino, se possibile, la tua ira. I Solitari hanno il compito di intercedere per i popoli. Non rispondereste più alla mia vocazione se trascurassi queste sante veglie praticate con tanto affetto da coloro che mi hanno preceduto nella stessa prescrizione; il sonno umilia l’uomo, lo rende simile agli animali; la tua lode ci unisce agli spiriti celesti: “In conspectu angelorum psallam tibi deus meus“. Felice segnale che colui che mi strappa dal torpore e mi richiama, per così dire, alla vita e dall’ombra della morte deve adorare colui che mi ha vegliato nel tempo del mio riposo. Possano queste ore trascorse la notte ai piedi dei tuoi altari aiutarmi a ricucire queste conversazioni che durante il giorno sono state troppo prolungate. Le stelle che irrompono nel firmamento mi portano a lodare colui dal quale ricevono il loro splendore. Riaccendi i miei sensi, o mio Dio, affinché io possa renderti continuamente il culto che è dovuto alla tua suprema grandezza.

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Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 31)

capitolo

CAPITOLO 31

Statuti

1 Ascoltiamo, in questi Statuti, gli insegnamenti dei nostri padri, rinnovati e adattati al nostro tempo; non cessare di meditarli. Non abbandonarli, ed essi ci custodiranno; amali e saranno la nostra sicurezza. Vi troveremo la forma e per così dire il sacramento della santità a cui Dio intende ciascuno di noi. È lo Spirito, però, che dona la vita e ci invita ad andare oltre la lettera. Perché questi Statuti hanno il solo scopo di farci camminare, guidati dal Vangelo, sulla strada che conduce a Dio, e di farci scoprire l’immensità dell’amore. (St. 35.1)
3 Per i punti non specificati negli Statuti, le priore sono libere di fissare la linea da seguire, purché non sia contraria agli Statuti. Ma non vogliamo che in questa occasione, come in qualsiasi altra, le priore cambino sconsideratamente i costumi delle case, quando sono buone e religiose. Tuttavia, le consuetudini domestiche non possono mai prevalere sugli Statuti. (St 35.3)
5 Se tuo fratello ha sbagliato, dice il Signore, va’ a parlargli da solo e mostragli il suo torto. Tuttavia, richiede un’umiltà molto profonda e molto tatto; la correzione sarebbe anche dannosa se non venisse da una carità pura e disinteressata. In cambio, ciascuno di noi deve, in tutta umiltà, desiderare la correzione. Per il resto, sarebbe saggio, in generale, lasciare il compito di ammonimento alla priora, alla subpriora o alla cellaria, che lo assolverà secondo il proprio giudizio e le indicazioni della propria coscienza. (St. 35.5)
7 Le monache avranno un atteggiamento di responsabile obbedienza verso gli Statuti, sottomettendosi non per farsi vedere e per piacere agli uomini, ma con cuore aperto, per rispetto di Dio. Devono sapere che un’esenzione ottenuta senza giusta causa non ha valore. Accoglieranno anche con dolcezza gli insegnamenti e gli avvertimenti dei loro anziani, specialmente della priora che è per loro la rappresentante di Dio, e li metteranno in pratica. Se sbagliano, per debolezza umana, non resisteranno ostinatamente alla correzione, per paura di dare una presa al diavolo; ma piuttosto ritorneranno, per la via difficile dell’obbedienza, al Dio da cui il nostro primo padre si separò per la via facile dell’indolenza. (St 35.7)
8 Alla vista di tutti i benefici che Dio riserva a coloro che Egli chiama nel deserto, rallegriamoci con nostro padre san Bruno: perché abbiamo ricevuto la grazia di raggiungere la tranquillità di un porto nascosto, dove siamo invitati a gustare qualcosa dell’incomparabile splendore del Sommo Bene. Esultiamo dunque per il nostro felice destino e per la munificenza di Dio verso di noi. Rendiamo grazie incessantemente a Dio Padre, che ci ha resi degni di condividere nella luce la sorte dei santi. Amen. (St 35.8)