Genio e santità
Tu credi che la conoscenza, che è frutto dello sforzo umano (anche dettato dall’amore più puro), condizioni l’amore, e quindi la santità. Tuttavia, non lo è. Perché questa conoscenza è frutto del genio, che nulla ha a che fare con la classificazione celeste. L’amore che spingeva il grande spirito di sant’Agostino a penetrare in Dio, oggetto amato, e l’amore che animava il Curato d’Ars verso la stessa meta non si differenziano per il risultato della penetrazione intellettuale a cui sono giunti, ma per un certo slancio iniziale che era il movimento dello Spirito Santo in loro. Ora, in chi questo movimento era il più forte? Non lo sappiamo: dipende dal divino motore, lo stesso spirito santo. In altre parole, la santità non sta nel risultato dell’intelligenza che dipende dai doni intellettuali ricevuti, ma nell’unione con la Verità che spinge interiormente le anime a conoscerla. E questa unione con la Verità è il fatto dell’amore, non della conoscenza. Anche la tua formula: “Tra due santi è quello che più sa, che ama di più e che è il più santo” dovrebbe essere ribaltata. Si dovrebbe dire: “Tra due santi, è quello che ama di più quello che sa di più”. Ma questa conoscenza non è quella del genio, è quella dello spirito santo. Sono due conoscenze diverse. Del resto non ho difficoltà ad ammettere che sant’Agostino le possedeva entrambe in misura eminente.
Il nostro silenzio non è vuoto e morte
Il nostro silenzio non è vuoto e morte; al contrario, deve avvicinarsi e avvicinarci alla vita piena. Rimaniamo in silenzio perché le parole con cui le nostre anime desiderano vivere non sono espresse in parole della terra. Ed è anche il segreto dell’intima sofferenza che senti dentro di te e che ti lega a noi. La tua sofferenza è buona; conservalo preziosamente. Dice al buon Dio molto meglio delle parole il bisogno che la tua anima ha di Lui. Soffri della sproporzione che vedi tra ciò che sei e ciò che è lui. Un cuore che non ne soffre è molto piccolo. Ma questa sofferenza attenua la sproporzione. È lo sforzo che tende verso di Lui e verso di Lui ci eleva. A questo sforzo è promessa la grazia: Humiliabus dat gratiam. È alla vera umiltà; e questa è la ragione di tutte le grazie che hai ricevuto, che sono molto più grandi di quanto pensi. L’umiltà riconosce queste grazie; è vero solo se li riconosce: Quid habes quod non accepisti? (“Che cosa hai che non hai ricevuto”). San Paolo non dimentica l’habes, noi non dobbiamo dimenticarlo mai. Ma ricorda che questa ricchezza si riceve: accepisti. Ciò che hai ricevuto è pegno di ciò che riceverai. Alla tua miseria, che è bello vedere, aggiungi sempre la misericordia (miseria et cor) che si china verso di essa per sollevarla.
La vita profonda, una pace fondata sulla fede nell’amore
Se! Se! Abbiamo trovato la nostra vera vita profonda e dobbiamo attenerci ad essa. Questa vita profonda è una pace immensa basata sulla fede nell’amore. Crediamo che l’amore infinito (notiamo e scaviamo in questa parola “infinito”, senza limiti) ci ha visti da tutta l’eternità, ci ha amati, ci ha voluti, ci ha dato l’essere e la vita, ce li conserva, dirige tutti i nostri passi , ci avvolge costantemente e ovunque con la vigilanza del padre e della madre, ci offre in ogni momento tutti i mezzi più sicuri per unirci a Lui. Crediamo che le nostre debolezze, le nostre miserie spirituali, i nostri ostacoli e le nostre difficoltà non possono impedire questa unione, ma, al contrario, se ne serve Lui stesso per la realizzazione dei suoi disegni di tenerezza. Questa è la verità che deve essere luce della nostra vita e cammino di unione: Ego sum Via, Veritas et Vita. E poi, se un giorno Egli verrà a bussare alla porta della nostra anima così disposta, improvvisamente, in forza di questa disposizione abituale, risponderemo: Ecce ego (“Eccomi!”) e ci metteremo in cammino. Qualsiasi preoccupazione prima di quel momento non è necessaria e diminuisce il nostro slancio. Togliamo dunque spietatamente i dubbi dal cammino della nostra vita, e sostituiamoli subito non appena si presentano, con l’atto della fede nell’amore. Si noti che questo atto di fede non è il sentimento della fede. La fede e il sentimento della fede sono due cose distinte: la prima è essenziale e dipende da noi oltre che dalla grazia. Il secondo (sentimento) è un dono di Dio, indipendente dalla nostra volontà. Quando lo concede, rallegriamoci e lo ringraziamo. Quando lo rifiuta, non preoccupiamoci: chi rifiuta è pur sempre amore, e solo la sua tenerezza detta questo rifiuto. Credici e avremo la pace, anche quando non sentiamo di averla.
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