Proseguono le domande del certosino giornalista a San Bruno in questa immaginaria intervista. Apprezziamo la domanda e la risposta esaustiva sul tema dell’obbedienza.
“Sull’obbedienza”
CG – Padre S. Bruno, la nostra vita certosina, come lo sai, è costruita sull’obbedienza di Gesù. Pertanto, deve essere eseguita in obbedienza. Accade, però, che in questi tempi in cui devo vivere si parla e si scrive molto sull’obbedienza – e non sempre a suo favore. Vorrei sapere la tua opinione su questo argomento. Vuoi dirmi qualcosa su questo?
SB – Se ricordi bene, nella mia Lettera ai monaci certosini ho spiegato il mio pensiero sull’obbedienza a tutti voi e non ho nascosto la mia soddisfazione e la mia gioia nel conoscere la perfezione con cui era vissuta dai Fratelli di quella prima Comunità, alcuni dei quali ho conosciuto. Attualmente, come cittadino del Regno di coloro che con la loro obbedienza cantano la vittoria, continuo a pensare la stessa cosa. Non ignoro come, proprio perché così “flagellata”, l’obbedienza sia trattata dal vostro mondo attuale e nè ignoro la svolta spettacolare avvenuta nella concezione dell’obbedienza.
È vero, figlio, qui siamo informati che quel modo di sentire, pensare e agire secondo il quale la legge era espressione della volontà di Dio, è per molti inaccettabile e impraticabile. E sappiamo anche che si menzionano tanti fattori interni ed esterni all’ambito ecclesiale e religioso, fattori preconciliari, conciliari e postconciliari, con i quali si vuole giustificare la “rottura” di quella mentalità sull’obbedienza.
E affinché tu veda che ne siamo consapevoli – e lo siamo perché noi che siamo stati Fondatori in questo mondo, seguiamo con interesse tutto ciò che riguarda la vita religiosa, poiché resta nostro compito assicurarne la conservazione e la purezza –, so che siamo stati opportunamente informati sul tema delle rivoluzioni sociali che hanno modificato i rapporti umani; e sulla discesa delle gerarchie e l’ascesa dell’uguaglianza umana nei diritti e nei doveri; e sulle scienze antropologiche, psicologiche e sociali che rendono più viva la coscienza del valore dell’uomo; e sulle nuove chiavi ermeneutiche per vivere i tuoi voti; e sul passaggio dal sistema oligarchico a quello democratico, dall’extero-tipizzazione (modelli esterni) alla rilevanza della soggettività, e dall’eteronomia all’autonomia…
Come vedi, anche in Paradiso siamo informati delle cose della terra: tanti cambiamenti, tante alterazioni, tante nuove parole…; ma «la parola del Signore è per sempre» (Sal 118,89).
E, come puoi immaginare, il tuo Padre e Fondatore continua a pensare all’obbedienza alla luce di quel “Verbo” “per mezzo del quale tutto è stato fatto” e che, nonostante ciò, “si è fatto obbediente fino alla morte, fino alla morte di croce”. E se sei in grado di ricevere la confidenza di un padre, ti dirò che non desidero altro che i miei figli continuino a vivere l’obbedienza nello stesso modo in cui gli ho insegnati e che non prestino attenzione a nessuna delle nuove dottrine sull’obbedienza, se non sono conformi all’obbedienza di Cristo e della Chiesa.
Tornando dunque al punto di partenza, ti ho detto che ero profondamente contento dell’obbedienza dei miei monaci, perché vedevo in essa una manifestazione gentile della misericordia di Dio sulle loro anime. Infatti l’obbedienza, come perfetta imitazione di Cristo obbediente, come sua continuazione nel mondo, non è solo opera dell’uomo; è soprattutto opera di Dio nel cuore di quell’uomo che si è donato al suo amore; è una grazia concessa a coloro che sinceramente lo amano, lo servono e lo cercano.
Sì, un’opera di Dio. Perciò vi ho detto: “L’anima mia esalta il Signore, perché ha visto la grandezza della sua misericordia verso di voi…Mi rallegro che, essendo privi della conoscenza delle lettere, il potente Dio incide con la sua mano sui vostri cuori non solo l’amore, ma anche la conoscenza della sua santa legge. Con le vostre opere dimostrate ciò che amate e ciò che conoscete, quando praticate con ogni diligenza e cura la vera obbedienza, che consiste nell’eseguire i precetti di Dio ed è la chiave e il sigillo di ogni disciplina spirituale…È chiaro così che raccogliete il frutto l’infinitamente dolce e vitale di ciò che Dio scrive in voi” (Lettera ai monaci).
Così, quei monaci della prima Certosa manifestarono il compimento della parola del Signore: «Metterò la mia legge nei loro animo e la scriverò nei loro cuori» (Ger 31,33).
Ho voluto accennarvi non solo la legge ma anche la forza della legge, l’amore: “Amore e conoscenza della sua santa Legge”, che lo Spirito Santo ha scritto nel cuore di coloro che non sapevano né leggere né scrivere.
CG – Cosa gli volevi dire con quello?
SB – Semplicemente, per comunicarvi la mia intima persuasione che la vera obbedienza, manifestata attraverso le opere, può scaturire solo da un cuore formato, animato dall’amore di Dio e da esso guidato.
Perché è opera del Dio che abita nei cuori, “il frutto dell’obbedienza è infinitamente dolce e vitale”. Dolce perché l’amore rende dolce tutto ciò che si fa per amore; Vitale perché l’amore infonde vigore e vita in tutto ciò che fa, in tutto ciò che tocca. “Mettete amore dove non c’è amore e attingerete amore da tutto”, vi ha detto Giovanni della Croce.
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