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NEWS: E’ online il nuovo sito ufficiale della certosa della Trasfigurazione

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Cari amici Cartusiafollowers, è con immenso piacere, che diffondo la notizia di questa novità che voglio condividere con tutti coloro che mi seguono su questo blog. Sono lieto di annunciarvi un nuovo sito ufficiale dell’Ordine certosino, riguardante la certosa statunitense della Trasfigurazione. Raggiungibile al seguente indirizzo: https://carthusiansusa.org/ 

In esso sarà possibile scorgere contenuti inediti, come testi, ed immagini molto accattivanti delle attività quotidiane della comunità monastica.

La decisione presa dai vertici dell’Ordine, credo sia in linea con quello che io ho percepito in questi anni. In un’epoca, dove la società è fortemente minata nelle fondamenta risultando impoverita, i giovani hanno voglia e desiderio di cercare Dio attraverso una vita semplice basata sulla ricerca dell’essenziale. Pertanto entrare in comunicazione con le nuove generazioni, attraverso un nuovo accattivante sito internet, credo sia una scelta encomiabile, poiché potrà consentire ai giovani di entrare in contatto diretto con l’Ordine certosino, ritenuto apparentemente quasi etereo. La mia umile speranza è che Cartusialover abbia potuto contribuire, sia pure in misura impercettibile, ad innescare, quel volano presso tutti coloro che frequentando questo blog, siano stati incuriositi, attratti e spinti a conoscere meglio il mondo certosino. Se ciò è realmente accaduto, confido che accada ancora in futuro e ne sarei gratificato poichè ciò rappresenterebbe per me il raggiungimento completo del mio obiettivo. Il link del nuovo sito, da oggi verrà riportato nel blogroll sulla colonna di destra. Possa San Bruno benedire questa lodevole iniziativa, che dovrà contribuire a consolidare per molti altri secoli la già quasi millenaria e straordinaria storia certosina.

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Celebrando il beato Niccolò Albergati

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Oggi 10 maggio, si celebra la memoria del beato Niccolò Albergati, insigne figura dell’ordine certosino e della Chiesa.
Voglio celebrarlo, proponendovi la narrazione del soggetto della foto del dipinto che ho allegato in questo articolo. La tela attribuita ad Ercole Graziani, raffigura il beato certosino Niccolò Albergati che appare in sogno a Tommaso Parentucelli da Sarzana, predicendogli il pontificato, il quadro proveniente da una delle cappelle laterali, è oggi esposto nella sacrestia della certosa di Bologna.

Ma chi era Tommaso Parentuccelli?

Il certosino Niccolò Albergati, una volta eletto vescovo della città di Bologna, volle accanto a sè il giovane sarzanese il quale si era distinto per le sue conoscenze culturali e per le capacità oratorie e dialettiche. L’incontro con l’Albergati segnò profondamente la vita di Tommaso, facendogli ampliare la preparazione. Lo stesso vescovo lo ordinò sacerdote, nel 1423, diventando segretario del certosino nonchè consigliere, ciò proietterà Tommaso Parentucelli tra i grandi protagonisti della politica e della diplomazia pontificia. Dopo la nomina nel 1426 a cardinale di Niccolò Albergati, Tommaso lo seguirà nelle numerosi missioni diplomatiche e fino alla morte, avvenuta a Siena il 9 maggio del 1443, succedendogli come vescovo di Bologna. Il rapporto tra i due fu intenso e fatto di amicizia e collaborazione, il Parentuccelli condivise con l’Albergati sia la visione ascetica certosina sia i gravosi impegni dell’attività diplomatica del cardinale.
L’episodio raffigurato nel dipinto accadde dopo la morte del certosino, che appare in sogno a Tommaso Parentuccelli predicendogli quanto sarebbe accaduto a breve. Infatti egli fu eletto pontefice dal collegio cardinalizio in conclave a Roma il 6 marzo 1447 ed incoronato il 19 dello stesso mese, Tommaso Parentucelli scelse il nome di Niccolò V per onorare la memoria del suo protettore e amico, il Cardinale Niccolò Albergati.
Di questo episodio della profetica apparizione in sogno, vi allego un’altro dipinto conservato alla certosa di Firenze e realizzato dal pittore Giuseppe Sacconi, a testimonianza di come il futuro pontefice Niccolò V era memore e testimone di quanto accadutogli.

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I due video che seguono potranno meglio farvi comprendere la straordinaria figura del beato certosino, che ho voluto celebrare insieme a voi.

ORAZIONE

O Dio, luce e pastore dei credenti, che hai chiamato il beato Nicolò Albergati dalla solitudine orante al ministero apostolico a illuminare il tuo popolo con la parola e la testimonianza della vita, concedi a noi di custodire fedelmente la sua eredità sotto la guida di Maria, provvida stella sul nostro cammino. Per il nostro Signore.

Amen

Lettera di Santa Caterina da Siena a Dom Guglielmo Priore Generale dell’Ordine della Certosa

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Cari amici, nel precedente articolo riguardante il Padre Priore Generale Dom Guillaume Raynaldi, vi ho menzionato una lettera da lui ricevuta da Santa Caterina da Siena. Molte furono le missive che la santa inviò ai certosini, come vi ho in passato testimoniato da questo blog. A seguire il testo dell’epistola numero LV.

LV

Al venerabile religioso Dom Guglielmo Priore Generale dell’Ordine della Certosa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e reverendo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi bagnato e annegato nel sangue del Figliuolo di Dio: considerando io che la memoria quando s’empie del sangue di Cristo crocifisso, incontinente lo intelletto si volge aragguardare in essa memoria; dove egli trova il sangue, vedevi il fuoco della divina carità, amore inestimabile, intriso ed impastato col sangue; perocchè per amore fu sparto e donato a noi. La volontà va subito dietro allo intelletto, amando e desiderando quello che l’occhio dell’intelletto ha veduto; e però subito leva l’affetto e l’amore suo nell’amore di Cristo crocifisso, il quale amore trova nel sangue, come detto è. Allora l’anima s’annega in esso sangue, cioè che annega e uccide ogni sua perversa volontà sensitiva, la quale ribella spesso al suo creatore, e ogni amore proprio di sè medesimo gitta fuore di sè, e vestesi dell’eterna volontà di Dio; la quale volontà l’anima ha gustata e trovata nel sangue. Perocchè il sangue gli rappresenta che Dio non vuole altro che la sua santificazione: chè se egli avesse voluto altro, non arebbe Dio datoci il Verbo dell’unigenito suo Figliuolo.

E però vede bene, che ciò che Dio permette in questa vita all’uomo, non permette per altro fine. Ogni cosa che ha essere, vede che procede da Dio: e però neuna cosa che addiviene, nè tribolazioni nè tentazioni nè ingiurie nè strazii nè villanie, nè di veruna altra cosa che addivenire gli potesse, non si può nè vuole turbare; ma è contenta, ed halle in grande riverenzia, considerando che le vengono da Dio, e date sono a noi per grazia di bene, per amore e non per odio. Adunque non si può lagnare nè dee lagnarsi, perché si lagnerebbe del suo bene proprio; la qual cosa non è costume dell’anima vestita della dolce volontà di Dio, di lagnarsi di veruna cosa che addivenire gli potesse, se non solo della offesa di Dio. Diquesto si duole e dee dolere, perché vede che è contra alla sua volontà. E però il peccato è degno d’odio, perché non è da Dio, e però non è niente. Ogni altra cosa che in sè ha essere, è da Dio; e però l’anima innamorata di Cristo l’ama ed ha im reverenzia. Quest’anima non vede sè per sè, ma vede sè per Dio, e Dio per Dio, inquanto è somma ed eterna bontà, degno d’essere amato; ed il prossimo per Dio e non per propria utilità. Questa non elegge il tempo nè stato a suo modo, nè fadiga nè consolazione; ma secondo che piace alla divina Bontà, riceve con affetto d’amore. In ogni cosa trova diletto; perché colui che ama, non puo trovare pena affliggitiva.

Nelle battaglie gode; se egli è perseguitato dal mondo, egli si rallegra; se egli è suddito, con grande allegrezza e pazienzia porta il giogo della obedienzia; se egli è prelato, con pazienzia porta e sopporta i difetti de’ suoi sudditi, cioè ogni persecuzione che ricevesse o ingratitudine che trovasse in loro verso di sè. Disponsi alla morte per divellere le spine de’ vizi, siccome buono ortolano; e piantare le virtù nell’anime loro, facendo giustizia realmente, condita con misericordia. Non si cura della pena sua, non schifa labore, ma con grande letizia porta. Non vuole perdere il tempo che egli ha, per quello che non ha; perché alcuna volta vengono cotali cogitazioni e battaglie nel cuore.

Se tu non avessi questa angoscia e fadiga della prelazione, potresti meglio avere Dio nella pace e quiete tua. E questo fa il dimonio, di ponergli innanzi, al tempo della pace, per farlo stare in continua guerra. Chè colui che non pacifica la volontà sua nello stato che Dio gli ha dato, sta sempre in pena, ed è incomportabile a sè medesimo: e così perde l’uno tempo e l’altro; che non esercita il tempo della prelazione, e quello della quiete non ha; e così abbandona il presente e l’avvenire. Non è adunque da credere alla malizia sua; ma è da pigliare quello che egli ha, vigorosamente; siccome fa l’anima vestita della volontà di Dio detta di sopra, che fa navigare in ogni tempo; così nel tempo della fadiga come in quello della consolazione: perché egli è spogliato dell’amore proprio di sè medesimo e d’ogni tenerezza e passione sensitiva, onde procede ogni male e ogni pena. Chè avere quello che l’uomo non vuole, è una via onde esce la pena. E, vestito della eterna volontà di Dio e non della sua, èssi fatto una cosa con lui; per affetto d’amore è fatto giudice della eterna volontà di Dio, vedendo, giudicando e tenendo, che Dio non vuole altro che la nostra santificazione. E però ci creò alla imagine e similitudine sua, perché fussimo santificati in Lui, godendo e gustando l’eterna sua visione; avendolo veduto e cognosciuto coll’occhio dell’intelletto nel sangue di Cristo crocifissoche fu quello mezzo che ci manifestò la verità del Padre eterno. O glorioso sangue che dài vita, che lo invisibile ci hai fatto visibile; manifestato ci hai la divina misericordia, lavando il peccato della disobedienzia con la obedienzia del Verbo, ond’è uscito il sangue.

Orsù, per l’amore di Cristo, bagnatevi, bagnatevi (e state in continua vigilia ed orazione, carissimo padre, vegliando con l’occhio dell’intelletto) nel sangue. Allora veglierà (per fame e sollicitudine dell’onore di Dio e salute delle anime) sopra i sudditi vostri. A questo modo arete la continua orazione, cioè il continuo santo desiderio. Questo vi è necessario a voi per conservare la salute vostra nello stato che voi sete. Poichè Dio v’ha posto nello stato della prelazione, non vi conviene essere negligente nè timoroso; nè ignorante, andare con gli occhi chiusi. Però vi prego che siate affamato, imparando dall’Agnello svenato e consumato per voi, che con tanto diletto e fame dell’onore del padre e salute nostra, corse all’obbrobriosa morte della croce. Avete Subietto dunque: chè Dio v’ha rappresentato e posto dinanzi il Verbo dell’unigenito suo Figliuolo, e il sangue, per tôrre ogni timore e negligenzia e cechità d’ignoranzia. E se voi dite: «io sono ignorante e non cognosco bene me, non tanto che quello che io ho a fare per. li sudditi»; E e io vi rispondo che, avendo fame dell’onore di Dio, quello che voi non aveste per voi, Dio adopererà in voi quello che bisognerà per la salute delli sudditi vostri.

Abbiate pure fame e desiderio. E non veggo però, che questa fame si possa avere senza il mezzo del sangue: e però vi dissi che io desideravo di vedervi bagnato e annegato nel sangue di Cristo crocifisso. Perché nel sangue si perde l’amore della vita propria, di quello amore perverso che l’uomo ha a sè medesimo; il quale amore non lassa fare giustizia, per timore di non perdere lo stato, oper condescendere e piacere più agli uomini che a Dio; non lassa fare i prelati secondo la volontà di Dio. Nè a buona coscienzia; ma secondo i piaceri e pareri umani si fanno; che è quella cosa che ha guastato e guasta l’ordine. Come è di non correggere e di fare i prelati non corretti, ma incorretti e indiscreti. Chè il cattivo prelato guasta i sudditi, siccome il buono gli racconcia. E tutto questo procede dall’amore proprio di sè. Nel sangue di Cristo si perde questo amore; e acquistasi uno amore ineffabile, vedendo che per amore ci ha data la vita per ricomperare questo figliuolo adottivo dell’umana generazione. Quando si vede tanto amore, con l’amore trae l’amore, levando l’affetto e il desiderio suo ad amare quello che Dio ama, e odiare quello ch’egli odia. E perché vede che sommamente Dio ama la sua creatura che ha in sè ragione, però l’anima concepe uno amore nella salute delle anime; che non pare che se ne possa saziare. Odia i vizi e i peccati, perché non sono in Dio; ed ama le virtù in loro per onore di Dio. Per questo ne perde la negligenzia e diventa sollecito; e perde l’amore del corpo suo, e vuolsi dare a mille morti, se tanto bisogna. Perde la cechità, e ha riavuto il lume, perché s’è tolta la nuvola dell’amore proprio, e posto il sole dell’amore divino della ardentissima carità, il quale gli ha consumato in sè ogni ignoranzia. E tutto questo ha tratto dal sangue.

O glorioso e prezioso sangue dell’umile e immacolato Agnello! Or qual sarà quello ignorante e duro che non pigli il vasello del cuore, e con affetto d’amore non vada al costato di Cristo crocifisso, il quale tiene e versa l’abbondazia del sangue? Dentro in sè troviamo Dio, cioè, la natura divina unita con la natura umana; troviamo il fuoco dell’amore che per l’apritura del lato ci manifesta il secreto del cuore, mostrando che con quelle pene finite non poteva tanto amore mostrare, quanto il desiderio e la volontà sua era maggiore, perché non era comparazione della pena finita sua all’amore infinito. Or non tardiamo più, carissimo padre; ma con perfetta sollecitudine, questo punto del tempo che Dio v’ha serbato, e specialmente ora che ne viene il tempo del Capitolo, dove si veggono più i difetti, siate sollicito a punirli; acciocchè il membro corrotto e guasto non guasti il sano; facendone giustizia sempre con misericordia. E non vi movete leggermente; ma vogliate cercare e investigare la verità per persone discrete e di buona coscienzia. E sempre quello che avete a fare, fate col consiglio divino, cioèper la santa orazione; e poi col consiglio umano, che è pure divino, dei buoni e cari servi di Dio. E sempre vogliate vederveli dallato, che sieno specchio di religione. E sopra tutte le altre cose che io vi prego che attendiate,si è, di fare buoni priori, che sieno persone virtuose e atte a reggere. Chè sono molti che sono buoni in loro, e non sono buoni a governare: e cossì guastano le religioni; e per lo contrario si racconciano. Quando trovate de’ buoni, conservateli. Non timore, per l’amore di Cristo crocifisso! Son certa che se voi vi bagnerete nel sangue suo per affetto d’amore e annegheretevi dentro ogni propria volontà consumandola nella eterna volontà di Dio, la quale troverete nel sangue; voi farete questo ed ogni altra cosa che bisognerà, per voi e per loro.

Altro non dico. Perdonate alla mia ignoranzia. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

Silenzio certosino 12

Silence c

Devi amare ciò che rimane
L’intelligente e il felice sono gli unici che non vengono coinvolti nel processo. Per loro, nessun crepacuore. Il movimento in avanti gli si addice, perché vogliono solo la fine. Gli altri sono sempre presi da qualche indumento, ed è il loro cuore che è questo indumento. Quindi è la rottura perpetua. Ciò non significa che non dovresti amare nulla. No: bisogna amare e amare tanto, ma bisogna amare quel che resta e bisogna amare in vista del ricongiungimento nel paese dove si vive.
Cammina sulle orme di Dio
Mi congratulo con te per esserti interessato a tutte queste domande. Li studiamo a lungo prima di realizzarli. Ma (almeno per noi) difficilmente ce ne rendiamo conto senza averle studiate. Lo studio rivela che li amiamo… e quando li amiamo, il buon Dio dona prima o poi di viverli. Ricorda “prima o poi”. Non abbiate fretta. La strada per andare veloci, in questi ambiti della vita, è andare piano… o meglio, andare al passo di Dio, che lui stesso non ha fretta. La vita è un viaggio. Se camminiamo, se siamo in movimento, va tutto bene. Ciò che il buon Dio non sopporta e ciò che è davvero intollerabile sono le anime ferme, o perché inerti per natura, o perché convinte di aver raggiunto la vetta oltre la quale non c’è nulla.
La vita, un’ascesa in alto, non un riposo in alto
Un giorno probabilmente sarai sorpreso e saremo tutti lì che le tue ore meritorie erano quelle in cui pensavi di non fare niente di buono. Immaginiamo troppo che, per essere virtuosi, non dobbiamo più soffrire o lasciarlo vedere. Quella, vedi, è la cima della montagna. I grandi santi ci sono arrivati… non in un giorno. Ma noi non siamo i grandi santi… E anche loro avevano e si prendevano il diritto di lamentarsi; Nostro Signore il primo ha dato l’esempio durante la sua agonia. Nessuno si sogna di incolparlo per questo. Quando siamo schiacciati dalla sofferenza, quando la testa è in fiamme, i muscoli del viso tesi, tutto il corpo come se soffrisse, non sempre arriviamo a un sorriso aggraziato e a una parola gentile. Cosa fare allora? Prendere questa impotenza come si prende la nevralgia; accetta questa seconda croce come la prima, perché è una e non una colpa ed è talvolta la più pesante. E poi esercitarsi in questo modo, nell’impotenza e nelle croci quotidiane, a scalare la vetta, ricordando che la vita è un’ascesa verso l’alto, e non un riposo sull’alto. Quindi non dispiacerti se senti il dolore e se ti colpisce, e se ti gela il sorriso sulle labbra dove vorresti allargarlo.
Vai alla fine di questa parola: “Caritas”
Immagino quanto queste prove a cui ti riferisci debbano aver influenzato la tua sensibilità naturalmente vibrante. Ma sono contento di vedere come la tua ragione li apprezza con calma e giustizia. Sono particolarmente lieto di constatare quanto la tua anima, che è quasi naturalmente soprannaturale, sappia riconoscere in essa la volontà sempre buona e amorosa, e adorarla e amarla. Questa è la grazia essenziale. Solo lo spirito santo, presente in un’anima, può dare questa superiore chiarezza. Di fronte a questa chiarezza e al fiat voluntas che ti fa pronunciare, la tua miseria spirituale è nulla. Diventa un mezzo di santificazione. si deve dire di esso come di tutti gli altri dolori: fiat voluntas, e si riveste, come tutto ciò che offriamo a Dio, della bellezza e grandezza di Dio stesso. Quante volte hai letto questo nei tuoi due grandi amici: san Paolo e sant’Agostino. È la base della loro dottrina, come è la base del Vangelo, perché è la base stessa di Dio che è caritas. Il tuo unico errore è avere paura di applicare questo insegnamento a te stesso. Tu sai che nel nostro rapporto con Dio, la grande (e quasi l’unica) paura che dobbiamo avere è avere paura. Non sappiamo come arrivare alla fine di questa parola Caritas che è appunto interminabile. Nelle tue meditazioni solitarie… scava in questo specifico nome di Dio. Vedete in lui un bisogno di donarsi così com’è, cioè di amare, di donarsi. Non può né volere né fare altro. Questo, dunque, è ciò che ha voluto e ha fatto nelle tue recenti prove: ed è questo che riconosci quando gli dici: Fiat voluntas tua. Ed è questo infine il motivo per cui una tale preghiera copre la moltitudine delle nostre colpe e delle nostre miserie.

Dom Guillaume de Raynald

per priori generali

Ecco per voi un’altra biografia di un Priore Generale.

Dom Guillaume de Raynald, che alcuni autori scrivono di Raynaud o Raynaldi, era originario dell’Alvernia. Fece la Professione alla Grande Chartreuse e governò il Monastero di Valbonne quando fu elevato alla Casa Generalizia. Questo Santo Religioso si preoccupò di mantenere la regolarità nel suo Ordine. A questo scopo fece, nel 1368, una nuova Raccolta degli Statuti, conosciuta sotto il nome di Nova Statuta. Questa raccolta contiene le Ordinazioni decretate dai Capitoli generali dopo la pubblicazione dei vecchi Statuti. Dom Guillaume sottopose il presente Regolamento al Sommo Pontefice Urbano V, nipote dell’ex Generale Dom Hélisaire de Grimoard. Questo Papa, trovando la vita dei certosini troppo austera voleva portare qualche sollievo, ma Guillaume de Raynald ritenne di dover rifiutare tutte le dispense che il Sommo Pontefice voleva concedere per affetto verso i certosini. Fu Dom Jean de la Neuville, Priore del Convento di Avignone, che, inviato da Urbano V, pregò questo Pontefice di non cambiare nulla nelle Osservanze e Costituzioni dell’Ordine. Sotto il governo di Dom Guillaume, un incendio distrusse quasi tutto il monastero. Le celle, la chiesa, il chiostro e gli edifici principali caddero preda delle fiamme. Il Generale, vedendo che la Casa non poteva essere salvata, si adoperò per salvare dall’incendio i numerosi manoscritti che costituivano la biblioteca del Convento. “Ai libri, fratelli miei, gridò, salvate i libri!“. Per i Solitaires de Chartreuse, i manoscritti erano considerati il loro tesoro più prezioso. Molti, tuttavia, sono stati bruciati nelle celle. Papa Gregorio XI, che era succeduto ad Urbano V ed aveva ereditato il suo affetto per i Certosini, venuto a conoscenza di questa disgrazia, inviò immediatamente a Guillaume de Raynald una somma abbastanza considerevole per aiutarlo a ricostruire il Monastero. Questo nobile esempio fu seguito dai Re di Francia, Navarra e Inghilterra, e da un gran numero di Cardinali, Principi, Vescovi e Signori. Grazie a questa generosità, Dom Guillaume ha potuto iniziare i lavori di ricostruzione. L’impresa fu notevole, poiché la Grande Chartreuse, divenuta capo dell’Ordine delle centocinquanta Case, aveva bisogno di grandi edifici per ospitare i Priori e il loro seguito al momento del Capitolo Generale. Era stato fatto appello alle varie Certose, ma un’Ordinanza del Capitolo del 1378 precisa che non se ne tenne abbastanza conto; per questo incaricò i Padri Visitatori di stabilire una tassa in relazione allo stato del reddito di ciascuna Casa. Essendo queste risorse ancora insufficienti, Dom Guillaume vide la necessità di mandare dei Religiosi a mendicare in Francia, in Inghilterra, in Germania e nell’Alta Italia. Grazie a queste elemosine il Generale poté ricostruire il Monastero in migliori condizioni di solidità. Dom de Raynald, sopravvissuto a papa Urbano V, morto nel 1370, ed a papa Gregorio XI, morto nel 1378, ebbe il dolore di vedere lo scisma dilaniare la Chiesa e gettare la divisione nel suo Ordine. A seguito di una seconda elezione che, secondo certe apparenze, potrebbe apparire legittima, si trovarono alla presenza due Papi, Clemente VII, ad Avignone e Urbano VI, a Roma. Quest’ultimo fu riconosciuto capo della Chiesa dai certosini italiani e tedeschi; mentre gli altri si sottomisero a Clemente VII che ritenevano legittimamente eletto. I dissidenti, sotto l’influsso del Papa, avendo rifiutato di riconoscere dom Guillaume come loro Generale, Urbano VI nominò d’ufficio, nel 1379, Dom Jean de Bari, Priore della Certosa di Trisulti, Superiore con il titolo di Visitatore Generale. Pochi anni dopo, nel 138Î, questo Religioso fu eletto Generale in un Capitolo che i Priori della sua obbedienza tennero nella città di Roma. Di conseguenza Dom de Bari stabilisce, nella Certosa di Firenze, la sede della parte dell’Ordine che gli era soggetta. I Certosini dell’obbedienza di Urbano VI tenevano, ogni anno, il loro Capitolo Generale in diversi Monasteri, a Roma, a Mauerbach in Austria, a Bologna e in altre Certose. Ma nel 1391, decisero di tenere in futuro questo Capitolo nel Monastero di Val-Saint-Jean-Baptiste de Seitz, nella diocesi di Aquiléja, nella provincia di Cilly: essendo questa Casa la più antica di quelle che riconoscevano, come Sommo Pontefice, Bonifacio IX successore di Urbano VI. Morto Dom Jean de Bari, i Certosini della sua obbedienza nominarono in sua sostituzione Dom Chrystophe de Maggiano, con il titolo di Vicario Generale. Al Capitolo dell’anno seguente lo elessero Generale. Dom Chrystophe, che risiedeva a Seitz, mantenne questa posizione fino alla sua morte nel 13981. Allora i Religiosi di Seitz, avvalendosi degli stessi diritti dei Solitari del Deserto di Chartreuse, elessero essi stessi il loro Generale e scelsero per ricoprire questo posto un santo Religioso di nome Etienne Maconi, Priore della Certosa di Milano e già segretario di Santa Caterina da Siena. Durante questi eventi, i Certosini francesi e spagnoli, così come i conventi che avevano riconosciuto Clemente VII, rimasero soggetti a Dom Guillaume de Raynald. Questo Generale, nonostante i suoi passi, le sue lettere e le sue preghiere, non ebbe la consolazione, prima di morire, di vedere la fine dello scisma e il ritorno alla sua obbedienza dei certosini dissidenti. Si mise in contatto con Dom Etienne Maconi e abbiamo una sua lettera al suo concorrente, in cui tratta della necessità dell’unione nell’Ordine (1402). Nello stesso anno, anche Dom Maconi aveva scritto su questo argomento ai religiosi della Grande Chartreuse. In mezzo ai dolori che affliggevano il venerabile Generale, la Provvidenza gli aveva risparmiato dolci consolazioni; l’Ordine si era arricchito di quarantatré nuove fondazioni. Il Reverendo Padre Dom Guillaume si vedeva, verso la fine dei suoi giorni, sul punto di elevarsi all’apice della grandezza. La sua cultura e le sue virtù furono così brillanti che alla morte di Clemente VII, un certo numero di Cardinali vollero elevarlo al Sovrano Pontificato. Il suo nome ha raccolto undici voti su ventisei al primo scrutinio, ma il cardinale Pierre de Lune, con i suoi intrighi, ha fatto fallire questa candidatura ed è stato eletto lui stesso (Benedetto XIII). Lo storico anonimo della Grande Chartreuse ci informa, secondo il Vêtus chronicon majoris, che l’eletto Pontefice volle almeno onorare di porpora il suo concorrente. Al rifiuto di Dom Guillaume, il Papa ha insistito, incalzato, anche minacciato, ma l’umile certosino ha sempre risposto: Alla mia età non è la porpora che mi serve, ma un sudario. La fama di santità del venerabile Generale si era diffusa in lungo e in largo, e in mezzo alle gravi vicende in cui si trovò coinvolto, i personaggi più eminenti dell’epoca erano in contatto con lui. Abbiamo anche una lettera di Santa Caterina da Siena a Dom Guillaume, ma di questa, anteriore allo scisma, vi parlerò in un prossimo articolo.

Dom Guillaume de Raynald consegnò a Dio la sua bella anima il 15 giugno dell’anno 1402, dopo aver governato l’Ordine per trentacinque anni.

Davanti a Maria

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Per cominciare il mese di maggio, dedicato a Maria, ho scelto per voi, miei cari amici, un testo concepito da un Padre Priore certosino, per la propria comunità. Un sermone, estratto dal libro “Palavras do deserto”, che assomiglia ad una sentita lode a Maria. Buon mese mariano a tutti!

Maria ci è vicina. Arriva un momento nella vita in cui bisogna avere fede, silenzio e obbedienza simili a Maria.

Quando ci sembra che Dio sia lontano da noi, quando la nostra quotidianità ci fa passare di sconfitta in sconfitta, ed è notte fuori e dentro di noi, dobbiamo sapere che Maria ci è vicina. Lei ci invita e ci dà appuntamento, perché ci uniamo a Lei nell’accogliere la santa volontà del Padre, nel cammino della fede.

Ha camminato dove abbiamo camminato noi. Ha vissuto quello che abbiamo vissuto noi. E lo ha fatto molto bene.

Nessuna come Maria ha dovuto adattarsi al progetto di Dio su se stessa e sulla sua vita, fino a quando non è diventato possibile disporre di se stessa.

È anche lì che Maria ci è vicina come nostro modello ispiratore e nostra Madre incoraggiante. È soprattutto lì che deve manifestarsi la nostra devozione mariana.

Non c’è miglior frutto dell’amore dell’imitazione filiale. Tutta la nostra vita monastica non deve essere altro che l’imitazione della serva del Signore, fedele e generosa.

Non sarebbe anche la nostra vocazione, come quella di Maria, una scelta iniziale, in vista di una donazione totale e generosa?

Ma come dice santa Teresa di Lisieux, noi siamo più privilegiate di Maria su un punto: «abbiamo una Madre che ci ama tanto, Lei non l’aveva».

Lei si prende cura di noi e noi possiamo gioire, non solo perché abbiamo una Madre così grande, ma anche perché sappiamo che Lei è alla presenza della Santissima Trinità, “intercedendo sempre per noi davanti al trono della grazia e della misericordia”.

Madre di Misericordia, prega per noi!

Silenzio certosino 11

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La libertà dei figli di Dio

La serenità della nostra anima ei moti di fiducia che sperimentiamo… queste impressioni e questi movimenti vengono dallo sfondo calmo dove Dio risiede, e provano la sua presenza. Sono lo splendore del Sole divino che è dentro di noi; ci ricordano questa presenza, ma non la creano. Esiste indipendentemente dalla radiazione sensibile che lo manifesta; ed è lei che è la nostra vita. Il buon Dio ti attrae manifestamente all’unione con Lui. Ora questa unione si fa nella fede, e non nella sensibilità. Abituiamoci, con atti ripetuti, a questa vita di fede, che ci mette in contatto molto reale con Lui. Ovviamente questi sono atti spirituali, è un contatto spirituale. Non sentiamo niente, non vediamo niente, non sentiamo niente. Spesso, al contrario, siamo completamente sprofondati in uno stato di scoraggiante insensibilità. Quindi è la vita invernale; ma è comunque vita, vita necessaria perché non siamo nella patria; l’esilio è l’esilio: bisogna saperlo accettare finché Dio lo vuole e con tutte le circostanze che vuole. Questa accettazione unisce, e solo l’unione conta. A poco a poco, attraverso questi esercizi, acquisiamo la nostra indipendenza rispetto a queste circostanze; siamo superiori a loro, poiché li accettiamo… Sfortunatamente, generalmente viviamo in una grande illusione a questo riguardo. Immaginiamo che il distacco, la forza, consista nel prendere le distanze dalle cose. È un errore. La vera forza consiste nel fuggire ciò che Dio ci chiede di fuggire, e nell’accettare ciò che vuole che accettiamo; consiste nella sottomissione alla sua santa volontà. Questa è la santa indifferenza che è anche la santa indipendenza, la libertà dei figli di Dio. I figli di Dio vivono esteriormente come gli altri, ma interiormente sono molto diversi. Ciò che domina gli altri, lo dominano. Lo dominano perché vogliono solo Dio. La loro volontà quindi non è inclinata, né soprattutto trascinata: è libera. Lo Spirito Santo, che è lo spirito dei figli adottivi come è lo spirito del Figlio unigenito, vi attirerà sempre più in questo modo… e voi lo seguirete perché siete “anime di buona volontà”. . Ecco perché è così importante costruire una vita profonda.

Ritiri misteriosi dove la fede diventa vita

Il buon Dio ha i suoi progetti. Anche dal punto di vista naturale ci vuole perfetti, e ci conduce a questo apice di perfezione per strade difficili. Soprattutto dal punto di vista soprannaturale la cosa è abbastanza chiara e certa. Compri con queste prove la gioia di credere e di entrare nei misteriosi ritiri dove la fede si fa vita. Forse devi loro la tua comprensione del Vangelo e di San Paolo, Sant’Agostino e l’imitazione così intimamente. Il buon Dio ti separa dalla tua famiglia naturale per farti entrare nella famiglia di quelli che sono più specialmente amici mei, “i miei amici”.

Distacco e attaccamento

È una delle superiorità della fede non lasciarsi fermare dalle piccole barriere dove si rompono le unioni del tempo. Per noi il tempo, il luogo, sono solo accidenti di una realtà molto debole. Viviamo oltre i confini che disegnano per il passeggero. Penso alla nostra bella conversazione di una settimana fa sull’immutabilità divina. Dobbiamo raggiungere la perfezione stessa del “Padre Celeste”. Dobbiamo gradualmente assumere quelle linee del viso che chiamiamo i suoi attributi. Tale è la ragione profonda e il vero aspetto del distacco cristiano. Non è un distacco, ma un attaccamento. Lasciamo ciò che passa per entrare in Colui che rimane. Questo è il segreto della pace dell’anima.

Il distacco è amore ordinato

Troppo spesso si immagina che il distacco cristiano consista nel non amare nulla. Questo è terribilmente impreciso. Non c’è mai stato un cuore più amorevole di quello di Gesù; e i nostri cuori devono essere modellati sul suo. Amare è il grande e perfino l’unico comandamento: Hoc est primum mandatum… diliges Deum ex toto cord… et proximum. Tu hai lì tutto il vangelo e tutta la vita, e tutto Dio che è Deus caritas. L’amore. Ma un amore ordinato, un amore che sa vivere e comunicarsi… e di conseguenza immolare tutto ciò che gli impedisce di donarsi. Questa immolazione è il distacco. Il distacco è quindi il lato negativo dell’attaccamento Il distacco è l’ordine degli amori: Ordinavit in me caritatem. Il Dio d’amore che abita in un’anima gli fa amare tutti gli esseri secondo il loro grado di partecipazione a se stesso che è l’essere. L’anima deve amarli come Dio li ama, cioè come Dio si dona a loro. Questo dono dell’essere infinito ha un essere finito, questo è ciò che lo fa essere, ed è questa la misura del nostro amore. Il nostro amore, misurato da Dio stesso e da ciò che troviamo di lui nelle sue opere, è un amore ordinato.Pertanto nessun allegato che non rispetti questa regola. Se l’anima scopre qualcuno in sé, lo disciplina… ma non lo sopprime. Avrete sicuramente notato che l’idea di ordine è alla base di tutto. Il distacco è la condizione dell’ordine, come l’ordine è la condizione dell’amore. Ed è per questo che possiamo dire che il distacco è amore ordinato.

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 49…57)

Stat prologo

CAPITOLO 49
Cerimonie dell’Ufficio in cella

7 Se a volte una debolezza o un eccesso di stanchezza obbliga chiaramente uno di noi a sedersi durante la liturgia, o anche se qualcuno è malato e costretto a letto, deve tuttavia, per quanto è possibile, osservare una certa riverenza. Dovunque celebriamo l’Ufficio divino, dobbiamo farlo con rispetto e dignità. La grandezza e la divinità di Colui al quale parliamo e davanti al quale stiamo, che ci guarda e ci ascolta, sono davvero ovunque le stesse. (St 54,10)

LIBRO 9

Sacramenti e suffragi

CAPITOLO 57

I sacramenti
Penitenza

1 Nel sacramento della Penitenza, Dio nostro Padre ci mostra la sua misericordia; mediante il mistero pasquale di suo Figlio, ci riconcilia nello Spirito, con lui, con la Chiesa e con noi stessi. Esortiamo quindi tutte le monache a frequentare questo sacramento, mediante il quale la conversione del cuore, fine proprio della vita monastica, entra a far parte del mistero della morte e risurrezione di Cristo. (St 62,1)

“And They Kept Silence” (E Tacquero)

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Nell’articolo odierno, voglio proporvi un breve video dal titolo “And They Kept Silence” (E Tacquero), riguardante la certosa statunitense della Trasfigurazione, di cui già vi parlai in un precedente articolo. 

Il documentario prodotto da Sandi Switzer di Video Unlimited in collaborazione con Scott Switzer, Robert Gershon e Marquis Walsh presenta il primo filmato mai girato all’interno dell’unico monastero certosino in Nord America ed esplora questo mondo di silenzio e solitudine. Oltre alle inedite e splendide immagini girate all’interno della certosa americana, potremo ascoltare l’intervento di monsignor Stephen Joseph Rossetti di New York, autore, di molti importanti testi per i sacerdoti cattolici.

La priorità del documento video è data agli ambienti monastici, ai canti ed al silenzio.

Di seguito il video e la traduzione del testo in esso contenuto.

Msgr. Stephen Rossetti: “I certosini sono monaci ma sono anche Eremiti, silenzio e solitudine sono le due chiavi della loro vita quindi vivono essenzialmente da soli in una comunità vagamente connessa pregano la maggior parte del tempo nelle loro celle. Questa solitudine ha lo scopo di favorire una vita contemplativa per mettersi davvero in contatto con Dio. San Bruno fondò i certosini, era un famoso sacerdote che andò in montagna in Francia con alcuni compagni e iniziò la prima vita certosina Amava la solitudine e che poi racconta di aver trovato il Signore nel silenzio della solitudine… la prima Certosa era ancora nelle montagne francesi. Ed eccoci di nuovo qui (Vermont) in montagna ci sono certose che non sono in montagna ma le montagne avevano un aspetto particolare tipo di aspra bellezza isolamento e solitudine che sono molto favorevoli alla vita certosina Ancora una volta la vita contemplativa certosina è difficile da capire per le persone.. per esempio i monaci conducono una vita molto austera non mangiano mai carne essenzialmente consumano un solo pasto al giorno ed i monaci del coro hanno cilici si alzano nel cuore della notte, a mezzanotte, pregano l’ufficio notturno per due o tre ore ogni notte ed è una vita molto austera e quindi penseresti che sarebbe un’esistenza molto negativa ma uno dei segni di un vero certosino e un segno di gioia. infatti quando tu incontri i monaci certosini vedi un grande sorriso sul loro volto i loro occhi brillano e poi puoi dire che sono più che semplicemente felici anche in mezzo alla storicità c’è un vero senso di gioia.

Padre Priore ad un novizio: Cari fratelli in Cristo Sì è bello vivere la nostra vita come conclusioni Perché siamo amati ed è l’amico dello sposo con il suo dito indica la verità che ci dice questo.

Msgr. Stephen Rossetti: I monaci del coro sono sempre sacerdoti ed anche i loro fratelli hanno una luce molto simile ma ci sono alcune differenze i fratelli lavorano ancora fuori le celle sono quelli che svolgono tutti i tipi di lavoro manuale mentre i monaci del chiostro, i Padri, hanno molto più tempo per studiare e pregare trascorrendo tutto il tempo nella loro cella. Sono due diverse chiamate all’interno della stessa comunità.. Non vogliamo ammetterlo, ma Dio fa sapere che se è il tuo momento sai che ti darà un colpetto sulla spalla non vorremmo che non se ne fosse un modo certosino che non è chiamato ed è una vocazione rara come sai Ci sono solo circa 16-17 monaci qui nel Vermont, quindi se il Signore ha bisogno di pochi ne vuole solo alcuni. Quando cammini lungo il corridoio senti questo senso di solidità e radicamento.. il motto del certosino è che la croce sta ferma mentre il mondo gira (Stat crux dum volvitur orbis) quindi l’idea è che la croce è il fondamento della salvezza di Dio per noi attraverso il fondamento della vita umana è questo fondamento che qui rivela, praticamente, lo stesso radicamento. Quando un monaco muore viene seppellito, abbastanza velocemente, ovviamente secondo le loro abituduni (Statuti) il cappuccio viene tirato giù sui loro volti e sono vegliati e ovviamente pregano e dicono una messa poi il defunto è sepolto nel cimitero all’interno della certosa, e quindi la sepoltura contrassegnata soltanto da una croce di legno anonima.

I monaci certosini vivono davvero una vita solitaria anonima quindi sono destinati a vivere una vita di separazione del mondo e ciò che rende possibili tutto ciò è una fonte o uno strumento di quella Grazia e la preghiera e la vita spirituale, quindi i monaci sono visti specialmente come fonti di grazia e che attraverso di loro la grazia di Dio diventa più presente e viva nel mondo. Mentre pregano pregano per persone che fanno parte del loro Ministero e pregano per il mondo e la chiesa.

I certosini credono che la loro preghiera sia importante e che è finalizzata verso l’unione con Dio. Ecco questo è lo scopo della vita contemplativa Lo scopo della vita certosino essere uniti a colui che ami che è Dio, alcuni potrebbero chiedersi bene a cosa serve questa vita monastica Io dico che è essenziale! Un bene È proprio quello per cui siamo destinati siamo destinati, a essere uniti a Dio nell’amore e quindi è quello che loro hanno perseguito.

Silenzio certosino 10

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La vera fiamma dell’amore

È fin troppo chiaro che l’amore prolunga la ricerca dello spirito e la completa, e che il segno della croce sul cuore placa l’intelletto alla ricerca della verità che sfugge. Il sacrificio della conoscenza è più grande della conoscenza, e ci insegna di più… la Verità e che ad essa deve ricongiungersi in ogni scintilla di verità,… e che in una parola tutta la vita deve essere un movimento perpetuo dello spirito verso la luce e del cuore nella luce trovata dall’intelligenza e da lui gustata. Nel linguaggio spirituale, la “fiamma d’amore” di cui parla Dante designa qualcosa di più. Designa la gustosa conoscenza di Dio mediante il dono della sapienza, cioè fondamentalmente mediante il gusto di Dio. La saggezza che gusta non esclude l’intelligenza che conosce nella luce. La luce rimane, continua a svolgere il suo ruolo; ma è prolungata e superata da uno sforzo del cuore che ama e che, assaporando Dio, lo conosce in modo misterioso e superiore allo spirito. E questa è la fiamma dell’amore. L’amore in noi (cioè lo spirito santo) comincia col bruciare tutte le scorie dell’anima inferiore; poi si mostra nel cristallo dell’anima liberata e si fa conoscere in una parola interiore che è la Parola in noi; infine accende in noi, davanti a questa Parola e al suo principio dove scopriamo ogni verità e ogni bene, un fuoco che ci infiamma e ci consegna a loro: E questa è la vera fiamma dell’amore, la Vita divina, il movimento di carità infinita che ha la sua sorgente nel Padre, che procede da Lui e si comunica al Verbo, e che attirando il Verbo nel Padre come trasse il Padre nel Verbo, realizza il Discorso dopo la Cena e specialmente tutto il capitolo XVII di San Giovanni che tu sai: Ut omnes unum sint, sicut tu, Pater, in me, et ego in te, ut et ipsi in nobis unum sint. L’anima che ha concepito la Parola nella luce dell’amore, in cui la conoscenza si è fatta calda e la viva chiarezza (carità) è al riparo da ogni tentazione. Ha il segno dell’amore nel cuore; ha superato la regione in cui si è tentati, la regione della ricerca e del discorso; riposa negli alti pascoli dello spirito che si contempla e si dona. È un’adulta; abbandona «il latte dei piccoli» e mangia «il pane dei forti». Questo è probabilmente il significato della parola di Dante.

Una ghianda non è una quercia

Essere e divenire sono due cose molto diverse. Gli uomini molto spesso li confondono; ed è per questo che sono così esigenti e hanno tanta fretta. Il buon Dio non fa mai quella confusione! Sa bene che una primavera non è un autunno e che una ghianda non è una quercia. Ci dona le nostre ore ei nostri giorni perché diventiamo ciò che non siamo. Non schiaccia uno stelo di grano nascente perché la spiga non è ancora apparsa in cima; sa aspettare per mangiare il pane che ne uscirà. È la sua specialissima indulgenza che noi chiamiamo la sua misericordia… Preghiera semplice e fatica semplice possibile, tutto questo assunto ogni giorno senza scoraggiamento, nella confidenza e nella pace. Questo stato d’animo è ciò che N.-S. chiama il regno dei cieli. Per questo dice: “Il regno dei cieli è dentro di te”. Consiste nel tenersi molto tranquillamente uniti al buon Dio che c’è, che è il re divino, e nel chiedergli di stabilire sempre di più la sua potenza.

La vita è crescita lenta, impercettibile

Non preoccuparti delle tue carenze religiose o delle difficoltà che hai per superarle. Ho l’impressione che quello che stai facendo sia volontà divina, che lo stai facendo al meglio delle tue possibilità… Basta vedere di tanto in tanto, in grande pace e libertà d’animo, se c’è qualche punto preciso su cui il buon Dio ti chiede di sforzarti di rifiutarlo. Se è così, correggiti su questo punto. In caso contrario, mantieni la calma e continua ad accettare che non sei oggi ciò che dovrai essere domani. La vita è crescita lenta, impercettibile. Non lo avanziamo osservando costantemente i progressi compiuti. Il Maestro dentro di te è lì per dirti cosa fare e cosa non fare. Affidati a Lui; siate docili alle sue precise indicazioni… e attendete fiduciosi e sereni la realizzazione di un progetto d’amore che sarà opera sua se voi non lo disturbate e che lui desidera realizzare, ancor più di voi.

La fedeltà del Cielo e la fedeltà della terra

Quindi vivi queste luci in silenzio. Sono germi. [Dio] te li ha dati perché crescessero. D’ora in poi vi darà giorno per giorno le grazie necessarie per questo sviluppo. Queste grazie probabilmente non ti santificheranno come vorresti: ma, se sei fedele, ti santificheranno come vuole Lui: ed è è l’unica vera santità. Fedeltà non significa non “cadere” o raggiungere la perfezione tutto in una volta. È la fedeltà del cielo. Quella della terra consiste nella volontà che incessantemente si riprende per rialzarsi nonostante le imperfezioni e le cadute. Si riprende perché Dio lo vuole e perché dà costantemente la forza.