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Festività di San Bruno

Dies Natalis Bruno

Siamo giunti anche quest’anno al 6 ottobre, giorno dedicato alla celebrazione di San Bruno, cari amici ho scelto per voi un sermone capitolare di Dom Andrè Poisson. Il testo, un pò lungo ma molto ricco, fa un eccellente ritratto di Bruno.

Il mio spirito esulta nel Signore”

Il Capitolo Generale ci presenta San Bruno come il canale attraverso il quale, ancora oggi, ci arriva la grazia della nostra vocazione. Questa immagine ci porta a scorgere l’irraggiamento diretto che emana dalla sua persona, il quale ci trasmette il dono di Dio e nello stesso tempo ci rievoca una questione nella quale noi incappiamo ogni tanto: perché lo Spirito Santo non ha ispirato il nostro Padre, nella vita nel deserto, a donarci un insegnamento al quale noi potremmo ricorrere per guidare il nostro cammino?

Il vecchio teologo di Reims, l’uomo che per anni ha commentato la parola di Dio, quest’uomo di cui la grazia prima fu d’insegnare, non ha lasciato ai suoi figli che una corta lettera. Questo è tutto. Dobbiamo constatarlo con disappunto o non sarebbe forse meglio, per il nostro cuore, cercare in questo una volontà di Dio ricca di luce per meglio comprendere e vivere la nostra vocazione?

Cerchiamo, dunque, di vedere se la lettera di Bruno, ai suoi figli della Certosa, ci aiuta a comprendere perché non aveva insegnamenti da donarci sulla via contemplativa.

* * *

La prima constatazione sulla quale vorrei soffermarmi è che questa lettera s’indirizza proprio a noi. Se la confrontiamo con la lettera a Raoul le Verd, che appare più seducente in ragione della densità del pensiero che in essa ci si trova, come non essere colpiti dalla differenza di tono che implica un coinvolgimento totalmente differente del cuore di Bruno, in uno e nell’altro caso.

Il messaggio a Raoul è l’espressione di un’amicizia profonda, di lunga data, provata. La lettera ai suoi fratelli è la scottatura diretta di un amore scaturito dal fondo del cuore di Bruno. La differenza di tono salta agli occhi: per parlare a Raoul occorre essere formale, evitare di offenderlo se ci sono cose dure a dirsi, lo stile è accurato, la composizione è elaborata. Con i suoi fratelli – anche se probabilmente non li conosce tutti – è sufficiente comprendersi a mezze parole. Il cuore parla liberamente, poiché sa di essere in accordo con quello dei suoi corrispondenti.

La lettera a Raoul lascia trasparire una nota d’inquietudine, se non di angoscia, al pensiero che l’amico dei giorni antichi potrebbe, per la sua infedeltà, perdersi definitivamente. Per Bruno è un dovere di coscienza ricordarglielo. Con i suoi fratelli, al contrario, anche se ogni tanto deve raddrizzare qualche deviazione, non è che un’esplosione di gioia, d’allegria: con loro è in famiglia. Egli parla di ciò che vive in comunione con loro.

In breve, Bruno, pur lasciandoci percepire che egli pensa agli uomini molto concreti che vivevano allora nel deserto della Certosa, ci consegna il suo cuore in ciò che ha d’eterno, potremmo dire nel rispetto di chiunque conduce l’esistenza di cui ha gettato il primo seme qualche anno prima sotto l’egida di Sant’Ugo. La sua lettera è dunque proprio destinata a noi.

* * *

Quale aspetto di Bruno essa ci mostra in primo luogo? Egli è un uomo all’ascolto. In qualche modo egli scompare per divenire nient’altro che disponibilità, accoglienza profonda nei confronti dei suoi figli. Tutto ciò che scrive è espressione di questa attenzione intensa agli altri e della reazione immediata di gioia o d’amore che essa risveglia in lui.

Bruno si lascia informare da Landuino: non solamente riceve da lui qualche notizia dei monaci che ha lasciato nelle montagne della Certosa, ma più ancora egli è impressionato dai sentimenti di fierezza, di felicità, d’affetto che il suo successore prova nei confronti dei suoi fratelli. Dal primo momento egli ha percepito il tono di confidenza che regna alla Certosa ed egli comunica in maniera del tutto naturale, poiché è in perfetta sintonia con i suoi fratelli.

Egli si mette dunque all’ascolto di ciò che vivono gli uni, nella loro solitudine stretta, gli altri, nella semplicità della loro obbedienza. Egli li vede, con gioia, restar fedeli al loro ideale, il medesimo ideale che lui stesso aveva fatto loro scoprire. “Ho appreso, – egli dice -; ho inteso Landuino dirmi; odo parlar di voi dal vostro priore e padre amorevolissimo”. (1.1 e 2.1). Bruno si lascia invadere dalla presenza dei suoi figli.

E immediatamente lo si sente all’ascolto di ciò che Dio ha fatto in loro: con più lucidità, senza dubbio, dei suoi stessi figli egli coglie quanto le loro opere buone o degne d’elogio vengono finalmente dal Signore che le ha compiute in loro. E Bruno insegna ai loro figli a mettersi, al proprio turno, all’ascolto dell’Onnipotente, al fine di scoprirlo nelle loro vie. Essi sono amati da Lui: è questa la loro vera ricchezza e non l’inflessibile rigore della loro osservanza, poiché questa viene dalla loro sola buona volontà. “Rallegratevi … della vostra beata sorte e dell’abbondanza di grazie che Dio vi ha prodigato” (1.3).

Bruno, pervenuto alla piena maturità della sua via contemplativa, è un uomo all’ascolto dei suoi fratelli e di Dio, al fine di entrare nel movimento dell’amore.

* * *

L’altro versante di questa piena disponibilità di cuore di Bruno è una tendenza spontanea all’azione di grazia. Scoprendo nei suoi fratelli le meraviglie di Dio egli esulta e, in due riprese, sono le parole del Magnificat che egli prende a prestito per esprimere i trasporti d’allegria da cui è ghermito. Solo l’umiliazione, che egli prova constatando la sua propria miseria, sembra inaridire il suo slancio trionfatore per lodare il Signore.

Perciò egli non può impedirsi d’invitare i suoi figli a rallegrarsi, a proprio turno, davanti alla loro beata sorte. E’ una vera litania di “Rallegratevi” che a loro indirizza. Poi egli compara la loro situazione privilegiata, puro dono gratuito del Cielo, a quella di numerose anime di buona volontà che hanno tentato in tutte le maniere di raggiungere lo stesso “porto nascosto”, senza successo, poiché ciò non era stato loro accordato dall’alto (cf. 1.3).

Il modo in cui egli addestra i suoi benamati fratelli laici a riconoscersi come dei privilegiati del Padre dei Cieli è ancora più delicato e persuasivo. Per coloro “che non sanno né leggere né scrivere, il dito potente di Dio scrive nei loro cuori, non solo l’amore, ma anche la conoscenza della sua legge” (2.2). L’obbedienza autentica che essi praticano con una piena generosità costituisce il frutto di questa divina scrittura deposta sulla loro anima ed essa ne garantisce la verità. Come non si sentirebbero portati anche loro a rendere grazie all’autore di tali doni?

* * *

Una constatazione s’impone davanti a queste reazioni di Bruno. Il suo cuore, che non cessa di volgersi verso Dio per ogni cosa, non sembra che pensare ai suoi fratelli. Il passaggio più impressionante della lettera, a questo riguardo, è la conclusione. Ci si aspetterebbe una sorta di esortazione all’interno della quale egli inviterebbe i suoi fratelli a volgersi verso Dio con più fervore. Niente di tutto questo. Bruno si accontenta di insistere con delicatezza, ma con forza, sulla carità che i fratelli della Certosa debbano manifestare, negli atti, al loro priore malato (cf.3.2-4).

Veramente il cuore di Bruno è tanto infiammato dell’amore di Dio quanto dell’amore per i suoi fratelli. Egli non si sente distratto da uno di questi amori a spese dell’altro. E’ chiaro che il primo e il secondo comandamento non sono che uno in Bruno.

E questo amore non è solamente un sentimento interiore: esso sente l’urgente bisogno di incarnarsi nel concreto della vita. Sia a livello della solitudine che a quello dell’obbedienza, egli riconduce i suoi fratelli all’essenziale della loro vita. E quando si tratta di manifestare amore a Landuino malato, i dettagli pratici non fanno difetto.

Bruno ha incontrato Dio una volta per tutte e la sua relazione d’amore con Lui s’incarna nel vissuto reale. Non si ha assolutamente l’impressione di un uomo che si dispera in un agire esteriore a se stesso. Egli dimora in una comunione d’amore con l’unica sorgente di tutto il bene, fino nei dettagli concreti.

* * *

All’inizio di queste riflessioni ci domandavamo se la lettera di San Bruno ai suoi fratelli della Certosa, nella sua brevità, fosse sufficiente a trasmetterci il solo insegnamento esplicito che da lui potessimo avere. Ora cosa possiamo dire in proposito?

Questa lettera ci è indirizzata. Essa colloca davanti a noi una figura di monaco dai tratti possenti e dal cuore immenso. Egli è innamorato di Dio e dei suoi fratelli senza limite, al punto di dimenticarsi di sé stesso. Il suo amore per il Signore lo rinvia ai suoi fratelli. La sua tenerezza per i fratelli gli fa scoprire, in essi, un altro viso del Signore.

La sua via contemplativa – puramente contemplativa – non si sente appesantita dalla presenza viva e vivace dei suoi fratelli nel suo cuore. Egli non si accontenta di dire che gli è sufficiente amare Dio e che in Lui egli ama il mondo intero. I suoi fratelli sono degli esseri concreti che hanno un posto nella sua interiorità senza disturbare l’attenzione all’Altissimo. Al contrario, essi sono rivelatori del grande Amore di Dio per il solitario: tutta la sua vita contemplativa è fondata sull’armonia interiore ed esteriore, tra solitudine e vita fraterna.

In un secondo tempo, la stessa lettera ci manifesta la convinzione intimamente ancorata al cuore di Bruno: la via che egli ha tracciato nel cuore dei suoi fratelli associa in maniera radicale il dono puramente gratuito che il Signore loro elargisce di una vita di notevole pace, di silenzio e d’obbedienza e, nello stesso tempo, un’osservanza che deve essere austera, fedele, perseverante, stabile contro tutte le seduzioni esteriori.

Bruno non domanda niente di più ai suoi discepoli. Tutto il resto è questione di vocazione personale, chiamata a svilupparsi all’interno di un quadro saldo e ampio che egli stesso ha disegnato.

Senza dubbio la descrizione di questo quadro richiede un po’ di parole. Era necessario che Bruno ne dicesse di più? Non credo. Egli lascia a Dio la sua libertà e all’obbedienza il compito di far fronte alle necessità contingenti. Tutto il resto ci verrà da Bruno attraverso il canale segreto della sua santità.

Nostro Padre San Bruno, insegnaci nel segreto a rallegrarci sempre più della nostra beata sorte e dell’abbondanza dei benefici che Dio ci prodiga grazie a te. Amen.

6 ottobre 1983

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6 ottobre San Bruno

 San Bruno, (dipinto di Enrique Hernández de los Ríos)

 

Oggi 6 ottobre, in occasione della ricorrenza della festività di San Bruno, dopo aver ascoltato il contributo audio che ne riassume la figura e la vita, voglio proporvi una meditazione certosina sul silenzio. Il silenzio, uno dei componenti essenziali della vita certosina e del suo fondatore, elemento indispensabile per procedere alla ricerca dell’Assoluto.

 

Il silenzio è una partecipazione al silenzio divino e, per questo, è la matrice in cui nascono gli atteggiamenti fondamentali della persona umana, come l’amore, la pace interiore, la saggezza, la fortezza, la povertà di spirito, il valore, la solitudine, la lode, la gratitudine, l’avvicinamento a Dio, l’ascolto della sua parola e la gioia nello Spirito Santo. Tuttavia, la matrice, che è il silenzio, genera timore di Dio, la paura, il terrore dello spirito, la tristezza, l’accidia, il dolore, partecipazione a tutte le tribolazioni e le sofferenze dell’umanità. Egli, il silenzio, può portare tutta l’ambiguità del mondo e tutte le sua bellezze e le sue grandezze.

Il nostro silenzio ci insegnerà anche ad accettare il silenzio di Dio. Dio, che a volte sembra inesistente o sordo, ma non lo è. È solo silenzioso ed il suo silenzio è Parola d’amore. Silenzio divino che ci educa e ci rivela che il silenzio deve diventare il modo più profondo di comunicazione con Dio e con i fratelli, l’ambiente fondamentale del cuore che cerca Dio e si unisce a Lui nell’amore e lì trova i fratelli. Si tratta di un silenzio che nasce dal desiderio di Dio e si nutre di esso. San Giovanni della Croce parla del centro dell’anima, dove niente e nessuno può introdurre rumore e dove lo Spirito Santo celebra le sue feste d’amore (Fiamma I, 9). San Bruno parla dei frutti del Paradiso, della pace che il mondo ignora e della gioia dello Spirito Santo.

Chiediamo a Dio oggi, per l’intercessione del grande silenzioso San Bruno, la grazia di penetrare in questo silenzio di Dio, a cui siamo invitati e in cui Lui rivela il suo mistero di amore ineffabile.

In un tempo come il nostro in cui il rumore, la dispersione, il deterioramento di interiorità, la violenza in parole e opere, la mancanza di vera comunicazione, mettono in pericolo l’equilibrio umano ed anche il senso della vita, il monaco silenzioso è testimone di un’esistenza realizzata, serena, raggiante e unificata nell’amore.

Sappiamo che Dio nel suo amore concede questo silenzio interiore allo spirito attento e purificato. Il silenzio con Dio ha un valore in sé, perché Dio è Dio. E come un grande teologo ha scritto: “Ignorare la necessità del silenzio con Dio significa svuotare il cristianesimo della sua propria sostanza” (E. Schillebeeckx). Poiché Dio è Dio, perché Dio è la pienezza di fronte alla quale tutte le parole articolate diventano povertà e esitazione. “Anche se inizialmente ci costa tacere, se siamo fedeli, a poco a poco da questo nostro silenzio nascerà qualcosa in noi che attrarrà un silenzio maggiore” (Isacco di Ninive).

Mi rendo conto che ci sono molte parole sul silenzio. È un paradosso. Vorrei che siano piccoli veicoli che ci introducano nel silenzio maggiore di cui parla San Bruno: “Lo sanno solamente quelli che ne hanno fatto esperienza…La pace che il mondo ignora e la gioia nello Spirito Santo”. E se non ci introducono, farci almeno conoscerlo, desiderarlo, amarlo e scoprire in esso l’amore infinito di Gesù, che è la parola con cui Dio, nel suo amore, ha rotto il suo silenzio eterno.

Amen.

(un certosino)

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Una Messa per San Bruno

Una Messa per San Bruno

Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Rosellina”. (Giuseppe Maria Terreni)

E’ con grande gioia che voglio relazionarvi della Santa Messa tenutasi, nella certosa di Calci, lo scorso 6 ottobre, in occasione della ricorrenza della memoria liturgica del santo fondatore dell’Ordine certosino.

Anche quest’anno, infatti, nella certosa monumentale di Calci, come da una consuetudine radicata dagli anni ’90, si è svolta questa lodevole iniziativa che ha fatto rivivere seppur per un ora la celebrazione eucaristica. Nonostante, dal 1972, la certosa  sia diventata museo nazionale, grazie alla solerzia ed alla sensibilità di chi (Dott.ssa Lazzarini) ha percepito l’importanza della primigenia sacralità di questo luogo, è stato possibile istituire e conservare nel tempo questa splendida iniziativa. Sarebbe auspicabile, che ciò potesse accadere in tutte le certose, diventate museo. Un giorno all’anno, da dedicare alla memoria del Padre dei certosini. Ma veniamo alla cronaca di quanto avvenuto martedì scorso. A causa dei lavori di restauro degli affreschi del presbiterio della Navata della chiesa, e la relativa interdizione al pubblico, non è stato possibile celebrare la messa sull’altare maggiore. Ciononostante è stata scelta la cappella del Rosario per lo svolgimento della funzione religiosa.  Come ci testimoniano le foto, gentilmente diffuse dai responsabili della certosa pisana, la partecipazione è stata sentita e seguita da un discreto numero di persone. Qualche amico di Cartusialover presente, mi ha anche relazionato sull’atmosfera intima e suggestiva respirata in quella elegante cappella sul cui altare campeggia un meraviglioso dipinto di Giuseppe Maria Terreni, (secolo XVIII) raffigurante la “Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Rosellina”.

La celebrazione è stata officiata dal Parroco di Calci don Antonio Cecconi, che ha fatto rivivere con la sua omelia il glorioso San Bruno, nell’aura sacrale di quegli ambienti. Un grazie di cuore da parte di tutti i lettori di Cartusialover, a tutti coloro che hanno reso possibile questa esemplare proposta, la quale  coniuga sapientemente la attuale funzione museale, con la natura spirituale ed il carattere devozionale del passato, ancora fortemente percepibile nella certosa monumentale di Calci.

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6 ottobre, un giorno di gioia

6 ottobre, un giorno di gioia

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6 ottobre, giorno di festa per tutti noi seguaci ed ammiratori dell’Ordine certosino. Oggi si celebra, in occasione del suo dies natalis, san Bruno, il fondatore dell’Ordine da noi amato. Per meglio onorarlo ho pensato cari amici lettori di Cartusialover di offrirvi un articolo sul santo, ma anche di donarvi un altro contributo audio. Da oggi, infatti, sulla sidebar di destra, troverete un nuovo CD, al quale  potrete accedere cliccando sulla icona della copertina e godervi l’ascolto di “Spes Mea”.

Si tratta di una raccolta di canti gregoriani della Festa di San Bruno registrati alla Certosa di Serra San Bruno.

Sono venticinque brani nei quali ascolteremo l’ufficio e la messa di san Bruno secondo il rito certosino, una vera cura per l’anima.

Buona festa di san Bruno e …buon ascolto.

I “gozos” di san Bruno

gozos Porta coeli

Ma in questo giorno di gioia, vi parlerò anche di queste popolari composizioni poetiche che vengono realizzate in Spagna secondo un’antichissima tradizione. Fin dal Medioevo, furono composte in onore della Vergine, di Cristo o di santi. Esse sono i gozos, ovvero le gioie venivano cantate durante le celebrazioni di una festività religiosa, durante la messa, e nel corso di una processione dedicata al santo che si onorava. Lo scopo di queste realizzazioni era quello di rendere omaggio per i beni ricevuti dal santo a cui si era devoti, o come una forma di preghiera per una speciale richiesta di protezione contro il male. Ovviamente vi offrirò dei gozos di san Bruno tramandati nei secoli per generazioni. In essi vengono ripercorse le tappe della vita vissuta all’insegna di santità di Bruno, dagli anni della giovinezza fino al giorno della sua morte.

Per tutti coloro che hanno svolto la Novena che vi ho proposto, ma anche per chi volesse rivolgersi solo oggi alla misericordia di Bruno, preghiamo.

Ardente della chiamata d’amore,

siete un acceso serafino .

Padre, Bruno, mio ​​Dio,

a cui ci rivolgiamo per chiedere grazia.

Sono nato a Colonia,

e dopo un infanzia innocente

ansioso andai in Francia

per la promozione della scienza.

Con la vostra conoscenza e la virtù,

conquistai premi e lodi.

Padre, Bruno, mio ​​Dio,

a cui ci rivolgiamo per chiedere grazia.

In Reims eri Cancelliere

nelle sue famose scuole,

aggregavi

l’umiltà ed il sapere.

Tu eri un saggio maestro,

E medico di tutte le virtù.

Padre, Bruno, mio ​​Dio,

a cui ci rivolgiamo per chiedere grazia.

La condanna infame avuta da

Raimondo morente.

Ti fa decidere di  lasciare il mondo,

per trovare la perfezione.

Disprezzi cariche ed onori,

é in Cristo il tuo amore.

Padre, Bruno, mio ​​Dio,

a cui ci rivolgiamo per chiedere grazia.

Bruno ed i suoi compagni

hanno da riferire qualcosa, ad  Ugo

il quale vede giungere verso  il deserto

sette stelle luminose.

Sei per tutti  loro,

Guida, Padre e Pastore.

Padre, Bruno, mio ​​Dio,

a cui ci rivolgiamo per chiedere grazia.

La vostra preghiera continua,

con grande penitenza e digiuni

Dio darà una tale presenza,

di così alta contemplazione,

popolerà il deserto di persone

che seguiranno il vostro amore.

Padre, Bruno, mio ​​Dio,

a cui ci rivolgiamo per chiedere grazia.

La preghiera è così fervida,

che si muove nello stesso cielo,

e in virtù dona alla  terra

una fonte di acqua chiara e miracolosa.

Così si dà ai vostri figli

frutti di  infinito amore.

Padre, Bruno, mio ​​Dio,

a cui ci rivolgiamo per chiedere grazia.

Atleta invincibile di Cristo,

grande luminare della Chiesa,

di tutte le virtù e della scienza

il vostro zelo è noto,

luce e la forza del papato

e il sacerdozio d’onore.

Padre, Bruno, mio ​​Dio,

a cui ci rivolgiamo per chiedere grazia.

Della morte feroce e infida

liberasti il Conte  Ruggero

Che cosa aveva da temere

che speranza avrebbe avuto ?

Chi si affida a tale Patrono

deve eliminare ogni paura.

Padre, Bruno, mio ​​Dio,

a cui ci rivolgiamo per chiedere grazia.

La tua tomba miracolosa

è  prodigiosa piscina

di tutta la cattiva medicina

che accorre con fervore.

Ogni volta risulta benigna

ascoltando il grido degli oppressi.

Padre, Bruno, mio ​​Dio,

a cui ci rivolgiamo per chiedere grazia.

Come con Gesù il vincitore

Vi aspetterò nell’Empireo.

Padre, Bruno, mio ​​Dio,

a cui ci rivolgiamo per chiedere grazia.

Exaltasti Super terram habitationem ejus.                             Ut investigaret Sapientiam in oratione SUA.

Preghiera per la sua intercessione

Oh Dio, che hai chiamato San Bruno a servirti in ​​solitudine, concedi a noi, per sua intercessione, tra le vicissitudini di questo mondo in cui viviamo, di affidarci sempre a Te.

Per Gesù Cristo, nostro Signore. Amen.

(Tratto da la Liturgia di San Bruno della Cartuja di Porta Coeli)

Altri gozos

1 VAL DE CRISTO

val de cristo 2

3 VAL dE CRISTO 3