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  • Memini, volat irreparabile tempus

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Dom Porion sulla Candelora

Biagio Belotti (certosa garegnano)

Oggi 2 febbraio ricorre la “Candelora” cioè la festività che celebra la Presentazione al Tempio di Gesù, raccontata nel Vangelo secondo Luca. La “Purificazione di Maria Vergine” avvenne quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, dunque il 2 febbraio, Giuseppe e Maria portarono il Bambino al Tempio di Gerusalemme. Durante questa visita, Giuseppe e Maria incontrarono Simeone, che predisse loro che Gesù sarebbe stato la “luce per illuminare le genti”. Durante la festività i credenti, prendendo ispirazione da queste parole di Simeone, portano in chiesa delle candele per farle benedire. Per questa ricorrenza ho scelto per voi, cari lettori, una omelia di Dom Jean-Baptiste Porion, rivolta alla comunità certosina di cui era priore. E’ un testo alquanto lungo, che non ho voluto dividere poichè leggerlo e meditarlo, tutto d’un fiato, riesce ad infondere una condizione di serena beatitudine.

stelle sette x

Nel giorno stesso della Purificazione siete stati incoraggiati a meditare questo mistero, ma mi sembra che possiamo farlo ancora. Era l’umiltà di Maria che ti veniva detto allora, e si poteva vedere anche nella Purificazione la festa della luce, mostrando il rapporto che la Chiesa voleva stabilire tra le parole di Simeone e la benedizione del fuoco. – Oggi vogliamo ricordare un mistero più profondo e vedere nella Purificazione la festa del sacerdozio della Beata Vergine. Consideriamo prima ciò che sappiamo dalle Scritture delle azioni di Maria quel giorno. Arriva davanti al Tempio, giovanissima madre di forse sedici anni, avvolta nei suoi veli sotto i quali nasconde Gesù Bambino. San Giuseppe, suo sposo e custode, l’accompagna portando le due colombe in una gabbia e le cinque monete d’argento in una borsa. Possiamo dunque imitare la sua meditazione e indovinare i suoi pensieri! Davanti alla piazza del Tempio, porge una colomba al sacerdote, viene aspersa di acqua lustrale. Poi avanza sui gradini per offrire le cinque monete d’argento e la seconda colomba. Infine, entra nel Tempio, ed eccola alla presenza del Padre, verso il quale tende il suo Figlio, il Figlio di Dio e suo Figlio. E in questo piccolo essere sa che è racchiusa tutta l’umanità: tutte le fatiche, tutte le sofferenze e tutte le gioie dei cristiani sono già nel cuore di Gesù, e Maria offre al Padre tutti i figli che avrà. Probabilmente ci pensa, sa che il suo gesto ha un valore, una portata infinita. Già in quel momento ci amava nel suo cuore verginale, ci offriva al Padre. Tutta la nostra vita, in verità, deve consistere nel prepararci ad essere così offerti. Tutte le nostre azioni ed i nostri pensieri devono essere tali che la Beata Vergine possa presentarli a Dio. La prima condizione per arrivare a questa sublime offerta è dunque quella di condurre una vita pura e retta. Per noi certosini la rettitudine è ovviamente nel modo tracciato dalla regola. È un grande vantaggio condurre una vita molto semplice come la nostra, dove non hanno posto quegli imbarazzi, gli intrighi e le ambizioni che turbano il cuore delle persone nel mondo. La nostra vita è come pane azzimo, tutto puro e tutto bianco, che il sacerdote consacrerà. Un certosino che fa semplicemente il suo dovere è ben disposto a questa offerta ed a questa consacrazione. La seconda condizione è la solitudine del cuore. Il nostro cuore è un tempio più grande di quello di Gerusalemme. Dobbiamo essere soli in questo tempio con Dio e con la Beata Vergine: perché Lei non turba la nostra solitudine con Dio, ma ce la assicura. Là deve regnare un grande silenzio e una grande calma: nessun rumore, soprattutto nessuna discussione. Se siamo insoddisfatti dei nostri superiori e colleghi, se diamo loro giudizi, e se siamo interiormente occupati a lamentarci, a confrontare situazioni e persone, allora il tempio del nostro cuore non è quieto, l’offerta di ciò che facciamo e di ciò che siamo non può aver luogo. Nessuna curiosità o impazienza. Non solo il nostro cuore non dovrebbe essere occupato dalla preoccupazione per gli altri, ma non deve essere occupato dalla preoccupazione per noi stessi. Certo, dobbiamo pentirci dei nostri peccati, e soprattutto fare del nostro meglio per migliorare ogni giorno, ma il pensiero delle nostre imperfezioni non deve in alcun modo preoccuparci: è a Dio che dobbiamo pensare, e non a noi stessi. Rallegrarci di essere qui, preoccuparci di esserlo: finché queste cose ci occupano, Maria non può esercitare in noi il suo sacerdozio verginale. La solitudine del cuore così intesa è molto vicina all’abbandono, terza condizione perché l’anima diventi offerta gradita a Dio nelle mani di Maria. Dobbiamo darle il dono delle nostre cure, affidarci a lei per tutto, raggiungere la spensieratezza di un bambino. Il Vangelo ce lo intima con tale forza da far sembrare timide tutte le parole umane in questo. Non preoccuparti per il domani, dice Nostro Signore (Matteo 6:25), né per il tuo cibo, né per il tuo vestito, né per la tua salute. (Matteo 6, 28 e 31; Luca 12, 22) Siate come gli uccelli ei fiori, che sono lasciati solo alla mano di Dio e che portano alla perfezione. (Matteo 6, 28) Non voltarti neanche indietro, non perdere tempo a considerare le tue azioni passate. (Luca 9, 62) Lascia che la tua destra ignori ciò che sta facendo la tua sinistra. (Matteo 6, 3) Infine san Pietro, nel capitolo 5 della sua prima Lettera, riassume questo insegnamento in un ordine: Getta a Dio tutte le tue preoccupazioni, e il verbo che usa qui è quello che designa propriamente l’azione di gettare in mare ciò che ingombra una nave minacciata di naufragio. Mettiamoci, ad occhi chiusi, nelle mani della Beata Vergine perché si prenda cura di noi e ci offra a Dio. Siamo in gioia e dolci spirituale, chiudiamo gli occhi, fingiamo nel nostro comportamento di ignorarlo; siamo nella tristezza e nell’abbandono, richiudiamoli e sappiamo abbandonarci. Non meravigliarti se siamo apprezzati, ciò non riguarda l’anima ad occhi lucidamente chiusi; non giudichiamo la perfezione o l’imperfezione dei nostri fratelli: è comunque una cosa che faremmo meglio a lasciare a Maria. – O miei cari Fratelli, chi si abbandona così, posso assicurarvi che la Beata Vergine non tarda a prenderlo tra le sue braccia, ad elevarlo al Padre. Tutta l’arte di passare da questo mondo a Dio è saper chiudere gli occhi e affidare a Maria la propria condotta. Non si deve credere, inoltre, che l’abbandono sia contrario alla generosità. Chi è sinceramente abbandonato è docile alle ispirazioni della grazia. Possiede ciò che l’abate de Saint-Cyran chiama flessibilità nelle mani di Dio: è un dono dell’infanzia. Il bambino è facilmente guidato da sua madre. Le tre condizioni del sacrificio mariano che abbiamo enumerato: raccoglimento, abbandono, generosità, vanno sempre insieme e sono inseparabili nella verità. Questo dunque saremo, per prepararci ad essere offerti da Maria nel Tempio: fedeli, tranquilli, semplici e fiduciosi, ciechi come si diventa in un eccesso di luce. Poi ci prenderà. Ogni nostra azione offerta da Lei al Padre avrà un valore infinito. Non ci sono più piccole cose per un’anima così abbandonata: tagliare il pane, sbucciare le mele, spazzare le scale, cantare un cantico, tutto questo è immenso, perché è nelle mani di Maria. Possiamo anche dire, senza contraddirci, che per un’anima abbandonata non ci sono più cose grandi: ciò che sembra una montagna, un enorme ostacolo a chi si dirige e si prende cura di sé, è un accidente insignificante. anima abbandonata. Che non mi stimino, che mi riconoscano un povero, o che mi prendano per un mascalzone: l’uomo che si possiede è completamente sconvolto, come può giustificarsi? Un nuovo zelo per la giustizia e la verità – o la menzogna – lo strinse miseramente a questa notizia. Il figlio di Maria se ne accorge appena. Non sono affari suoi: tiene gli occhi chiusi e la mano nella mano di sua madre, si lascia condurre dove vuole – Poiché, inoltre, presto ci solleva tra le sue braccia, non vediamo più ciò che sembra così terribile per gli altri . Siamo davvero intrappolati nel fuoco incrociato. Conoscete questa espressione, presa dal linguaggio militare, che designa la situazione di un esercito attaccato sia alle spalle che davanti. Ma per noi è il fuoco dell’amore che ci assedia da tutte le parti: davanti a noi il volto del Padre, la Santissima Trinità che ci attende, e dietro di noi l’amore verginale di Maria che ci offre a Dio. La vita spirituale consiste proprio nell’essere condotto, sollevato e portato via da queste mani materne per essere presentato all’Altissimo. È cosa dolce sentirsi abbandonati in mani pure: siccome si è certi di non smarrirsi, che sicurezza dà questa stessa purezza! E queste mani hanno anche il potere di purificarci. Abbiamo già proposto questa interpretazione della solennità di cui celebriamo l’ottava: è la celebrazione della purificazione dell’umanità. Maria non aveva bisogno di essere purificata, ma ne avevamo bisogno tutti per accogliere Gesù, la luce del Padre. Solo un cristallo puro, infatti, lascia penetrare la chiarezza. Così Maria è andata al Tempio, non per se stessa, ma al posto nostro, a nome nostro, per comunicarci la sua purezza verginale e perché noi accogliamo Gesù. Per questo l’Immacolata è stata vista inginocchiata umilmente davanti al Tempio; e il prete che l’asperse d’acqua lustrale fu senza dubbio sorpreso di questa madre, quasi bambina, il cui volto era più chiaro, più puro dell’aurora. Deve essersi fermato, esitante, forse intuendo che quell’acqua non era destinata a Maria, ma zampillava sull’umanità intera, prostrata nell’ombra, assetata di perdono. Così Maria ha voluto comunicarci qualcosa della sua grazia e far riverberare su di noi le onde del suo cuore immacolato. Finalmente ci solleva tra le sue braccia, ed eccoci faccia a faccia con il Padre. Ci osserva costantemente e noi lo osserviamo. Questo faccia a faccia è la forma più alta della vita interiore; così san Paolo definisce il Cielo: non lo vedremo più, dice, nello specchio delle creature, ma faccia a faccia. (1 Corinzi 13:12) Quando viviamo sotto il suo sguardo, tutto ciò che facciamo è illuminato, tutto diventa più chiaro e trasparente. Appena ci viene in mente un cattivo pensiero, di rabbia, per esempio, di risentimento, di vendetta, si diffonde un’ombra, non siamo più sotto lo sguardo di Dio. La Scrittura usa spesso questa espressione: Ambulavit coram Deo: camminava sempre sotto gli occhi dell’Altissimo, per rendere la chiarezza e la bellezza di una vita veramente offerta a Dio. Ma anche noi lo guardiamo: ci svela il suo vero volto, che è quello dell’amore. Non abbiamo più paura, non siamo più obbligati a distogliere lo sguardo, come facevamo prima che la Beata Vergine ci purificasse dalla paura e ci fissasse nella fiducia. Guardiamo Dio in faccia. Lo sguardo di Dio e lo sguardo dell’anima si intersecano e si fondono nell’Unità eterna.

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Un testo per la Candelora

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Oggi 2 febbraio ricorre la “Candelora” cioè la festività che celebra la Presentazione al Tempio di Gesù, raccontata nel Vangelo secondo Luca. Quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, dunque il 2 febbraio, Giuseppe e Maria portarono il Bambino al Tempio di Gerusalemme. Durante questa visita, Giuseppe e Maria incontrarono Simeone, che predisse loro che Gesù sarebbe stato la “luce per illuminare le genti”. Durante la festività i credenti, prendendo ispirazione da queste parole di Simeone, portano in chiesa delle candele per farle benedire. Ricorre inoltre la XXVI Giornata mondiale della vita consacrata

Auguri dunque ad ogni consacrata e consacrato! Nella Festa della Luce!

E’ mio piacere offrirvi un breve testo di un certosino.

stelle sette x

′′Cerchiamo Dio, ma non è possibile trovarlo se Lui stesso non si rivela, non viene incontro a noi “. Fa ‘, Signore, che ritorniamo a te “. La nostra conversione a Dio e il nostro continuo sforzo di conversione è dono di Dio e frutto del suo amore per noi. È di Dio l’iniziativa; la nostra iniziativa è una supplica fiduciosa…….

La conversione predicata da Gesù è un atteggiamento profondo del cuore; non è, prima di tutto, liberarsi da questo o quel difetto. Ciò viene dopo, come conseguenza e coerenza dell’amore. La conversione che Gesù predica comprende l’uomo tutto, l’uomo intero, chiamato a rinascere…….

La vita cristiana non consiste nel presentarsi senza colpe davanti a Dio e ai nostri fratelli -” Il mio peccato, Signore, è sempre davanti a me, riconosco la mia colpa; per la tua grande compassione, abbi pietà di me ′′ (Sl 50). Questo è quello che Dio si aspetta da noi: nonostante le nostre ripetute mancanze, abbiamo il coraggio di iniziare a ricominciare, fiduciosi filialmente.

Un apoftegma dei padri del deserto suona così: una volta un viandante ha trovato un santo solitario nel deserto e gli ha chiesto: – Che cosa fate tutti qui in questo luogo desertico? Risposta del santo uomo di Dio: -” Cadiamo e ci rialziamo, cadiamo e ci rialziamo.”

Parole di un uomo che conosce se stesso e conosce Dio, suo Padre.

Parole che fanno pensare a Santa Teresina del Bambino Gesù, che diceva sul suo letto di morte: ′′Sono felice di morire così imperfetta, da lasciare al buon Dio il posto per la Sua Misericordia′′

Un certosino

Una meditazione per la Candelora

Flaminio Torelli 1(Presentazione di gesù al tempio) certosa di san Martino

Oggi 2 febbraio ricorre la “Candelora” cioè la festività che celebra la Presentazione al Tempio di Gesù, raccontata nel Vangelo secondo Luca. Quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, dunque il 2 febbraio, Giuseppe e Maria portarono il Bambino al Tempio di Gerusalemme. Durante questa visita, Giuseppe e Maria incontrarono Simeone, che predisse loro che Gesù sarebbe stato la “luce per illuminare le genti”. Durante la festività i credenti, prendendo ispirazione da queste parole di Simeone, portano in chiesa delle candele per farle benedire.

Ho scelto per voi, miei cari amici lettori, una meditazione ed una preghiera concepite da Dom Ludolfo di Sassonia per questa festa liturgica, ed estratte dal suo libro “Vita Christi”.

Cristo fu portato a Gerusalemme e in Egitto. Questo ci insegna che a volte dobbiamo elevare la nostra intelligenza per la contemplazione delle cose eterne, simboleggiate da Gerusalemme, una visione di pace, e talvolta abbassarle alla considerazione dei difetti stessi, rappresentati dall’Egitto, che significa oscurità.

Cristo viene portato in cinque diversi luoghi: a Gerusalemme, in Egitto, nel deserto, su un’alta montagna, in cima al tempio, che sono simboli dei cinque stati in cui troviamo Cristo: Gerusalemme, visione di pace, simboleggia la vita contemplativa; Egitto, la vita attiva, con la tristezza della tribolazione; il deserto, la vita religiosa, in cui si insiste il digiuno; l’alta montagna, l’importanza delle posizioni di governo; la parte superiore del tempio, i pali dei maestri. In questi stati possiamo trovare Gesù …

Preghiera

Amato Gesù, che ti ha consegnato al giusto Simeone per abbracciarti, come voleva. Vieni dolcissimo Gesù, donati a me, perché ti desidero con tutta l’anima. Getta via le impurità che trovi in me con la tua grazia purificatrice. Ho convertito il mio cuore al tuo tempio. Abitateci. Possa io abbracciarti e stringerti con le braccia del desiderio. Possa sempre augurarti, sorgente di luce, di essere con il Padre. Che io non lasci questa vita prima di vederti con gli occhi del cuore, perché sei amore e desiderio, vita e premio, per coloro che ti desiderano.

Amen.

Un sermone per la Candelora

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Nell’articolo odierno, in occasione della ricorrenza della cosiddetta Candelora, voglio offrirvi un sermone capitolare estremamente intenso di un priore certosino rivolto alla propria comunità.Vi ricordo che fino alla riforma liturgica successiva al Concilio Vaticano II, e tuttora nella forma straordinaria del rito romano, la festa è chiamata Purificazione della Beata Vergine Maria.

Miei venerabili padri e cari fratelli,

In questo giorno di purificazione, Gesù per la prima volta si è ufficialmente donato a suo Padre. Si è donato completamente mentre si dava sulla croce, quindi non è senza motivo che Simeone, illuminato dallo Spirito, unisce questi due misteri. Quando vede Gesù che si offre nel tempio al Padre, griderà in una visione profetica: “Ecco, egli è posto per la caduta e l’ascesa di molti in Israele, e per essere esposto a contraddizione. “

Quindi il giorno della Purificazione è, allo stesso tempo, il dono di Gesù a suo Padre, l’alba della redenzione e il mistero della croce.

Gesù, in questo giorno, si è donato completamente, ha affermato al Padre che gli apparteneva senza riserve, che poteva contare su di lui in tutto e per tutto. Questo dono totale di Gesù nasce dal dono totale dell’amore che la Parola dà al Padre nella Trinità. Gesù partecipa con tutta la ricchezza della sua natura umana. D’ora in poi, farà tutto ciò che il Padre vuole, e può già pronunciare le parole che pronuncerà la sera della sua vita: “Mio Padre ed io siamo una cosa sola”.

Questo dono porterà Gesù alla croce. Maturerà lentamente l’anima di Gesù, manifesterà l’anima sacerdotale che il Padre voleva che avesse. Non è solo nel suo nome personale che si dona oggi, è – in un certo senso, è vero, ancora oscuro e velato – come capo della razza umana. È un bambino misto a uomini, confuso tra i peccatori, è una donna umile che chiede di essere purificata, che si presentano oggi nel tempio. Né Maria né Gesù hanno mentito nei loro sentimenti. Erano consapevoli della miseria umana e hanno accettato di prenderlo interamente, totalmente. Si sono dati ad entrambi e a Dio.

L’anima di Gesù è già lì nel germe intero: un’anima sacerdotale consegnata alla santità di Dio, che prende tutto, lacerato tra questa santità e la miseria degli uomini di cui è il capo e che assume pienamente. . Senza dubbio, oggi viene comprato da due colombe che saranno sacrificate al suo posto, ma sa che questo è solo un simbolo, che verrà un giorno in cui dovrà essere veramente immolato per salvare la giornata. mondo, e che in questo momento come oggi sua madre starà vicino a lui.

Egli già indovina questo momento e lo accetta in una dolorosa gioia, gioia del dono a Dio e agli uomini, tristezza nel vedere che le sue stesse sofferenze saranno vane per molti; ma anche gioia nel vedere che tanti uomini saranno salvati e che nella Gerusalemme celeste, irradiando l’amore della Parola stessa, sarà la luce delle nazioni e la gloria di Israele.

Sono state queste prospettive a illuminare l’anima di Simeone, illuminate dallo Spirito, e gli hanno fatto cantare il suo “Nunc dimittis”. Anche noi, se vogliamo davvero partecipare a questa celebrazione, dobbiamo aprire i nostri cuori a queste prospettive e accogliere in noi stessi i sentimenti di Gesù. Dobbiamo ascendere al santuario della nostra anima più profonda, dove Dio è, e lì dobbiamo chiedere a Maria di presentarci al Padre come una volta ha introdotto Gesù. Dobbiamo attraverso di lei e attraverso di lei donarci con tutto il cuore, totalmente, partecipare al dono dell’amore della Parola e di Cristo nella Trinità, sviluppare pienamente secondo la nostra misura questa grazia che ci è stata data nel giorno del nostro battesimo. Al momento della nostra professione, ci siamo impegnati con il voto di conversione della morale. Oggi, dobbiamo rinnovarlo con piena consapevolezza. Ci doniamo al mistero della croce. Non dobbiamo dimenticare che accettiamo la sofferenza per salvare il mondo, che accettiamo di confrontarci con la contraddizione, la sofferenza fisica e morale. Dandoci come Gesù e Maria, accettiamo di morire sulla croce.

Il primo sacrificio sarà senza dubbio quello di abbandonare in questo giorno il nostro orgoglio, non di considerarci tra i giusti ma, come fece Gesù, tra i peccatori e gli umili e offrirci, in tutta verità, come tali padre.

Poi scompariranno i severi giudizi sui nostri fratelli, il piacere di criticare o denigrare, i rifiuti di rendere servizio, le vane scuse davanti alle nostre miserie e ai nostri difetti. Allora nascerà l’umile obbedienza a tutti, la gioia di essere giudicati e condannati male, la pace prima dell’abbandono di Dio. Tutto questo fa parte della nostra condizione di peccatori.

È solo quando portiamo i nostri peccati e la nostra croce che la festa della purificazione avrà il suo vero significato per noi. Daremo veramente noi stessi a Dio come veri peccatori che solo il suo amore e la sua misericordia possono salvare.

Ma questo mistero si apre, te l’ho detto, sulle prospettive di gioia. “Luce delle nazioni e gloria di Israele”, disse Simeone di Gesù. Possiamo dire lo stesso dei santi, che si sono umilmente donati con Gesù e da Gesù e Maria. Da qui in poi, sono la luce e la gloria della Chiesa, risplenderanno come stelle nella Gerusalemme celeste, in una gioia eterna. Ed è a questa gioia che finalmente ci invita oggi. Così sia.

Purificazione della Beata Vergine Maria 1969