L’episodio storico che oggi vi racconto riguarda un triste periodo, nel quale, a seguito dell Rivoluzione Francese, il Papa venne esiliato nella certosa di Firenze.
Gian Angelo Braschi salì al soglio di Pietro nel 1775, dopo la morte di Clemente XIV scegliendo il nome di Pio VI.

Certosa di Firenze entrata dell’appartamento di Pio VI
Egli a seguito della Rivoluzione Francese, si rifiutò di riconoscere i moti parigini, difatti quando ai sacerdoti fu richiesto un giuramento di fedeltà al regime, il papa condannò come scismatica la Costituzione. Le relazioni diplomatiche furono interrotte e la chiesa francese fu profondamente divisa. Il 15 febbraio 1798 il generale Berthier entrò in Roma, proclamò la repubblica romana e, deposto il pontefice (considerato come un capo di stato), lo costrinse a ritirarsi in Toscana. L’esilio del Papa cominciò nel permanere alcuni mesi a Siena, presso gli agostiniani, ma poi fu trasferito nella certosa di Firenze. II primo giorno di giugno del 1798, alle ore 7 partì da Siena per giungere in certosa alle ore 16, dove fu accolto con gran calore ed affetto dalla comunità monastica. Fu ospitato nella foresteria, composta da tre grandi ambienti, oggi detti anche “Appartamento del Papa” in ricordo del pontefice che vi soggiornò in reclusione. Vi si trovano una grande sala, uno studio e una camera da letto, con numerose opere d’arte e oggetti appartenuti a Pio VI. Durante tutto il periodo che egli stette alla certosa, non uscì mai da quel luogo, nel quale non si dava accesso nè ai fiorentini, nè ai forestieri. La sua residenza fu guardata a vista da due commissari francesi. Ebbe rari incontri, i principali vennero immortalati in stampe, che vi propongo in questo articolo e che riguardano la visita di S. A. Ferdinado III Granduca di Toscana, avvenuta il 5 giugno.
L’altra visita immortalata, è quella delle maestà Sarde che rendono omaggio al povero Papa. Entrambi le visite si svolgono sotto lo sguardo vigile dei certosini.
Nel frattempo le sue condizioni di salute peggioravano, difatti la sua paralisi faceva spaventosi progressi, ed egli soffriva moltissimo specialmente a motivo di dolorose vesciche sulla cute. La sua infermità divenne severa al punto che Pio VI perse l’uso delle gambe e non fu più in grado di reggersi in piedi. Sua Santità non potè più aver la consolazione tanto grande di celebrare la S. Messa. L’ascoltava nondimeno ogni giorno, e di tanto in tanto si comunicava alla Comunione del celebrante. Nella mattina del dì 27 marzo, dopo nove mesi e 28 giorni di reclusione, trascorsi in certosa il General Gaultier e il Ministro Rheinard, che avevano assunto il supremo comando della Toscana, si presentarono al Pontefice per notificargli gli ordini ricevuti. Gli agenti francesi, incuranti della salute cagionevole del Papa gli ordinarono bruscamente di lasciare la certosa, per condurlo a dormire fuori Firenze in un albergo, l’indomani lo si fece partire prima dei giorno. Fu scortato da 200 soldati che lo trasferirono, con un estenuante viaggio, attraverso Torino e fu costretto ad attraversare le Alpi lungo sentieri innevati, giungendo a Briançon e poi a Valence. Pio VI morì prigioniero nella cittadella di Valence il 29 agosto 1799.

Pio Vi riceve l’ ordine di lasciare la Certosa

Viaggio avventuroso, passaggio al Moncenisio di Pio VI
Nella sua ultima lettera Quoties animo scritta il 13 agosto 1799, pochi giorni prima di morire, scrive queste parole: “Le tribolazioni che ci hanno molto colpito ci avrebbero sopraffatto, se la grazia di Gesù Cristo non ci avesse aiutato”…
Desidero inoltre condividere, ciò che scrisse Giovanni Paolo II, quando asserì che “gli ultimi mesi di Pio VI furono la sua personale via crucis”.
Ho voluto raccontarvi questo triste e drammatico episodio, nel quale i nostri amati monaci certosini furono impotenti testimoni e spettatori, che seppero coccolare il successore di Pietro con dedizione ed amore cristiano.

Morte di Pio VI a Valence
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