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Cari amici, è ormai trascorso un anno da quando un giovane spagnolo di nome Kevin Perez ha fatto il suo ingresso nella certosa spagnola di Portacoeli per abbracciare la vita monastica certosina. Tra l’incredulità dei giovani d’oggi, un giovane del XXI secolo abbandona tutto alla ricerca di Dio tra le mura di una certosa.
Voglio offrirvi un video, in lingua spagnola, che da qualche settimana è presente in rete, nel quale il giovane ci spiega le motivazioni della sua vocazione. Ho tradotto per voi il testo, nel quale egli ci parla di lui e della vita claustrale che lo attendeva. Un gradevole appello ai giovani di quest’epoca in cerca di una via che conduca alla felicità.
Kevin Pérez, un giovane spagnolo, ha partecipato ad alcuni episodi di Catholic Stuff. Nel suo cammino di conversione a Cristo si è unito alle Serve del Focolare della Madre, ha studiato Chimica e Biochimica ed è stato un buon calciatore federato, che ha lasciato quando stava per diventare professionista, quando ha poi sentito la chiamata di Dio al sacerdozio. È entrato in Certosa il 25 marzo 2022, solennità dell’Annunciazione, dopo un intenso processo di discernimento che dettaglia nella sua testimonianza nel video di Catholic Stuff.
Kevin Pérez: «Ho deciso di lasciare l’università, il calcio quando stavo per diventare un professionista e tutto il resto, come risposta all’amore di Dio che mi ha chiamato a essere un prete certosino»
«E poiché l’amore di Dio è tanto grande, anche la mia risposta deve essere la più grande possibile e sapevo che la mia dedizione doveva essere totale e quindi nella vita monastica, nella quale si dona assolutamente tutto. Dopo averci pregato, meditato e fatto varie esperienze in diversi monasteri, ho scoperto che Dio mi chiama alla Certosa, per essere un monaco certosino ordinato sacerdote per sua grazia. Il monaco certosino è un uomo che sacrifica la sua vita per la gloria di Dio e per la salvezza della sua anima e quella degli altri e, in ultima analisi, per il bene della Chiesa»
“Sono cresciuto in una famiglia cattolica in cui è stata mantenuta la pratica della fede, in particolare la preghiera, i sacramenti e la partecipazione alla vita della parrocchia. A 14 o 15 anni Dio mette nel mio cuore un certo desiderio di vita consacrata, di vita religiosa. Da quel momento non lo tengo più a mente nelle mie preghiere ed è una cosa che va piano piano, crescendo man mano che maturo, sia umanamente che spiritualmente” spiega Kevin Pérez.
All’età di 18 anni Kevin conobbe la Comunità delle Serve del Focolare della Madre che si trovavano in Navarra, dove viveva. Quell’estate fu invitato a un pellegrinaggio in Irlanda. “E sono stato felicissimo di andarci poiché ero desideroso soprattutto di sperimentare cosa fosse la vita religiosa. Poi sono andato alla casa del noviziato dei Servi. Attraverso di loro approfondisco il mio amore per la Beata Vergine, che è nostra Madre ed è mia Madre. Cresco anche nell’amore e nella devozione all’adorazione dell’Eucaristia. Insomma, condurre una vita di fede cattolica coerente.
Stavo finendo il liceo e ho iniziato a studiare una doppia laurea in chimica e biochimica all’Università di Navarra. Giocava anche a calcio in una squadra federata e proprio quell’anno avrebbe promosso alla categoria professionisti. Quando stavo per compiere 19 anni, nell’estate del 2015, in pellegrinaggio con le Serve del Focolare della Madre, ho scoperto la mia vocazione.
Con la voglia di darmi per vinta, ho deciso di lasciare sia l’università, il calcio e le cose che mi legavano un po’ al mondo, in modo che appena avessi scorto il luogo dove Dio mi chiamava, potessi entrare. Nel pellegrinaggio ricevo due Grazie specifiche e alla Santa Messa mi fanno vedere che tutte queste grazie che ho ricevuto negli anni mi mostrano il grande amore che Dio ha per me. E come naturale risposta a quell’amore che Dio ha avuto per me, mi ha e mi avrà, ho dato la mia vita a Lui.
“E io rinuncio alla mia vita perché l’amore di Dio è così grande, così infinito, l’amore che Dio ha avuto per me. Quello è stato il momento chiave in cui ho capito che dovevo dare la mia vita a Dio. E poiché l’amore di Dio è così grande, anche la mia risposta deve essere la più grande possibile e sapevo che la mia dedizione doveva essere totale e quindi nella vita monastica, in cui si dona assolutamente tutto.
Dopo averci pregato, meditato e fatto varie esperienze in diversi monasteri, ho scoperto che Dio mi chiama alla Certosa, per essere un monaco certosino ordinato sacerdote per sua grazia. Il monaco certosino è un uomo che sacrifica la sua vita per la gloria di Dio e per la salvezza della sua anima e quella degli altri e, in ultima analisi, per il bene della Chiesa. E questo nel silenzio e nella solitudine che il monastero offre nell’ambiente claustrale, precisamente la cella. Che come dicono molti autori certosini, cercare di vivere di Dio.
Allontanare assolutamente tutto, vivere senza la vicinanza di persone, affetti, pensieri, per dedicarmi completamente e continuamente alla ricerca di Dio, della perfezione, della sua volontà, della gloria di Dio. E questo in modo mistico, misterioso, che ci ritroveremo in paradiso se Dio vuole perché riguarda il resto della Chiesa”.
“Ai giovani che sono nel momento del discernimento e delle decisioni importanti, direi che ciò a cui veramente Dio chiama tutti noi è la santità, è dargli Gloria, è fare la sua volontà. Il modo migliore per aiutare se stessi è fare la volontà di Dio e per questo sono essenziali la preghiera ei sacramenti, le due fonti di grazia che Dio ci dà attraverso la chiesa. È così che si scopre, poco a poco, qual è la volontà di Dio e la vocazione personale che può essere quella naturale nel matrimonio o soprannaturale nella vita consacrata o nel sacerdozio. Vi chiedo preghiere per la mia fedeltà. Cercherò anche di fare la volontà di Dio e che questo ricada su Grazie per tutti. Sappi che Dio ha un piano su di te per renderti felice”, conclude.
Vi invito dunque a pregare per il cammino intrapreso da questo giovane, affinchè possa essere nuova linfa per il nostro amato Ordine certosino.
Continua l’intervista al giovane spagnolo Joaquin, che ha deciso di fare ingresso in certosa, a Porta Coeli.
Sei consapevole che in un certo senso è morire al mondo per nascere a Dio?
Completamente, l’unico modo per poter vivere da eremita e separato dal mondo è fare questo passo. Non è una rinuncia violenta come rifiuto del mondo, ma una completa infatuazione di Dio. Se si sente la chiamata di Dio e del suo amore, nella sua scala di valori diventa la prima cosa e tutto diventa molto sopportabile, nonostante la durezza della vita nel chiostro, la rassegnazione della famiglia e degli amici, dei viaggi, degli hobby. .. Se uno è innamorato di Dio, sa che in questa vita gli darà il centuplo e soprattutto la promessa della vita eterna, che è ciò che conta davvero. Se uno è molto unito a Dio, il resto è totalmente irrilevante e va su un piano molto secondario.
Fino a che punto questo ritiro dal mondo fa sparire tanti ostacoli sulla via della santità?
Allontanandosi davvero dal rumore del mondo, dalla secolarizzazione attuale… in un clima di raccoglimento, di silenzio, è più facile avvicinarsi a Dio, avere momenti di intimità molto più intensi ed essere in un presenza di Dio, senza preoccupazioni materiali, senza impegni mondani.
Comunque è una vita oggettivamente molto dura, di tanta preghiera e sacrificio, lavoro manuale ecc…
Esatto, ma se credi che Dio ti chiama a lodarlo, a pregare, a chiedere per il mondo… l’ascesi è necessaria e offrendo tutta la tua vita, tutta la tua volontà ha per Dio un valore molto grande. Se si cerca la santità, è il modo migliore per aiutare la Chiesa e salvare le anime, avendo come riferimento lo stesso Cristo che ha dato se stesso donando la sua vita per redimerci dal peccato e salvarci. Il certosino si ritirava in solitudine, ad una vita dura e di rinuncia, per avere quella pienezza in Dio.
Perché la gioia interiore di vivere uniti a Dio non deve necessariamente essere accompagnata da una gioia sensibile?
Quando una persona lascia tutto, per una vita di sacrificio, di penitenza… ha pochissime gioie sensibili, lontane dalla società del benessere, ma è più propenso all’ascolto di Dio attraverso il silenzio interiore e il silenzio esteriore, che sono molto importanti, soprattutto quello interno. Quando sei molto unito a Dio, Lui stesso ti dà una sorta di compenso spirituale e di gioie interiori essendo unito a Lui. Non si può vivere di queste consolazioni, ma di fede, che è ciò che fa realmente la tua volontà unita a Dio, a prescindere di consolazione o desolazione. Ci possono essere momenti di difficoltà nella propria vocazione, dove bisogna avere la convinzione di perseverare nelle lotte interiori. Preghi molto e ti sacrifichi, ma a volte non vedi i frutti, devi vivere per fede. Dio opera attraverso l’umiltà, il distacco, la dedizione… Dio, di fronte all’umiltà e alla fiducia dei santi, opera meraviglie in loro.
Cosa diresti a un giovane che sta valutando una vocazione alla vita religiosa?
Che è una decisione che deve nascere da dentro, nessuno deve convincerti, sei tu che devi fare il passo. Se cerchi con rettitudine di intenzione di seguire la volontà di Dio se ti chiama alla vita religiosa, hai tutte le opzioni per essere felice. Se cerchi sempre la volontà di Dio, Lui ti ripaga con quella felicità che tutti desideriamo. A volte non è facile discernere la chiamata, ma devi essere coraggioso per osare per cercare di sapere se Dio ti chiama davvero. La vita religiosa è condizionata dall’obbedienza, dal rinnegare se stessi, che è l’esatto contrario del mondo moderno.
Ho pubblicato questa intervista affinchè possa essere di aiuto ed orientamento per tutti coloro che hanno esitazioni e perplessità sulla vita monastica. A Joaquin, vadano le mie e le vostre preghiere.
Dalla Spagna, ci giunge questa interessante intervista a Joaquin un giovane che ha deciso recentemente di abbracciare la vita monastica certosina ed entrare nella certosa di Porta Coeli a Valencia. Ha chiesto ad amici e parenti preghiere nascondendo fino all’ultimo il suo intento, portando avanti la sua vocazione in silenzio. La passione per la speleologia e per la montagna hanno contribuito a temprarlo alla solitudine ed al silenzio. La Provvidenza gli ha donato la vocazione, e come si evince dalle risposte date ad un amico che lo ha intervistato, si avvia con grazia verso questa nuova vita volta all’incontro con Dio. Vi invito a pregare per lui ed a chiedere a San Bruno di illuminare il suo nuovo cammino.
Le dieci domande le ho divise in due articoli, oggi le prime cinque a seguire le restanti.
Come è nato nella tua vita il desiderio di consacrarti a Dio come religioso?
Non è stata una scoperta improvvisa, è stato qualcosa di graduale che ho visto nella preghiera, parlando con il direttore spirituale o con amici sacerdoti. È stata una scoperta progressiva dopo un’intuizione o un’inclinazione a un tipo di vita. Non c’è un tempo preciso. Vedendo i mali che esistono in questa società, hai più ragioni per donarti completamente a Dio, contando sempre sulla sua forza e sulla sua chiamata.
Perché in una certosa? Cosa ti ha attratto di più di quella vita?
Ho sempre avuto molto contatto con la montagna, con l’ambiente naturale e la vita contemplativa mi ha sempre attratto molto, perché era una vita di riflessione, di preghiera, di sguardo verso un Dio, che è tutto, che è l’unico che ci ha creato, colui che ci sostiene in ogni momento. È un tipo di vita che ha qualcosa di molto speciale per donarsi a Dio in modo pieno. Non mi sono mai piaciute le folle e la vita di solitudine l’ho sempre condotta abbastanza bene. Sono sempre stato attratto dalla vita eremitica. Ho un amico per metà eremita, e con lui ho sempre avuto un ottimo rapporto e tanta amicizia.
Perché il contatto con la natura, il silenzio… qualcosa che hai sempre cercato?
Fin da piccola ho fatto molti momenti di escursioni il sabato con i miei genitori, passeggiando, camminando in montagna … Dei miei 5 fratelli, 4 di noi sono andati per le montagne alla scoperta dei castelli, per esplorare la geografia intorno a Castellón, le diverse montagne… e questo è stato ulteriormente intensificato dal mio amore per la speleologia. Ho sempre avuto bei momenti e silenzio, di raccoglimento, di ammirazione delle meraviglie del creato.
Come è stato il processo di discernimento?
È stata una cosa che è durata molto tempo, parlare con persone diverse, studiare com’era la vita monastica, meditare… Ho fatto una piccola esperienza vocazionale 2 anni fa durante una prova di 2 settimane in certosa e l’ho vissuta molto bene e mi sono adattato molto bene alla vita nell’eremo, che è dove vivono e si ritirano i certosini. Sono una specie di case dove c’è un giardino e spazi diversi per il lavoro, la preghiera, il bagno, il letto, la scrivania o lo studio…
Qual è stato il punto di svolta in cui hai preso quella decisione epocale nella tua vita?
È una domanda complicata e una decisione difficile. Quell’opzione nella mia vita mi è sempre rimasta in testa e una volta fatto il test e mi sono adattato bene, la bilancia ha optato per questo tipo di vita verso Dio, lasciando il mio lavoro e lasciando tutto per il Signore. Con gioia ho deciso di lasciare il secolo per dedicarmi interamente a Dio.
Ho lasciatio per ultimo questo profilo di vite esemplari di fratelli e donati. Il Fratello Francisco de Aranda è infatti uno speciale donato della certosa di Porta Coeli. La sua vita, oltre ad essere esemplare, è stata abbastanza sui generis, proverò ad illustrarvela. A causa della lunghezza del testo ho ritenuto opportuno dividerlo in due articoli.
È una vita estremamente curiosa quella di questo bravo Fratello che morì all’età di novantadue anni sotto l’umile abito di donato. Venne al mondo nel villaggio di Teruel intorno al 1346. La famiglia di origine era tra le più illustri del paese. La sua prima educazione, diretta al bene, sotto il controllo dei suoi genitori e con l’aiuto di abili maestri, non lasciava a desiderare. Dotato di doni e aggettivi squisiti che donano al giovane tanto fascino, il bambino è diventato un adolescente di grande distinzione, destinato ad avere un ruolo importante nella società. Suo padre lo presentò alla corte, dove lui stesso aveva i suoi ingressi, e lo presentò al re d’Aragona, Pedro IV, persuaso che avrebbe aperto i suoi onori. Francesco vinse presto, il favore del monarca che lo nominò primo cameriere del figlio minore. C’è la morte del sovrano, l’erede della corona ha dovuto inviare un corpo di marina in Sicilia per sopprimere un inizio di insurrezione. Mise il fratello alla testa delle truppe, ma mantenne il brillante scudiero a cui affidò l’educazione del figlio maggiore da bambino. Delicata missione per un giovane di sedici anni! Interamente dedicato al suo compito, il maestro coltivava lo spirito e il cuore del suo studente con sorprendente competenza e maturità, che gli valse più di una volta gli incoraggiamenti dei principi e lo mise in evidenza. Queste due esistenze finirono per crearne una sola, in modo tale da avere punti di contatto. Le giornate sono state condivise tra la vita familiare e le lezioni del tutor. Quest’ultimo, tuttavia, ha avuto la parte migliore. Di notte, le loro stanze erano comunicanti. Ora, una mattina, contrariamente alla sua abitudine, il bambino non rispose alla chiamata. Sorpreso e non ascoltando, Aranda penetra nell’appartamento e trova un cadavere ancora caldo. L’emozione è indescrivibile e trasmessa con il passaparola ai quartieri più remoti della capitale. Immediatamente furono svolte indagini. Gli abitanti del palazzo furono sottoposti a un accurato interrogatorio; Aranda fu particolarmente incalzato di domande. Nonostante ciò, questa tragica morte rimase avvolta nel mistero. Tuttavia, il giovane viene arrestato e, sebbene non vi sia alcun sospetto fondato su di lui, viene imprigionato nella cittadella di Morella. Scuola dura che un giorno dovrebbe metterti in possesso anche del sovrano! Scuola dura, diciamo! In effetti, si può prevedere una svolta più inaspettata e completa? Ieri al vertice delle distinzioni; oggi, in fondo alla scala sociale! Seduto al tavolo di un re ieri; gettato oggi nel fondo di una prigione! Ieri, lusingato dalla massa di favoriti; oggi, posto tra i ranghi dei prigionieri! In quale direzione tende la fortuna di un uomo! A ciò che tende la tua rovina morale! Qui, per uno spirito esperto nelle cose della fede, ci sarebbe una questione di riflessione. Profondamente abbattuto, ma rassegnato, consapevole della sua innocenza, il nostro prigioniero adora, senza capire, le vie della Provvidenza e bacia la mano che lo batte. “Ah! se dice, il mondo è fatto comunque! Promette molto. Cosa dà comunque? La fortuna mi ha sorriso. La mia orgogliosa famiglia mi ha mostrato il futuro con i colori più belli. Quanti miei amici hanno invidiato la mia situazione! Ed ecco questo bellissimo edificio crollato da cima a fondo! Cosa diventerò? Solo tu lo sai, Signore; questo è abbastanza per me. Mi abbandono anima e corpo ai tuoi disegni impenetrabili. Tutto quello che posso promettere, “giuro” è che se mi dai la libertà, il mondo non conta più su di me tra i suoi adoratori. Mi rinchiuderò in un chiostro.
Nel frattempo, re Giovanni I d’Aragona morì improvvisamente per un incidente di caccia (1395). Per mancanza di un erede diretto, suo fratello minore, Martino, un tempo studente di Aranda, salì al trono. Ma, essendo stato trattenuto in Sicilia, Dona Maria, sua moglie, fu proclamata regina dell’Aragona. Riconosciuto per i servizi forniti, una volta, dallo scudiero di Teruel, ne ordina la scarcerazione e lo nomina membro del consiglio privato: una doppia iniziativa che riceve piena approvazione dal sovrano. La riparazione fu completa, soprattutto perché era necessaria. Il rilascio del prigioniero fu un sollievo per tutte le coscienze. Riabilitato nell’opinione e reintegrato in tribunale, Aranda non perderà di vista le riflessioni sensibili suggerite dal suo soggiorno a Morella? Ora che la fortuna gli sorride, il mondo non gli appare, senza dubbio, con colori così cupi. E, in effetti, una voce gli dice: questa voce del mondo che invariabilmente dà la stessa nota: «Tagliare la tua carriera, lanciarti nell’ignoto, lasciare il giusto per l’incerto, è pazzo. Ci hai pensato? E se i certosini ti respingessero? O se non riuscissi a perseverare in questo impegno? La corte sarebbe evidentemente chiusa a te.
Recatosi a Barcellona per la famiglia, convinto del grande progetto che alimenta, un giorno entra in una chiesa, si avvicina a una cappella dedicata a Santa Anna e le sue mani appoggiate sull’altare, rinnova il suo giuramento per rompere con la corte e per finire se stesso nella certosa di Porta Coeli e voler trascorrere il resto dei suoi giorni con l’abito di donato. Ciò accadde nel 1396. Poco dopo, scrive al priore di questa casa, implorandolo di riceverlo come l’ultimo dei suoi figli. Per ottenere la benedizione del cielo su sua richiesta, si impegnò a costruire interamente un chiostro e sette celle a proprie spese. Queste celle sarebbero state fornite da lui e fornite del materiale necessario per le occupazioni dei suoi abitanti. Inoltre, un reddito annuo di cinquanta scudi d’oro, che sarebbe stato consegnato, vicino al Natale, nelle mani del priore, e diretto ai bisogni più urgenti del monastero. La risposta non fu fatta aspettare; era del tutto affermativo. Il lettore estraneo alle cose di religione dirà esiste un singolo convento che non apre tutte le porte a un candidato armato di tali pezzi? Anche se, secondo gli statuti, al priore è vietato, sotto severe sanzioni, di pretendere qualsiasi cosa da un postulante, non gli è tuttavia proibito accettare una donazione mano nella mano. Ritornando al nostro Francisco. Con il suo futuro fissato, poteva solo dire addio ai sovrani. È, secondo lui, il lato delicato della domanda. Il re e la regina, ascoltando questa notizia, non possono evitare un movimento di sorpresa misto a tristezza. dopo trentadue anni che questo coraggioso Aranda entrò in tribunale, tutti i principi lo avevano votato come un affetto quasi fraterno; tutti si sono resi conto dell’idea di vederlo finire in mezzo a loro. Nessuno è più silenzioso del sovrano. Non è sotto gli occhi e, per così dire, nella scuola del tuo precettore, che sei cresciuto e hai imparato le lezioni in cui ti ispiri ogni giorno nella gestione degli interessi del Paese? Quante obiezioni, quante riparazioni affettuose, cadono da questi due cuori infranti e sono confuse nel mezzo di un diluvio di lacrime! E lui rispose con una voce rotta dai singhiozzi: «L’affetto per il tuo augusto popolo, mi è stato concesso per molto tempo. Ciò che ho cercato lì per forza morale, nel corso della mia frequente cattività, solo Dio lo sa. La tua desolazione testimonia la sincerità della tua amicizia; i tuoi gemiti mi spingono nel profondo della mia anima. Solo Dio lo sa. Vuoi allora che resista alla chiamata della grazia? Tutto mi indica la vita del chiostro. Separandomi da te, sono sicuro, per quanto possibile, di adempiere un dovere di coscienza. Se il sacrificio che sto pensando di fare fosse opera della mia volontà, certamente non lo farei. Ma state tranquilli, la separazione non vi sta dimenticando. Al contrario, più apparteniamo a Dio, più apparteniamo a coloro che amiamo quaggiù. Là tutto consegnato alle mie sante occupazioni, vi porterò, ancora di più nel mio cuore. Lontano dalle vanità del mondo, estraneo agli affari, non smetterò di pregare per la conservazione di Vostra Maestà e per la prosperità del regno, – ciò che è più caro in questo mondo. »Crediamo che le cose debbano accadere più o meno così. Ciò che ci rifiutiamo di tradurre è l’emozione che è esplosa da una parte e dall’altra nel momento in cui, con l’ultimo saluto, sono stati scambiati gli ultimi sguardi pieni di lacrime. Aranda aveva cinquantadue anni quando aprì l’ingresso di Porta Coeli Per lui, stava entrando nell’atrio del paradiso. Arrivato al porto, si espande in termini commossi ed esclama: «Che ringraziamento devo darti, Signore, per avermi portato in questa santa dimora! È allora al tuo tabernacolo che i miei giorni passeranno d’ora in poi. È sufficiente, per riconoscere questo favore, offrirti l’offerta della mia povera persona sotto il dominio di São Bruno? Perché dovrei pentirmi di ciò che ho lasciato? Tutto questo non è nulla in confronto a quello che ho trovato, oh mio Dio. ”Ricordiamo, aveva espressamente chiesto di rimanere nella condizione di donato, vale a dire tra i più piccoli della famiglia. Per non parlare del chiostro a cui non ha mai osato appartenere, ha respinto l’idea di unirsi ai conversi. La donazione pura e semplice era il suo sogno. Le sue aspirazioni più intime non salirono più in alto. Lavoratore dell’ultimo minuto, voleva vivere nell’ignoranza, nonostante il fatto che la sua esperienza di vita, la sua educazione, la sua conoscenza lo rendessero adatto a tutte le posizioni. La Provvidenza gli aveva riservato delusioni crudeli.
Eccoci giunti al mese di aprile, nel quale ci accingiamo a celebrare la Santa Pasqua. Ho per voi cari amici una lieta notizia che apre questo mese che ci giunge dalla Spagna. Lo scorso primo febbraio, alle ore 15, nella certosa iberica di Porta Coeli, nei pressi di Valencia, padre Carlos Rosmaninho ha preso l’abito certosino, cominciando così il periodo del noviziato.
Una eccellente notizia, poichè questo sacerdote è di nazionalità portoghese e quindi si unirà ai quattro anziani monaci che come ricorderete hanno lasciato la certosa portoghese di Evora, a seguito della triste chiusura. La cerimonia svoltasi in certosa, ha avuto inizio nella sua cella con l’imposizione dell’abito da parte del Padre Priore Dom Luis Nolasco, anch’egli portoghese. Successivamente la semplice cerimonia è proseguita nella sala capitolare, alla presenza dell’intera comunità monastica ed alcuni amici e familiari, che prostratosi sul pavimento ha chiesto misericordia per poi essere abbracciato dai confratelli. Ha fatto seguito un sermone pronunciato dal Padre Priore, poi la comunità lo ha accompagnato in processione nella sua cella, laddove egli ha ricevuto il nuovo nome da lui prescelto. La scelta di padre Carlos è stata Bruno di Santa Maria della Grazia e del Trionfo del suo Cuore Immacolato. Ovviamente il riferimento è a san Bruno ed al patrono della diocesi di Setúbal. La cerimonia si è conclusa con i canti dei Vespri nella chiesa della certosa.
Padre Carlos Rosmaninho ora Bruno comincia il suo cammino da novizio, che durerà due anni, al cui termine potrà emettere i suoi primi voti religiosi, che successivamente saranno rinnovati e che lo condurranno ad essere definitivamente un nuovo Padre certosino. Affinchè questo percorso arrivi al completamento, nel giorno del suo inizio, vi invito a pregare per questo giovane portoghese. La Grazia di Dio con l’intercessione di san Bruno, gli illumini questo cammino da lui scelto ed esaudire la sua vocazione. La linfa certosina portoghese possa alimentare e nutrire sempre le vocazioni dell’Ordine.
Cari amici, lo scorso lunedi 23 settembre, la comunità certosina di Porta Coeli ha effettuato in occasione del cosiddetto “grande spaziamento” una visita alla storica certosa di Vall de Cristo. I monaci hanno scelto l’antica certosa, che dista oltre quaranta chilometri (distanza con auto), come meta della loro passeggiata lunga, che avviene con cadenza semestrale. Previo contatto, il Padre Priore Luis Maria Nolasco ha richiesto di partecipare ad una visita guidata del complesso storico, condotta dalla Associazione Culturale certosa di Valldecristo. Va ricordato che l’Associazione Culturale certosa di Valldecristo ha iniziato nel 2009 il progetto denominato Caminos de Valldecrist con l’intenzione di recuperare una serie di camminamenti. L’itinerario che cerca di ricostruire, sono i percorsi ed i sentieri che i monaci percorrevano tra la certosa di Valldecrist e Porta Coeli nei tempi di splendore dell’Ordine certosino, per mantenere il contatto e comunicare in un tempo nel quale non esistevano i mezzi di trasporto attuali. Pare che questo sentiero pedonale recuperato accorci la distanza tra le due certose a soli ventuno chilometri!
Questa Associazione Culturale è un movimento culturale che cerca di salvare dall’oblio il monumento e la storia di quello che era uno dei più splendidi monasteri dell’Ordine certosino. L’obiettivo principale resta quello di restituire la dignità a questo sito attraverso la conservazione, la promozione ed il recupero del patrimonio culturale, consentendone il recupero della memoria storica che merita. Ma veniamo alla visita.
La visita si è svolta tra la comprensibile emozione degli operatori, intenti a spiegare ai monaci certosini la architettura e le vicende storiche di Valldecristo. Il Padre Priore ha voluto inoltre fermarsi in preghiera con i suoi confratelli negli ambienti della chiesa. Vi riporto con estrema riservatezza le immagini distribuite in rete, che testimoniano questo suggestivo ed eccezionale momento. A seguire un video che ci mostra l’attuale stato della certosa di Valldecristo.
Cari amici lettori di Cartusialover, ecco oggi per voi due brevi video tratti da un reportage sulla certosa spagnola di Porta Coeli. Il documento filmato fu realizzato nel 1991 per il programma televisivo “Pueblo de Dios” dalla emittente nazionale spagnola TVE1. La trasmissione comincia con una breve introduzione, ovvero “punto di vista” di J. Martin Descalzo, sull’Ordine certosino ed il suo fondatore San Bruno. A seguire il reportage all’interno delle mura certosine, fatta di immagini talvolta davvero preziose, come il fratello maniscalco alle prese con un incudine oppure il fratello che si dedica allo stirare i panni, oppure il funzionamento della tabula hebdomadaria. Gli ambienti monastici vengono descritti dallo speaker che descrive anche i momenti salienti della vita claustrale certosina. A seguire una simpatica intervista al priore dell’epoca, Dom Isidoro Maria Alonso, in essa egli ci spiega aneddoti reali ed inventati circa alcuni luoghi comuni attribuiti erroneamente ai certosini. Singolare la spiegazione dello stratagemma che ogni monaco ha escogitato, come una utile abitudine, per non riaddormentarsi dopo essere svegliato dalla campana per il Mattutino. Dom Isidoro, dopo aver risposto alla domanda dell’intervistatore sul sonno interrotto per l’ufficio notturno, ci svela un simpatico aneddoto. Ogni monaco dovendo rispondere alla campana della sveglia con un colpo di un bastone dato alla porta della cella per assicurare il fratello addetto alla sveglia di essersi realmente svegliato, onde evitare di riaddormentasi posiziona il bastone distante dal letto, così facendo è costretto ad alzarsi e quindi a svegliarsi.
Che sagacia!
Il filmato procede nel mostrarci immagini relative alla professione di Juan Jesus Zaldumbide Viadas alla presenza di alcuni familiari, ed in seguito la cerimonia di presa d’abito di due giovani novizi, uno spagnolo ed uno portoghese, e con la relativa formula per l’assegnazione della cella letta dal Padre Priore. Sono immagini di non perfetta qualità, ma che ritengo siano preziose ed interessanti per tutti coloro seguono con ammirazione e con interesse questo blog sull’ universo certosino.
Oggi, cari amici, voglio raccontarvi un particolare episodio, ovvero un antefatto che avrebbe preceduto la fondazione della certosa spagnola di Montalegre. Si tratta di un aneddoto singolare e curioso.
Si narra che due giovani studenti ed amici di nome Juan de Nea e Tommaso Parentuccelli durante un viaggio di ritorno dalla loro sede di studio, si fermarono per una sosta in un luogo molto attraente. Nel rallegrarsi di aver trovato un luogo così ameno per quella pausa, ne ammirarono estasiati la natura incontaminata che li circondava. Uno dei due, Tommaso Parentuccelli promise all’amico che se un giorno fosse diventato Papa avrebbe disposto di far costruire in quel sito una certosa, percependo essere in un luogo ideale per la preghiera e la meditazione. A questa promessa l’amico, stando al gioco controbbattè dicendo che lui sarebbe invece stato un monaco certosino in quella futura certosa. Risero entrambi fragorosamente per quelle ludiche considerazioni.
Con il passare degli anni questi due giovani amici si separarono e si persero di vista e di contatti. Ma la Provvidenza che in quel patto aveva individuato eccellenti intenzioni, rimediò a quell’ allontanamento.
Nel frattempo, difatti, Juan de Nea era diventato un monaco certosino nella certosa di Porta Coeli a Valencia, ed un giorno ricevette una urgente comunicazione dal Papa che gli ordinava di recarsi immediatamente sul soglio pontificio. Il giovane certosino perplesso e spaventato, fece i preparativi e dopo pochi giorni partì per recarsi a Roma. Giunto nella Città Santa, l’umile monaco fu ricevuto dal Pontefice Niccolò V, e quando lo vide egli si rese conto tra lo stupore e l’incredulità che il pontefice altri non era che il veccho amico Tommaso Parentuccelli che nel periodo in cui si erano persi di vista era stato eletto Papa. Dopo l’iniziale meraviglia i due amici si riabbracciarono ed il Santo Padre spiegò che i motivi per i quali aveva preteso la presenza del certosino a Roma, erano per rispettare la promessa che si erano fatti e che la Provvidenza aveva voluto che si eseguisse. Era dunque giunto il momento di mantenere quella promessa che si erano fatti da giovani. Qualche giorno dopo, Juan de Nea ripartì per la Spagna, nominato Nunzio Apostolico di Sua Santità nel Regno di Aragona, come ambasciatore del Santo Padre e con pieno potere di fondare un monastero certosino a Montalegre, vicino a Barcellona, e con la facoltà di spendere tutto il necessario per reddito apostolico. In quel periodo, a causa dell’assenza di D. Afonso V, il Magnanimo, regnò come reggente la moglie, Donna Maria di Trastámara, la quale facilitò in ogni modo la realizzazione di quella promessa.
Tale parrebbe essere l’origine leggendaria della famosa certosa di Montalegre.
Cari amici, eccovi oggi un articolo che contempla una traccia audio in lingua spagnola tratta dal programma radiofonico di Radio Maria (Spagna), “Monasterios y conventos”. In questa puntata si parla della vita certosina!
Dopo una breve introduzione, della giornalista, su san Bruno e l’Ordine certosino, il programma radiofonico prosegue, tra canti e quesiti su vari temi.
Si entra, metaforicamente, nella certosa di Santa Maria di Portacoeli, dove si incontra il giovane Padre Priore Dom Luis Maria Nolasco (nato a Lisbona nel 1971) a cui vengono rivolte alcune domande. La passione, la gioia con la quale Dom Luis, certosino dal 1988, risponde alla giornalista ci coinvolgerà emotivamente e ci affascinerà.
Vi propongo, a seguire, la traduzione in italiano della interessantissima intervista.
Domanda: San Bruno è ogni giorno con voi?
Dom Luis
Noi cristiani abbiamo angeli, la Vergine, i santi ma come dice il nome della nostra certosa “Porta coeli” significa anticamera del cielo. La nostra vita è puramente contemplativa, ci dedichiamo totalmente al Signore Cristo è lo sposo della nostra anima, siamo in intimità con Dio come tutti i cattolici battezzati. Ma Dio a noi ci regala una intimità maggiore, speciale, in questa vita spirituale invisibile, ma reale, e san Bruno il nostro Padre fondatore è il canale della Grazia per la quale la nostra vita è totalmente consacrata alla gloria di Dio, all’amore di Dio, ed all’intercessione per tutti gli uomini nostri fratelli
Domanda: Come Priore è difficile definire alle persone la vita di un certosino, il fine è la contemplazione nella solitudine?
Dom Luis
Diciamo la solitudine nel silenzio è la condizione nella quale possiamo trovare ed incontrare Dio. La nostra vita è caratterizzata dalla semplicità. Tutti i giorni gli orari sono uguali, nella semplicità ci sono varie occupazioni, come l’ufficio nella cella, l’ufficio nel coro, la Santa Messa, il Mattutino nel cuore della notte, tre ore dedicate all’adorazione del Signore nel segreto e nel silenzio della notte. Durante il giorno alterniamo momenti di adorazione nella Chiesa e soprattutto nella cella, poichè la nostra è una vita essenzialmente eremitica, e contrariamente ai benedettini, ai cistercensi ed ai trappisti, più cenobiti i quali passano maggior tempo in comunione, noi certosini trascorriamo la maggior parte del nostro tempo nella solitudine della nostra cella. E’ qui nella cella che ci dedichiamo allo studio, maggiormente delle Sacre Scritture, la Lectio divina, la meditazione ma ci dedichiamo anche a lavoretti manuali, nella cella inoltre mangiamo e dormiamo. I nostri fratelli conversi, meno eremitici, invece si dedicano maggiormente ai lavori utili alla comunità, si dedicano quattro ore alla dispensa, alla cucina, alla sartoria, alla falegnameria, agli orti, ai giardini, nella lavanderia ed alle altre obbedienze della certosa.
Domanda: E’ nota la vostra profondità culturale, ma come fate nella solitudine di una cella a consolidare le vostre conoscenze culturali?
Dom Luis
Il nostro processo di formazione vocazionale iniziale è molto lungo. Di solito ci vogliono otto anni per poter giungere alla professione solenne, dall’inizio sono dodici anni di studi teologici e studi filosofici. La nostra formazione iniziale è affidata ad un monaco che dirige l’orientamento degli studi. Avendo molto tempo in solitudine siamo in grado di orientare i nostri approfondimenti sulla Teologia ma finalizzata all’arricchimento della nostra vita interiore, spirituale. Il Priore sceglie le letture per i propri monaci, ma essenzialmente ci focalizziamo sugli autori monastici ed i Padri della Chiesa, san Tommaso d’Aquino è alla base dei nostri studi, il tomismo è un nostro punto di riferimento. Cerchiamo una struttura dottrinale che ci permette di ampliare la nostra vita interiore e spirituale, ma non per predicare come fanno i domenicani, ma per alimentare grazie alla fede cattolica la nostra vita interiore ed il nostro spirito cattolico.
Domanda: Voglio narrare un aneddoto di un amico di mia madre nello scorso secolo era un andaluso moplto scanzonato, un bel giorno decise, sorprendendo tutti di voler entrare come certosino nella certosa di Burgos. Tutti erano contrari adducendo le difficoltà relative al freddo al poco cibo. I miei genitori essendone amici lo andavano a trovare un paio di volte l’anno, ed egli non parlava! Di fronte llo stupore egli rispondeva che tutto quello che aveva da dire lo diceva al Signore! Quindi ne deduco che i certosini parlano solo con Dio?
Dom Luis
Si è vero teniamo al lavoro ed alla preghiera unicamente. Ti rispondo si e no, mi spiego La verità e che il nostro carisma, la nostra vocazione non è parlare agli uomini di Dio come fanno i diocesani, con un postulato attivo e diretto. Noi parliamo a Dio degli uomini, ovvero nella tradizione certosina la chiamiamo verginità spirituale, cioè a dire, il nostro cuore tende a verginizzarsi a focalizzarsi unicamente verso Dio. Di dice che san Bruno stava “Captus ab Uno“, totalmente catturato dall’Unico che è Dio. Una nostra attrazione di cuore e di pensiero unicamente rivolta a Dio. Subiamo gradualmente una trasformazione che ci porta per mezzo dell’essere eremiti, e consacrati alla solitudine ed al silenzio che persistono ai giorni nostri all’interno delle certose. A tal proposito voglio ricordare che, “Cartusia nunquam reformata quia nunquam deformata” una espressione che si riferisce alla immutata regola certosina nel corso dei nove secoli di storia. Per la Grazia di Dio!
Siamo una comunità di solitari, che usciamo una sola volta allla settimana dalla certosa, una sola ora la domenica, paasseggiamo e ci raccontiamo e scambiamo opinioni sulla vita interiore, condividiamo reciprocamente le letture spirituali che facciamo. Il lunedi invece usciamo per una passeggita nei dintorni della certosa, ma sempre in luoghi isolati,Portacoeli ha una condizione eccezionale per questo, vi sono strade di montagna e sentieri lontano dai centri abitati, Valencia è infatti situata a trenta chilometri di distanza.In queste quattro ore passeggiamo in coppia alternandoci e parlando tra di noi, è questa una forma di condivisione della nostra vita in solitudine. Quindi si parliamo con gli uomini….Solo due volte l’anno riceviamo la visita dei nostri parenti e familiari, ma il nostro obiettivo primario è stare in solitudine per poter parlare unicamente con Dio.
Di san Domenico di Guzman si diceva che o parlava di Dio o parlava con Dio, parafrasando ciò noi certosini parliamo a Dio per parlare solo con Dio.
Domanda:Nella solitudine l’uomo si purifica, la solitudine è l’aspetto predominante nella certosa. Tutto ciò è scritto nei vostri Statuti, che non furono scritti da san Bruno ma bensì da Guigo il quinto Priore.
Dom Luis
Si san Bruno ha avuto il carisma ed è riconosciuto come nostro fondatore, ma il quinto Priore della Grande Chartreuse Dom Guigo si decise a scrivere tutte le usanze ed il modo in cui viveva san Bruno ed i suoi seguaci
Domanda: In questo mondo nel quale non si ascolta niente, dato l’isolamento, proviamo ad essere con voi nel coro ascoltando un po dei vostri canti……
Domanda: La vostra vita è caratterizzata dall’austerità
Come dicono i certosini una vita austera non porta tristezza o malinconia, anzi è una fonte di pace e di gioia. Questa era una condizione essenziale raggiunta, caratterizzata da un forte equilibrio, altrimenti sarebbe stata difficile la vita certosina. Ora chiedo a Dom Luis, ma quanti giovani vi contattano e cercano di entrare in certosa, ma hanno problemi psicologici e fragilità o angustie personali ed emotive?
Dom Luis
Grazie a Dio molti ragazzi vengono afare esperienze vocazionali, non solo a Portacoeli ma anche nelle altre certose, ma è vero nonostante noi siamo una comunità composta da diciassette monaci. Noi siamo in grado di constatare che molti giovani che arrivano hanno si un desiderio di Dio, per la vita consacrata, ma realmente la solitudine nella società attuale dove la Fede cattolica è un po perduta, notiamo che vengono molti giovani con gravi carenze affettive, esaurimenti profondi che difficilmente sono idonei per perseverare nella vocazione certosina.e’ per noi essenziale che i giovani che si avvicinano ed entrano nella nostra casa, siano persone equilibrate ed in salute psichica, ci vuole un grande equilibrio, non basta unicamente amare Dio, ma bisogna sapersi relazionare con gli altri. La vita in certosa non può rappresentare soltanto una fuga dal mondo, preciso non la Fuga Mundi monastica che attribuisce al mondo una distrazione per l’anima, ma in sintesi non si deve immaginare che un soggetto che non ha qualità può rintanarsi in certosa come una sorta di fuga, nell’accezione peggiore del concetto. Vi è comunque una selezione tra i giovani che arrivano da noi, e quindi ci esprimiamo sui motivi per i quali non si può proseguire in questo cammino. Oltre alla chiamata del Signore ci vogliono qualità come il sano giudizio, l’equilibrio psicofisico ed avere la capacità di relazionarsi con gli altri. Non si può pretendere la perfezione, ma l’doneità per un percorso di discernimento nel quale se sono difficoltà superficiali si possono correggere. Di fronte a paranoie o schizofrenie dobbiamo arrenderci…non è una discriminazione ma l’accettazione di tali soggetti porterebbe disequilibrio in certosa. L’equilibrio conduce alla gioia, di nostro Padre san Bruno si dice che egli aveva sempre il volto sorridente e l’animo gioioso. Allegria, pace e gioia, frutto di una vita monastica eremitica, austera, penitenziale ma ciò non ci arreca tristezza anzi al contrario. Chi viene da fuori nota l’allegria interiore e la gioia che noi abbiamo. I monaci della nostra comunità vanno dai venticinque anni ai novantasette anni, ed è impressionante la allegria e la serenità spirituale, la tranquillità di cuore che si irradia da chi è qui in certosa da più di sessantacinque anni. Davvero impressionante!!!
Domanda: Mi ha fatto impressione ciò che disse lo scorso pontefice Benedetto XVI, che era molto affezionato ai certosini. Nella visita che tenne nella certosa di Serra san Bruno egli fece riferimento che in questa società di relatà virtuale, molti giovani avendo paura del silenzio si riempiono di rumori e messaggi audiovisivi. Questa paura del silenzio di quando un giovane deve staccarsi dal telefono cellulare o comunque disconnettersi…penso e voi come fate che non avete cellulare.
Dom Luis
Sorridendo Dom Luis risponde…Noi non abbiamo cellulare, televisione, internet e niente di tutto ciò. Io dico che i giovani che vengono a fare una esperienza da noi sono consapevoli che ovviamente devono fare a meno del cellulare, e ciò lo vivono bene, ma ovviamente per una settimana magari per un mese, vivere tutta una vita è altra cosa. Quello che affermava Benedetto XVI, è una verità assoluta, la generazione dei giovani attuali vive immersa in un mondo fatto di immagini e rumore, e mi rendo conto che venire in certosa dove non ci sono immagini, suoni, ma bensì tutto è silenzio perchè è in questo silenzio che Dio ci parla, noi non cerchiamo il silenzio per la solitudine o la solitudine per il silenzio ma come mezzo per trovare un incontro con Dio. La nostra vocazione è finalizzata ad un incontro d’amore, se non ci relazioniamo con le persone esternamente è per relazionarci unicamente con Dio, se entriamo in questo silenzio è per ascoltare Dio che ci parla nel silenzio. La nostra vita è essenzialmente in Dio, una vita prevalentemente Teocentrica, ma chiaramente non cìè dubbio che i giovani che giungono da noi se hanno per Grazia di dio una forte vocazione riescono ad integrarsi ed a superare ogni piccolo problema e trasformando interiormente la necessità di rumori, immagini nella ricerca ed attrazione per il silenzio interiore. Meno eloquente ma più tangibile.
Noi non viviamo grazie eccezionali come la levitazione, apparizioni, visioni, ma la Grazia dello Spirito Santo ci fa apparire Dio in modo non tangibile ma come dice Mosè nelle sacre scritture riusciamo a vedere l’invisibile. E’ per noi la dimostrazione dell’esistenza di Dio, diversamente saremmo totalmente pazzi, o disgraziati.
Noi viviamo la nostra vita in certosa, fin da giovani lasciamo le cose del mondo, come quei giovaniche vengono da noi che lasciano una importante carriera universitaria rinunciando ad una luminosa carriera, perchè hanno scoperto Dio che entra nel proprio cuore saziandoci. La vita è un percorso per giungere alla meta che è il cielo, è Dio. L’esempio di una coppia che si dedica con amore l’uno all’altro, nella pienezza dell’amore, amore con la a maiuscola, noi in certosa siamo appagati nel rapporto con Dio. Oltre la vocazione divina per la vita certosina, il Papa dice che non vi è condizione di vita migliore da vivere. Ciò è la fonte della nostra allegria e gioia. Non abbiamo rinunciato a tutto, ma abbiamo trasformato tutto per Dio. Per noi Dio messo su una bilancia rappresenta più di tutto quello che il mondo potrebbe darci! Viviamo questa vita contemplativa in attesa della Risurrezione.
Domanda: Nella solitudine della cella si trascorre il giorno, arriva la sera, ci si addormenta in attesa di risvegliarsi per andare nel cuore della notte in chiesa per officiare il Mattutino, ma vi è anche la tradizione del piccolo officio, ovvero di offrire fiori alla Vergine Maria.
Era una tradizione difffusa anticamente, ma che abbiamo conservato qui in certosa, l’officio piccolo per la Santissima Vergine Maria. Nel De Beata alla vergini inseriamo una orazione alla Vergine. Il rito certosino è caratterizzato da un momento di preghiera a maria prima di officiare le ore liturgiche. Come Maria noi teniamo le cose nel nostro cuore e le meditiamo.Questo piccolo officio è un tributo di devozione alla vergine Maria. Una supplica filiale alla Santissima vergine nella quale chiediamo che si Ella a vivere in noi. Maria è per noi la porta d’ingresso al mistero di Dio. In ogni certosa vi è un altare con la Cocifissione in cui vi è la figura di Giovanni, l’apostolo contemplativo, la Maddalena (seconda compatrona) e Maria a i piedi della croce di Cristo. E’ nel Calvario che Gesù affida a sua madre a san Giovanni.
Domanda:La Madre singolare dei certosini,Maria, la protetrice dell’Ordine, è rappresentata nelle Sacre scritture come una donna che tiene il silenzio, continuamente si ripete che guardava il suo cuore restando in silenzio. I certosini da sempre hanno manifestato questa enorme devozione verso la Vegine. Dom Le Masson, famoso Priore Generale scrisse che maria, la madre di Dio è il modello sul quale san Bruno ha orientato la nostra vita, Essa è un modello incomparabile perchè si dedica ll’Unico necessario, ovvero l’obiettivo della niostra vita contemplativa. La presenza della Vergine addolcisce la vostra vita austera.
Dom Luis
Noi non possiamo concepire la vita nel deserto senza questa presenza della vergine Maria, senza la presenza di una madre. La dolcezza come cantiamo ogni giorno nel Salve Regina, ci dona speranza ed allegria. Maria è con noi nei momenti difficili, di sofferenza, di buio in questo deserto. Sappiamo che Maria non ci abbandonerà mai stando sempre con noi, e sarà la porta del cielo che ci guiderà, quando verrà il momento di lasciare questa vita terrena, a ritornare alla casa del Padre. La vita di Maria è tutta dedita a Dio. Ripeto è impossibile vivere nel deserto, in certosa senza la presenza essenziale di Maria. E’ una antica tradizione che ha radici lontanissime nel nostro Ordine, Essa risale a quando san Bruno dovette andare a Roma sul soglio pontificio, ed i certosini che rimasero in Francia senza la loro guida sembravano smarriti ed intenzionati ad abbandonare quella vita eremitica. Fu così che apparve loro la Santissima Vergine che li tranquillizzò, invitandoli a recitare l’officio breve ogni giorno in cambio della totale protezione, li convinse così a continuare a svolgere la vita certosina anche senza la loro guida san Bruno. E’ diffusa nel nostro Ordine, la convinzione che ogni soggetto che diventa certosino ha ricevuto l’approvazione della Vergine e di san Bruno. Ovviamente sono tradizioni in cui credere o non credere….
Domanda: Ora due domande un po difficili, a cui tengo molto. Avete una liturgia peculiare, appunto la liturgia certosina, ovvero adattata alla vostra esigenza di silenzio, come anche il canto è molto sobrio, semplice e ricordiamo senza l’uso di nessuno strumento. Se non sbaglio un canto gregoriano, ma semplificato cioè con un minor numero di note? Meno varietà di note, senza polifonia, per mantenere la vostra totale austerità.
Poi, siamo in novembre, il mese dedicato ai defunti. Voi avete un particolare officio per i defunti tutte le settimane?
Dom Luis
Tutto vero e giusto. Noi cantiamo interamente l’officio in latino e cantiamo in gregoriano. Una liturgia propria in totale silenzio
Domanda: La Messa la celebrate tutti insieme?
Dom Luis
Vi è la Messa conventuale ma non concelebrata. Un sacerdote celebra la Messa a cui tutti partecipiamo. Ma subito dopo ogni certosino, sacerdote, celebra la propria Messa ognuno in una cappella in totale solitudine. Qualcosa di davvero sublime!!!
Chi ha avuto la fortuna di partecipare ad una celebrazione con il rito romano, la nostra è molto simile. La nostra liturgia è quella che si celebrava molto anticamente a Lione. All’epoca non vi era una liturgia romana centralizzata, ed i nostri Padri usarono il rito che si celebrava lì ( Arcidiocesi di Lione nella quale rientrava la Grande Chartreuse). Conserviamo questa liturgia, poichè in essa tutto è concentrato sulla adorazione, sul mistero, sull’interiorità. Mi rendo conto che se in una qualsiasi parrocchia si celebrasse con rito certosino, molte persone si distrarrebbero, ma per noi che la viviamo in silenzio e solitudine è veramente fondamentale.
Tutto l’officio è cantato in gregoriano molto sobrio, senza strumenti nè organo, cantiamo con la sola voce. Certamente non sarà eccellente come la musicalità dei benedettini, ma il nostro canto è rivolto essenzialmente all’orazione. Insomma, la nostra è una liturgia semplice ed austera. In certosa tutto è semplicita e austerità, una vita sensibile perchè in funzione dell’interiorità e di Dio.
Sull’officio dei defunti, è una tradizione molto antica che purtroppo sta un pà andando in disuso nella Chiesa. Noi tutte le settimane dopo l’officio canonico della Vergine Maria. Un insieme di salmi, letture ed orazioni che offriamo in maniera particolare a tutti i defunti, per tutte le anime del Purgatorio. Nella tradizione antica pare che ogni preghiera per le anime dei defunti in Purgatorio, liberi tre anime…..ovviamente a questo si può credere o non credere….
Noi crediamo che questa particolare orazione sia impostante come intercessione verso Dio.
Anche la nostra vita penitenziale può sembrare dal di fuori come una rinuncia, un ritiro egoistico dalle preoccupazioni del mondo. A tal proposito nei nostri Statuti viene espresso chiaramente che noi certosini «Separati da tutti, siamo uniti a tutti, per stare a nome di tutti al cospetto del Dio vivente»
La nostra è una vita di croce, dove la dimensione verticale è una vita di adorazione, e quella orizzontale vissuta come intercessione. Siamo adoratori di Dio ed intercessori per i nostri fratelli!
L’officio dei defunti è per noi una Grazia molto grande, intercedere con le nostre preghiere per la liberazione delle anime dei defunti.
La nostra vita è come la funzione delle arterie nel corpo umano. Le arterie pur non vedendosi portano il sangue a tutti gli organi per consentire la vita. Conduciamo il sangue vivificante nella Grazia di Dio.
A questo punto Dom Luis la ringrazio a nome di tutti per offrire la vostra vita per tutti noi. Ringraziandola per tutto la saluto e speriamo di poterci risentire presto….
In questo articolo, ancora una vita esemplare di un fratello donato.
Tiago Lázaro è venuto al mondo in un villaggio nel regno di Valencia, a Penáguila. Suo padre e sua madre furono forniti molto modestamente di beni della terra. Ma a questi apparenti rigori la Provvidenza ha mescolato inestimabili compensazioni: il timore di Dio e la pietà, con le rispettive benedizioni di cui sono la causa.
Il bambino è cresciuto e ha vissuto fino all’età di trentacinque anni queste condizioni modeste, alternativamente occupati nel custodire greggi e il lavoro nei campi, applicando il suo cuore alla preghiera e la propria intelligenza per studiare le meraviglie della natura. Chi gli ha fatto conoscere il latino? Chi gli ha inculcato i suoi rudimenti? Non possiamo dirlo. La verità è che ha facilmente tradotto il testo della Bibbia. Molto pio, molto regolare, sapeva come combinare una grande pietà, una gentilezza squisita. I suoi compagni lo stimavano molto; lo amavano ancora di più. Per questo motivo furono solo parzialmente sorpresi quando appresero della sua partenza per la certosa di Porta Coeli. Il priore gli diede l’abito dell’ordine, sentendo che questa abito sarebbe l’avrebbe indossato nobilmente. Ma il caro fratello, considerato indegno di abbracciare lo stato di converso, rimase nella condizione di donato per tutta la vita, cioè fino all’età di novantaquattro anni. Non era uno di quei lavoratori dell’undicesima ora che non portavano al chiostro ma i resti di un’esistenza travagliata o fallita. Non una mancanza mortale aveva oscurato la freschezza della sua innocenza. Il suo confessore era in grado di chiedere se il buon fratello sarebbe stato colpevole di un solo peccato veniale. Creato nella scortese scuola della miseria, Tiago Lázaro amava appassionatamente la povertà. Ha trovato negli utensili della sua cella nella quale ha vissuto per oltre quarantacinque anni. Lungi dal lamentarsi del cibo, disse che valeva venti volte in termini di qualità e quantità, quello di Penaguila. Liberato dalla giovanissima età alla fatica, inteso come nessuno in agricoltura, non è mai stato disoccupato e si occupava di tutti gli interessi della certosa. Quando non era impegnato nell’obbedienza, quando passava da un lavoro all’altro, lo incontravano sempre con il rosario in mano. Dire quante volte ha pronunciato l’Ave Maria, dalla sua prima infanzia fino alla sua estrema vecchiaia, è impossibile. Dotato di modestia angelica, il fratello Lázaro si è mostrato in tutte le occasioni di una riservatezza estrema che molti hanno definito crudeltà. Testimone ne è il seguente fatto: uno dei suoi nipoti, una orfana, si presentò un giorno nella certosa per vedere lui e un altro zio, fratello Juan, converso nella stessa casa. Il donato chiese al priore di evitargli questa visita. Insistè. Il fratello protesta. E la povera e desolata nipote rispose: “Oh! se mi fosse permesso almeno di vederlo, anche a sua insaputa. “Il Priore insistette ed ordinò al donato di uscire. All’improvviso Lazaro fu colpito da un tremore nervoso. Un sudore freddo gli bagnò la faccia; diventando pallido come un cadavere. “Ecco perché non ne vale la pena, mio caro fratello. Vacci piano. Congederò tua nipote. “Poco dopo il santo tornò in sé confuso, ma benedicendo Dio per questa vittoria. L’atleta coraggioso ha resistito bene fino alla fine. Aveva conservato tutti i denti, camminava senza sostegno, lavorava come se avesse quarant’anni, sempre allegro, sorridente, disponibile, affabile sia in relazione alle persone che alle cose. Sette settimane prima di morire, sentiva che stava arrivando alla fine. Per più di un mese, non bevve che un po ‘d’acqua zuccherata. Ha ricevuto gli ultimi sacramenti con una perfetta lucidità di spirito e la pietà che noi conosciamo. Poi fu placidamente estinto, pieno di giorni e meriti, alla vigilia dell’Annunciazione (1551). Che Dio lo abbia sempre in gloria!