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Il “cardinale della pace” e La Valsainte

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In un precedente articolo, da questo blog, vi ho già parlato del privilegio del cardinale svizzero Charles Journet, che ottenne di essere seppellito nel cimitero della certosa di La Valsainte. Oggi, invece vi parlerò di un altro cardinale che per trentacinque anni è stato sepolto sull’altare maggiore della certosa svizzera.

Ma ciò, come fu possibile?

Proverò ad illustrarvi questa vicenda, che portò il cardinale spagnolo Francisco de Asís Vidal y Barraquer a trovarsi in certosa nel giorno della sua morte.

Egli nacque a Cambrils, a sud di Barcellona il 3 ottobre del 1868. Dopo aver completato gli studi liceali ed in seguito aver conseguito la laurea in giurisprudenza, esercitò la professione forense per qualche tempo, ma nel 1895 decise di entrare in seminario a Barcellona. Ordinato sacerdote il 17 settembre 1899, esercitò il ministero nella curia della sua diocesi. Il 10 novembre del 1913 fu consacrato vescovo titolare di Pentacomia e l’anno successivo nominato amministratore apostolico della diocesi di Solsona. Il 7 maggio del 1919 fu inviato alla sede arcivescovile di Tarragona. Nel concistoro del 7 marzo 1921 Papa Benedetto XV lo elevò al rango di cardinale.

Durante la sua attività, in Spagna vi furono eventi politici che ne determinarono il corso della sua esistenza. Fu dapprima accusato ingiustamente di essere catalanista e quindi avverso alla monarchia, mentre successivamente, allo scoppio della guerra civile nel 1936, conobbe personalmente gli orrori della persecuzione anticlericale. Il 21 luglio 1936 lasciò il suo palazzo arcivescovile e fu trasferito a Poblet, dove fu arrestato due giorni dopo da elementi della FAI (Federazione Anarchica Iberica) e imprigionato a Montblanch, ma riuscì a farsi liberare ed il 30 luglio si imbarcò a Barcellona per l’Italia, passò per Roma e in seguito si stabilì nella Certosa di Farneta, vicino Lucca, dove vi rimase fino al 1939. Trascorse un periodo tra le mura certosine, dedicandosi al silenzio ed alla preghiera, riuscendo a conciliare i suoi impegni.

Il “cardinale della pace”, come era ribattezzato Vidal y Barraquer si rese protagonista di un episodio che lo costrinse a rimanere in esilio per il resto della sua vita terrena. Difatti egli si rifiutò di firmare la lettera collettiva dell’episcopato spagnolo che rappresentava l’approvazione di una delle due parti in lotta. Il suo atteggiamento pastorale non gli permise di escludere nessun cittadino spagnolo dalla sua attività a favore della pace. Il cardinale addirittura si offrì come ostaggio per evitare gli eccessi dei suoi compatrioti. Per questa sua decisione, il governo del dittatore Francisco Franco si oppose al suo ritorno a Tarragona, una volta terminata la guerra. E’ singolare che nonostante la lontananza forzata dalla sua diocesi, Papa Pio XII non chiese mai le sue dimissioni, tenendolo sempre a capo dell’arcidiocesi. Si narra che gli inverni li trascorreva a Farneta, mentre nel periodo estivo si recava alla certosa svizzera di La Valsainte. A causa delle turbolenze della guerra mondiale, decise di rimanere nella certosa elvetica ritenuta più sicura poichè sita in territorio neutrale.

Lunedì 13 settembre del 1943, all’età di 74 anni il cardinale Francisco de Asís Vidal y Barraquer, morì in esilio.

Cardinale Vidal

La cerimonia funebre fu caratterizzata da una solenne semplicità, il Padre Priore Dom Nicolas Barras e tutta la comunità certosina di La Valsainte si strinsero al feretro da loro composto, alla presenza di pochissimi amici, tra cui monsignor Charles Journet. Successivamente le spoglie mortali del cardinale furono sistemate sull’altare maggiore della chiesa della certosa, dove rimasero per trentacinque anni. Difatti, nel suo testamento egli espresse il desiderio che le sue spoglie potessero essere trasferite un giorno nella cattedrale di Tarragona, e sepolte vicino alla tomba del suo vescovo ausiliare, Manuel Borrás. Queste volontà testamentarie furono finalmente esaudite il 13 maggio del 1978.
Questa storia che vi ho voluto narrare fa luce su un personaggio dedito alla pace che visse in un periodo tormentato da violenze e persecuzioni, e che trovò ospitalità presso i certosini.

altare dove riposavano i resti

Oggi a La Valsainte vi è una targa che ricorda quella particolare sepoltura con l’iscrizione: “Ho amato la giustizia e ho detestato l’iniquità; ecco perché muoio in esilio. 13 settembre 1943 “. D’altronde va ricordato che il motto episcopale del cardinale Vidal era: diligite alterutrum” (“amatevi l’un l’altro”).

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Dom Jean Joseph Hermann, il “monaco dormiente”

Dom Jean Joseph Hermann, il “monaco dormiente”

1753 – Ω 1821)

Il personaggio a cui dedico l’articolo odierno è un monaco certosino svizzero, noto per alcune sue bizzarie. Il monaco in questione è Dom Jean Joseph Hermann, nato il 3 settembre del 1753 a Rueyres-Saint-Laurent (oggi com. Le Glèbe) nel Cantone Friburgo. Figlio di un carpentiere, studiò dal 1777 al 1782 nel collegio Saint-Michel a Friburgo, decise poi di abbracciare la vita monastica ed entrare tra i certosini. Nel 1782 cominciò il suo noviziato nella certosa di Val Saint Hugon in Savoia, diventando l’anno successivo professo. Poiché la comunità di questa certosa il 2 maggio del 1783 a causa della Rivoluzione francese fu costretta ad abbandonare il proprio eremo, anche Padre Hermann dovette trasferirsi alla certosa svizzera di La Part Dieu, dove ricoprì l’incarico di archivista. La peculiarità di quest’uomo fu che egli si dedicò da autodidatta alla costruzione di orologi, meridiane, bussole, automi, anemometri, podometri ed altri ingegnosi strumenti, tutti decorati con artistiche e preziose incisioni. Oltre a questi lavori manuali, egli si dedicò anche alla stesura di una sua interessante autobiografia in versi, ed altri testi descrittivi delle sue geniali creazioni. Ma egli è meglio noto oltre che come il monaco meccanico, come il ”monaco dormiente”, ma  vediamo perché. Tra le più sorprendenti realizzazioni di questo certosino sui generis, va menzionato un particolare orologio sveglia, che lo ha reso molto celebre. Dom Hermann, da quando aveva cominciato la sua attività monastica era costretto a convivere con un grande problema, egli nonostante la sua abnegazione alla vita claustrale, suo malgrado, amava dormire e non riusciva mai a svegliarsi in tempo per l’Ufficio notturno. Fortunatamente la Provvidenza lo aveva dotato di un particolare ingegno, e fu così che senza avere studiato rivolse la sua passione ai congegni meccanici e decise di realizzare una sveglia meccanica che potesse risolvergli questo annoso problema. Il risultato fu una specie di automa con carillon che lo costringeva a svegliarsi ed alzarsi per recarsi in chiesa per cantare il Mattutino. Questo simpatico certosino realizzò nel 1803, per Napoleone Bonaparte, come riconoscenza per aver tolto alcune misure restrittive verso i conventi e che riconsegnavano ai religiosi i loro beni( Atto di Mediazione), un orologio parlante con l’effige di Napoleone in grado di rispondere a trentasei quesiti posti! Di questo prodigioso automa ne furono create due versioni, una è possibile ammirarla insieme ad altre realizzazioni di Dom Hermann nel museo della Gruyere a Bulle vicino Friburgo. La vita di questo simpatico e leggendario certosino si spense il 9 gennaio del 1821, nella certosa di La Part Dieu, si narra che la sua ultima frase sul letto di morte fu: “Ah, finalmente mi sveglio!”. Vogliate gradire un filmato della televisione svizzera rts, nel quale in un documentario del 1970 sulla certosa di La Valsainte, il priore Barras ci mostra il famoso orologio sveglia di Dom Jean Joseph Hermann, conservato nella biblioteca della certosa elvetica e perfettamente funzionante, a ricordo dell’ingegnoso e ironico “monaco dormiente”.

Video documentario sulla certosa di La Valsainte, che dal minuto 16:57 ci mostra e ci spiega il funzionamento dell’orologio in questione.