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“Cartes des Chartreuse”. Una mostra ed un libro

Mostra

Cari amici di Cartusialover con l’articolo di oggi voglio informarvi sulla recente inaugurazione di una interessantissima mostra sulle cosiddette “Cartes des Chartreuse“. Lo scorso venerdi’ 16 dicembre presso il Musée de l’Ancien Évêché di Grenoble sito nell’ex palazzo vescovile, vicino alla cattedrale di Grenoble, ha avuto inizio l’esposizione dal titolo “Chartreuses – Dans le silence e la solitude – “, e durerà fino al 3 settembre del 2023. In questa occasione, è stato presentato al pubblico congiuntamente un prezioso volume, dal titolo “Les cartes de Chartreuse“.

Ma di cosa si tratta esattamente?

Si potrà ammirare una parte dell’eccezionale collezione di settantanove dipinti monumentali raffiguranti i monasteri dell’ordine in Europa dal XVII al XIX secolo, chiamati anche “mappe delle certose”. Classificata Monumento Storico, questa collezione, di proprietà del monastero della Grande Chartreuse, è stato oggetto di un lungo e meticoloso lavoro di restauro durato vent’anni e ha provocato una mobilitazione esemplare, che ha visto collaborare le autorità pubbliche e numerosi mecenati privati.

Queste Mappe certosine, si rivelano essere un prezioso strumento per conoscere i monasteri dell’ordine certosino, tra i secoli XVII e XIX, nonchè ammirare le vedute panoramiche del paesaggio circostante.

Dom Le Masson (anonimo)

Le “Cartes des Chartreuses” e la loro storia

Alla fine del XVII secolo, all’incirca intorno al 1680 il Priore Generale Dom Innocent Le Masson, impegnato nella ricostruzione della Grande Chartreuse a seguito dell’ennesimo incendio del 1676, decise di commissionare dei dipinti delle certose allora esistenti. Per effetto della Controriforma, si ha un vasto movimento di costruzione, ricostruzione e ristrutturazione della maggior parte dei monasteri. In Francia, sedici nuove “case” sono costruite durante il diciassettesimo secolo. La decisione di far realizzare dei dipinti monumentali, conosciuti come “Cartes de Chartreuses”, realizzati sempre a volo d’uccello, sono una testimonianza eccezionale non solo della loro particolare architettura, subordinata alla regola monastica, ma anche di alcune scene di vita claustrale. Queste grandi tele, rispondevano anche alla necessità di avere una sorta di inventario delle case dell’Ordine, e di verificare il rispetto dei principi di ordinamento edilizio, inizialmente erano probabilmente esposte nella Sala del Capitolo Generale della Grande Chartreuse, ed in seguito nella cosiddetta “galleria delle mappe”. Rappresentarono la crescente diffusione territoriale e l’estensione geografica dei possedimenti certosini, oltre alla irradiazione temporale e spirituale. La tradizione iniziata per volere di Dom Le Masson proseguì fino al XIX secolo. Ad oggi settantanove di questi dipinti sono sopravvissuti e sono stati elencati come monumenti storici nel 2001. Queste settantanove tele sono di vari formati, la maggior parte delle quali misurano circa 2 m di altezza per 1,5 m di larghezza, esse raffigurano cinquantuno certose francesi, sedici italiane, tre spagnole, tre austriache, due svizzere, due tedesche, una inglese e una ungherese. A volte datate, raramente firmate, le mappe sono, per la maggior parte, commissionate a pittori locali, poco noti e non sempre talentuosi.

Cap

La mostra

Dopo un profondo restauro, durato venti anni, sarà possibile ammirare trentuno di questi monumentali dipinti, esposti eccezionalmente per una mostra nel Musée de l’Ancien Évêché di Grenoble sito nell’ex palazzo vescovile, vicino alla cattedrale di Grenoble. Questa mostra, dal titolo”Chartreuses – Dans le silence e la solitude – ” sarà visitabile tutti i giorni, con ingresso gratuito, lunedì, martedì, giovedì e venerdì dalle 9:00 alle 18:00, mercoledì dalle 13:00 alle 18:00 e sabato e domenica dalle 11:00 alle 18:00. Durerà fino al 3 settembre del 2023, ed è stata realizzata grazie al Musée de la Grande Chartreuse e l’Associazione per il restauro delle carte Chartreuse (ARCC). Ammirare queste tele ci farà immergere nell’atmosfera certosina e del desertum circostante, e contribuirà alla conoscenza della storia dell’Ordine, da parte mia un plauso agli organizzatori, ed un invito a voi tutti a visitarla.

Il libro

lib

Congiuntamente alla inaugurazione della mostra succitata, è stato presentato il libro “Les cartes de Chartreuse”. Grazie alla lunga ricerca storica condotta da Pierrette Paravy, professoressa di storia medievale all’Università di Grenoble-Alpes, con Daniel Le Blévec, professore di storia medievale all’Università Paul-Valéry Montpellier, e Giovanni Leoncini, professore di storia dell’arte all’Università di Firenze, la ricchezza di informazioni che contengono queste “mappe” ed il loro interesse estetico vengono finalmente svelati. Ve ne consiglio la lettura. Vi allego anche il link per l’acquisto del libro online.

alcune mappe

Quando prese la decisione, nel 2001, di restaurare le mappe di Chartreuse, il reverendo padre Dom Marcellin aveva chiaramente sottolineato la necessità di risvegliare dal suo sonno un patrimonio eccezionale e trasmetterlo alle generazioni future: “il nostro futuro passerà attraverso il rispetto per quello che abbiamo ricevuto dal passato”. Queste grandi mappe rappresentano alcuni monasteri dell’ordine certosino dal XVII al XIX secolo, per informazione del Priore Generale che abita alla Grande Chartreuse. 79 mappe, sulle quali storici dell’arte, scienziati e restauratori hanno lavorato insieme per scegliere le tecniche di restauro di questi dipinti, spesso sull’orlo della perdizione. Siamo lieti che questo lavoro paziente e attento abbia dato vita e bellezza a ciascuna di queste opere. Così, l’unità dell’architettura di questi monasteri appare chiaramente e spiega qualcosa della vita delle comunità che li abitano. Dai monasteri più modesti, come Portes o Durbon, alle grandi certose reali, come Gaming o Pavia, ritroviamo gli stessi elementi essenziali della vita certosina e disposti in modo simile: la chiesa, al centro del monastero , verso cui i due chiostri; il chiostro grande, luogo di vita eremitica attorno al quale si trovano gli eremi dei padri, che circondano il cimitero; il chiostrino, cuore della vita comunitaria, da cui si accede alle celle degli ufficiali, alle obbedienze, alla sala capitolare, al refettorio, utilizzato solo la domenica, e alla biblioteca. L’aspetto esteriore dei monasteri può tuttavia variare perché furono costruiti il più delle volte con l’appoggio di signori e mecenati che volevano introdurre un segno di bellezza, proprio del loro tempo ma che non sempre si addiceva alla semplicità che i Certosini tengono. nelle loro case così come nelle loro vite. Dall’inizio di questo lavoro di restauro, sapevamo che sarebbe stato pesante. La determinazione dei responsabili, sostenuti e incoraggiati dall’ordine, e l’immancabile sostegno di donatori pubblici e privati, hanno permesso di ottenere il risultato sperato: riportare in vita queste testimonianze del passato e farle parlare al presente tempo per discernere meglio dove andare in futuro. Ringrazio quindi con grande gratitudine ciascuno degli attori di questa vasta impresa, grazie a loro le giovani generazioni potranno contare su una memoria viva del nostro patrimonio certosino.

Dom Dysmas de Lassus

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Sant’Ugo di Lincoln esorcizza un indemoniato

Sant'Ugo di Lincoln esorcizza un indemoniato

Oggi, per celebrare la ricorrenza della festività del santo certosino Ugo di Lincoln, voglio illustrarvi un dipinto che richiama la sua peculiarità di esorcista.

Vi ho ampiamente parlato, in precedenti articoli, del certosino Ugo di Avalon, divenuto poi Vescovo di Lincoln e di come è stato oggetto di moltissime raffigurazioni artistiche.

Tra il 1404 ed il 1407 il pittore italiano Gherardo Starnina realizzò per la certosa di Firenze questa tempera su tavola dal titolo: “Sant’Ugo di Lincoln esorcizza un indemoniato“, ovvero uno scomparto della predella di una pala d’altare. Questo episodio richiama uno dei tanti prodigi attribuiti al santo certosino. Provo a descrivervelo…

Al centro della scena un gruppo di eleganti personaggi conduce un uomo con i polsi e le caviglie legate davanti a un santo vescovo. Questi lo benedice con l’acqua santa e lo esorcizza, come mostra il diavoletto che fugge, svolazzando su di un tetto vicino colorato di un rosso acceso. Accanto al carretto con cui è giunto il moribondo posseduto, i carrettieri attendono, osservando incuriositi e spaventati il prodigioso intervento. Il carro ed i cavalli, raffigurati da posteriori, con le splendide architetture colorate che scandiscono la piazza, quinta scenica del miracoloso intervento del santo vescovo certosino, creano una gradevole spazialità. Questo tavola è possibile ammirarla al “Museo Poldi Pezzoli” di Milano.

Gherardo_Starnina

Non fu l’unica raffigurazione di Sant’Ugo di Lincoln del pittore Starnina, il quale volle il vescovo certosino a figura intera affiancato a San Benedetto, ed oggi esposto al “Nationalmuseum” di Stoccolma.

S. Ugo di Lincoln e S. Benedetto Nationalmuseum Stoccolma

Commemorazione dei defunti dell’Ordine Certosino

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Oggi, 14 novembre, è il giorno nel quale si commemorano i defunti dell’Ordine certosino, ed ho deciso di celebrarlo in maniera particolare.
Nel ricordare tutti i defunti certosini, colgo l’occasione per parlarvi di un Padre deceduto alcuni mesi orsono: Dom José Manuel Rodriguez Vega, del quale vi proposi una gradevole intervista.
Vi offro oggi la sua biografia ed il ricordo dei suoi confratelli nel giorno della sua dipartita terrena.

Che Dio lo abbia in gloria e che San Bruno lo accolga come merita.

Manuel Rodriguez Vega, nacque a Valdesoto, comune di Siero, il 3 febbraio 1929, in una famiglia molto cattolica formata dai genitori e cinque figli, quattro maschi e una femmina. La sua adolescenza e giovinezza saranno trascorse in un ambiente sociale fortemente intriso dei valori della Fede. Per questo il nostro giovane sarà attratto da una vita di totale consacrazione a Dio. Con la sua radicalità e fedeltà che poi lo caratterizzarono, lui, che aveva iniziato gli studi universitari in Medicina Veterinaria, decise di interromperli per entrare nella certosa di Santa Maria di Miraflores, nel 1950. Nel giorno della proclamazione del dogma della Assunta, iniziò il Postulato come Sacerdote certosino.
Nella solennità di San Giuseppe del 1951 ricevette l’abito certosino. Così aggiunse al suo nome di quello di Giuseppe e questo stesso Santo Patriarca ora, 71 anni dopo, come Santo Patrono della Santa Morte, venne a chiamarlo proprio quando si stava celebrando la novena in sua memoria. Il 24 giugno 1953, emise la professione di monaco certosino. Tre anni dopo farà la sua professione solenne. Sarebbe stato ordinato sacerdote di Gesù Cristo nella cattedrale dall’arcivescovo di Burgos, il 22 marzo 1958. Aveva allora 29 anni.
Nella Certosa di Miraflores, il priore Dom Bernardo Sánchez lo nominò sacrestano l’anno successivo, 1959, e in tale posizione rimarrà fino a quando non sarà inviato dal Capitolo Generale del 1965 come padre procuratore alla Certosa di Santa Maria Scala Coeli, alle sollecitazioni del Priore di questa Certosa, Dom Pedro de Soto Domecq, che stimava molto le qualità di Dom José Manuel, che desiderava avere al suo fianco per dare impulso alla crescita della recente Certosa del Portogallo.
Succederà a Dom Pedro come Priore di questa Certosa. Infatti, il 18 giugno 1973, all’età di 44 anni, Dom José Manuel fu eletto dalla Comunità, carica che avrebbe svolto in modo molto soddisfacente per quattro anni, tornando poi, nella stessa Scala Coeli, al suo precedente ufficio di P. Procuratore.
Durante quei quattro anni nel priorato della giovane comunità portoghese, toccò a lui vivere il tragico evento della rivoluzione dei garofani. Poiché Scala Coeli si trovava in una zona del paese molto segnata dall’influenza comunista e soprattutto dall’attuazione della riforma agraria, che avrebbe espropriato numerosi possedimenti in mano ai legittimi proprietari, conseguenzialmente erano in pericolo anche gli ottanta ettari della certosa. Ma grazie alla saggezza ed alla bonomia, alla diplomazia e alla simpatia di “Padre Manolo”, i certosini di Scala Coeli furono rispettati nei loro possedimenti, conservandoli nella loro interezza. All’ufficio di Padre Procuratore, Padre Josè Manuel aggiunse quello di Antiquior di quella certosa dal 29 novembre 1982 al 13 maggio 1986. In quella festa della Vergine di Fatima, disse addio al Portogallo per andare ad aiutare Santa Maria di Porta Coeli, 57 anni. Dapprima fu nominato sacrestano e vicario. Due anni dopo, lo stesso Priore, Dom Isidoro María Alonso, in occasione della festa della Vergine del Monte Carmelo nel 1989, a sessant’anni, lo fece ritornare all’inquietudine della ricerca. A Scala Colei aveva trionfato con gli animali ma a Porta Coeli c’erano solo gatti… e migliaia di aranci. Tuttavia, è andato avanti di nuovo, migliorando l’irrigazione, plastificando i serbatoi d’acqua, aumentando anche le piantagioni e vendendole a buon prezzo.
Il Capitolo Generale del 1991 ha concesso misericordia a Dom Isidoro María Alonso, che fu inviato a Scala Coeli. Quello stesso Capitolo nominò Dom José Manuel come Padre Priore di Porta Coeli.

In questa posizione rimarrà per 14 anni ininterrottamente, ricevendo misericordia soltanto nel Capitolo del 2005. Dom José Manuel aveva allora 76 anni. Dal Capitolo tornò a Porta Coeli, dove il nuovo Padre Priore, dom Bruno Maria Gándara, lo nominò Padre Procuratore e Antiquior. Il successore di D. Bruno, D. Pedro María Castro, lo cessò nella carica più onorifica di Antiquior ma gli lasciò l’attività dell’ufficio del P. Procuratore, nel novembre 2011. La Visita Canonica del 2012 lo ha rilasciato dalla carica di Padre Procuratore e gli ha restituito il titolo di Antiquior.
Il Capitolo Generale del 2013 lo nomina Rettore della Certosa di Montalegre. Il capitolo in seguito lo conferma col titolo di Priore. In seguito, nel 2017, gli fu concessa misericordia, quando manifestò la diminuzione delle sue forze, all’età di 84 anni, lo inviò a Porta Coeli su sua espressa richiesta. Stava arrivando la malattia che lo avrebbe accompagnato fino al giorno della sua morte: una demenza senile di tipo Alzheimer.
Pertanto, nel giugno 2017, è giunto a Porta Coeli ed è stato presto nominato Antiquior, carica che ha ricoperto fino al giorno della sua morte, ritrovandosi progressivamente con una salute sempre più precaria man mano che il morbo di Alzheimer progrediva e lo rendeva perdere in gran parte le notevoli capacità mentali di cui Dio lo aveva dotato. Infine, lo scorso 14 marzo 2022, Nostro Signore, nella sua bontà e infinita misericordia, volle chiamarlo alla sua Divina Presenza, ponendo fine alla sua dolorosa ascesa al Calvario, vissuta in modo particolarmente intenso negli ultimi anni e mesi della sua lunga vita terrena.

Il ricordo dei confratelli
Padre José Manuel ci lascia il ricordo di un certosino che fu profondamente amante della sua vocazione, di monaco fedele, che servì con generosa dedizione l’Ordine Cartusiano e le diverse comunità con cui visse, in lavori e incarichi difficili come quelli di Visitatore, Priore e Procuratore. Fino alla fine dei suoi giorni, quando aveva quasi completamente perso la percezione della realtà, a causa della sua malattia, Dom José Manuel aveva vissuto a testimoniare un grande amore per la vita certosina ed il desiderio di vivere fedelmente le esigenze della nostra vocazione. Indubbiamente, questi ultimi cinque anni della sua esistenza terrena, in cui i suoi rapporti si sono sempre più ridotti, gli hanno permesso di approfondire sempre più quel rapporto intimo e personale con il suo amato Signore, in una semplice e fervente preghiera, in una quiete dell’anima , in un riposo contemplativo in Dio. D. José Manuel ci lascia il ricordo di una persona retta e leale, fedele e sacrificata.
In questi ultimi cinque anni, ci ha sempre colpito vedere che non si è mai lamentato della sua condizione, che ha accettato con pace e spirito soprannaturale e, se si è pentito di qualcosa, è stata la sua impossibilità di andare a Mattutino. Ci provò più volte, ma la sua debolezza non gli permetteva di dormire bene e questo gli rendeva molto difficile continuare a partecipare alle sante Veglie notturne. Allo stesso modo accettò con pace e rassegnazione il momento in cui, a causa del suo stato mentale, non poteva più celebrare la Santa Messa.
Fino alla fine della sua vita mantenne il suo amore filiale per la Vergine Maria, e la sua tenerezza devozione alla sua “Santina”, la Vergine di Covadonga, sotto la cui immagine, in un bel dipinto appeso sopra il suo letto, donò la sua anima eletta al suo Creatore, morendo nella solitudine della sua spoglia e povera cella certosina.

riposa in pace

R E Q U I E S C A T IN P A C E

Certose storiche: Lechnica

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Oggi vi propongo l’ultimo approfondimento, per quest’anno, sulle certose storiche che hanno avuto un glorioso passato e delle quali oggi restano poche tracce.

Stavolta vi parlerò della certosa di Lechnica, sita nella attuale Slovacchia.

Questo monastero, è conosciuto anche come “Červený Kláštor”, ovvero il Chiostro Rosso, a causa del caratteristico colore del tetto. Il complesso monastico, fu fondato nel 1319, da Gall conte di Szepes, e dal duca Henri suo fratello. Fu costruito inizialmente in legno, poi furono integrati mattoni e pietre appunto di colore rosso, come le cornici sotto i tetti e le nervature delle volte, nonchè le tegole rosse utilizzate per le coperture. Una comunità certosina proveniente dalla certosa di Erfurt, avviò la vita monastica, ed in seguito il Capitolo generale dell’Ordine la incorporò nel 1427 nella Provincia inferiore della Germania.

Nel 1431 gli Hussiti la danneggiarono pesantemente, il priore del monastero fu rapito e i locali furono dati alle fiamme e saccheggiati. La ristrutturazione avvenne lentamente, la chiesa della certosa fu consacrata soltanto nel 1449.

Červený Kláštor gradualmente divenne un importante centro religioso al confine ungherese-polacco. Attraverso donazioni, acquisì grandi appezzamenti di terreno e ottenne importanti privilegi, tra cui il diritto di pescare sul vicino fiume Dunajec.

Ma a seguito delle guerre i certosini, cominciarono a perdere proprietà e divennero bersaglio di violente incursioni. A poco a poco, i monaci furono costretti a lasciare il monastero. Nel 1563 la certosa fu soppressa e, con la morte dell’ultimo priore, cessò praticamente la vita monastica.

Dopo la partenza dei monaci certosini dal monastero di Lechnica, la struttura perse il suo carattere di dimora spirituale.

Durante il XVII secolo le autorità certosine tentarono invano di rientrare in possesso di Lechnica ma invano. Nel 1705 la struttura fu affidata ai Camaldolesi, i quali furono poi espulsi nel 1782 da un decreto di Giuseppe II. Ebbe inizio un declino inevitabile. L’antica certosa subì un incendio nel 1907 e fu gravemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale, ma dopo essere stata ricostruita nel 1956–66 fu riaperta al pubblico ed oggi funge da museo. Le immagini ed il video che segue, ci faranno apprezzare la maestosità del complesso monastico di Lechnica.

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 28)

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CAPITOLO 28
Le visite

1 Il Capitolo generale dei monaci, molto preoccupato che le case rimangano nella carità, nella pace e nella fedele osservanza, ha deciso di inviare loro dei Visitatori ogni due anni: la loro missione è di manifestare a ciascuna casa la sollecitudine dell’Ordine, ed hanno i poteri necessari per risolvere eventuali problemi che possono sorgere. (St 32.1)
3 La Visita si svolge come altrove affermato (cap. 35). La comunità, volendo fare della Visitazione un momento favorevole in cui Dio dona la sua grazia, accoglierà con spirito di fede i Visitatori o i Commissari, che sono investiti dell’autorità del Capitolo Generale o del Reverendo Padre. Ciascuno si sforzerà di aiutarli nell’adempimento del loro compito. Visitatori e suore faranno quindi del loro meglio per instaurare un rapporto di fiducia reciproca. (St 32.4)
4 Il primo dovere dei Visitatori è ascoltare ciascuno con la massima attenzione e fraterna accoglienza; dopodiché si sforzano di aiutarla a dare al Signore e alla sua comunità il meglio di sé. (St 32,5)
5 Eserciteranno il loro incarico di fratelli ai quali i tentati e gli afflitti potranno aprire il loro cuore senza temere che le loro confidenze vengano divulgate. In una questione di così grande importanza, non devono affrettare nulla, ma anzi procedere con calma. (St 32.6)
6 Ciascuno deve sentirsi a proprio agio con i Visitatori per spiegare loro i problemi che richiedono una soluzione o un consiglio da parte loro, sia che riguardi la sua vita personale o quella della comunità. Possiamo anche presentare loro suggerimenti costruttivi che sembrano utili per il bene comune. (St 32.7)
7 Prima di parlare degli altri, ci raccogliamo in preghiera. La nostra disponibilità allo Spirito ci aiuterà a praticare la verità nella carità. Chi è in pace non sospetta nessuno; spesso è meglio tacere che soffermarsi su cose impossibili da provare o banalità. (St 32,8)

8 I Visitatori dialogano in particolare con ciascuna monaca. Incontrano anche la comunità in quanto tale, in particolare durante le sessioni di apertura e chiusura della Visitazione (cfr cap. 35). Affinché la loro visita porti frutti durevoli, per grazia del Signore, faranno in modo che la stessa comunità si faccia carico del proprio rinnovamento spirituale. (St 32.9)
9 Si informeranno sulla vita della comunità, sui progressi compiuti dall’ultima Visita o sulle difficoltà incontrate. Provocheranno la comunità a mettere in discussione la fedeltà allo spirito e alla lettera di regolare osservanza, come stabilito negli Statuti. Esamineranno anche i conti della casa e il modo in cui si vigila sulla povertà evangelica. Indicheranno i rimedi per le carenze che potrebbero incontrare. Cercheranno attentamente con le monache, e prima con la priora, le misure da considerare per aiutare la comunità a progredire sempre nella fedeltà alla sua vocazione. (St 32.10)

10 Prima di lasciare la comunità, i Visitatori metteranno per iscritto nella scheda gli orientamenti che hanno dato ad essa o le decisioni che hanno preso. Scriveranno la mappa in termini semplici adatti alla comunità in modo che questa mappa possa essere applicata efficacemente in pace. Preoccupati per la continuità del cammino della comunità, ricorderanno, se necessario, punti già indicati nella mappa della Visita precedente. Spesso è opportuno informare prima la priora sull’azione che intendono intraprendere e ascoltare le sue osservazioni. È infatti importante che i Visitatori comprendano le intenzioni pastorali secondo cui la priora guida le sue monache, per promuoverne l’efficacia. (St 32.11)
11 Prima di prendere una decisione su qualcuno, o di avvertirlo, i Visitatori avranno cura di ascoltarlo. Se ritengono utile fare delle raccomandazioni ad una suora, gliele spiegheranno oralmente, in modo da far capire chiaramente lo spirito del loro intervento. Infine, non usciranno di casa finché non saranno sicuri che la comunità abbia colto le intenzioni e le prescrizioni indicate nei testi. (St 32.12)
18 L’andamento delle case dipende molto dall’efficacia delle Visite. È quindi importante che i Visitatori svolgano il proprio compito con attenzione e dedizione, senza mai accontentarsi di un’esecuzione puramente formale ed esterna. Pensando solo al bene delle anime, non risparmieranno né le forze né il tempo perché il loro passaggio faccia crescere nei cuori la pace e la dilezione perché Cristo cresca. (St 32.18)

Antoine Sublet, il pittore al servizio dei certosini

Locandina

Con questo articolo odierno, miei cari lettori, voglio portarvi a conoscenza di una interessante mostra monografica dedicata al pittore lionese Antoine Sublet. Una magnifica esposizione è stata realizzata a La Correrie, nel Museo della Grande Chartreuse, essa è stata inaugurata lo scorso 11 giugno e sarà visitabile fino al prossimo 5 novembre. Non perdetela! A seguire un breve video di presentazione.

Ma chi era Antoine Sublet?

Antoine Sublet nasce a Lione, l’8 giugno del 1821, a soli 14 anni fu ammesso alla Scuola di Belle Arti di Lione, ben presto gli fu conferito il terzo premio per il disegno nella categoria ritratto, campo in cui Antoine eccellerà.

Dopo diverse discrete partecipazioni al Salon des artistes di Lione, Sublet fa una svolta fondamentale nella sua vita e carriera tra il 1847 e il 1848, si mette in viaggio, dirigendosi verso l’Italia. In quel periodo, fare il Grand Tour era un viaggio obbligato per gli artisti, una sorta di rito iniziatico. Durante questo viaggio, i giovani artisti si formavano una cultura comune, apprendendo dall’Antichità e dai grandi maestri del Rinascimento.

Da qui la sua palese ispirazione agli artisti italiani del Primo Rinascimento, nel 1857 fu tempo di tornare in Francia, vi fece ritorno in compagnia di una donna che aveva sposato. Ed eccolo al lavoro a Marsiglia, una sua opera, “Il trionfo della Croce” adorna le volte della navata centrale della Chiesa di Saint-Théodore. Poi Sublet lavorerà a Lione in una cappella della ex certosa lionese, pertanto il vero incontro tra Antoine Sublet e l’ordine certosino e solo rimandato di qualche anno…

foto Sublet

Ma quali furono i suoi rapporti con l’Ordine certosino?

La attività pittorica di Sublet, continuerà tra Lione, Belley e Nancy, ed aumenterà la fama tra gli ambiti religiosi, ciò attirò, nel 1877, le attenzioni di Dom Roch Marie Boussinet, Reverendo Padre dell’Ordine certosino il quale lo individua come un’artista cattolico in grado di condividere i valori spirituali certosini.

Comincia una collaborazione che durerà per gli ultimi anni di vita del pittore lionese.

Seguendo una antica tradizione certosina, concernente il dipingere ritratti dei Priori Generali, da esporre nella sala del Capitolo Generale alla Grande Chartreuse, gli fu affidato il compito di riprodurre i ritratti di Dom Jean-Baptiste Mortaize e Dom Charles-Marie Saisson. Nel 1878, un anno dopo, dipinse un’altra opera per la Grande Chartreuse,” Estasi di San Bruno”

Estasi di San Bruno

Nel 1873 l’Ordine certosino decise di fondare in Inghilterra una nuova certosa, a Parkminster in grado di accogliere due comunità espulse dal continente europeo. Questa fu una ghiotta occasione per Sublet il quale fu incaricato di dipingere vari ambienti monastici, ma per non disturbare la quiete monastica, le tele commisionategli, furono dipinte nella casa parigina di Sublet, e poi trasportate su di una imbarcazione e furono poi fissate sulle pareti della Certosa inglese. Tra queste spicca l’opera della Gloria Celeste, ma anche Il Martirio dei certosini inglesi…e tante altre, circa una cinquantina di tele!

Vergine

Le certose che conservano opere di Sublet sono tante, Pleterije, Neuville, Scala Coeli, la Valsainte, Parkminster, Selignac, Montrieux e la Grande Chartreuse. La fiducia verso questo artista fu tale che fu incaricato nel 1884 di restaurare le 22 tele di Eustache Le Sueur sulla Vita di San Bruno. Insomma un’artista davvero poliedrico. Al termine di una fruttuosa carriera, Antoine Sublet morì a Parigi il 17 dicembre 1897, all’età di 76 anni. Dipinse fino alla fine, poiché le sue ultime opere conosciute sono datate1896.

La Mostra

La mostra organizzata con gusto, intende mostrare la produzione pittorica dell’artista nel periodo “certosino”, e celebrare questo pittore e le sue opere che fino ad oggi hanno avuto come spettatori i soli monaci certosini, poichè realizzate per essere ammirate tra le mura delle certose.

Attraverso un’accurata e coinvolgente scenografia espositiva, prodotta in collaborazione con le scuole superiori della regione, il visitatore potrà rendersi conto di come i certosini si confrontano con questi dipinti nei loro monasteri. 

Una perplessità da chiarire

maps Giaveno Avigliana

Recentemente, ho ricevuto da parte di alcuni lettori un quesito su di una perplessità che intendo chiarire in questo articolo, e che spero gradirete tutti.

Mi si chiedeva per quale motivo in Piemonte, in provincia di Torino, ed ad una breve distanza tra loro sorgono due certose, che spesso inducono alla confusione.

Facciamo chiarezza.

Certosa di Avigliana (1598-1630) monaci

Certosa di Giaveno (1904-1995) monache

Comprenderete, che a causa della quasi contiguità, si è ingenerato negli anni una ragionevole confusione.

Detto ciò, conosciamo la loro storia diversa per epoca e per utilizzo.

Cominciamo con la prima.

Certosa di Avigliana

veduta satellitare

La comunità della certosa di Banda subì una violenta incursione vandalica, ed in seguito a ciò si trasferì nel 1598 ad Avigliana, presso un convento abbandonato dagli Umiliati, e donatogli il 15 giugno del 1595.

Con la chiesa e il convento di Santissima Trinità viene accordato ai certosini le “vigne et alteni contigui”, un bosco, dell’estensione di 83 are, con unito un caseggiato, ai confini con Giaveno. I certosini si insediarono e trasformarono l’antica struttura per adeguarla alla propria regola, restaurarono in particolar modo il coro, la cappella della Beata Vergine delle Grazie e il chiostro. Essi dimorarono in suddetta certosa serenamente fino al 1630, quando Carlo Emanuele I di Savoia per difendere la città di Avigliana dall’attacco dei francesi, impose ai monaci di sgombrare il monastero obbligandoli a trasferirsi a Banda. Il complesso monastico fu distrutto ma Carlo Emanuele promise ai monaci che dopo la guerra avrebbe costruito una nuova certosa. Questa promessa fu mantenuta in seguito dalla figlia, la Duchessa reggente Cristina che nel 1642 fece edificare la certosa di Torino.

Cronache della zona raccontano che in seguito i certosini si occuparono della riedificazione della chiesa: la cappella del coro e l’altare. L’8 dicembre 1638 sono lì a celebrare la “solennità della Concezione della Vergine Sacratissima” e la Comunità cittadina fa voto solenne di “farvi ogni anno in quel giorno una solenne processione da cominciarsi e finirsi ad essa cappella come sin qui si pratica col canto della Messa grande, Vespri, comunioni numerose et altre divozioni”. I monaci rientrano definitivamente in possesso di quello che è rimasto degli edifici e dei terreni circostanti. Si dedicano soprattutto alla completa ricostruzione della chiesa: le dimensioni sono più modeste. Viene intitolata alla Beata Vergine delle Grazie, ad essa vi affiancano un’abitazione e un caseggiato rustico per la conduzione dei terreni.

Oggi, possiamo ammirare la cappella, dedicata alla Madonna delle Grazie che sorge fuori le mura del Borgo Nuovo presso la Porta Folla.
L’attuale breve navata aderisce al coro, parzialmente scampato alla demolizione del convento, e divenuta certosa dal 1595 fu riedificata successivamente al culto dagli stessi monaci, cui si deve l’intitolazione attuale, fu da essi officiata fino al 1733, quando venne ceduta al farmacista Gallizio di Avigliana, che la utilizzò come cappella privata della propria contigua residenza, l’attuale scuola elementare Norberto Rosa.

Certosa di Giaveno

veduta satellitare

In un convento francescano fondato nel 1515 dal Beato Tommaso Illirico, situato lungo la strada panoramica che, all’imbocco della Val di Susa, si arrampica fino alla Sacra di San Michele, l’ordine certosino istituì una casa rifugio per le monache in fuga dalla Francia. Provenienti dalla certosa di Beauregard, esse vi si insediarono nel 1904. Soltanto alcuni anni dopo, nel 1912 essa divenne certosa autonoma, ospitando una piccola comunità femminile, comprendente un noviziato per le monache del coro e per le suore laiche. Nel 1994 la comunità di consorelle certosine si trasferì nella certosa di Dego. Dopo lunghi e impegnativi lavori di restauro, l’ex certosa di San Francesco (della Mortera) è stato riaperta nel 2011 come “luogo di riposo e riflessione”. Il Gruppo Abele si attivò per l’acquisto e per il restauro – un intenso lavoro durato 18 anni – affinché rimanesse luogo fedele alla sua storia. Il complesso è attualmente gestito dall’associazione Certosa1515 Onlus, ancora oggi qualcuno la chiama erroneamente certosa di Avigliana, confondendola con la precedente che vi ho descritto. Le foto satellitari e le immagini che accludo, sapranno fugare la confusione. 

foto con monaci

Cartolina con monaci certosini che assicurano, le funzioni sacerdotali alle monache.

Tre video per le vacanze

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Carissimi amici di Cartusialover, quest’anno ho deciso che in assenza di nuovi articoli nel periodo della pausa estiva, voglio offrirvi la riproposizione di due video sulla vocazione maschile certosina ed una novità… Un nuovo video sulle monache certosine!

Di esso vi avevo già parlato qualche mese fa in un precedente articolo, semplicemente annunciandolo, ma ora possiamo ammirarlo.

I tre video sulla vocazione di Padri, Fratelli e Monache sono stati realizzati su richiesta dell’Ordine dei Certosini tra il 2016 e il 2021, dal regista Marc Jeanson, già autore del film “Saint Bruno, Père des Chartreux”.

Sono stati girati presso la Grande Chartreuse, le certose di Portes, Serra San Bruno e nelle certose femminili di Reillanne e Nonenque, nel sud della Francia.
Questi eccellenti documenti video sono stati realizzati esclusivamente solo con le parole di monaci e monache. È quindi la prima volta nella loro storia che i monaci certosini, interrompono il loro amato silenzio, accettando di parlare apertamente della loro chiamata, della loro vocazione, di Dio e della loro vita eremitica, ciò conferisce a questi film un fascino emozionante ed eccezionale.

Vi auguro una buona visione!

titolo

Ho pensato di fare cosa gradita offrendoveli con sottotitoli in varie lingue.

I Padri certosini

               

I Fratelli certosini

                

Le monache certosine

Certose storiche: Gaming

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La certosa di Gaming, che prese il nome di Marienthron (Thronus Sancte Marie), fu fondata nel 1330 dal duca Alberto II d’Austria, che pose la prima pietra per la costruzione del complesso monastico il 13 agosto del 1332. Egli lo volle come luogo di sepoltura dinastica, difatti egli stesso vi fu sepolto dopo la sua morte nel 1358, così come sua moglie Giovanna di Pfirt e sua nuora Elisabetta di Boemia. Nel 1340 fu consacrata la sala capitolare, mentre il 13 ottobre 1342, con una cerimonia solenne, si svolse la consacrazione celebrativa della chiesa del monastero. In pochi anni la costruzione fu completata ed ingrandita, risultando essere la certosa più ricca e bella della provincia certosina di Germania Inferiore. La prima comunità, proveniente dalla Certosa di Mauerbach, comprendeva un numero doppio di monaci vi si insediarono infatti 24 certosini con a capo un Priore poichè le dimensioni della certosa erano davvero enormi. Gaming non era solo la più grande delle tre certose della Bassa Austria di Mauerbach, Aggsbach e Gaming, ma anche la più grande certosa dell’Europa centrale. I certosini, possedevano alcune parrocchie e numerosi feudi, i quali svolgevano notevoli attività economiche, che consentirono lo sviluppo dell’intera regione. La fama di Gaming, era legata soprattutto alla austera attività monastica dedita alla contemplazione divina. Dal 1670 i priori, acquisirono il titolo di prelati imperiali. Nel 1683 il monastero fu attaccato dai Turchi, che arrecarono disagi ai religiosi, i quali riuscirono a non essere torturati dagli aggressori. Nel 1782 Giuseppe II decretò la soppressione del convento certosino. Nel 1797 le salme del fondatore, della moglie e della nuora furono trasferite alla chiesa parrocchiale di Gaming e nel 1825 il monastero e la tenuta, comprese estese aree boschive, passarono alla proprietà privata. Nel 1915 fu acquistato dall’abate dell’abbazia di Melk. Nel 1983 i locali del monastero, ma non le restanti proprietà, furono acquistati da un architetto austriaco, Walter Hildebrand, che da allora si è occupato del restauro. I locali rinnovati sono in parte occupati da un hotel e in parte dall’Università francescana di Steubenville (campus principale in Ohio, USA). Dal 2004 è presente anche un museo, con reperti e notizie sulla storia dei certosini e della Certosa di Gaming. Ogni anno nel mese di agosto è sede del Festival di Chopin.

Le immagini che seguono ci mostreranno ciò che resta della sontuosa certosa.

Certose storiche: Pomier

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Continua l’approfondimento sulle certose storiche, che hanno avuto un glorioso passato e delle quali oggi restano poche tracce. Oggi vi propongo la certosa di Pomier, situata in un crocevia tra la Svizzera e l’Alta Savoia, che domina la valle di Ginevra. Essa fu fondata nel 1170 dal conte di Ginevra Amedeo I°, che assieme ai vescovi di Losanna si mostrarono grandi benefattori dei certosini. L’etimologia del nome pomier deriva dal latino pro murus che significa fuori le mura.

Il complesso monastico comprendeva la Chiesa di Nostra Signora di Pomier, tre cappelle, dodici celle monastiche che circondavano il Chiostro Grande e con annesso il cimitero, luogo di sepoltura monastica e di diversi Conti di Ginevra e di Vaud.

Va ricordato che l’imperatore Sigismondo e Carlo IV, posero il monastero sotto la protezione del Sacro Romano Impero Germanico con decreto religioso nel 1366.

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Nel corso della sua storia si sono succeduti novantuno priori che hanno retto brillantemente la certosa, la quale ha visto preservata la vita claustrale fino al 1535, data in cui i beni dei monaci furono confiscati. Nel 1588 i ginevrini incendiarono la certosa ed i monaci furono costretti ad abbandonarla per quattro anni. Nel nuovo insediamento del 1592 rimasero fino al 1792, quando i francesi occuparono militarmente il convento e costrinsero i religiosi il 17 marzo del 1793 a sgomberare la struttura. Per questo motivo i certosini di Pomier furono costretti ad unirsi alla certosa di Aillon. Durante la Rivoluzione, la certosa di Pomier fu saccheggiata, nei chiostri furono bruciati libri e manoscritti della ricchissima biblioteca. Per oltre cento anni la certosa è stata praticamente abbandonata ed i suoi numerosi edifici sono stati demoliti. Le campane della chiesa di Nostra Signora di Pomier furono portate a Carouge, dove una di esse suona ancora oggi ogni ora nella chiesa di Sainte-Croix, sulla piazza del mercato.

Ma cosa ne fu dei resti della certosa? Nel 1894 Pomier, un privato acquistò l’intero complesso, salvando l’edificio principale dalle rovine e fondò lun’albero con ristorante con una quarantina di camere da letto, l’ “Hotel Pension de l’Abbaye de Pomier”, questa struttura ha poi cessato l’attività nel 1991. Nel 2001, un pronipote dell’antico proprietario trasformò il complesso riadattando le antiche cantine trasformandole in saloni per riunioni e convegni. Anche il nome è stato cambiato, tornando da Abbaye de Pomier, al nome originale dell’edificio, ovvero “Chartreuse Notre-Dame de Pomier”. Una carrellata di immagini ci mostrerà la trasformazione avvenuta nel tempo di questo luogo per seicento anni culla di preghiera e meditazione a prestigioso luogo per convegni e seminari.