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Dom Silvio Badolato

18 Dom Silvio Badolato

Il personaggio che oggi voglio farvi conoscere è un monaco certosino originario di una nobile famiglia. Egli nacque in una data imprecisata, intorno ai primi anni del 1500, a Monteleone, l’attuale Vibo Valentia. Egli fu battezzato con il nome di Scipione, e sin da piccolo si dedicò allo studio nella terra natìa, per poi da ragazzo trasferirsi a Roma per studiare il diritto civile e canonico. Il giovane Scipione, sembrava avviato verso una brillante carriera forense, ma poiché in diverse occasioni era solito fare visita ai suoi conterranei Dom Antonio e Dom Giovanni Mazza, gli illustri fratelli certosini ospiti della certosa napoletana di San Martino.
La frequentazione con questi due religiosi, fece nascere in Scipione l’ispirazione a diventare anch’egli monaco certosino. Fu così che la Provvidenza cambiò il corso della sua esistenza. Nel 1529, entrò nella certosa napoletana prendendo il nome di Silvio. Fin dal principio di questo nuovo percorso, egli si distinse per lo zelo e molteplici virtù, che non passarono inosservate ai suoi superiori. Ben presto egli divenne procuratore della certosa napoletana, per poi essere scelto come priore della certosa di Padula prima e poi di quella di Capri. A seguire divenne priore di Trisulti per ben due volte, di nuovo guidò la certosa di Padula, e due volte a capo della certosa di Serra, poi ancora a Roma, ed infine fu priore della certosa di Firenze e nominato Visitatore della provincia della Tuscia e del Regno.
In questa lunga e variegata “carriera” da priore, fu sempre ben voluto e tenuto in gran stima dalle comunità che diresse, sempre dedito all’osservanza della regola con notevole zelo. Fu dedito nei suoi mandati a dedicarsi con semplicità e rigore alla vita claustrale, mostrandosi sempre come esempio per tutti i confratelli.
Dom Silvio Badolato, nel suo secondo mandato da priore nella certosa di Serra San Bruno, che si svolse dal 1573 al 1577, fece costruire la sala capitolare ed il coro, nonché fece completare il chiostro. In quel periodo ebbe alcune controversie locali, che lo videro prevalere nel rivendicare giusti diritti per il proprio monastero. Ciò gli fece riscuotere enormi consensi tra il popolo, ma soprattutto dal Capitolo Generale dell’Ordine. Dom Silvio Badolato, con la sua saggezza dovette affrontare nel 1576 i pericoli derivanti da una tremenda epidemia di peste sviluppatasi a Messina, la quale arrecava rischio ai territori circostanti la Calabria e quindi della certosa. Ordinò pubbliche preghiere e processioni, per scongiurare il pericoloso morbo, inoltre realizzò una sorta di cordone sanitario sulle spiagge di sua pertinenza per arginare il pericolo. L’anno successivo, nel 1577 fu nuovamente inviato a Padula laddove si dedicò allo studio ed agli scritti, ormai convinto di aver completato il suo percorso e nel 1579 chiese misericordia e ritornò semplicemente a svolgere la vita monastica senza incarichi. Ma nel 1583, i Superiori dell’Ordine lo invitarono a recarsi alla certosa di Roma ad occuparsi come Visitatore della provincia certosina della Tuscia.
Durante questo periodo romano, l’allora pontefice Gregorio XIII, lo tenne in grande considerazione e spesso voleva essere in sua compagnia chiedendogli pareri e consigli. Trascorsero alcuni anni, e Dom Silvio ormai in età avanzata era intenzionato ad abbandonare definitivamente tutti gli incarichi per dedicarsi esclusivamente alla vita contemplativa da semplice monaco e di fare ritorno alla sua casa di professione.
Fu così, che fece ritorno a Napoli, dove in certosa potè dedicarsi esclusivamente alla preghiera ed agli studi. Scrisse alcuni opuscoli ed alcuni commenti sulle Epistole dell’Apostolo Paolo, che per sua estrema umiltà non volle fare stampare. Trascorrendo gli ultimi anni in una quiete assoluta, lentamente come una candela, la sua vita terrena si spense. Ho voluto celebrarlo oggi, poiché morì il 18 febbraio del 1587 dopo cinquantotto anni di vita monastica, ed il giorno 20 fu sepolto nel cimitero della sua certosa. Il Capitolo Generale dell’Ordine gli attribuì il titolo onorifico di “Laudabiliter Vixit” (vissuto lodevolmente /vita esemplare). Senza essere una sorta di canonizzazione, questo titolo è concesso dal Capitolo Generale, all’unanimità dei suoi partecipanti, ai religiosi e alle religiose che si sono particolarmente distinti per le loro virtù e la loro influenza.

Alla sua memoria vadano le nostre preghiere.

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Fra Bonaventura Presti, l’architetto certosino

3 Leggio monumentale manufatto di B. Presti

Leggio monumentale manufatto di B. Presti

Cari amici, nell’articolo odierno voglio parlarvi di un personaggio poco noto, ma molto attivo in attività esterne alla vita claustrale, un fratello certosino distintosi per le sue spiccate virtù di artigiano. Voglio parlarvi di Fratello Bonaventura Presti, a molti di voi questo nome non dirà nulla, perciò proverò a farvelo conoscere. Della sua biografia non si conosce molto, si sa che nacque a Bologna ed in quella città ebbe la sua formazione, imparando l’arte della falegnameria. Successivamente, cominciamo ad avere notizie certe sulla sua vita, poichè è documentata la sua presenza a Napoli all’interno della certosa di San Martino, appunto come fratello converso. In questa città si svolge la sua vita, dall’aprile del 1650 fino alla data della registrazione della sua morte, avvenuta il 9 settembre del 1685. A Napoli il suo status di converso gli permise contatti con il mondo esterno alla clausura, consentendogli di sviluppare una prolifica carriera come architetto ed ingegnere. Le opere realizzate dal Presti furono notevoli e numerose. Ma proviamo a contestualizzare il suo operato, per comprendere meglio la sua alacre attività esterna alla vita claustrale. Fra’ Bonaventura, in quel tempo, rappresentò nella politica culturale dei certosini napoletani, uno ‘strumento di persuasione’, nell’accezione barocca del termine, da proporre ai potenti dell’epoca pronti a legittimare la loro magnificenza personale per poter passare alla memoria dei posteri. Il periodo era quello nel quale l’aspetto della stessa certosa era in trasformazione, oramai improntata allo splendore post-conciliare teorizzato dai principi della Chiesa che in funzione antiprotestante incoraggiarono il recupero della magnificenza delle basiliche, delle cattedrali e delle chiese. A questa imponente trasformazione contribuì Fra’ Bonaventura Presti, che nel 1656, a seguito delle controversie sorte tra i monaci ed il grande Cosimo Fanzago, il quale decise di abbandonare tutti i lavori in corso, assunse un ruolo essenziale nella conduzione dei lavori, curandone il prosieguo ed il completamento. Tra questi, vi ricordo i dispersi arredi lignei per lo studiolo del Priore e la realizzazione del leggio monumentale del coro, oltre al completamento del pavimento della chiesa, e forse la realizzazione del vano ellittico sottostante l’aula del coro per realizzare la famigerata “cassa armonica”. A ciò si aggiunge l’esecuzione di un disperso modello ligneo per l’altare maggiore e altri interventi inerenti l’arredo del Quarto del Priore e della Foresteria. Fin qui gli interventi e le opere realizzate per la propria certosa, ma come vi dicevo egli a queste, sovrappose attività legate alla committenza fatta dal Cardinale Ascanio Filomarino dal 1655 a seguire. Da quest’ultimo fu incaricato dell’ampliamento e ammodernamento del palazzo arcivescovile e della residenza avita a largo San Giovanni Maggiore. Nel 1659 Fra Bonaventura progetta a Soriano Calabro, dopo un devastante sisma, il convento di San Domenico che verrà nuovamente distrutto dal terremoto del 1783. Negli stessi anni a Casoria completa la chiesa di San Mauro. Creazioni di notevole livello scultoreo progettate dall’architetto furono i soffitti lignei delle chiese di San Pietro a Majella e del Carmine (quest’ultimo andato distrutto durante la seconda guerra mondiale e sostituito da una riproduzione moderna), entrambe realizzati sul finire degli anni cinquanta del Seicento. Il Vicerè il 2 ottobre 1666, rilasciò al nostro certosino la patente di “Regio ingegnere e architetto” in base alla “expereniencia que haves mostrado”, riferendosi agli interventi effettuati in città.

Pianta Baratta particolare della Darsena

Pianta Baratta. particolare della Darsena

A seguito di ciò, venne incaricato di quella che sarà la sua opera ingegneristica più importante ovvero la darsena, realizzata tra il 1667 e il 1668. Come vi avevo premesso, l’ascesa di Fra’ Bonaventura al rango di regio ingegnere è strettamente connessa all’influenza dei certosini di San Martino. Data la sua notorietà acquisita, l’architetto certosino fu incaricato di fare e dirigere il progetto della darsena, ma senza alcuna conoscenza di ingegneria, purtroppo durante lo scavo dell’opera si aprì una sorgente d’acqua sotterranea ed il certosino non riuscì nell’impresa, venne quindi sostituito da architetti ed ingegneri i quali trovarono il rimedio per prosciugare lo scavo. Dal 1668 lo si vede attivo nella vicina Aversa, nel cantiere della Chiesa della Santissima Annunziata. Contemporaneamente venne incaricato di realizzare laVilla Carafa di Belvedere al Vomero, voluta da Ferdinando Vandeneynden e realizzata tra il 1671 ed il 1673. Il certosino ottenne anche la nomina di ingegnere ordinario del Pio Monte della Misericordia a Napoli nel 1678, e tra il 1673 e il 1685 Presti è autore del rifacimento della chiesa di San Domenico Soriano e del relativo chiostro che sarà poi completato molto più tardi. Queste che che vi ho citato sono solo le principali opere ed interventi, tra le numerosissime che egli realizzò.

Dalle cronache, sappiamo che Bonaventura Presti, dopo aver convissuto negli ultimi anni con una malattia che interessò le vie urinarie lentamente si spense nella sua certosa, il 9 settembre del 1685 a causa di un blocco renale. Come accennatovi, Presti fu soprattutto un abile falegname e dotato di un notevole talento come intagliatore e disegnatore, ebbe indiscutibili capacità creative pertinenti alla figura dell’architetto piuttosto che quella dell’ingegnere, la sua ascesa come abbiamo visto fu dettata però non solo dalle sue doti, ma anche da motivi politico religiosi. Restano oggi tutti i suoi meravigliosi manufatti, che ci testimoniano il suo innegabile talento, che ho voluto farvi conoscere. A seguire immagini di alcune delle sue opere.

 Pavimento Navata certosa

Pavimento Navata certosa

Particolare commesso marmoreo chiesa_pavimento_di_fra_bonaventura_presti_1664-67_

Particolare commesso marmoreo pavimento 1664-67

Grata nel pavimento del coro della certosa (cassa armonica)

Grata nel pavimento del coro della certosa (cassa armonica)

3 Leggio monumentale manufatto di B. Presti

 

Dom Sebastian Maccabe

10 lo studio in cella

Conosciuto con lo pseudonimo di Henry Chester Mann, è l’inglese Sebastian Maccabe. Egli nacque nato il 27 luglio del 1883 a Rockferry, nella contea di Cheshire, a nord dell’Inghilterra. Dopo aver finito i suoi studi di gioventù con i benedettini di Downside (Bath), entrò nei Redentoristi. Fu ordinato sacerdote nel 1908. Era un predicatore e confessore in molte comunità religiose in Inghilterra. Così ha avuto l’opportunità di sviluppare i suoi straordinari doni come direttore spirituale. Nel 1917 entrò nella Certosa di Parkminster, precisamente il 27 giugno 1919, fece la sua prima professione religiosa. Nel 1921 fu nominato Maestro dei Novizi e, quattro anni dopo, Vicario. Nel 1927 fu trasferito alla Certosa di Firenze. In questo nuovo luogo, ha anche inizio per lui un periodo particolarmente difficile. Fu allora che “si incontrò” con San Bernardo, a cui doveva molto. L’anno successivo fu nominato Maestro del Novizio della nuova casa. Ha tenuto questa posizione fino al 1935, quando fu nominato Priore della Certosa di Pavia.

Dotato di grande tatto e prudenza, riuscì a gestire la difficile situazione creata dalla seconda guerra mondiale e rimanere come Priore di questa monumentale Certosa, proprietà dello Stato, nonostante la sua nazionalità inglese. Nel 1945 la Certosa di Pavia fu chiusa. Dom Sebastian fu nominato convisitatore e poi visitatore delle province d’Italia ed inviato, come Priore, alla Certosa di Farneta. Qui morì, il 9 settembre del 1951, quando si stava preparando a celebrare la messa. La sua gentilezza disinteressata e l’ampia cultura furono evidenti nelle sue brillanti conversazioni. Dom Sebastian era sempre capace, malgrado le proprie difficoltà, a diffondere allegria a coloro che andavano da lui per aiuti e consigli.

Si dice che “chiunque lo visitasse ne usciva dalla cella con un volto sorridente. Anche i Visitatori!”

Durante il suo soggiorno a Parkminster, Maccabe ha curato due opere dei certosini inglesi del Medioevo. Erano pochissimi autori: Adam Scot e Nicholas Love. Allo stesso tempo, aveva in grande considerazione la dottrina spirituale del devoto Lanspérgio, di cui doveva aver servito durante i 13 anni in cui era il maestro dei novizi. Nel 1926 pubblicò, con un’ampia introduzione, una versione della “Lettera di Gesù Cristo all’anima devota”. Questo è il libro più originale e ricondotto di Lanspérgio. La sua produzione letteraria nasce dal desiderio di condividere con tutti, in modo accessibile e piacevole, alcune ricchezze spirituali e umane della tradizione monastica.

A partire dal 1929, articoli interessanti appariranno regolarmente pubblicati nella rivista “Pax” dell’abbazia benedettina di Prinknash (Gloucester). Questi sono piccoli saggi spirituali, schizzi monastici animati e talvolta anche recensioni ben riflessive. Alcuni di questi articoli fanno parte dell’unico libro pubblicato “The Cloistered Company” (1935).È una collezione di racconti monastici brillanti e ispiratori. Un secondo libro su San Bernardo era in bozza, ma la morte gli impedì di completarlo.

I sette articoli che vorrei offrirvi, concepiti come unità, sono stati trovati, dopo la sua morte, tra i suoi documenti. Sono stati pubblicati, nella stessa rivista, in modo interrotto tra il 1957 e il 1961. Solo in seguito si sono riuniti questi articoli. Innanzitutto, nella traduzione inedita italiana, eseguita a Farneta dal vescovo Eugenio Treccani.Successivamente, in una traduzione tedesca realizzata nella Certosa di Marienau da Dom Willibrord Müller.  Nello stesso anno, apparve la traduzione francese. Nel 2004 compare la traduzione spagnola sulla base dell’edizione francese e del latino originale. Infine una traduzione portoghese (2006) è basata sulla traduzione spagnola e tedesca. Grazie alla sua cultura monastica ed alla indubbia capacità narrativa, Dom Sebastian, ricco della sua competenza ed esperienza, introduce i giovani aspiranti certosini, postulanti e novizi con leggerezza ed umorismo.

Prossimamente vi offrirò alcuni estratti di questi sette testi, per ora ho solo voluto presentarvi questo personaggio certosino poco noto.

La felicità di essere casto

La felicità di essere casto

Recentemente, vi è stata una notizia che ha avuto un enorme risalto mediatico in tutto il mondo cattolico, e non solo. “Sono un sacerdote, sono omosessuale ed ho un compagno che amo”.

Questa la frase del coming out di monsignor Krzysztof Charamsa, il  43enne teologo polacco, ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede, il quale, ha dichiarato ciò in un’intervista rilasciata ad un quotidiano, alla vigilia del Sinodo sulla Famiglia.

Egli ha voluto, provocatoriamente, sollevare un caso sulla omosessualità dilagante nell’ambito della Chiesa. Questa la notizia.

La mia umile e personale considerazione sull’accaduto, è molto semplice.

Monsignor Charamsa, come tutti gli altri sacerdoti del Pianeta dediti ad attività sessuali di natura etero o omosessuale, non importa, dimenticano un particolare essenziale, di aver violato il voto al celibato ed il voto di castità. Invece di perpetrare tale violazione, avrebbero potuto e potrebbero essere leali con se stessi e soprattutto con Dio, semplicemente spogliandosi preventivamente dell’abito talare. Eviterebbero così di farsi uno scudo con la tonaca che indossano per perpetuare le loro attività sessuali, assolutamente non compatibili con l’ideale di vita da loro scelto senza alcuna costrizione.

Dopo questa elementare considerazione, voglio proporvi un paradigma sull’argomento, quindi vi lascio ad un testo di un certosino, sulla castità ed anzi sulla felicità di questa condizione. Un testo semplice ed eloquente, che testimonia la coerenza di una scelta di vita, che molti credono essere personale, ma che risulta viceversa una chiamata della Provvidenza.

“L’amore è il senso della nostra vita. Siamo venuti al deserto per rispondere ad un invito della Santissima Trinità, ispirato dallo Spirito Santo nei nostri cuori, per vivere un amore intimo con Dio. Questa unione è una realizzazione individuale dell’unione sponsale di Cristo con la Chiesa.”

“Tutte le nostre osservanze hanno come fine questa realizzazione, le quali ci aiutano ad accedere a questa purezza di cuore, questo sguardo limpido, che promette la visione di Dio. La solitudine è il luogo di questo prodigioso incontro con il Verbo che parla nel silenzio. La cella e la chiusura proteggono la preziosa fiamma d’un amore che si eleva al Signore nella preghiera più continua e profonda possibile. Il cuore che vive d’Amore non può consentire di aprirsi a lungo ai suoi fratelli che sono i suoi compagni lungo la strada, a tutta la Chiesa di Cristo ed all’umanità, nella misura del cuore di Cristo. Solamente da questo punto di vista, si può situare la nostra castità consacrata: una fonte ed una delle espressioni di questa purezza di cuore che ci unisce a Cristo ed ai nostri fratelli. La nostra castità è un marchio del nostro amore, la sua trasparenza, la sua verità, il suo segno di fedeltà. Non siamo entrati nella Certosa per paura delle donne o avversione al matrimonio! Solo per amore a Dio: per avere come occupazione principale del nostro spirito e del nostro cuore la ricerca di Dio, conoscerLo ed amarLo”.

Un certosino

(estratto da: “La felicità di essere casto” un certosino)

La “Danza Macabra” ed i certosini

La “Danza Macabra” ed i certosini

tanec smrti

In questo mese di novembre notoriamente dedicato alla commemorazione dei defunti, voglio proporvi sull’argomento alcune rappresentazioni della Danza Macabra. Nel corso del Medioevo, a causa di frequenti epidemie di peste, colera ed altre malattie contagiose, nel genere umano si è consapevolmente insinuata la convinzione del potere assoluto della morte. Nella letteratura, in religione, ma anche semplicemente tra la popolazione meno istruita ha cominciato a dilagare il concetto di  memento mori. L’unico modo per contrastare questo pensiero ricorrente, era il non attaccarsi alle cose materiali e terrene, provare a disprezzare il mondo e le sue glorie, vivendo in maniera irreprensibile al fine di poter terminare il proprio cammino di vita terrena senza peccati e giungere il più possibile puri nel regno dei cieli. A tal proposito mi preme citare Dionigi il certosino, il quale nel suo scritto rivolto ai fedeli raccomanda in tono lapidario:

“quando ci si mette a letto, si ricordi che come ora ci si corica da sé, presto il proprio corpo sarà deposto da altri nella tomba”.

Ma veniamo alla citata Danza Macabra, una caratteristica rappresentazione pittorica che proprio in quel periodo comincia a diffondersi in Europa, partendo da quella di Parigi (1424). Essa è la raffigurazione del Trionfo della Morte sull’intera razza umana, solitamente illustrata da scheletri  armati di falce (la morte) che danzano con personaggi che rappresentano le varie condizioni umane (papa, imperatore, cardinale, re, soldati, religiosi, lavoratori, usurai, fanciulli etc).La morale di questo motivo iconografico è ricordare ai fedeli la caducità della vita e la vanità delle cose terrene dinnanzi alla Morte. Essa è solitamente accompagnata da iscrizioni, che in forma di dialogo tra la morte ed il relativo personaggio, spiegano l’inutilità e la vulnerabilità della propria condizione rispetto alla morte.

Ovvero di fronte alla morte siamo tutti uguali, essa non risparmia nessuno!

In alcune di queste raffigurazioni, compare sovente tra le varie categorie umane un certosino. Esso è riconoscibile per il tipico abito, come vedremo dalle immagini che allego.

certosino con chiave in danza macabra 1732

Il monaco certosino, ovviamente è colui che vive la caducità della vita terrena distaccandosi dai beni materiali, colui che percorre il cammino della sua esistenza nel silenzio e nella preghiera, attendendo di incontrare Dio per poter vivere la agognata vita celeste.

Ciononostante anche egli sarà soggetto al Giudizio Universale e verrà a cospetto con la Morte.

Questo testo è un esempio di un dialogo tra la Morte ed il certosino

danza macabra parigi

Morte:

Unitevi anche voi certosino,

uomo di astinenza,

che sopportate con pazienza,

le lotte della danza,

non pensate di vivere più a lungo,

La Morte vince chiunque!!

Il certosino:

Già da tempo, per il mondo, io sono già morto,

ecco perché il mio desiderio di vivere è minore

rispetto a tutte le volte che gli uomini temono la morte.

Quando la mia carne sarà vinta

Chiederò a Dio di liberare la mia anima per salire al cielo,

Per me questa vita è un vuoto miserabile,

Oggi vivo quello che un giorno non vivrò più.

Tante furono le rappresentazioni nell’Europa centrale, ma tra le più celebri voglio citarvi la Danza Macabra di Lubecca del 1463, ma distrutta completamente durante la seconda guerra mondiale nel 1942. Di essa si conservano fotografie realizzate antecedentemente, che ci testimoniano il suo indiscutibile, sia pur macabro, fascino.

certosino danza macabra Lubecca

Vi ricordo inoltre che la foto principale di questo articolo è di un affresco nel quale si rappresenta una particolare Danza Macabra (Tanec Smrti), esso si trova nella certosa di Brno nella attuale Repubblica Ceca. La sua peculiarità sta nel fatto che riprendendo il tema che vi ho illustrato, questa danza macabra con soli certosini, fa riferimento alle continue repressioni, torture e feroci attacchi che i certosini di Brno subirono nel corso dei secoli.

Queste diffuse raffigurazione ebbero il “merito” in quel periodo storico di essere un mezzo per consolare gli oppressi e per frenare gli oppressori. Possa oggi, per noi contemporanei, essere comunque uno spunto di riflessione e meditazione su di un tema che è senza tempo, la morte.