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Commemorazione dei defunti dell’Ordine Certosino

1

Oggi, 14 novembre, è il giorno nel quale si commemorano i defunti dell’Ordine certosino, ed ho deciso di celebrarlo in maniera particolare.
Nel ricordare tutti i defunti certosini, colgo l’occasione per parlarvi di un Padre deceduto alcuni mesi orsono: Dom José Manuel Rodriguez Vega, del quale vi proposi una gradevole intervista.
Vi offro oggi la sua biografia ed il ricordo dei suoi confratelli nel giorno della sua dipartita terrena.

Che Dio lo abbia in gloria e che San Bruno lo accolga come merita.

Manuel Rodriguez Vega, nacque a Valdesoto, comune di Siero, il 3 febbraio 1929, in una famiglia molto cattolica formata dai genitori e cinque figli, quattro maschi e una femmina. La sua adolescenza e giovinezza saranno trascorse in un ambiente sociale fortemente intriso dei valori della Fede. Per questo il nostro giovane sarà attratto da una vita di totale consacrazione a Dio. Con la sua radicalità e fedeltà che poi lo caratterizzarono, lui, che aveva iniziato gli studi universitari in Medicina Veterinaria, decise di interromperli per entrare nella certosa di Santa Maria di Miraflores, nel 1950. Nel giorno della proclamazione del dogma della Assunta, iniziò il Postulato come Sacerdote certosino.
Nella solennità di San Giuseppe del 1951 ricevette l’abito certosino. Così aggiunse al suo nome di quello di Giuseppe e questo stesso Santo Patriarca ora, 71 anni dopo, come Santo Patrono della Santa Morte, venne a chiamarlo proprio quando si stava celebrando la novena in sua memoria. Il 24 giugno 1953, emise la professione di monaco certosino. Tre anni dopo farà la sua professione solenne. Sarebbe stato ordinato sacerdote di Gesù Cristo nella cattedrale dall’arcivescovo di Burgos, il 22 marzo 1958. Aveva allora 29 anni.
Nella Certosa di Miraflores, il priore Dom Bernardo Sánchez lo nominò sacrestano l’anno successivo, 1959, e in tale posizione rimarrà fino a quando non sarà inviato dal Capitolo Generale del 1965 come padre procuratore alla Certosa di Santa Maria Scala Coeli, alle sollecitazioni del Priore di questa Certosa, Dom Pedro de Soto Domecq, che stimava molto le qualità di Dom José Manuel, che desiderava avere al suo fianco per dare impulso alla crescita della recente Certosa del Portogallo.
Succederà a Dom Pedro come Priore di questa Certosa. Infatti, il 18 giugno 1973, all’età di 44 anni, Dom José Manuel fu eletto dalla Comunità, carica che avrebbe svolto in modo molto soddisfacente per quattro anni, tornando poi, nella stessa Scala Coeli, al suo precedente ufficio di P. Procuratore.
Durante quei quattro anni nel priorato della giovane comunità portoghese, toccò a lui vivere il tragico evento della rivoluzione dei garofani. Poiché Scala Coeli si trovava in una zona del paese molto segnata dall’influenza comunista e soprattutto dall’attuazione della riforma agraria, che avrebbe espropriato numerosi possedimenti in mano ai legittimi proprietari, conseguenzialmente erano in pericolo anche gli ottanta ettari della certosa. Ma grazie alla saggezza ed alla bonomia, alla diplomazia e alla simpatia di “Padre Manolo”, i certosini di Scala Coeli furono rispettati nei loro possedimenti, conservandoli nella loro interezza. All’ufficio di Padre Procuratore, Padre Josè Manuel aggiunse quello di Antiquior di quella certosa dal 29 novembre 1982 al 13 maggio 1986. In quella festa della Vergine di Fatima, disse addio al Portogallo per andare ad aiutare Santa Maria di Porta Coeli, 57 anni. Dapprima fu nominato sacrestano e vicario. Due anni dopo, lo stesso Priore, Dom Isidoro María Alonso, in occasione della festa della Vergine del Monte Carmelo nel 1989, a sessant’anni, lo fece ritornare all’inquietudine della ricerca. A Scala Colei aveva trionfato con gli animali ma a Porta Coeli c’erano solo gatti… e migliaia di aranci. Tuttavia, è andato avanti di nuovo, migliorando l’irrigazione, plastificando i serbatoi d’acqua, aumentando anche le piantagioni e vendendole a buon prezzo.
Il Capitolo Generale del 1991 ha concesso misericordia a Dom Isidoro María Alonso, che fu inviato a Scala Coeli. Quello stesso Capitolo nominò Dom José Manuel come Padre Priore di Porta Coeli.

In questa posizione rimarrà per 14 anni ininterrottamente, ricevendo misericordia soltanto nel Capitolo del 2005. Dom José Manuel aveva allora 76 anni. Dal Capitolo tornò a Porta Coeli, dove il nuovo Padre Priore, dom Bruno Maria Gándara, lo nominò Padre Procuratore e Antiquior. Il successore di D. Bruno, D. Pedro María Castro, lo cessò nella carica più onorifica di Antiquior ma gli lasciò l’attività dell’ufficio del P. Procuratore, nel novembre 2011. La Visita Canonica del 2012 lo ha rilasciato dalla carica di Padre Procuratore e gli ha restituito il titolo di Antiquior.
Il Capitolo Generale del 2013 lo nomina Rettore della Certosa di Montalegre. Il capitolo in seguito lo conferma col titolo di Priore. In seguito, nel 2017, gli fu concessa misericordia, quando manifestò la diminuzione delle sue forze, all’età di 84 anni, lo inviò a Porta Coeli su sua espressa richiesta. Stava arrivando la malattia che lo avrebbe accompagnato fino al giorno della sua morte: una demenza senile di tipo Alzheimer.
Pertanto, nel giugno 2017, è giunto a Porta Coeli ed è stato presto nominato Antiquior, carica che ha ricoperto fino al giorno della sua morte, ritrovandosi progressivamente con una salute sempre più precaria man mano che il morbo di Alzheimer progrediva e lo rendeva perdere in gran parte le notevoli capacità mentali di cui Dio lo aveva dotato. Infine, lo scorso 14 marzo 2022, Nostro Signore, nella sua bontà e infinita misericordia, volle chiamarlo alla sua Divina Presenza, ponendo fine alla sua dolorosa ascesa al Calvario, vissuta in modo particolarmente intenso negli ultimi anni e mesi della sua lunga vita terrena.

Il ricordo dei confratelli
Padre José Manuel ci lascia il ricordo di un certosino che fu profondamente amante della sua vocazione, di monaco fedele, che servì con generosa dedizione l’Ordine Cartusiano e le diverse comunità con cui visse, in lavori e incarichi difficili come quelli di Visitatore, Priore e Procuratore. Fino alla fine dei suoi giorni, quando aveva quasi completamente perso la percezione della realtà, a causa della sua malattia, Dom José Manuel aveva vissuto a testimoniare un grande amore per la vita certosina ed il desiderio di vivere fedelmente le esigenze della nostra vocazione. Indubbiamente, questi ultimi cinque anni della sua esistenza terrena, in cui i suoi rapporti si sono sempre più ridotti, gli hanno permesso di approfondire sempre più quel rapporto intimo e personale con il suo amato Signore, in una semplice e fervente preghiera, in una quiete dell’anima , in un riposo contemplativo in Dio. D. José Manuel ci lascia il ricordo di una persona retta e leale, fedele e sacrificata.
In questi ultimi cinque anni, ci ha sempre colpito vedere che non si è mai lamentato della sua condizione, che ha accettato con pace e spirito soprannaturale e, se si è pentito di qualcosa, è stata la sua impossibilità di andare a Mattutino. Ci provò più volte, ma la sua debolezza non gli permetteva di dormire bene e questo gli rendeva molto difficile continuare a partecipare alle sante Veglie notturne. Allo stesso modo accettò con pace e rassegnazione il momento in cui, a causa del suo stato mentale, non poteva più celebrare la Santa Messa.
Fino alla fine della sua vita mantenne il suo amore filiale per la Vergine Maria, e la sua tenerezza devozione alla sua “Santina”, la Vergine di Covadonga, sotto la cui immagine, in un bel dipinto appeso sopra il suo letto, donò la sua anima eletta al suo Creatore, morendo nella solitudine della sua spoglia e povera cella certosina.

riposa in pace

R E Q U I E S C A T IN P A C E

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“Nell’ora della mia morte, Signore, scendi su di me”

Dionigi calci

Oggi in occasione della celebrazione della commemorazione dei defunti, cari amici, voglio offrirvi una deliziosa preghiera del beato Dionigi di Rijkel, una invocazione nell’ora della morte. Ricordando in questo giorno tutti i nostri cari defunti, preghiamo per le loro anime, questa orazione concepita dal “Doctor Extaticus”.

“Nell’ora della mia morte, Signore, scendi su di me”

«O dolcissimo Signore Gesù, splendore della gloria del Padre, sole di giustizia, è per me, è per il tuo piccolo servo, che hai voluto soffrire il dolore nella sua forma più vile; è per la redenzione del mondo che hai dato la tua vita in cima al Calvario e che, in un’ultima preghiera, hai dato il tuo spirito nelle mani del tuo Padre celeste. Ecco dunque ciò che oggi vengo a chiederti: è poter portare e sentire per sempre nel mio cuore il tuo amore, o mio Dio, e il dolore della tua morte che è stata così piena di amarezza; è anche allenarmi ogni giorno a morire con te mediante la mortificazione di tutti i miei vizi, affinché nel mio ultimo giorno respirerò gioiosamente alla Luce della tua Misericordia ed entrerò con te nelle gioie del Paradiso. Nell’ora della mia morte, Signore, scendi a me, e se l’agonia cade su di me, vieni presto in mio aiuto. Ti desidero, vieni a me; Sono circondato da nemici, difendimi; soffro, strappami da questo dolore; gemo, consolami; tremo, rafforzami; ho freddo, scaldami; sono abbattuto, sollevami; io spiro, ricevimi. Che la mia ultima parola quaggiù sia la stessa della Tua ultima Parola sulla Croce, e quando la mia voce non si sente più nella mia gola muta, ascolti almeno il grido del mio ultimo desiderio: “Padre, io cedo l’anima mia nella Tua mani: Dio di verità, mi hai redento”.

A M E N

monaci e candela

Commemorazione dei defunti

monaco-e-cimitero

“La morte non è spegnere la luce. Si sta mettendo la lampada perché l’alba è arrivata. “(Tagore)

Commemorazione dei defunti

Oggi in occasione della celebrazione della commemorazione dei defunti, cari amici, voglio offrirvi un testo estratto da un libro scritto da un certosino. Egli in questo capitolo, dopo una premessa sul senso della morte per un monaco certosino, ci descrive minuziosamente cosa avviene in una certosa quando muore un loro confratello. Ho trovato questo testo alquanto interessante.

La morte per un monaco certosino

La vita dei certosini diventa una preparazione alla morte. Non c’è niente di strano che il certosino la accetti e la riceva quando arriva, senza quasi essere sorpreso o intimidito. Il che non significa che lui provi il disgusto naturale e l’orrore istintivo che lei le ispira.

Perché quella è la morte: la separazione da tutte le cose, da tutto ciò in cui è posto tutto l’affetto; la violenta rottura del legame naturale così stretto e che unisce intimamente e strettamente il corpo con lo spirito che lo anima. Un mistero tanto facile da capire quanto da spiegare. La morte ci disgusta e ci fa orrore perché per noi non dovrebbe esistere. Nel disegno di Dio, siamo stati creati per l’immortalità; Ma quei disegni furono derisi dai nostri primogenitori, che violando il precetto che Dio aveva dato loro, aprirono la porta attraverso la quale il peccato entrò nel mondo e con esso la morte.

Due visioni completamente diverse della morte ci vengono offerte nelle Sacre Scritture. Nei libri dell’Antico Testamento, la morte è rappresentata in un aspetto terrificante; ci viene mostrato come realmente era allora, come strumento di giustizia divina, come vendicatore di un Dio offeso e irritato. La morte era così terrificante in quel momento, perché l’eco paurosa della maledizione abbattuta da Dio su Adamo poteva ancora essere udita echeggiare nello spazio: “Polvere tu sei ed in polvere ritornerai“.

Dopo la venuta di Cristo, o meglio, dopo la sua risurrezione e ascensione al cielo in cui si è mostrato liberatore dal peccato e dalla morte, la morte è stata vinta e disarmata, insieme al peccato. Per questo, da quando è morto, senza essere soggetto all’impero della morte, ha cessato di essere quello di prima. Nella lingua dei primi cristiani, la morte era rappresentata sotto l’immagine pacifica del sonno. Di coloro che sono morti si diceva che si erano addormentati nel Signore, morire per loro era semplicemente passare dalla vita temporale a quella eterna. Si riduceva, quindi, a un cambiamento di vita, o meglio, a una trasformazione.

Quella che non sarà mai è la morte in cui l’anima muore. Questa seconda morte, in cui è fissato per sempre l’orrendo destino dell’anima e del corpo, è quella che infonde nella prima lo stesso orrore e lo stesso timore che chi non ha i conti della propria coscienza ben adattato a Dio; quelle angosce e quelle difficoltà sono completamente sconosciute nelle nostre Case. La cosa ordinaria è che, quando arriva, viene accolto senza il minimo segno di allarme o di preoccupazione, con calma, con ogni rassegnazione.

Ci sono casi di religiosi a cui il pensiero della morte abbatte il loro spirito e li spaventa; Ma quando la vedono arrivare o affrontarla, sentono il terrore svanire all’improvviso e muoiono sereni, in pace e grazie a Dio, con la supplica sulle labbra alla loro benedetta Madre di essere presente alla sua morte e di proteggerla e difenderla nel suo ultimo minuto.

Più frequente è quello dei religiosi che non hanno paura della morte, ma al contrario la desiderano e la aspettano, e quando arriva, la ricevono pieni di gioia e di felicità.

corteo funebre

La cerimonia di sepoltura nelle certose.

Non appena si realizza la morte, davanti al cadavere vengono recitati i cinque salmi e le preghiere prescritti dallo Statuto. Subito dopo viene comunicato ai Fratelli che verranno ad avvolgerlo. Vestito con le sue vesti ordinarie, sdraiato sulla bara, entrambe le mani incrociate sul petto, il rosario appeso al collo, con la croce processionale in testa, il secchiello dell’acqua santa a sinistra e ai suoi piedi la candela gialla accesa che non si può spegnere finché non sarà sepolto, la veglia del cadavere inizia a alternarsi Padri e Fratelli ogni mezz’ora, senza interrompere un solo istante.

Un quarto d’ora prima dei Vespri, la Comunità si riunisce in chiesa e da lì, processionalmente, si reca alla cella del defunto. Di fronte c’è un Fratello con la ciotola dell’acqua santa; alle sue spalle, il Fratello con la sua candela accesa, seguito dall’ultimo novizio che porta la croce, volgendo il volto alla Comunità; poi il Procuratore con l’incensiere e il Priore vestito di stola nera. E dopo di lui, i monaci in ordine di anzianità. Arrivati alla cella, si allineano su entrambi i lati del chiostro. Il novizio con la croce sta alla testa della bara; il Fratello, con la candela in basso, e il Priore al centro. Quindi, canta il Pater Noster , che prega in silenzio mentre asperge il cadavere e incensa la croce. Finito il Pater Noster, la Comunità ritorna in chiesa nello stesso ordine; i monaci, incappucciati, cantano salmi e dietro di loro i quattro Fratelli che guidano la bara.

Mentre la bara entra nel coro dei Fratelli, il cadavere coperto da un panno tessuto di criniera come l’abito che indossava in vita, il Cantore canta il solenne responso Credo quod Redemptor meus vivit… .“Credo che il mio Redentore vive… e nell’ultimo giorno risorgerò dalla polvere della terra, e che vedrò con questi miei occhi in questa carne il mio Dio mio Salvatore”.

sepoltura

Cantando questo salmo, la bara rimane nel coro dei Fratelli con la croce in testa e la candela accesa ai piedi. I monaci iniziano a cantare i Vespri del Giorno, a cui fa seguito l’ Agenda , come chiamiamo l’Ufficio completo dei Morti nella Certosa.

Il giorno successivo il Priore celebra la messa funeraria, dopodiché torna in sacrestia, si toglie la casula e attende qualche istante per dare il tempo ai monaci e ai confratelli di occupare il posto che corrisponde a ciascuno. I monaci sono disposti lungo i rispettivi stalli del coro; ed i Fratelli sono raggruppati nel coro dei monaci.

Il Priore esce dalla sacrestia, si mette al centro della chiesa a un lato della bara, di fronte a lui, e intona il Pater Noster, che prega a bassa voce, asperge il cadavere e lo incensa dopo averlo fatto attraversando. Il Cantore intona la risposta Credo quod Redemptor meus vivit… che è seguita da altre due.

Dopo che le risposte sono state cantate, vengono suonate tre lente campane, ripetute due volte, che è l’avvertimento che il cadavere viene condotto al cimitero, che sarà eseguito in processione con lo stesso ordine di quando il coro dei Fratelli è stato condotto dalla sua cella. All’uscita, il Cantore canta il salmo In exitu Israel of Egypt… che continuano i Padri, che non smettono di cantare salmi se non dopo la sepoltura.

Proprio nel momento della partenza inizia a suonare la campana che accompagna il corteo che avanza lentamente; si attraversa il chiostro, e quando si entra nel chiostro grande, i rintocchi della campana si fanno così intensi da attutire la voce dei Padri. Quando la processione è arrivata al cimitero, Padri e Fratelli stanno intorno alla tomba, i padri cantano o suonano incessantemente la campana.

Quando la bara arriva, viene lasciata ai piedi della tomba. In testa sta l’ultimo Novizio che porta la croce e, a destra, il Priore con chi porta il turibolo e l’acqua santa, che appena arrivato intona con voce sottomessa, il Pater Noster che prega in silenzio per l’eterno riposo del defunto. Dopo quella preghiera, recita una più lunga e poi benedice la fossa, spruzzandola con acqua santa e incensandola.

I Fratelli rimuovono il cadavere dalla bara e lo abbassano sul fondo della fossa profonda cinque piedi. Dopodiché, un Fratello presenta al Priore una pala carica di terra, che scarica sulla fossa; allo stesso tempo, altri Fratelli separano le assi che sostengono il cumulo di terra accumulato, sul bordo, che crolla con un ruggito sordo e pauroso; quindi riuniscono la terra rimanente fino a coprire completamente la fossa. Fatto ciò, attaccano alla sua testa la croce di legno alla cui ombra e sotto la cui protezione riposerà il defunto.

Entierro

Il Priore, durante la sepoltura, recita a bassa voce le preghiere del Rituale Certosino. La salmodia dei Padri continua intanto, così come il rintocco della campana.

Alla fine dei quattordici o quindici salmi (cantati dai Padri), il Priore canta ad alta voce il Pater Noster, cosparge il tumulo e lo incensa come la croce. Quindi, con l’issopo in mano, fa il giro del cimitero, cospargendo e tombe, e lo lascia seguito dalla Comunità che lo accompagna cantando il salmo “ Miserere …” e il ” De profundis” fino a Chiesa.

In piedi davanti al conferenziere e ai monaci seduti ai loro posti, recita una preghiera per tutti i fedeli defunti dai quali si congedò con il suo Requiescat a passo. Fatto ciò, si reca, seguito dai monaci, alla Sala Capitolare, dove, detta una preghiera per il defunto davanti all’altare, si siede ai piedi di esso e fece loro un breve discorso, generalmente un commento sul testo evangelico: “finché hai luce, cammina, perché le tenebre non ti sorprendono”.

Al termine di questo breve intervento, raccomanda ai suoi ascoltatori di richiedere al defunto i suffragi che gli sono dovuti nello Statuto … un certosino cadrebbe nel profondo del purgatorio se, nonostante i tanti voti con cui viene aiutato quotidianamente, Messe, indulgenze, servizi per i defunti, ecc., La sua partenza avrebbe dovuto essere ritardata a lungo.

Il giorno della sepoltura è quello della solitudine assoluta e del raccoglimento rigoroso. Tuttavia, quel giorno la riflessione è fatta senza di lui; non per celebrare la partenza di chi è stato assente, ma per rafforzare ulteriormente i legami di fratellanza tra coloro che rimangono. La lettura, che come di consueto si fa in refettorio, affronta sempre il tema di come deve essere onorata la memoria dei defunti e cosa possiamo e dobbiamo fare a loro favore e in loro aiuto, come spiega sant’Agostino in una sua predica, che è il testo letto più spesso in questo caso.

nel cimitero

Una nota curiosa per finire:

Nel Capitolo Generale dell’Ordine che si tiene ogni due anni nella Grande Certosa si legge in prima seduta l’elenco dei defunti di quell’anno con l’indicazione dei loro nomi e della Casa in cui è avvenuta la morte. Viene indicata anche l’età del defunto se supera i limiti di quella che è considerata una vita ben realizzata in Certosa, e quella degli anni di professione se raggiungono i regolamenti. Ora, se qualcuno dei defunti ha dato prova costante per tutta la sua vita religiosa di essere stato un esemplare molto religioso, perfetto esempio della più rigorosa osservanza regolare, senza lacune o eclissi, senza ombre di alcun tipo e questo è stato registrato il voto unanime del religioso della sua Casa, poi, quando si fa la lista dei morti lì, è conveniente sapere:

“In una casa del genere moriva un tale religioso, qui laudabiliter vixit in Ordine”.

La lode, come puoi vedere, non potrebbe essere più modesta; Ma in tutto il XX secolo, meno di una dozzina sono state giudicati degni meritevoli. Per dimostrare che non è così facile vivere lodevolmente nella Certosa come chiunque potrebbe immaginare …

Non si parla di anni di professione se non raggiungono i cinquant’anni, né di età se non raggiungono gli ottanta. L’età di ognuno di loro verrà registrata nel registro della casa.

interro a Farneta

Settenario per le anime del Purgatorio

Dom Innocent Le Masson

Oggi, per commemorare i defunti ho scelto per voi delle preghiere concepite da Dom Innocent Le Masson per la liberazione delle anime del Purgatorio. Esse sono sette, poichè erano contemplate per il Settenario per le anime del Purgatorio. Infatti per poter sollevare e liberare un gran numero di anime sofferenti si celebravano sette Messe in loro suffragio, e le preghiere che seguono. A seguire un video di sepoltura in certosa (ScalaCoeli e Porta Coeli), ringrazio l’amico che lo ha messo a disposizione per tutti noi.

Recitiamole insieme per i nostri defunti.

Le sette preghiere di Dom Innocent Le Masson:

“O Dio nostro Padre, per il sollievo delle anime del Purgatorio offro la Carità di Nostro Signore Gesù Cristo”:

“O Dio che sei nostro Padre e nostro Protettore, degnati di guardarci con pietà, e getta gli occhi sul volto di tuo Figlio Gesù Cristo. Vedere l’annientamento in cui si è messo per redimere le anime dei poveri figli di Adamo; le lacrime che versa alla nascita; La sua povertà nella mangiatoia e tutto ciò che soffre per loro. Ricevi tutte queste meraviglie della Sua Carità, che Ti offro per il sollievo delle anime del Purgatorio, e principalmente per quello di …………… .. per mezzo dello stesso Gesù Cristo nostro Signore, che vive e regna con Te in unità dello Spirito Santo, attraverso tutte le epoche ”.

Così sia.

“O Dio nostro Padre, per il sollievo delle anime del Purgatorio offro la circoncisione di Nostro Signore Gesù Cristo”:

“O Dio che sei nostro Padre e nostro Protettore, degnati di guardarci con pietà e di gettare gli occhi sul volto di tuo Figlio Gesù Cristo. Vedi i segni di un peccatore che vuole prendere nella sua circoncisione, per attirare la tua misericordia su tutti i suoi poveri fratelli adottivi. Guarda il suo sangue, le sue lacrime e la tenera compassione della sua santa Madre, e ricevi l’offerta che ti faccio della gloria che ti ha dato nella sua circoncisione, per il sollievo delle anime del Purgatorio, e specialmente per quello di …………… .. per mezzo dello stesso Gesù Cristo nostro Signore, che vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli ”.

Così sia.


“O Dio nostro Padre, per il sollievo delle anime del Purgatorio Ti offro il prezzo della redenzione di Nostro Signore Gesù Cristo”:

“O Dio che sei nostro Padre e nostro Protettore, degnati di guardarci con pietà e di gettare gli occhi sul volto di tuo Figlio Gesù Cristo. Ricorda la piacevole offerta che ti hanno fatto la Beata Vergine e San Giuseppe nel Giorno della Purificazione, e di quella che ti ha fatto di se stesso in un profumo dolce. Voleva essere redento Lui stesso prima di completare l’opera della nostra redenzione, e quindi voleva pagare per noi in ogni modo. Ricevi il Prezzo della sua Redenzione che Ti offro per il sollievo delle anime del Purgatorio, e principalmente per quello di …………… .. per mezzo dello stesso Gesù Cristo nostro Signore, che vive e regna con Te nell’unità di Spirito Santo, attraverso tutte le epoche ”.

Così sia.


“O Dio nostro Padre, ti offro per il sollievo delle anime del Purgatorio ciò che Nostro Signore Gesù Cristo ha fatto e ha sofferto”:

“O Dio che sei nostro Padre e nostro Protettore, degnati di guardarci con pietà e gettarle via. occhi sul Volto di tuo Figlio Gesù Cristo. Ricorda l’onore e la gloria che Ti ha dato lasciando la sua cara Madre, per iniziare a insegnare ai Dottori della Legge la tua Dottrina Celeste. Ricevi quello che ha fatto e ha sofferto in questa occasione; le cure e le lacrime della sua santa Madre, e le opere di san Giuseppe, suo caro Padre adottivo, che Ti offro per il sollievo delle anime del Purgatorio, e principalmente per quello di …………… .. dallo stesso Gesù- Cristo nostro Signore, che vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli ”.

Così sia.


“O Dio nostro Padre, ti offro per il sollievo delle anime del Purgatorio ciò che nostro Signore Gesù Cristo ha sofferto nell’Orto degli Ulivi”:

“O Dio che sei nostro Padre e nostro Protettore, degnati di guardarci con pietà e di gettare gli occhi sul Volto di tuo Figlio Gesù Cristo. Ricorda cosa ha sofferto nell’Orto degli Ulivi, il suo dolore mortale, la sua agonia e il suo sudore di sangue, e ricevi lo stato di afflizione in cui si trovava allora, la sua carità, le sue dimissioni alla tua santa Volontà, ea tutte le meraviglie di pazienza e virtù che ha praticato in questa occasione, che Ti offro per il sollievo delle anime del Purgatorio, e principalmente per quello di …………… .. dallo stesso Gesù Cristo nostro Signore, che vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli ”.

Così sia.


“O Dio nostro Padre, ti offro per il sollievo delle anime del Purgatorio tutte le Meraviglie della Carità di Nostro Signore Gesù Cristo”:

“O Dio che sei nostro Padre e nostro Protettore, degnati di guardarci con pietà e gettarle via. occhi sul Volto di tuo Figlio Gesù Cristo. Ricorda ciò che ha sofferto nella sua dolorosa passione, la sua flagellazione, la sua incoronazione di spine, i suoi avversari, la sua morte in croce, il suo abbandono e la preghiera per cui ha fatto quelli che lo crocifissero. Ti offro tutte queste meraviglie della sua Carità per il sollievo delle anime sante del Purgatorio, e soprattutto e principalmente per quello di …………… .. per mezzo dello stesso Gesù Cristo nostro Signore, che vive e regna con Te in unità dello Spirito Santo, attraverso tutte le epoche ”.

Così sia.


“O Dio nostro Padre, per il sollievo delle anime del Purgatorio offro la Morte e la Passione di Nostro Signore Gesù Cristo”:

“O Dio che sei nostro Padre e nostro Protettore, degnati di guardarci con pietà e di gettare gli occhi sul volto di tuo Figlio Gesù Cristo. Ricorda lo stato in cui Lo hai visto dopo essere spirato sulla Croce, che non aveva più bellezza, né lineamenti del volto dell’uomo; ma che sembrava più un lebbroso colpito con la tua mano. È la disciplina della nostra pace che gli hai imposto che lo ha ridotto a questo stato. Ricorda le tue misericordie dopo aver fatto passare il tuo caro Figlio attraverso una giustizia così severa per amore di noi; e permettimi di offrirti tutta la gloria e le soddisfazioni che ti ha dato nella sua morte e passione, e che ti prego di farne una singolare applicazione alle anime sante del Purgatorio, e specialmente a quella di … ……… ..

Così sia.

cimitero2

Video Sepoltura in certosaSepoltura in certosa

La vita eterna come sublime conoscenza del Padre

La vita eterna come sublime conoscenza del Padre

meditando-nel-cimitero

In occasione di oggi 2 novembre, commemorazione dei defunti, vi propongo questo testo estratto da un sermone di un Priore certosino. Il contenuto è un excursus sul tema della vita eterna, ricca di citazioni e pregna di profonda saggezza spirituale. 

A seguire un video con suggestive immagini di una sepoltura certosina a Santa Maria di Scala Coeli di Evora, in Portogallo, tratte da questo sito

Sermone

Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv 17,3). Dice San Paolo agli Efesini: “Siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Ef 3, 18-19).

Questa vita dà all’essere umano, la sua più perfetta e gratificante realizzazione, perché compie il motivo per cui Dio ci ha creati: la glorificazione del suo nome, del suo Essere, della sua paternità, è la vocazione fondamentale e primordiale di ogni essere umano come immagine viva e sublime della perfezione divina. La partecipazione alla vita Trinitaria.

Solo nella vita eterna l’uomo raggiunge lo scopo per cui è stato creato, secondo la parola del grande vescovo Ireneo: “La gloria di Dio è l’uomo vivente. La vita dell’uomo è la visione di Dio”.

C’è una leggenda molto bella! Una volta, un monaco stava pregando. Egli visse 300 anni dopo il grande sant’Agostino. Il nostro monaco ebbe una visione: gli sembrava di vedere Sant’Agostino alla porta del cielo in un atteggiamento che esprimeva sorpresa, ammirazione. Entusiasta, rapito! Non riusciva ad attraversare la porta e neanche uscire o fare qualcos’altro, ma solo restare fermo.

Padre mio, esclamò questo monaco! Dopo 300 anni, sei ancora alla porta? Non entri? Ma perché non entri?”

Sì, dice il santo Dottore. Sono ancora alla porta, ammirato e paralizzato”.

È una leggenda, ma il messaggio è pura verità! La gioia e la bellezza della vita eterna sono così ammirevole, che la più brillante e privilegiata intelligenza di uno dei più grandi Dottori della Chiesa, che durante la sua vita ha ricercato i problemi più profondi della teologia e della divinità, di fronte alla visione di Dio non ha potuto scappare e non si è stancato di guardare 300 anni, da lontano, una bellezza infinita e l’amore offerto in modo tale, che il tesoro di tutte le bellezze del mondo raccolte, risulta essere solo un’ombra insignificante.

Ripeto che si tratta di una leggenda, ma il suo contenuto è di una saggezza profonda. Un altro Dottore della Chiesa, San Giovanni della Croce, ha scritto parole che possono anche farci riflettere (Cantico spirituale, Canzone XI).

Il Dottore mistico spiega che qui sulla terra, l’anima innamorata vuole morire per possedere la bellezza divina e per essere posseduta da questo grande Dio, il cui amore ha rubato e ha colpito il suo cuore. Egli spiega: “Sarebbe poco voler morire in vista della bellezza divina, al fine di goderla per sempre. L’anima, se percepisse appena una traccia della bellezza e sublimità di Dio, non vorrebbe solo una morte per contemplarla per sempre, ma mille dolorose morti sarebbe in grado di soffrire con gioia, al fine di vederla anche se per un attimo; e dopo averla vista (anche un solo attimo), chiederebbe di soffrire tante altre morti per vederla novamente”.

È la conferma delle parole di San Paolo ai Corinzi: “né mai entrò in cuore di uomo, ciò che Dio ha preparato per quelli che lo amano” (I Cor 2,9).

Inesauribile illuminazione di luce! Ineffabile dolcezza di amore!

E San Giovanni viene anche a noi quando scrive: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! (…) Ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando Egli si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui, perché lo vedremo così come Egli è” (I Gv 3,1-2).

La vita eterna è la conoscenza sublime del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e la partecipazione alla sua vita di luce e di amore.

Amen.

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Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris