• Translate

  • Follow us

  • Memini, volat irreparabile tempus

    giugno: 2023
    L M M G V S D
     1234
    567891011
    12131415161718
    19202122232425
    2627282930  
  • Guarda il film online

  • Articoli recenti

  • Pagine

  • Archivi

  • Visita di Benedetto XVI 9 /10 /2011

  • “I solitari di Dio” di Enzo Romeo

  • “Oltre il muro del silenzio”

  • “Mille anni di silenzio”

  • “La casa alla fine del mondo”

  • Live from Grande Chartreuse

  • Inserisci il tuo indirizzo email per seguire questo blog e ricevere notifiche di nuovi messaggi e-mail.

    Unisciti a 668 altri iscritti
  • Disclaimer

    Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001. Rare immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione. L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.


Dialogo con San Bruno 12

6 dialogo

Proseguono le domande del certosino giornalista a San Bruno in questa immaginaria intervista. Apprezziamo la domanda e la risposta esaustiva sul tema dell’obbedienza.

“Sull’obbedienza”

CG – Padre S. Bruno, la nostra vita certosina, come lo sai, è costruita sull’obbedienza di Gesù. Pertanto, deve essere eseguita in obbedienza. Accade, però, che in questi tempi in cui devo vivere si parla e si scrive molto sull’obbedienza – e non sempre a suo favore. Vorrei sapere la tua opinione su questo argomento. Vuoi dirmi qualcosa su questo?

SB – Se ricordi bene, nella mia Lettera ai monaci certosini ho spiegato il mio pensiero sull’obbedienza a tutti voi e non ho nascosto la mia soddisfazione e la mia gioia nel conoscere la perfezione con cui era vissuta dai Fratelli di quella prima Comunità, alcuni dei quali ho conosciuto. Attualmente, come cittadino del Regno di coloro che con la loro obbedienza cantano la vittoria, continuo a pensare la stessa cosa. Non ignoro come, proprio perché così “flagellata”, l’obbedienza sia trattata dal vostro mondo attuale e nè ignoro la svolta spettacolare avvenuta nella concezione dell’obbedienza.

È vero, figlio, qui siamo informati che quel modo di sentire, pensare e agire secondo il quale la legge era espressione della volontà di Dio, è per molti inaccettabile e impraticabile. E sappiamo anche che si menzionano tanti fattori interni ed esterni all’ambito ecclesiale e religioso, fattori preconciliari, conciliari e postconciliari, con i quali si vuole giustificare la “rottura” di quella mentalità sull’obbedienza.

E affinché tu veda che ne siamo consapevoli – e lo siamo perché noi che siamo stati Fondatori in questo mondo, seguiamo con interesse tutto ciò che riguarda la vita religiosa, poiché resta nostro compito assicurarne la conservazione e la purezza –, so che siamo stati opportunamente informati sul tema delle rivoluzioni sociali che hanno modificato i rapporti umani; e sulla discesa delle gerarchie e l’ascesa dell’uguaglianza umana nei diritti e nei doveri; e sulle scienze antropologiche, psicologiche e sociali che rendono più viva la coscienza del valore dell’uomo; e sulle nuove chiavi ermeneutiche per vivere i tuoi voti; e sul passaggio dal sistema oligarchico a quello democratico, dall’extero-tipizzazione (modelli esterni) alla rilevanza della soggettività, e dall’eteronomia all’autonomia…

Come vedi, anche in Paradiso siamo informati delle cose della terra: tanti cambiamenti, tante alterazioni, tante nuove parole…; ma «la parola del Signore è per sempre» (Sal 118,89).

E, come puoi immaginare, il tuo Padre e Fondatore continua a pensare all’obbedienza alla luce di quel “Verbo” “per mezzo del quale tutto è stato fatto” e che, nonostante ciò, “si è fatto obbediente fino alla morte, fino alla morte di croce”. E se sei in grado di ricevere la confidenza di un padre, ti dirò che non desidero altro che i miei figli continuino a vivere l’obbedienza nello stesso modo in cui gli ho insegnati e che non prestino attenzione a nessuna delle nuove dottrine sull’obbedienza, se non sono conformi all’obbedienza di Cristo e della Chiesa.

Tornando dunque al punto di partenza, ti ho detto che ero profondamente contento dell’obbedienza dei miei monaci, perché vedevo in essa una manifestazione gentile della misericordia di Dio sulle loro anime. Infatti l’obbedienza, come perfetta imitazione di Cristo obbediente, come sua continuazione nel mondo, non è solo opera dell’uomo; è soprattutto opera di Dio nel cuore di quell’uomo che si è donato al suo amore; è una grazia concessa a coloro che sinceramente lo amano, lo servono e lo cercano.

Sì, un’opera di Dio. Perciò vi ho detto: “L’anima mia esalta il Signore, perché ha visto la grandezza della sua misericordia verso di voi…Mi rallegro che, essendo privi della conoscenza delle lettere, il potente Dio incide con la sua mano sui vostri cuori non solo l’amore, ma anche la conoscenza della sua santa legge. Con le vostre opere dimostrate ciò che amate e ciò che conoscete, quando praticate con ogni diligenza e cura la vera obbedienza, che consiste nell’eseguire i precetti di Dio ed è la chiave e il sigillo di ogni disciplina spirituale…È chiaro così che raccogliete il frutto l’infinitamente dolce e vitale di ciò che Dio scrive in voi” (Lettera ai monaci).

Così, quei monaci della prima Certosa manifestarono il compimento della parola del Signore: «Metterò la mia legge nei loro animo e la scriverò nei loro cuori» (Ger 31,33).

Ho voluto accennarvi non solo la legge ma anche la forza della legge, l’amore: “Amore e conoscenza della sua santa Legge”, che lo Spirito Santo ha scritto nel cuore di coloro che non sapevano né leggere né scrivere.

CG – Cosa gli volevi dire con quello?

SB – Semplicemente, per comunicarvi la mia intima persuasione che la vera obbedienza, manifestata attraverso le opere, può scaturire solo da un cuore formato, animato dall’amore di Dio e da esso guidato.

Perché è opera del Dio che abita nei cuori, “il frutto dell’obbedienza è infinitamente dolce e vitale”. Dolce perché l’amore rende dolce tutto ciò che si fa per amore; Vitale perché l’amore infonde vigore e vita in tutto ciò che fa, in tutto ciò che tocca. “Mettete amore dove non c’è amore e attingerete amore da tutto”, vi ha detto Giovanni della Croce.

Pubblicità

Dialogo con San Bruno 11

6 dialogo

Proseguono le domande del certosino giornalista a San Bruno in questa immaginaria intervista. Apprezziamo la acuta domanda e la risposta esaustiva.

Influenze negative: come uscirne incolumi?

CG – Padre, tu sai che durante il nostro pellegrinaggio siamo soggetti ad infinite influenze negative, nonostante la nostra buona volontà. Cosa dobbiamo fare per uscirne incolumi?

SB – Figlio, non ignoro che il tuo esodo attraverso il deserto è pieno di pericoli, come fu dei primi certosini e sarà di quelli che verranno. Tali pericoli e contingenze fanno parte della spiritualità del deserto e devono essere considerati. Per contrastarli, ovviamente, e farli competere a nostro vantaggio. Quello che non deve mai fare è prenderli come pretesto per sminuire la tua generosità e fedeltà all’amore di Dio. Sai bene che Dio aspetta da te la totalità del tuo amore e non altri servizi che ti separino da quella totalità. “Ad altri spetta servire Dio. Il tuo ufficio è unirti a Lui, “adderere Deo”, ti ha ricordato il nostro amico Guglielmo di S. Thierrcheio. A quale fortuna più grande puoi aspirare? Questa adesione non merita tutti gli sforzi? Come ti ho ricordato prima, con parole ho scritto a Raul: “Non c’è niente di più giusto e di più utile che amare il Bene, l’unico Bene, Dio”. Ecco la “parte della nostra eredità”, ecco il nostro posto, il nostro compito vocazionale, il nostro ufficio. Ecco perché ti sbagli completamente quando cerchi di cercarlo altrove, di metterlo in un altro posto, in un’altra occupazione, in un’altra attività, per quanto santa possa essere, se questo ti separa dalla tua totale resa e dedizione a Dio. È vero, «Dio ci ha scelti per unirci a Lui, attraverso un intimo amore, nella solitudine» In questa “scelta” sta la sorgente iniziale del nostro amore; corrispondere a lui è la meta di questo amore. Per raggiungere questo, non dimenticate mai questo: Dio è l’unico Bene, la somma Bontà, senza mescolanza di alcun genere, senza limiti da nessuna parte, senza errori di alcun genere; e solo in quel Bene e Bontà infinita il nostro cuore troverà il suo riposo e la sua felicità, la sua tranquillità e la sua felicità, poiché fu creato per esso.

Cammina, dunque, con decisione verso questa meta della tua vocazione contemplativa. E, poiché questa è una “vocazione d’amore”, “camminate nell’amore”, nella purezza del vostro amore, aiutandovi amorosamente in tutte le vostre prove, tentazioni, fatiche e gioie. Tutto è grazia e ogni grazia è amore; e quando questa grazia è ricambiata, fa crescere l’amore. «Dio è Amore», ci ha detto San Giovanni, e questa è stata la sua più grande rivelazione. Davanti a questo Dio d’Amore, nulla può sopravvivere se non è rivestito d’amore, se non lo porta con sé, se non è amore. Infatti qui, nel Regno dell’Amore, non si può entrare se non somigliandoci, trasfigurandoci, identificandoci e trasformandoci in Dio mediante l’amore. E Dio è così buono che, affinché potessimo raggiungere questo obiettivo, «l’amore di Dio è stato versato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato» (Rm 5,5). E Lui si dona a noi proprio perché lo possediamo e lo amiamo con lo stesso amore con cui lui ama se stesso. Questo Amore, che è il “Bacio” e il “Legame” tra il Padre e il Figlio, è anche quello che ci unisce, ci assomiglia e ci trasforma in Dio; ci rende “Dio” per partecipazione e “figli dell’Altissimo” (Sal 81,6). Sant’Agostino, e prima di lui san Leone, ci avevano assicurato: «Il Figlio di Dio si è fatto uomo, per fare l’uomo Dio» (Sermone della Natività). Quindi, l’amore deve modellare tutto ciò che fai, sopportare le tue sofferenze e ravvivare tutte le tue virtù. Senza amore nulla ha valore. Per questo «la santità è amore». Perché questa santità sopravviva nell’eternità, scompariranno la fede e la speranza, ma resterà intatta la carità, l’amore che ci ha aperto le porte del Regno e ci ha resi simili a Dio. È la suprema manifestazione della Bontà di Dio.

Dialogo con San Bruno 10

6 dialogo

Continuano le domande del GC (il giornalista certosino) poste al nostro amato San Bruno, in questa fantasiosa intervista edita nel libro “Dialogo con San Bruno

Gli ostacoli ed i vantaggi della conversione.

CG – Padre, in Dio tu sai, con assoluta certezza, tutto ciò che riguarda i tuoi figli. Quindi, vorresti indicarmi alcuni di questi ostacoli?

SB – Ogni anima ha i suoi ostacoli personali; tuttavia, ecco alcuni di quelli che tendono ad essere comuni: un amor proprio nascosto che ti acceca e ti fa vedere tutto dal tuo punto di vista; questo ostacolo genera un attaccamento disorganizzato al proprio punto di vista ed è causa di innumerevoli discussioni. E poi anche un certo attaccamento alle creature e l’eccessiva attenzione ad esse riservata. Tutti questi ostacoli si oppongono all’amore del Padre; a quell’amore totale e sincero che Dio esige dal tuo cuore consacrato. È quindi necessario rinunciare a tutto per poter diventare discepolo della Divina Sapienza. Perché solo lei può farti vedere i tuoi errori, scoprire il tuo egoismo e darti la forza per vincere la tua codardia. Sì, sono tante le volte in cui conti sulle tue luci, quando ti affidi alle tue risorse, quando pensi di poter camminare con le tue forze, quando vuoi volare con le tue ali, quando già capisci cosa è la perfezione… Ma La Divina Sapienza dice il contrario: “Devi rinunciare a tutto ciò che credi di avere se vuoi rimanere alla sua scuola per imparare, sotto la guida dello Spirito, la filosofia di Dio, l’unica che dà la vera felicità” (Lettera a Raul). E questa Sapienza richiede, da parte tua, un cuore che si lascia istruire, che vuole ascoltare, che gli sta vicino. Così, il lavoro che presuppone lo sforzo, la rinuncia, la sofferenza, l’abnegazione accettata per la conversione all’amore, diventa fonte di utilità e di dolcezza, di bellezza e di fiducia.

Perciò, caro figlio, è necessario che tu ricominci ogni giorno; che ravvivi quel fuoco iniziale che ti ha spinto nel deserto all’inizio della tua conversione vocazionale. Non stupitevi della mia insistenza, perché è assolutamente necessario riattivare la forza di quegli impegni contratti con Dio, come se ogni giorno fosse il primo e l’ultimo che offri a Dio. Gli anni trascorsi devono essere come una preparazione al nunc coepi, da adesso comincio, perché ogni giorno diventi urgente per camminare verso il Signore e rimanere intimamente uniti a Lui nell’amore.

CG – Che vantaggio ha questo modo di vivere la nostra conversione?

SB – Ecco la principale: porsi in un atteggiamento permanente di dialogo intimo ed esperienziale con Dio. Infatti, ti ha chiamato e ti chiama, e tu rispondi; Egli si è impegnato con te e tu con lui; Lui ti illumina e tu vivi in quella luce; Ti dà la forza, e con essa cammini verso la conversione; Egli ti assiste, e tu progredisci nella purezza del cuore e fai fruttificare il primo dono. È una dipendenza totale che ha voluto instaurare con i suoi figli.

CG – Qual è il ruolo dell’amore in questo compito?

SB – Se qualche volta il motore dell’amore non funziona correttamente, allora devi far funzionare il motore del santo timore di Dio. È stato questo avvertimento che ho rivolto anche al mio amico Raul. Perché, vivendo da figli di Dio ed essendo a Lui consacrato per tutta la vita, la distanza infinita che intercorre tra Lui e te, tra la donazione che gli ha fato e ciò che per indolenza o per incoscienza non riesci a fare, devi muoverti e entrare in te stesso e incoraggiarti ad essere più fedele all’amore promesso. Sì, essere amato da Dio ed essere a Lui consacrato e contare per tutto sulla sua provvidenza deve essere per te uno stimolo potente ad essere generoso nell’amore. Sì, l’amore è la cosa più preziosa che l’uomo abbia. Agli occhi di Dio, questo amore è un tesoro di valore infinito, perché è la risposta che l’Amore infinito dà a se stesso in ognuno di noi. Solo alla luce dell’eternità possiamo comprendere tutta la grandezza di questo amore. Tuttavia, è già lì, nel mondo, che inizia questa comprensione. E il primo grado di questa comprensione è ammettere che vivere d’amore è darsi senza misura e che l’amore esige contraccambio, poiché il miglior corrispettivo dell’amore consiste nel poter amare l’Infinito, il Bene supremo. “Io stesso sarò la tua ricompensa, più grande di quanto si possa calcolare” (Genesi 15,1), disse il Signore ad Abramo.

Dialogo con San Bruno 9

6 dialogo

Ancora domanda e risposta tra GC (il giornalista certosino) ed il nostro amato San Bruno (SB), nella originale intervista edita nel libro “Dialogo con San Bruno

Riferimento all’amore che ci incombe.

CG – Padre, vuoi indicarmi dei punti di riferimento di questo amore personale che ci incombe?

SB – Non è raro che, all’inizio della nostra conversione, sentiamo il nostro cuore ardere di un fuoco insolito e sconosciuto, che ci spinge a prendere sul serio la chiamata di Dio, la nostra rinuncia al mondo e il nostro ingresso in monastero per donarci interamente al Signore. Ma capita anche spesso che l’ideale contemplato come meta della vita e verso la cui conquista il monaco si gettò con tutto l’ardore di un nuovo amore si offuschi, si nasconda e ci sembri lontanissimo. Questo è causato dalla realtà di ogni giorno, così uguale, così monotona, così poco importante per i sensi che sono sempre desiderosi di “novità”, di stimoli. È chiaro che, di fronte a questa realtà concreta e ordinaria della vita monastica, può sorgere sulla superficie dell’anima un certo disordine, che prima i recessi profondi del cuore nascondevano sotto forma di amore per il mondo, di attaccamento a certe creature su cui abbiamo fatto affidamento, di inquietudine, insoddisfazione, stanchezza…

È la prova, figlio mio, che l’amore per il Padre non regna ancora in te con dominio indiscutibile e indisturbato; è una manifestazione di uno spirito fuorviato o di uno stato di spirito degenerato; è segno che il tuo amore non è completamente purificato dalle creature; è una dimostrazione che la radice del male non è stata estirpata, in quanto non è stata ancora individuata. Non ignoro che questa situazione può darti tensioni, dolore, sofferenza, scoraggiamento. Cosa fare? Ti dico ciò che ho detto anche a Raul, e con maggior ragione che a lui: «Seguite il consiglio divino, credete nella verità che non può ingannare e che manda a tutti questo salutare invito: «”Venite a Me, voi tutti che siete stanchi e oppressi ed io vi darò riposo”» (Mt 11. 26. Lettera a Raul).

Sì, figlio caro, questa è la migliore risposta e il miglior consiglio per quando ti senti “stanco di lottare durante la notte” della tua conversione e non ne vedi i frutti immediati, senti la fatica del compito e, di fronte a esso, hai l’esperienza della tua impotenza o della tua debolezza. Perché, di fronte alle esigenze della tua conversione, non si tratta più di ogni persona che si purifichi, ma di andare a Gesù, sorgente di ogni purezza, perché ci ama, perché ha promesso di aiutarci e vuole rendere il nostro lavoro più leggero. Se il tuo fardello è pesante per te, vai da Lui e metti il tuo fardello nelle sue mani con la semplicità di un cuore di bambino, di un cuore filiale. Se lo fai, avrai l’esperienza di sentire la tenerezza del suo amore e della sua attenzione su di te. Siate novizi, giovani, anziani che hanno imbiancato il capo al servizio del Signore Gesù, solo da Gesù può venire la vostra salvezza. Di questo Gesù che, nonostante tutti i dolori che ti affliggono, continua a vivere in te e ti spinge verso la fine, di questo Gesù che ti incoraggia nella tua resa e cammina con te, portando il tuo peso. Solo con questo aiuto potrai uscire incolume e vittorioso da questa tentazione, da questo turbine di onde impetuose che cercano di impedirti di raggiungere “il porto nascosto, sicuro e pacifico” che ti aspetta.

Permettimi infine di ricordarti una cosa che conosci molto bene, ma che non dovresti mai dimenticare: l’opera di conversione, l’esperienza del tuo amore, il raggiungimento di quella purezza di cuore di cui abbiamo parlato, è opera di Dio, certo sì, ma è anche, allo stesso tempo, opera tua.

CG – Cosa intendi con questo?

SB – Semplicemente che devi impegnarti il più possibile, non risparmiarti gli sforzi per superare gli ostacoli che ti mettono in pericolo e superare tutti gli ostacoli che ti fanno inciampare. La parte di Dio non viene mai meno! Possa non essere la tua parte che fallisce.

Dialogo con San Bruno 8

6 dialogo

Ancora domande del certosino giornalista a San Bruno. Si parla di tentazioni e vi sono diversi riferimenti alla Lettera a Rodolfo il Verde

“Tentazione comune?”

CG – Mi può dire come appare questa tentazione, questo pericolo?

SB – Questa tentazione assume molte forme e presenta una grande varietà di sfumature. Ma la sua essenza è sempre la stessa; mette sempre in gioco la scelta primordiale: l’amore di Dio, da una parte, e l’amore delle creature, dall’altra; la resa totale a Lui, o dispersione per le creature; l’integrità dell’amore per Dio, o un amore condiviso tra molte creature; una vita per Dio, o una vita per il mondo; o, come molto spesso accade, né per il mondo – perché non si può avere il mondo e vivere nel monastero – né per Dio – che si dona totalmente solo a chi si dona tutto a Lui.

C’è sempre stata questa tentazione nel mondo monastico, fin dai primi giorni della sua nascita nel deserto.

CG – Padre, vuoi dirmi come si può risolvere questo problema?

SB – Ognuno di voi deve risolverlo con la stessa procedura che ho indicato a Raul, non appena si rende conto che l’integrità del proprio abbandono o la purezza del proprio amore è minacciata, qualunque sia l’origine o la causa di questo pericolo.

Il tuo amore è per Dio, tutto per Dio, per Dio solo, e tutto nella tua vita deve tendere a quella realizzazione. Come ho detto a Raul, questo è l’unico modo per rispondere a Dio e per “liberarti dai vincoli del grande debito che gli devi”.

Questa è per te la realtà suprema, la grande utilità, il vantaggio supremo: amare soprattutto l’unico BENE, e amarlo con amore assoluto, senza misura, senza condivisione, senza lacune. Questo è, lo ripeto, l’unico modo per risolvere questo problema con la felicità, poiché è l’unica soluzione che ti permetterà di vivere l’amore monastico in tutta la sua purezza.

Ecco perché, in questo momento, posso solo dire a te, come a tutti i tuoi fratelli, ciò che ho detto a Raul in un altro tempo, anche se purtroppo senza alcun frutto per lui: “Tu sai bene con quale promessa sei vincolato e a chi. Onnipotente e tremendo è il Signore, al quale ti sei dato come offerta gradita e accettabile. Non ti è lecito, né è opportuno che tu gli menta… Non ti trattengano le ricchezze corruttibili, né la gloria carezzevole e seducente del mondo” (Lettera a Raul).

È vero che, per te, le ricchezze deperibili del mondo o le seduzioni della sua gloria non saranno più ciò che ti tenta e mette a rischio la tua resa, ma mille altre sciocchezze che, pur essendo pure bagattelle, lasceranno il tuo cuore vuoto e renderanno insensibile un gran bene: la pienezza amorosa della tua oblazione al Signore.

Il solitario si ritrova solo con il suo amore, che non può tradire e al quale deve rimanere fedele. Pertanto, il suo principio guida è questo: l’amore di Cristo, che è venuto a rivelare l’amore che il Padre ha per noi. A questo punto posso ricordarti ciò che ha detto anche Teresa de Jesus sulla santità, l’insigne compatriota di molti di voi: «es un asunto de mucho amor».

Sì, di un amore integrato da quella purezza di cuore tanto apprezzata dalla tradizione monastica; di un amore incessante, come incessante è la tua donazione a Dio e incessante anche la tua conversione dei costumi; di un amore continuo, come continuo ed eterno è l’amore con cui Dio ci ama.

Ma né questa purezza, né questa donazione, questa conversione e questo amore cesseranno di esigere il tuo sforzo personale. Te lo dico per mia esperienza personale.

Dialogo con San Bruno 7

6 dialogo

Proseguono le domande del certosino giornalista a San Bruno in questa immaginaria intervista. Apprezziamo la domanda e la risposta esaustiva.

Cosa possiamo fare per uscire dal nostro “marasma”?

CG – Padre, poiché con te non si deve avere paura o sfiducia, mi sia concessa questa fiducia filiale: perché a volte siamo così duri, così ingenerosi, così reticenti nel dono di noi stessi e nel vivere la nostra vocazione? Cosa dobbiamo fare per uscire da questo marasma? Parlo per me stesso.

SB – Poiché parli per te stesso, io risponderò a te e, in te, a tutti coloro che si sentono come te.

La prima cosa che devi fare è non perdere mai di vista la tua vocazione; cioè quell’amore di predilezione che essa suppone, da parte di Dio verso di te.

È vero che mentre rimanete in questo mondo terreno, voi uomini siete – così come eravamo e come saranno quelli a venire – fragili, incostanti, deboli…Tutti germi di corruzione che provengono dalla prima ferita. Eppure, è nel piano di Dio che rispondiamo al suo amore con tutto ciò che siamo e abbiamo. Nella nostra debolezza si manifesta la potenza della sua grazia. In effetti, è così che dovremmo vivere la nostra continua conversione; questo atteggiamento e disponibilità dell’anima verso la fedeltà costante, che gli antichi monaci chiamavano “conversione dei costumi”.

Sì, caro figlio, non pensare che siano i tanti anni trascorsi nella vita certosina, nella solitudine e nel silenzio, non pensare che siano loro a darci la soluzione del problema. No. Non sono gli anni trascorsi che coltivano la santità dell’anima, ma l’amore con cui si vivono quegli anni.

Ricorda che l’opzione preferenziale che è sorta nel tuo cuore, nei primi giorni della tua vocazione, esige subito il “tutto” del dono di te stesso. E la risposta deve venire dallo stesso luogo in cui è entrata la chiamata del Signore: dal profondo del tuo cuore, dal profondo del tuo amore. Sì, in lui deve regnare, dominare, imperare Dio, il suo amore, la sua gloria. Questa è stata la tua scelta monastica: essere tutto di Dio, con l’integrità del tuo amore, con la purezza del tuo cuore.

Hai notato l’insistenza con cui ho esortato Raul sulla necessità di rispondere a Dio con assoluta onestà, cioè di adempiere a quello che gli abbiamo promesso? E non ho esitato un attimo a ricordargli il fatto, come accadde nel giardino della casa di Adamo, dove lui e Fulco erano insieme a me: “Ardendo nell’amore divino, abbiamo promesso, abbiamo fatto voto di abbandonare il mondo fugace, e a ciò ci siamo disposti a catturare l’eterno e ricevere l’abito monastico. L’avremmo fatto subito…ma, con il ritardo, il coraggio si raffreddò e il fervore svanì (Lettera a Raul).

La tentazione di Raul, impegnato con Dio senza essere monaco, compare spesso anche – e non solo all’inizio – nella vita del monaco impegnato con Dio e già residente nel monastero. Il buon vino rischia sempre di perdere la sua qualità. Bisogna fare attenzione!

Dialogo con San Bruno 6

6 dialogo

Proseguono le domande del certosino giornalista a san Bruno in questa immaginaria intervista. Apprezziamo la domanda e la risposta esaustiva.

La nostra realizzazione ‘come certosini’

CG – Padre, in questo nostro mondo si parla molto, attualmente, e la gente cerca tutti i mezzi per la “realizzazione personale”. Tutti vogliono “realizzarsi” e raggiungere ciò che vogliono essere…E anche noi, tuoi certosini, abbiamo avuto qualcosa di questa mentalità e di questo linguaggio: vogliamo anche realizzarci come certosini.

SB – Sii sicuro: quello spirito combattivo e quella gioia generosa vi aiuteranno nella vostra “realizzazione”.

È vero, con questo gioioso coraggio si riesce a penetrare nel più profondo, nel più essenziale di questo dono divino della solitudine come luogo privilegiato, per noi, del nostro incontro con Dio.

Quando, nella Lettera a Raul, cantavo le delizie della solitudine, cantavo la migliore esperienza della mia vita solitaria; Cantavo, come direste voi oggi, “la mia realizzazione personale”.

Non sorprenderti quindi quando ti dico che sei chiamato a vivere la stessa gioia, perché tutti i miei figli sono chiamati a sviluppare nella loro vita la grazia vocazionale della solitudine.

Il punto è, nel corso delle diverse fasi della propria esistenza, non stancarti o perdere il coraggio.

È un dono di Dio che devi ricevere e vivere con la gioia dell’amore, perché questo dono contiene in sé:

la parte migliore, concessa a Maria;

la bellezza di Rachele, che è stata preferita alla fecondità di Lia;

il fuoco del puro amore che, come il fuoco della sunamite, ravviva e riscalda il cuore del Re.

Te l’ho detto prima che a volte la solitudine è dura e oscura, è vero. Ma, d’altra parte, questa oscurità è anche luminosa e, inoltre, anche nel dolore genera una felicità profonda.

Ricorda, , a questo proposito, le parole del Salmista: “nemmeno le tenebre per te sono oscure, e la notte è chiara come il giorno” (Sl 139, 11), o come dice un’altra versione, “in lei trovo le mie delizie”.

E giustamente la solitudine è il luogo del nostro incontro con Dio, e anche quando quell’incontro avviene nelle tenebre, è anche segno della presenza divina. E nonostante le tenebre, Dio non cessa di essere Luce. Quella Luce è Vita e in quella Luce vedremo la Luce (Sal 36, 10).

6 copertina tonda

Dialogo con San Bruno 4

6 dialogo

Proseguono le domande del certosino giornalista a San Bruno in questa immaginaria intervista. Apprezziamo la domanda e la risposta esaustiva.

Cos’era per te la solitudine?

CG – Padre, per grazia di Dio condividiamo la tua vocazione al deserto. Sappiamo che, come te, anche noi dobbiamo santificarci nella solitudine. Ma poiché lo Spirito Santo ti ha illuminato, come Fondatore, sui misteri di quella solitudine, vuoi dirci qualcosa di cos’era per te la solitudine?

SB – Avrai già notato che nelle mie lettere quasi non mi soffermo sulla solitudine materiale, per quanto essa sia la base e la condizione della solitudine spirituale. Preferisco esaminare la solitudine spirituale di questo elemento così importante del nostro carisma vocazionale.

E la prima cosa che scopro è che la solitudine è un dono gratuito di Dio. Se ci ha chiamati perché l’ha voluto e ci ha portato nel deserto, la solitudine profonda e stabile è una grazia divina ordinata per la realizzazione dei disegni di Dio su di noi.

Perciò ora non posso dirti di meno di quanto dissi ai primi figli: “Rallegratevi della felice fortuna che vi è data e dell’abbondanza della grazia di Dio su di voi. Rallegratevi di aver raggiunto il tranquillo e sicuro rifugio di un porto nascosto” (Lettera ai monaci della Certosa).

Con questo voglio ricordarti ora quanto segue: se la solitudine è una grazia di Dio, dobbiamo esserne grati. Se è ordinata alla nostra vocazione, dobbiamo custodirla con amore preferenziale; essendo una grazia, è evidente che non possiamo conquistarla con le nostre forze; essendo un dono di Dio, è inutile impiegare tecniche umane; infine, essendo grazia vocazionale, è necessario coltivarla con la preghiera, per conservarla, vivificarla, per non lasciarla sprecare o lasciarla sterile a causa della vostra incuria.

Sì, “avete paura di perdere per colpa vostra quella fortuna inestimabile, quel desiderato bene, se non volete rimpiangerlo per tutta la vita» (ib.).

Durante la mia permanenza nel mondo, mi piaceva essere realistico perché la realtà è parte della verità. Ora che sono in paradiso, non voglio nasconderti una realtà che fa parte della solitudine, per quanto tu la sappia.

La solitudine, ti dicevo prima, vissuta con la pace, la gioia e il silenzio che le sono propri, ci permette di vivere con Dio, di stare con Lui senza vederlo, per quanto questo è possibile sulla terra.

Ma quella stessa solitudine ha anche le sue ore buie e dolorose, dure e austere. E che, come dice Guigo, che cito, “esige uno spirito che sia padrone di sé”, cioè uno spirito che sappia e voglia accettare le conseguenze di una scelta coraggiosa, che ha la sua origine nella chiamata di Dio e che è disposto ad accontentarsi di Dio.

Sì, a volte la solitudine è dura. Ma non siate sorpresi di questo: è la durezza della croce. Il deserto, l’esodo dalla sua vita, è stato duro anche per Gesù, e non parlo solo del deserto della Quarantena.

Ma se apprezzi l’essere “soldati di Cristo”, “atleti di Dio”, allarga il tuo cuore e accetta, con gioia, le dure ore della solitudine. Solo con questa generosa accoglienza si può ricevere la ricompensa promessa: «la pace che il mondo non conosce e la gioia nello Spirito Santo» (Lettera a Raul). È questa gioia e questa pace che fanno vivere appieno la vostra solitudine, sono loro che portano al compimento della vostra vocazione.

Dialogo con San Bruno 3

6 dialogo

Proseguono le domande del certosino giornalista a san Bruno in questa immaginaria intervista. Apprezziamo la domanda e la risposta esaustiva.

CG – Padre, prima mi avevi detto che avevi un’anima sentimentale. Me lo vuoi spiegare? È perché a volte mi lascio trasportare dai sentimenti.

SB – Per favore, non fraintendere quell’espressione. Tutto il vero amore è sentimentale, in quanto agisce su un essere per natura pieno di sentimenti.

Se guardi bene, Dio stesso ci ha mostrato i suoi “sentimenti” per noi in modo molto sensibile e pieno d’amore: lo ha mostrato donandoci ciò che più amava, il proprio Figlio. E hai già visto nel Vangelo che il Figlio ci ha mostrato ugualmente la grandezza del Suo amore attraverso tutti i sentimenti propri dell’essere umano.

Te lo dico perché tu non escluda sentimenti d’amore e le sue diverse manifestazioni nella tua vita umana e certosina. Il nostro essere umano e divino non deve fare a meno di ciò che Dio ha posto in lui. Devi contare su questo nel tuo cammino verso Dio.

Ma attenzione! Non far consistere tutto in “sentimenti”, né lasciarti trasportare da un amore puramente sentimentale. In questo modo non andresti molto lontano.

No, figlio mio, la vita contemplativa, il cammino di santità che ho percorso e che tu devi percorrere, non consiste nel lasciarsi guidare dai sentimenti, né nel formulare teorie sublimi, né nell’avere belle idee, né cercare meravigliose ricette di santità, né immaginare questo o quello… È qualcosa di molto più semplice: consiste nel cercare ed impiegare i mezzi più semplici, più adatti ed efficaci per raggiungere Dio, così come siamo: corpo e anima.

Per questo ho lasciato scritta quella frase che fa piacere a molti, ma che non tutti lo fanno: «Nella solitudine, l’anima pratica un ozio molto laborioso e riposa in un’attività tranquilla» (Lettera a Raul).

E perché non ci fossero dubbi su quello che volevo dire, ho subito aggiunto: “Qui, per la fatica del combattimento, Dio premia i suoi atleti con la desiderata ricompensa, che è «la pace che il mondo ignora e la gioia nel Spirito Santo» (Ib.).

Potresti già conoscere l’avvertimento che ci ha lasciato Sant’Ambrogio: “La grazia dello Spirito Santo non ammette dilazioni”. Egli non le ha acconsentite in me né te le ammetterà. Dopo aver ascoltato la chiamata, è urgente dare la risposta e procedere con essa. E dobbiamo entrare nel combattimento e diventare “atleti di Dio”.

Ciò implica: entrare con coraggio in questo movimento radicale che ci conduce all’Assoluto e lasciamoci dominare dalla forza dell’Amore, e presentandoci completamente vuoti di tutto, affinché non rimanga in noi altro che il “desiderio di Dio”.

CG – Ma perché?

SB – Perché solo questo desiderio, mosso dall’amore, dà forza all’anima per abbandonare ricchezze e grandezza, gli onori e gli amici, i successi e le vanità del mondo.

La mia vocazione, quella santità di cui mi interroghi, ha cominciato a realizzarsi quando ho preso la ferma decisione di «abbandonare presto il mondo, per conquistare l’eterno e ricevere l’abito monastico” (Lettera a Raul).

Sì, dal momento in cui ho fatto questo proposito, sono stato – ed è questa la rivelazione del mio segreto – sedotto da Dio per sempre, dalla sua immensa Bontà, vissuta da me come la pienezza suprema dell’amore, della pace e della gioia. E quella Bontà è stata per me quel fuoco che, come divorò l’anima del profeta Geremia, divorò la mia anima, ma di cui non potevo né volevo prescindere.

Questa è stata la grazia di Dio per me, o meglio per la nostra vita contemplativa: un orientamento totale a Dio; non per le sue opere o creature, né per le sue meraviglie, anche dentro di noi; solo per Lui, che ci ha affascinato con il suo amore e “ci ha portato nel deserto per unirci a Sé in un amore intimo”.

Quindi, se vuoi essere santo, lasciati santificare. Questo significa: lasciati dominare dalla forza dell’amore e della bontà di Dio.

Non è pensare troppo a te stesso che sarai in grado di progredire in santità, ma amando con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le tue forze l’unico Amore, l’unico Bene degno di questo Nome.

In questo amore, in questa vita d’amore nel deserto, è la nostra santificazione, la nostra vocazione.

In questa esperienza Dio ci fa comprendere, in qualche modo, che vuole essere totalmente nostro e ci insegna ad essere totalmente Suo. Da questo sentimento nasce in noi il desiderio di Dio di cui ti ho parlato. Un desiderio veemente, immenso, una fame profonda e insaziabile che non si sazia di nessun dono di Dio, ma dell’autore di tutti i doni.

È questo desiderio, che diventa così ardente, che ci spinge a perseguirLo con fervore in tutto ciò che facciamo. Non misuriamo ciò che otteniamo, solo ciò che ci manca. Ciò che ci nutre è la Bontà di Dio, ma sperimentiamo che non possiamo esaurirla. Sentiamo la sua infinita grandezza, ma vediamo che non possiamo abbracciarla. Lo sentiamo vicino a noi e siamo scontenti di non poterci immergere in Lui. E per quanto il desiderio sia un fuoco divorante, non possiamo smettere di essere ciò che siamo. Dio attiva il desiderio, facendoci capire che vuole essere nostro, e riattiva la nostra attività per amare quella Bontà eterna; e per amarla ci fa conoscere qualcosa della sua grandezza infinita; ci immerge nella sua immensità. E più gustiamo, più vogliamo gustare ciò che ci dona, perché sentiamo che la sua Bontà è immensa, incomprensibile, insondabile, infinita.

Tutto questo si comprende benissimo dentro… ma non si può ancora entrare.

Vuoi un modo efficace per raggiungere questo obiettivo, finché dura il tuo pellegrinaggio nel deserto? Sì? Quindi eccolo qui:

Cerca Dio con tutto l’ardore del tuo cuore.

Cerca quello sguardo puro che ferisce d’amore lo Sposo.

Cerca la tua santificazione attraverso un grande amore per Dio e per i tuoi fratelli.

6 copertina tonda

Dialogo con San Bruno 2

6 dialogo

Proseguono le domande del certosino giornalista a San Bruno in questa immaginaria intervista. Apprezziamo la domanda e la risposta esaustiva.

Qual’è il segreto della tua santità?

CG – Caro Padre: siamo convinti che le esigenze di questa vocazione ci guidano alla santità. Perdona la mia audacia, ma vorrei conoscere il segreto della tua santità, il ritmo profondo della tua anima. È una lezione che mi starebbe molto bene. Vuoi rispondermi?

SB – Nella Lettera al mio amico Raul, che conosci bene, ti ho lasciato alcuni elementi, attraverso i quali puoi soddisfare i tuoi desideri. Tuttavia, poiché attualmente sono, grazie a Dio, libero dal pericolo di vanità, ti spiego un po’ di quello che vuoi sapere.

Ricorda che in quella Lettera ti ho lasciato un “Canto di solitudine”; cioè l’esperienza personale della mia vita nel deserto, del mio incontro con Dio.

E credi a quello che ti sto dicendo, non erano belle frasi o figure retoriche che ho cercato di offrire al mio amico, che volevo vedere con me, vivendo la stessa vita. Ho voluto dargli un riassunto dei frutti che il contatto con Dio nel deserto lascia nell’anima e illustrarlo con alcune figure bibliche.

In un secondo paragrafo ricordo al mio amico – e ora anche a te – il processo della mia conversione e vocazione come un fatto che ha segnato tutta la mia vita e che è sempre rimasto vivo nel mio spirito, come il giorno in cui ci siamo incontrati insieme nel giardino della casa di Adam.

Poi, in un terzo paragrafo, puoi trovare la “chiave” per scoprire il segreto del mio cuore.

Mi interroghi, infatti, sul segreto della mia santità, quello che chiami “motore” o “ritmo” della mia anima.

E cosa potrebbe essere se non Dio, l’unico Bene? Esiste – ti chiedo anche io – esiste un bene paragonabile a Dio? C’è qualche altro bene al di fuori di Dio? “Davanti all’incomparabile splendore di questo Bene, ogni anima che desidera la santità arde nel fuoco dell’amore”. Questo è stato il mio segreto; il motore del mio cuore; il ritmo della mia anima.

Ma se questo non è abbastanza per te, ammettendo la tua fiducia filiale, ti dirò di più.

Dio mi ha donato un’anima ardente ed effusiva e, allo stesso tempo, dotata di grande sensibilità. Puoi dimostrarlo vedendo, ad esempio, l’affetto che mostro al mio amico e ai figli lontani, nonostante gli anni passati.

E siccome “dall’abbondanza del cuore, la bocca parla”, io non ho dubbi nell’esprimere queste qualità usando il linguaggio dell’amore umano. Non dimenticare che “la grazia non distrugge la natura, ma la perfeziona”.

Perciò: parlo degli innamorati del deserto, dello sguardo sereno che ferisce d’amore lo Sposo, dello sguardo puro che vede Dio, delle figure bibliche femminili che rivelano tenerezza e affetto – Rachele, la Sunamita, Maria di Betania… Con questo modo di procedere e queste figure ho voluto esprimere la profondità del mio incontro con Dio in solitudine, della mia unione con Lui.

Prima ho menzionato il mio soggiorno nel giardino di Adam, così importante per la mia vita. Ora aggiungo che, in un momento di quel colloquio, la Grazia ha toccato con forza il mio cuore e ho notato che in quell’istante lui è stato diventato prigioniero di Dio per sempre. Sì, mi sono donato a Lui e non ho mai voluto recuperare ciò che avevo dato: tutto il mio essere.