
Visione satellitare dell’area dove sorgeva la certosa di Mantova
Cari amici lettori, oggi a grande richiesta, riparte la rubrica certose storiche, che consiste nell’approfondimento su complessi certosini che hanno avuto una enorme importanza in passato, e delle quali oggi ne resta soltanto qualche traccia, o addirittura nessuna. Della certosa della quale oggi vi relazionerò, purtroppo non vi sono che poche testimonianze delle opere in essa contenute.
La certosa della Santissima Trinità
Mantova
Nel 1408 il marchese di Mantova Gianfrancesco Gonzaga, dopo aver invano richiesto a Roma di convertire la chiesa di San Bartolomeo agli eremiti di San Paolo, agli Olivetani o ai Certosini, fondò e affidò a questi ultimi una nuova chiesa e convento in località “Castelnovo” o “Curtatonum” presso Santa Maria degli Angeli (oggi Castelnuovo Angeli).
I certosini ricevettero legati consistenti per il mantenimento del convento, tra cui la corte di Castelnuovo. La costruzione fu approvata nel 1425 da papa Martino V e consacrata soltanto nel 1448. Nel 1427, secondo la storiografia locale, il convento acquisì la chiesa di Santa Croce Vecchia in città. La forte epidemia di peste del 1630 colpì pesantemente la comunità certosina e nel 1782 dopo l’annessione della Lombardia, Giuseppe II d’Austria soppresse questo monastero costringendo i certosini ad abbandonare la loro dimora. Poco tempo dopo la struttura fu distrutta e se ne perse ogni traccia, ne resta memoria nel nome dato alla via che collega la strada statale con la chiesa degli Angeli, in cui forse i responsabili della toponomastica hanno creduto di riconoscere la chiesa dello scomparso monastero. Si narra che la certosa, era ampia e riccamente decorata tanto da essere visitata da tutti i viaggiatori di passaggio, sorgeva discosto dalla strada, a pochi passi dal lago, sul quale aveva un suo approdo. Dopo aver oltrepassato le mura di cinta, un ampio sagrato precedeva la chiesa, affiancata dal campanile e da un piccolo chiostro su cui si affacciavano gli ambienti comuni (la sala del capitolo, il refettorio e la biblioteca), dietro di essi si apriva il chiostro grande, attorniato dalle celle in forma di casette autonome, entro le quali, secondo la regola, i monaci trascorrevano quasi tutto il loro tempo, nella preghiera e nel lavoro. Si narra che la certosa, era ampia e riccamente decorata tanto da essere visitata da tutti i viaggiatori di passaggio, sorgeva discosto dalla strada, a pochi passi dal lago, sul quale aveva un suo approdo. Dopo aver oltrepassato le mura di cinta, un ampio sagrato precedeva la chiesa, affiancata dal campanile e da un piccolo chiostro su cui si affacciavano gli ambienti comuni (la sala del capitolo, il refettorio e la biblioteca), dietro di essi si apriva il chiostro grande, attorniato dalle celle in forma di casette autonome, entro le quali, secondo la regola, i monaci trascorrevano quasi tutto il loro tempo, nella preghiera e nel lavoro.
I rilevanti beni artistici, che arricchivano e decoravano il complesso certosino, furono in parte alienati e ad oggi solo qualcuno è identificabile poichè conservato in musei. Altre opere e manufatti, basti pensare alle sessantadue colonne di marmo che delimitavano il chiostro, sono andate disperse, tra queste un dipinto raffigurante San Bruno realizzato da Giuseppe Vermiglio. Tre tele oggi visibili nella chiesa parrocchiale di san Martino a Mantova appartenevano al patrimonio certosino, un “San Martino”, una “Santa Maria Maddalena” ed una “Santa Caterina da Siena”. Anche gli arredi lignei della antica sagrestia monastica ed altre tele invece, furono conservati nella chiesa di Sacchetta di Sustinente. Nella chiesa parrocchiale di Vasto, troviamo una pala d’altare raffigurante la “Madonna incoronata in trono con il bambino, tra i Santi Giovanni Battista e Bruno” proveniente dalla certosa di Mantova.
Notevole era anche il patrimonio della biblioteca dei monaci, il quale contenuto in parte è rintracciabile presso la Biblioteca Comunale di Mantova.
Purtroppo, poche tracce di un passato glorioso.
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