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Il certosino calligrafo

18 inch

Cari lettori, nell’articolo di oggi voglio parlarvi della calligrafia e dello studioso certosino dedicatosi a questa particolare arte.

Ma che cosa è la calligrafia?

La parola calligrafia deriva dal greco καλός calòs”bello” e γραφία graphìa “scrittura”, essa è la disciplina che insegna a tracciare una scrittura regolare, elegante e ornata, conferendo alla scrittura stessa un significato di bellezza.

Nell’antichità è stata sviluppata spesso in ambito religioso, nei monasteri, laddove era possibile indulgere all’arte come forma di comunicazione. Abbiamo visto, in un precedente articolo, che nelle certose non vi erano scriptorium, ma ogni monaco all’interno della propria cella aveva a disposizione tutto l’occorrente per poter scrivere. Inoltre il gesto manuale dello scrivere ed esercitare la grafia, con la sua lentezza ed impegno abitua alla pazienza, alla sedimentazione dei pensieri, al rilassamento agevolando la capacità di concentrazione. Un vero stratagemma per placare la mente e trovare la quiete d’animo con l’arte della calligrafia.

Premesso ciò, in ambito certosino vi fu un personaggio di rilevante spessore per questa disciplina. Dom Agostino da Siena realizzò un volume pubblicato a Venezia nel 1573, ritenuto di valido riferimento per l’argomento.

18 opera

Qesto testo, intitolato: “Opera del Reverendo padre Dom Agostino da Siena” risulta essere un vero manuale di calligrafia, nel quale egli ci insegna a scrivere vari tipi di lettere, sia cancelleresche che mercantesche. Inoltre vengono inseriti in appendice, una ricetta per fare l’inchiostro ed un sistema per temperare le penne e consigli posturali, componenti essenziali per tale arte. Ho deciso di offrirvi questi insegnamenti del certosino calligrafo, che dedicò i suoi studi a questa nobile disciplina.

Il libro inizia così….”Essendo stato sempre diligente investigatore di cose….

RECETTA PER FAR INCHIOSTRO,

che per caldo non farà muffa, ne feccia in fondo del vaso. Ho ritrovato in pochi luoghi, doue sono stato, che si sappia far buono inchiostro, qual al mio giudicio è molto necessario all’uso umano, però, acciò ne habbiate perfetta recetta, ho mandata quella fuori, acciò per nessun tempo si levino le lettere, come si vede in molti  libri feriti, e da choro, e instrumenti,che in brevità di tempo, con  fatica si vedeno, e non si possono leggere, Se acciò non vi sia piu quello abuso, mando in luce la sottoscritta esperienza. Piglia onze trenta di vino bianco, grande piu che poi trovarlo, perche’l vino grande cava meglio la sustantia ,e l’anima dalla galla, che non fa l’acqua, e nel detto vino, mettervi onze tre di galla d’Istria piccola, e crespa, franta, e non pesta, perche se la pelli, l’inchiostro in pochi giorni diventa grosso come macco (cremoso), e mettere la detta galla in infusione nel detto vino, per giorni dodeci, circa, attento che dui giorni piu, o manco non importa, e ogni giorno fatela mescolare quattro o sei volte perche importa assai,e nel giorno duodecimo, e ultimo, non la mescolate altramente, ma colate con una pezza di lino un poco grossetta, il vino che sia chiaro, il resto mettesi da banda, che non vale nulla, e nel detto vino mettervi dentro onze due di vitriolo Romano, e fate che sia buono. Perche nel vitriolo consiste la negrezza dell’inchiostro, e come gli hai messo il vitriolo, mescola il detto inchiostro per un mese e poi metteli dentro oncia una di gomma arabica, che fia chiara, e si spezzi come vetro, che quella è la vera gomma ,e fate che la gomma sia stata un giorno in infusione nel vino bianco, che venga liquida come trementina, perche s’incorpora piu facilmente con l’inchiostro, havrete un’inchiostro finissimo, ma nota che l’inchiostro fino a tanto, che non s’è riposato per quindeci,o venti giorni, non puoi mostrare la sua perfezione, e negrezza, e quello è quanto si puoi far per inchiostro finissimo.

MODO DI TEMPERARE LE PENNE.

Io ti potrei far longa diceria, ma attendi a quelle poche parole, che io scriverò qui a tuo ammaestramento. Prima dei sapere, che le penne debbono esser tonde, chiare, e fatto il primo taglio della péna, farai il fecondo ,e’l terzo, a tal che la sia come un becco di sparviero,e poi su l’ungia, tagliala in sguinzo, e se la iscarnarai un poco, sarà piu dolce nel scrivere, e sopra il tutto, attendi a quello che dico del tenire ben la penna in mano. Sappi che la penna, quando scrivi, la vuol guardar alla punta della tua spalla destra, ma fa che la sia de l’ala desta, che fa miglior scrivere, e quando la farà de l’ala stanca, che la guardarà al contrario, tieni pur la mano al modo, che essendo dritta la guardasse la punta della spalla, perche sempre non fi può haver penne de l’ala destra, e non ti pensar d’imparar a temperare cosi al primo, che questo se impara alla giornata, si come si va imparando a scrivere.

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Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 17)

monaca certosina

CAPITOLO 17

La Cellària

1 La priora affida le monache laiche alla cellària, scelta tra le professe solenni. Come Marta, questa ha molte preoccupazioni e fastidi, ma non deve per questo abdicare completamente, tanto meno avere un’avversione per il silenzio e il riposo della cella; al contrario, nella misura in cui gli affari della casa lo consentono, ritorna costantemente nella cella come porto tranquillo e sicuro dove può, con la lettura, la preghiera e la meditazione, calmare il tumulto interiore provocato dalle preoccupazioni temporali e riporre il segreto del suo cuore alcuni pensieri salutari che può comunicare, con dolcezza e prudenza, alle sorelle di cui è responsabile. (St 26.1)
5 Il clima di preghiera che si respira nella casa dipende in gran parte dal modo in cui è organizzata la vita materiale. Per quanto riguarda le monache di clausura, l’ufficio della cellària consiste nel lasciar loro andare liberamente nel riposo della contemplazione. Non parla con loro né entra nelle loro celle senza permesso. Può, tuttavia, scambiare qualche parola con loro sulla soglia di casa. Ma deve fare molta attenzione a non diffondere i rumori del mondo in casa. (St 26,5)
6 Per le suore laiche, la cellària è prima di tutto un esempio: perché i fatti conducono più delle parole, e prenderanno volentieri il loro modello dalla cellària se lei stessa imita Cristo. Il suo ruolo si esercita soprattutto nel campo del lavoro: si prende cura delle obbedienze e si preoccupa di non sovraccaricare le sorelle. Affinché abbiano tempo sufficiente per il ritiro in cella, la durata del loro lavoro non dovrebbe normalmente superare le sette ore. Per quanto riguarda la salute delle converse, la cellaria si mostrò attenta e piena di carità. (St 26.6)
7 Ogni monaca è responsabile della ‘propria obbedienza; la sua legittima autorità, nelle funzioni a lei affidate, riceverà l’appoggio della cellària. Quest’ultima deve essere consultata e le sue decisioni devono essere seguite; ma, per quanto possibile, lascerà alle monache la libertà d’azione necessaria per consentire loro di svolgere il loro compito al meglio delle loro capacità. Se vuole introdurre un cambiamento nella loro obbedienza, non lo farà senza averle ascoltati o almeno avvertiti. (St 26.7)
8 La cellària, come le altre superiori della casa, avrà cura di non abusare del suo ufficio concedendosi dispense o oggetti superflui che non vorrebbe concedere ad altri. (St 26.8)
11 Quando la cellària abbandona la procura, rinuncia a tutte le cure ed a tutti gli oggetti superflui, per seguire Cristo nella sua spogliazione nel deserto. (St 26.12)