
Sguardo dell’anima
Così credo… e mi fermo qui. Non voglio più cercare né vedere né dire. Voglio abituarmi a guardare nel buio dove la luce si affievolisce per raggiungermi senza farmi male, ad ascoltare questo silenzio dove parla la voce che dice tutto senza parole, ad amare questo Amore che si dona illuminandomi e parlandomi in quella forma più alta di me e più vicina alla luce e alla verità. Perché non avete voluto tenere per voi questa comunicazione che vi unisce tutti e Tre nell’unico ed infinito seno: l’avete diffusa in noi. Lei è «l’acqua che zampilla nella vita eterna» (Gv, IV, 14). Forma “quei fiumi che scorrono nelle viscere spirituali delle anime che accolgono lo Spirito Santo e vibrano del soffio dell’amore” (Gv, VII, 38-39). Batte molto forte alle porte chiuse delle anime che lo rifiutano, a volte rompe queste porte con il suo movimento che porta via ogni resistenza. A volte attende molto tempo prima di inondare tutti i poteri; scivola impercettibilmente tra i monti, le colline, le dure rocce; si vede appena; il sottobosco copre il suo movimento silenzioso; tuttavia avanza se può, fa il suo letto, prima angusto e conteso, poi sempre più largo e pieno fino all’orlo. Strano mistero che cerco di penetrare con queste analogie! Realtà più vera, più vicina a me più intima in me delle realtà a cui la paragono, ma di cui faccio fatica a prendere coscienza perché sono scivolato nel sensibile ed è spirituale, che tuttavia percepisco sempre meglio, perseguendolo con il mio sguardo pieno di sentimento, acuito da un desiderio che è già amore, e che solo l’amore infinitamente presente in me ha saputo suscitare.
“E noi, abbiamo creduto nell’amore”
Non dimentichiamo che la forza di Dio è il suo amore, e che la nostra miseria non è un ostacolo che ferma questo amore. San Francesco di Sales afferma invece che la nostra miseria serve da trono all’amore divino. Guardiamo troppo alla nostra miseria: questa è la ragione della nostra tristezza. “Siamo fatti per Dio, e i nostri cuori rimangono inquieti e turbati finché non riposano in Lui”. Conosciamo certamente questa bella parola di sant’Agostino. Chiediamogli di insegnarci a viverla. È così che praticamente lo viviamo. Non si tratta, si intuisce bene, di aver scartato tutte le nostre colpe e soppresso tutte le nostre colpe; si tratta di rivolgersi al buon Dio con queste colpe e queste colpe e di donarci a Lui così come siamo. Quante anime gusterebbero la pace divina se sapessero e facessero questo! Perdiamo il nostro tempo a lamentarci guardando noi stessi, invece di dilatarci guardando Lui, Lui, l’amore immenso che vuole che ci diamo a Lui perché Lui possa donarsi a noi. Ciò è dovuto alla falsa idea che abbiamo di Lui. Lo vediamo nella nostra misura e giudichiamo il suo amore dal nostro. Dio è più grande di noi. La sua grandezza, la sua gioia, la sua bellezza, la sua vita, è donarsi, perché è Caritas. Sta solo aspettando una nostra parola per farlo. Ed ecco questa parola: Et nos credidimus caritati. Questo credidimus è una presa di possesso di Dio, è come una stretta mortale su Dio. Crea tra noi e Lui un legame che lo fa nostro. È da lì che diciamo: “Mio Dio”. Ma comprendiamo che credidimus significa: “Ci affidiamo, ci consegniamo, ci diamo”. È un amore, il nostro, che si dona all’amore infinito, e quale dei due diventa uno. Non abbiamo paura di entrare in queste visioni e di viverle. Per questo serve solo una cosa: la buona volontà. La buona volontà e la grazia, che è la buona volontà di Dio, sono queste le due forze che fanno i santi. Abbandoniamo dunque risolutamente le nostre paure e gettiamoci con gioia nella fiducia filiale, che è la prima e l’ultima parola del Vangelo. Non vederci più soli a portare il peso del nostro essere e della vita. Non c’è errore più pericoloso di questo. Dio si offre a noi per riempire il vuoto della nostra anima e gioire di tutte le sue desolazioni. La desolazione è la superficie mobile dove il demonio ci turba; la gioia è il terreno reale e sostanziale su cui Dio si dona: “Entra nella gioia del tuo Signore”.
Atto di fede e presa di Dio
Vedo che continui ad anelare alla pienezza e all’infinito, e che non sai ancora trovare tutto questo nel tuo cuore, che ne è occupato. Il tuo cuore rimane inquieto e sogna in pace in idipsum, come se quella fosse una lontana realtà riservata agli iniziati. La grande verità che lo Spirito Santo grida nel profondo del nostro cuore in gemitibus inenarrabilibus (“in indicibili gemiti”) è, invece, che l’infinito è lì, presente, vivente, amante, offrendosi incessantemente, verità all’intelligenza , Carità nel cuore, e che basta compiere un atto di fede per coglierla e stabilire con essa un rapporto di amore eterno. Chi dà credito a me habet vitam aeternam (“Chi crede in me ha la vita eterna”). Notate habet, al presente… ed è proprio così.
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