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Monaci certosini come Re Magi

epifania e certosini dipinto

In occasione della celebrazione della festività dell’Epifania del Signore, voglio mostrarvi un dipinto particolare. Trattasi di una tela conservata in una chiesa di Bamberg, una città nel nord della Baviera, in Germania. Con molta probabilità essa apparteneva all’arredo della vicina certosa di Tückelhausen.

La particolarità di questo dipinto è data dalla curiosa raffigurazione della scena in esso istoriata. Tre monaci certosini, o più precisamente due monaci ed una monaca rendono omaggio al Bambino Gesù, il quale è sulle ginocchia di Maria che lo regge amorevolmente. Gli insoliti Re Magi sono intenti ad omaggiare Gesù in un insolito contesto, infatti non vi è raffigurata la solita mangiatoia ma bensì l’ingresso di un monumentale edificio con un sontuoso colonnato. Il primo monaco, che sembra donare l’oro al Bambino Gesù sembra essere San Bruno, dietro di lui un monaco barbuto, forse un Priore di Tückelhausen? L’altra figura è una monaca certosina, questi ultimi due portano gli altri doni, incenso e mirra. Tutti i doni sono messi in relazione con le virtù della obbedienza, della povertà e della castità, come recita l’iscrizione apposta dal pittore.

Ho voluto segnalarvi questa rappresentazione pittorica decisamente inusuale, che ci mostra i certosini come Re Magi.

Ed ora una splendida meditazione tratta da “Vita Christi” di Ludolfo di Sassonia, per questa solenne festività.

“State anche voi con loro al presepe. Rallegratevi con il bambino Gesù, perché da Lui nascono la virtù e il potere. Ogni anima fedele, specialmente quella religiosa, visiti almeno una volta al giorno, da Natale alla Purificazione, la Madonna presso il presepe, venerando Gesù e sua Madre, meditando affettuosamente sulla loro povertà, umiltà e benignità. La Vergine Santissima con il Bambino Gesù e San Giuseppe rimasero pazientemente nella stalla per molti giorni. Seguendo il loro esempio, non dovrebbe essere per noi un peso rimanere isolati e nascosti nel nostro monastero”.

Libro 1. Cap. 11, nº 20

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Epifania 2022

Adorazione dei Magi affrescoCertosa di Pavia (D. Crespi)

Adorazione dei Magi affresco Certosa di Pavia (D. Crespi)

Cari amici lettori, eccoci giunti al giorno in cui si festeggia l’Epifania del Signore.

Ecco per voi un sermone di Dom Tarcisio Geijer, che avrete conosciuto in un precedente articolo, egli lo concepì in occasione dell’Epifania del 1969, allorquando era coadiutore nella certosa di Vedana.

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Carissimi fedeli, dopo i magi, tutti in qualche modo, abbiamo veduto la stella, ma solo una frazione minoritaria si è mossa. Il numero dei figli di Dio lo conosce lui solo, ma se ci prospettiamo l’atteggiamento del mondo di fronte al vangelo abbiamo di che sentirci angosciati. E noi? Con chi siamo? Con i magi o con gli scribi? Con i magi abbiamo in comune la percezione della voce di Dio, con gli scribi l’informazione attorno al Salvatore. Il mistero ci ha toccati più di una volta, e i suoi postulati li conosciamo. Il più incolto di noi sa quale deve essere la direzione per salvarsi. La sapienza cristiana ci ha invaso l’anima. Bisogna riflettere a quella che è stata fino ad oggi la nostra reazione. La verità portata oziosamente, o concepita come un motivo ornamentale o come un’erudizione non salva. E’ questa la sapienza degli scribi di Gerusalemme.

Occorre invece muoversi verso la sapienza cristiana, muoversi famelicamente, come i magi. E c’è un altro pericolo, riflettendo ancora sugli scribi. Essi sapevano a mente tutto ciò che Dio aveva detto agli uomini, la Parola di Dio la portavano scritta perfino sulle loro vesti. Il pericolo, anche da parte nostra, è proprio quello di diventare consuetudinari della parola di Dio. I consuetudinari – della Parola, della Culla, della Croce – se prestano soltanto l’occhio e l’orecchio, finiscono col non aver reazioni. E’ l’anima che bisogna prestare, è il rischio dell’azione che bisogna correre. L’itinerario della salvezza si fa con sacrificio e con rischio. I magi hanno rischiato un disagevole e drammatico viaggio pur di trovare il Figlio di Dio. Lo hanno trovato e lo hanno adorato.

La vita cristiana respira con l’adorazione, il suo atto più proprio è la contemplazione, atto col quale si riempie di Dio, e si conclude con l’offerta. Oro, incenso e mirra, i tre doni simbolici dei magi. L’oro per il Cristo-Re – l’incenso per il Cristo-Dio – la mirra per il Cristo-uomo, destinato alla Passione e la Croce. Ma più che il significato di questi doni ci dovrebbe stupire il fatto stesso del donare. Questi magi hanno sconvolto la concezione dell’ebraismo, che si accaparrava il Messia secondo gli schemi di una mentalità utilitaristica. Gli ebrei esigevano dal Messia supremazia e beni, mentre i magi gli offrono tutto ciò.

La preghiera dei magi è una preghiera che non chiede, una preghiera che adora e offre. I magi non chiedono niente perché sanno che già tutto è stato dato, con la salvezza, a loro e al mondo. Essi sono andati soltanto per esprimere, a mezzo dei loro doni, la loro accettazione silenziosa e stupita. I magi se ne ritornano in patria prendendo un’altra strada. E cosa faremo, noi, dopo quest’ultima adorazione oggi davanti a Gesù Bambino? Nella nuova direzione presa dai magi dietro l’indicazione dell’angelo, si trova per noi un ammonimento. Non ci rimane altro ad fare che imboccare una nuova via, diversa da quella dalla quale siamo venuti. L’indicazione per quella nuova strada ci viene dalla parola di Dio e dal Sacrificio a cui partecipiamo. La parola divina ha da farsi umana, nostra, incarnandosi nelle azioni di tutti i giorni. E il sacrificio di Cristo non può restare solo, senza il nostro, come se fosse una semplice cerimonia festiva. Questo sacrificio natalizio vuol essere collocato nel concreto della nostra vita, in modo da fare un’animazione cristiana alle nostre opere, da incidere profondamente nel nostro comportamento. In definitivo, abbiamo da far nostro l’itinerario della coerenza tra l’adorazione e la vita, tra il dono di Cristo e la nostra risposta. Così sia.

(Dom Tarcisio Geijer, Epifania Certosa di Vedana 1969)

Epifania 2021

Adorazione dei magi Simone Peterzano certosa di Garegnano

In occasione della Festività dell’Epifania, eccovi una splendida omelia di un priore certosino e rivolto alla sua comunità. Leggiamola e meditiamo su queste sagge parole.

Oggi vorrei approfondire con voi un argomento che interessa tutti coloro che vivono da soli: la lotta alle ossessioni.

Si chiama ossessione un’idea o un’immagine che occupa un posto considerevole nel nostro pensiero, quando, per la sua importanza, dovrebbe limitarsi ad occupare un posto modesto o nemmeno eseguirne alcun ruolo. Queste sono le ossessioni che più spesso si trovano nella coscienza di un religioso: pensarsi detestato e perseguitato, essere geloso, ribellarsi alla superiorità reale o immaginaria di un fratello, avere paure schiaccianti sulla propria salute, ricchezza o vita morale della famiglia, essere agitati o indignati per le imperfezioni degli altri, essere angosciati dalla preoccupazione di agire sulle persone non sono soggetti né alla loro giurisdizione né alla loro autorità. . . Ecco alcuni esempi di tendenze o rappresentazioni che possono ossessionarci, ma la varietà è infinita. Il mezzo per reprimere questi disturbi consisterà nel ripristinare il diritto al pensiero che gli manca. L’ossessione, infatti, è dovuta in gran parte, se non totalmente, al fatto che non vediamo le cose per come sono. È falsa nozione che si impone per caso, e che interrompe il normale corso di pensiero. Riconoscere la falsità dell’idea ed eliminarla proprio per questo sarebbe il rimedio più efficace. Sfortunatamente, quando la facoltà di giudizio è difettosa in qualcuno di noi, non esiste un modo naturale per migliorarla. Tuttavia, ripristinando la calma, prendendosi il tempo necessario per una serena riflessione e, soprattutto, ritirandosi alla presenza di Dio, possiamo creare condizioni più favorevoli per il suo esercizio.

Inoltre, c’è una virtù nemica della stupidità: è l’umiltà. In effetti, chiunque sia umile è ragionevole in sostanza, perché sa mettersi al suo posto. E quando sappiamo come occupare il nostro posto, che è l’ultimo: in novissimo loco (Luc., XIV, 10), vediamo le cose nel loro vero valore.

Un’anima con poca lucidità naturale, che ne fosse consapevole e si arrendesse alla direzione degli altri (anche se il Direttore non superasse la sensibilità media), sarebbe quindi libera da tanti scrupoli, da stupidi pensieri che ne tormentano un altro. Siamo modesti, aperti e docili, che sono questi grandi rimedi contro false idee la cui insistenza rischia di rischiare infelicemente la vita dell’uomo solo e di fargli perdere la sua nobiltà. Inoltre, nella scelta dei candidati alla vita certosina, uno spirito chiaroveggente, un solido buon senso dovrebbero essere considerati qualità indispensabili: alcune persone sono stupite da questa esigenza. Non c’è bisogno di un così grande buon senso per lasciare tutto – dicono – ma è un errore. Per liberarci e disconnetterci dalle cose, dobbiamo vederle nella loro vera natura, soppesarne il valore, inquadrarle al loro posto. La saggezza è così necessaria e ancor più necessaria per la rinuncia ai beni del. mondo che per il loro possesso molte volte, tuttavia, sembra che non sia sufficiente fare un giusto giudizio per sbarazzarsi dell’ossessione. In primo luogo, questo potrebbe avere un fondamento reale: potrei esserlo ostacolato da una malattia o persecuzione immaginaria; ma può succedere che io sia effettivamente malato o essere inseguito. Quindi l’idea tirannica non è esattamente falsa, ma forse è falsa l’importanza che assume nella nostra vita interiore. In tanti casi; sappiamo più o meno chiaramente che, alla luce di Cristo, ciò la cui immagine o pensiero ci insegue ha poco valore, ma non è per questo che siamo liberati dall’ossessione; Dobbiamo quindi convenire che la volontà del cristiano è necessaria per sostenere il suo ragionamento e per completarlo: deve imporre certezze spirituali all’immaginazione e alla sensibilità. Quando conosciamo certe verità, dobbiamo ancora ammetterle fino in fondo all’anima, il che richiede uno sforzo continuo per ritirarci e moderarci, uno degli elementi essenziali di tutta la vita cristiana. ‘Questa lotta non può essere evitata; ciò che si può ottenere attraverso l’esperienza è riconoscere meglio la strategia.

In primo luogo, ci sono condizioni fisiche che lo rendono inefficace.

Per ora, dobbiamo sapere come prenderci. Ma qui vogliamo solo parlare di mezzi spirituali. Ora, da questo punto di vista, tutte le ossessioni sono dovute a una certa resistenza all’amor proprio; non vogliamo accettare la nostra arte nella sofferenza e nell’umiliazione. Bisognerebbe acconsentire all’esclusione: abbandono. La nostra infelicità è appesa solo a un filo, e questo filo è lo stesso che teniamo noi: non vogliamo essere liberi. Cedere a Dio in quello che chiede, totalmente, radicalmente, di pronunciare un Amen senza riserve, sarebbe liberazione. C’è un proverbio che dice: dove non c’è niente, il re perde i suoi diritti. Allo stesso modo, il Principe di questo mondo non ha potere su chi acconsente a essere ridotto a niente; i demoni dell’orgoglio, dell’impazienza, della gelosia non ti circonderanno più, perché hai già abbandonato tutto ciò che questi poteri potevano desiderare. Spesso, per secondi, sembra di aver raggiunto questo stato, ma presto l’idea crudele riacquista il suo potere: la nostra volontà è debole e incostante. Solo la grazia può aiutarci a volere, solo i doni dello Spirito Santo, doni di intelligenza e sapienza, possono sanare il nostro ragionamento, la cui rettitudine soprannaturale è un elemento determinante. Questo dono di saggezza deve essere chiesto a Dio in una preghiera umile e perseverante; preghiera che funzionerà tanto meglio quanto più è contemplativa. Perché la perfezione del ragionamento dipende soprattutto dallo sguardo interiore: se l’anima è abitualmente rivolta a Dio, se è contemplata di fronte, entrerà nel segreto di quella felice dimenticanza di tutto ciò che non è il suo amore. È qui che sta certamente il punto critico; ecco dove le cose si uniscono come all’inizio e alla fine; lì si ristabilisce la vera armonia e l’equilibrio dell’intero essere umano. Maria, madre e modello delle anime contemplative, ottenga da noi il suo divin Figlio, nella presente festa della sua manifestazione, questa liberazione interiore e il suo eterno frutto.

Un certosino

(brano tratto da libro “Silencio com Deus”)

Presepe allestito sull’altare dai monaci certosini di Serra San Bruno

presepe certosa serra

Un sermone per l’Epifania

L'adorazione dei re magi. Goya. Certosa di Aula Dei

L’adorazione dei re magi. Goya. Certosa di Aula Dei

 

Oggi in occasione della celebrazione della festività dell’Epifania, voglio proporvi cari amici lettori un sermone capitolare concepito da Dom Jean-Baptiste Porion per questa occasione e declamato alla propria comunità. Vi invito a meditare su di esso…

Vorrei discutere con voi oggi un’argomento che interessa tutti i solitari: la lotta contro le ossessioni. Un’ossessione è un’idea o un’immagine che ha un posto considerevole nel nostro pensiero, quando dovrebbe essere di modesta importanza o non svolgere alcun ruolo. Ecco le ossessioni che spesso si incontrano nella coscienza religiosa: credere di essere odiati e perseguitati; essere geloso, ribelle di una superiorità reale o immaginaria in un confratello; nutrire paure schiaccianti per la sua salute o per il bene fisico e morale della sua famiglia; essere turbato, indignato per le imperfezioni altrui; essere logorato dal desiderio di agire su persone che non sono soggette alla nostra giurisdizione o alla nostra autorità … Ecco alcuni esempi, ma la varietà è infinita, tendenze o rappresentazioni che possono ossessionarci. Il mezzo per sopprimere questi disturbi sarebbe quello di ripristinare a giudizio la rettitudine che gli manca. L’ossessione, infatti, è dovuta in gran parte, se non del tutto, al fatto che non vediamo le cose come sono. È una falsa nozione che si impone in questo modo e interrompe il normale corso del pensiero. Riconoscere la falsità dell’idea e quindi raddrizzarla sarebbe il rimedio più efficace. Sfortunatamente, quando la facoltà di giudicare è difettosa in qualcuno, non esiste un modo naturale diretto per migliorarla. Si può, tuttavia, mettersi in pace, dando il tempo necessario per una calma riflessione, e soprattutto ricordando se stessi alla presenza di Dio, per creare condizioni più favorevoli al suo esercizio. Inoltre, c’è una virtù che è nemica della follia: è l’umiltà. In effetti, colui che è umile, è giudizioso sull’essenziale, poiché sa come mettersi al suo posto. E quando restiamo al nostro posto, che è l’ultimo: ricominciamo in novissimo loco (Luca 14, 10) – vediamo le cose nella loro vera luce. Un’anima poco dotata di naturale lucidità, che sarebbe in grado di concordare e sottomettersi al giudizio di un regista (anche se avesse solo un giudizio medio), sarebbe quindi liberata da molti scrupoli, da molti pensieri sciocchi, di cui un altro sarà ossessionato. Cerchiamo di essere modesti, aperti e docili; questi sono grandi rimedi contro le false idee, la cui insistenza rischia allo stesso tempo di rendere infelice la vita del solitario e privarlo della sua nobiltà. Resta che, nella scelta dei candidati alla vita certosina, una mente chiara, un senso solido, dovranno essere considerate qualità essenziali. Alcune persone sono sorprese da questo requisito: non c’è bisogno di così tanto giudizio per lasciare tutto, dicono; ma è un errore. Per liberarsi e staccarsi dalle cose, bisogna vederle nella verità, soppesarle al loro valore, metterle al loro posto: il giudizio è necessario – e ancor più – per la rinuncia ai beni del mondo, che per la conquista e possesso di questi stessi beni. Molte volte, sembra che non sia sufficiente dare un giudizio corretto per sbarazzarsi di un’ossessione. Questo potrebbe avere delle vere basi: potrei essere ossessionato da malattie immaginarie o persecuzioni, ma può anche accadere che io sia effettivamente malato e perseguitato. Quindi non è l’idea tirannica che è propriamente falsa, ma forse l’importanza che assume nella nostra vita interiore. E in molti casi, sappiamo più o meno chiaramente che alla luce di Cristo dovremmo prendere per poco ciò che la nostra immagine o pensiero ci insegue – ma non ci liberiamo di tanto dell’ossessione. Dobbiamo quindi concordare sul fatto che la volontà del cristiano è chiamata a sostenere il suo giudizio e a completarlo in un modo: deve imporre certezza spirituale all’immaginazione e alla sensibilità. Quando conosciamo certe verità, dobbiamo ancora ammetterle nella parte inferiore dell’anima. C’è uno sforzo continuo per ricordare e moderarsi, che è uno degli elementi essenziali di ogni vita cristiana. Non possiamo evitare questa lotta, possiamo solo, grazie all’esperienza di conoscere meglio la strategia. All’inizio ha condizioni fisiche che lo rendono difficile: un modo saggio di trattarsi è un primo passo. Ma vogliamo parlare qui solo di mezzi spirituali. Da questo punto di vista, tutte le ossessioni sono causate da una certa resistenza di autostima: non vogliamo accettare la sua parte di sofferenza e umiliazione. Sarebbe necessario acconsentire una volta per tutte a essere messi da parte, ad abbandonarsi. La nostra sfortuna pende da un filo, e questo filo siamo noi che lo tratteniamo: non vogliamo lasciarlo andare. Dare a Dio ciò che chiede, totalmente, radicalmente, di pronunciare un Amen assoluto, sarebbe liberazione. Un proverbio dice: dove non c’è nulla, il re perde i suoi diritti; allo stesso modo, su colui che accetta di non essere nulla, il principe di questo mondo perde il suo potere: i demoni dell’orgoglio, dell’impazienza, della gelosia non lo perseguitano più, poiché ha abbandonato tutto ciò che questi poteri potrebbero impadronirsi. Spesso, per un momento, pensiamo di aver raggiunto questo stato, ma presto l’idea crudele riprende il suo impero: è perché la nostra volontà è debole e incostante. Solo la grazia può aiutarci a desiderare, solo i doni dello Spirito Santo: doni di intelligenza e saggezza, possono guarire il nostro giudizio, la cui rettitudine soprannaturale rimane qui l’elemento decisivo. Questo dono di saggezza, è necessario chiedere a Dio con una preghiera umile e ostinata; preghiera che sarà ancora più vicina alla risposta che sarà più contemplativa. Perché la correttezza del giudizio dipende soprattutto dall’orientamento dello sguardo interiore: se l’anima è abitualmente rivolta verso Dio, che di solito lo guarda in faccia, impara la beata dimenticanza di tutto ciò che non è il suo amore. Questo è certamente il mezzo sovrano che, prendendo le cose in linea di principio, al vertice, crea la vera armonia ed equilibrio di tutto l’essere umano. Possa Maria, Madre e modello dei contemplativi, ottenere da noi dal suo Divin Figlio, nell’attuale festa della sua manifestazione, questa emancipazione interiore e il suo frutto eterno.

Per il Battesimo di Nostro Signore

Nativita_Guido_Reni (Coro della certosa di San Martino)

In occasione della festività dell’Epifania, eccovi uno splendido sermone capitolare di un priore certosino rivolto alla sua comunità. In esso il lettore potrà apprezzare la sobrietà dell’espressione, priva di effetti oratorici. Una dottrina profonda, un nutrimento semplice e forte per la nostra anima.

E come promessovi, ancora un piccolo dono, da oggi la seconda tranche del   CD ” In Principio“, nella sezione canti certosini 

 

Battesimo di Nostro Signore

Miei venerabili padri e cari fratelli,

In questa giornata di Epifania la Chiesa attinge non solo alla manifestazione di Gesù ai Magi, ma alla sua manifestazione al mondo al suo battesimo.

Questa manifestazione, in verità, sembra di gran lunga la più importante, perché ci rivela i tre grandi misteri della nostra fede: i misteri dell’Incarnazione, della Redenzione e della Trinità.

Giovanni Battista, dice il Vangelo, ha annunciato Gesù “in ogni momento e in tutti i luoghi”. Lo ha testimoniato, piangendo: “Colui che viene dopo di me è passato davanti a me perché è esistito davanti a me”, e si dichiarò indegno a disfarsi della cinghia dei suoi sandali. Attraverso queste parole, diviniamo il mistero dell’Incarnazione. Guardando Gesù, Giovanni rivela la sua divina personalità: “Era davanti a me”. Gesù, un giorno, ripeterà questo detto: “Prima che fosse Abramo, io sono”. Questo è il primo mistero che dobbiamo venerare in questo giorno. La Parola, Figlio di Dio, che vive da tutta l’eternità, viene tra noi. Ci pensiamo abbastanza? Abbiamo per Gesù questo rispetto per il Battista, questa umiltà? In parole forse e sentimenti, ma in pratica non perdiamo il fatto che Gesù è il Figlio di Dio, che è il Verbo incarnato che vive nella Chiesa ed è presente nel Santissimo Sacramento? È il mistero dell’Incarnazione vivo tra noi? Inoltre, Giovanni non solo presenta Gesù nella sua divina grandezza, ma anche lui ci presenta come uomo nella sua grandezza terrena. “Ti battezzerà nello Spirito e nel fuoco, ha la cesta in mano per pulire la sua zona e raccogliere il grano nella sua mansarda, e brucerà la balla in un fuoco incomprensibile”. Così Giovanni introdusse Gesù alla folla in tutta la sua grandezza umana e divina. Darà lo Spirito, l’amore che è un fuoco, sarà il giudice di cui hanno parlato i profeti, il padrone delle nazioni, la testa di ogni uomo. La dimensione di Cristo appare così gigantesca e Giovanni si inchina davanti ad essa nel suo nulla, come noi dobbiamo fare.

Ma, davanti a questo quadro, qui è un altro: il mistero della Redenzione. Gesù viene in mezzo ai peccatori per essere battezzato: “Vedi l’Agnello di Dio che porta i peccati del mondo”, esclama Giovanni Battista. Così Gesù, capo dell’umanità, il Messia, il Dio incarnato, ora glorificato, viene a essere battezzato da Giovanni. E Giovanni, che riconosce la sua miseria, la sua necessità dello Spirito, si ricompone innanzitutto: “Io che ho bisogno di essere battezzato da te”. Ma Gesù risponde: “Lasciami fare ora, perché è giusto fare tutta la giustizia”. E ‘vero. Per ora, Gesù viene tra i peccatori, egli assume i nostri peccati, diventa sua, quindi è giusto che si umili, riconosca davanti al Padre e agli uomini la sua miseria come capo dell’umanità peccaminosa. Il battesimo di Gesù è il primo passo delle umiliazioni di Cristo, il primo passo verso la Croce che salva il mondo. Lo contiene già in germe.

Questo mistero della Redenzione, condividiamo la solidarietà così come il mistero dell’Incarnazione che ci ha dato Gesù come un capo. Se si profila come un peccatore fra i peccatori, cosa dobbiamo pensare e fare, che sopportano i nostri propri peccati e che, come religiosi, devono sopportare i peccati dell’umanità? Cristo ha posto l’umiltà alla base della nostra redenzione, dobbiamo metterlo alla base della nostra fino a quando siamo gradualmente portati alla morte della croce. Essere umili, accettare il peccato e la miseria, non distinguersi dagli altri, portare con dolcezza e verità il peccato del mondo e, innanzitutto, i fallimenti di coloro che ci circondano, purificarli con noi e permetterli di per ricevere lo Spirito d’amore. È questo secondo mistero che ci è rivelato dall’Epifania, la festa della manifestazione di Gesù.

Ma il battesimo di Gesù è anche la rivelazione della sua vita e gloriosa Trinità, è la gloria della risurrezione che si alza: “Ecco, i cieli si aprirono a lui ed egli vide lo Spirito di Dio scendere. come una colomba che viene sopra di lui, ed ecco, una voce dal cielo disse: “Questo è il mio Figlio diletto, in cui ho diletto”. L’umanità santa si manifesta già nella sua gloria con tutta la Trinità. Lo Spirito Santo è in Gesù, lo possiede, lo conduce al Padre e il Padre lo guarda con tutto il suo amore. L’intera Trinità è lì, rivelata, apertamente manifestata, già portando Cristo e con lui tutti gli uomini che ha riscattato nel suo eterno movimento d’amore.

La missione di Cristo, dopo questa rivelazione, può ora cominciare, ha già tutta la sua dimensione. Il battesimo di Cristo già illumina l’intero Vangelo e deve illuminare tutta la nostra vita. Non è la prefigurazione del nostro battesimo, della nostra missione? Come il giorno del battesimo di Gesù nel giorno del nostro battesimo lo Spirito Santo scese su di noi, e il Padre ci ha detto che il suo amato figlio, e ci coinvolge ora per l’eternità i tre grandi misteri della nostra fede: l’Incarnazione, la Redenzione e la Trinità. Così sia.

Epifania 1969

Una preghiera per l’Epifania del Signore

6-adorazione-magi-peterzano

 

Cari amici lettori, per il giorno in cui si festeggia l’Epifania del Signore, vi offro questa splendida preghiera realizzata da Dom Ludolfo di Sassonia celeberrimo Priore e scrittore certosino del XIV secolo. Egli  in questa orazione intende offrire simbolicamente i doni offerti dai magi.

 “O buon Gesù, offro alla vostra Maestà Suprema mirra di contrizione sincera, incenso di fervente preghiera e l’oro di pura carità”:

“O buon Gesù, che, essendo nato da una vergine, stai rivelato ai Magi guidati da una stella alla tua culla, e li ha portati indietro al loro paese per un’altra strada, Salvatore misericordioso, la luce della tua grazia dissipi le tenebre della mia coscienza; e, per il vostro evento gioioso, mi conceda una perfetta conoscenza di te stesso e me stesso, in modo che io contemplo sia Te che l’interno della mia anima, e che in questo santuario intimo, offro Maestà mirra suprema di contrizione sincera, incenso di fervente preghiera e l’oro di pura carità;Infine, dal momento che è seguito la via dell’errore e del peccato, ho rinunciato la casa di beatitudine celeste,fa si che io la raggiunga, seguendo il percorso di Grazia e di Verità.Così sia.”

L’ immagine di questo articolo è un affresco di Simone Peterzano, sito nella certosa di Garegnano a Milano raffigurante ” l’Adorazione dei Magi” (1578-1582)