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Testimonianza da Reillanne

monaca certosina cartoon

Molte sono le testimonianze di esperienze fatte in certosa, che mi giungono e che io pubblico al fine di divulgarle a tutti i lettori di Cartusialover, consapevole di farne cosa gradita. Ecco per voi amici una inedita testimonianza, di una aspirante monaca certosina. Ovviamente per rispettare la sua volontà le sue dichiarazioni resteranno anonime, posso solo aggiungervi che trattasi di una donna proveniente dagli Stati Uniti.

statbn

Recentemente sono stata a Reillanne per quasi tre mesi, per un ritiro di discernimento vocazionale. Il ritiro di discernimento di solito non è così lungo, ma mi hanno invitato per un tempo più lungo, poiché sono stata in noviziato in altre due comunità e avrei bisogno di tempo per adattarmi a un carisma diverso e anche perché venivo da un altro continente e non volevo essere in grado di venire per più ritiri più brevi. Venendo così a lungo, ho anche potuto vivere la vita di una suora di clausura per circa un mese e la vita di una suora conversa per oltre un mese. Ecco alcune riflessioni della mia esperienza.

certosa Reillanne

La partenza

“Perché il Signore tuo Dio sta per farti entrare in un paese fertile: paese di torrenti, di fonti e di acque sotterranee che scaturiscono nella pianura e sulla montagna; paese di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; paese di ulivi, di olio e di miele; paese dove non mangerai con scarsità il pane, dove non ti mancherà nulla” (Dt 8:7-9a). Questo versetto faceva parte della lettura della Messa nel mio ultimo giorno intero a Reillanne, e penso che si ricolleghi alla mia esperienza. Ho contattato per la prima volta le certosine a metà agosto 2021. Quando mi hanno invitato a fare una visita, ho deciso che dovevo andare in fretta, nel caso in cui il confine si chiudesse di nuovo a causa della pandemia. Però penso che lo Spirito Santo abbia usato la pandemia per portarmi lì, perché avevo così tanta trepidazione prima di partire che forse me ne sarei convinta, se ci avessi pensato più a lungo. Avevo così paura delle pratiche ascetiche che quando sono arrivata a Parigi, mi sono fermata alla Basilica del Sacre Coeur e ho detto: “Signore, sono venuta in Francia per soffrire per te“. Io, come immagino molti altri, immaginavo che ci sarebbe molta sofferenza fisica dall’ascesi.

Le impressioni delle pratiche della vita ascetica…

Certamente la penitenza fa parte della vita certosina, ma quelle cose vengono introdotte gradualmente, e le cose che più temevo non erano realtà. Ad esempio, avevo così paura del freddo che la maggior parte dello spazio nella mia valigia era occupato da calzini di lana ed indumenti intimi lunghi e termici per tenermi al caldo, soprattutto di notte. La realtà, però, era che le suore, nella loro carità, erano così preoccupate per il mio freddo, che mi hanno messo così tante coperte sul letto che mi sono svegliata sentendomi accaldata, anche senza usare tutte le coperte! Certo, c’erano volte in cui avevo freddo, se non ero avvolta correttamente o mi trovavo in una zona senza calore, ma il Signore mi aveva preparato il corpo e l’anima anche per quello. (A causa della pandemia, la mia parrocchia ha celebrato la messa all’aperto l’anno scorso, anche quando era intorno ai -15°C.) Il freddo certosino è molto più caldo di quello. Avevo anche paura di avere sempre fame. La realtà era che le sorelle non volevano che avessi fame; Avevo troppo da mangiare e ho dovuto chiederle più volte di non darmi così tanto. È davvero una terra dove scorre latte e miele e non mi mancava davvero nulla. Nel corso degli anni, le monache hanno imparato che i loro corpi non sono costruiti per le stesse pratiche penitenziali dei monaci. Ad esempio, molto presto, le suore hanno scoperto che avevano bisogno di fare un po’ di colazione. A Reillanne mangiano pane e una bevanda calda a colazione. Almeno durante il noviziato le monache hanno anche più di pane e acqua il venerdì. Le suore sono rimaste senza latte, yogurt e formaggio per circa una settimana prima del Natale. Penso che sia simile prima della Pasqua. Però al Padre Vicario (il monaco certosino che vi è cappellano), non è stato permesso di avere quelle cose per tutto l’Avvento. Avevo anche visto le immagini dei monaci con le stufe a legna nelle loro celle. Ero preoccupata per questo perché sono stata in un eremo un’anno e mezzo fa, quando c’erano circa -15°C, con una stufa a legna, e l’ho trovato un po’ travolgente e non ero sicura di avere la forza per tagliare la legna. Alla fine, non conosco le altre località delle suore, ma a Reillanne hanno i radiatori elettrici. La maestra delle novizie mi ha detto che mentre il loro digiuno è più leggero di quello dei monaci, la loro pratica ascetica primaria è la solitudine.

Altre impressioni spirituali…

Ho menzionato prima le cose pratiche perché quelle erano le cose che mi preoccupavano di più prima di partire. Tuttavia la vocazione è certamente molto più e molto più profonda di queste cose: sono stata davvero toccata da alcune cose che Padre Andre Ravier, SJ, ha scritto della vita certosina nel suo libro “L’Approche de Dieu par le Silence de Solitude“, che si traduce come “L’approccio di Dio attraverso il silenzio della solitudine”. Padre Ravier dice che la vocazione certosina trascende la Certosa. È una chiamata all’amore puro in una vita tutta dedicata ad amare Cristo, a riprodurre la vita interiore di Cristo e a prolungare la preghiera di Cristo, la sua adorazione, la sua offerta filiale, il suo amore per il Padre, nel segreto della solitudine ( pag 48-49, 51). Sebbene gran parte della vocazione certosina sia vissuta in solitudine, non è solo per la salvezza degli stessi certosini. Invece, Padre Ravier ha citato Papa Pio XI il quale ha affermato che si tratta di un apostolato nascosto e silenzioso (p. 52) e che i certosini contribuiscono alla salvezza della Chiesa in modo tale che senza le loro preghiere e penitenze, gli operatori nel campo dell’evangelizzazione darebbero poco frutto ( pag. 47). Perciò ho appreso che la vocazione certosina è anche quella di essere missionaria, così come santa Teresa di Lisieux, lei stessa patrona dei missionari, è stata chiamata ad essere missionaria.

La conclusione…

Nel complesso, ho davvero trovato la mia esperienza a Reillanne un momento gioioso per incontrare il Signore. Lui è così buono e ha chiarito esperienze che non avevo capito nel corso degli anni e ha mostrato come mi ha condotto a questo punto. Come nella vita spirituale in generale, ci sono momenti più facili e altri più difficili. Tuttavia, coloro che mi hanno aiutato con la formazione a Reillanne sono stati molto disponibili e attenti nell’aiutare nei momenti più difficili. Non vedo l’ora di tornarci presto, ma questa volta come postulante, piuttosto che solo per ritiro.

Grazie

a questa amica che ha voluto concedermi questa prezioso testo nutro la certezza che essa rappresenti un valido contributo per tutti coloro che sono attratti dalla ricerca di Dio all’interno di una certosa.

Possa san Bruno illuminare il prosieguo del cammino di questa giovane aspirante monaca certosina.

Ed ora per voi…un breve estratto dal film “Una vita in certosa

 

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Un semplice esperienza

cartoon certosino

Lo scorso 27 ottobre, cari amici, ho pubblicato un’articolo riguardante una testimonianza di un giovane, il quale aveva trascorso un periodo nella certosa argentina di Dean Funes. Questo articolo ha riscontrato l’interesse di tanti, tra questi un’altro lettore del blog, il quale mi ha inviato la sua personale esperienza vissuta tra le mura certosine. Una esperienza breve, ma intensa, vi lascio al suo racconto.

La mia esperienza è molto semplice: mi sono trovato in Certosa perché avevo avuto il permesso di visitare un mio amico che stava facendo il cammino per diventare padre. Quando arrivai in Certosa fui accolto dal Priore e dagli altri fratelli e già avvertii qualcosa di particolare. Il meglio (per quanto mi riguarda) avvenne quando mi recai in chiesa per il Mattutino dove mi fu assegnato un posto vicino ai fratelli mentre io mi ero messo distante per non dare fastidio. Durante il lungo tempo del mattutino percepii la presenza tangibile del Divino che culminò durante la messa quando riuniti intorno all’altare fu spezzata l’eucarestia. Durante i quattro giorni di permanenza il momento più bello della giornata (passata rispettando la regola dell’ordine visto che mi era stata data una stanza dove vivevano i fratelli) era recarsi al mattutino dove si veniva avvolti dal canto gregoriano e dalla presenza parlante dei padri e fratelli pur nel silenzio, il resto della giornata passava leggendo un volume che conteneva la regola dei certosini e degli scritti di Guido che spiegavano l’essenza della vita certosina. Questa in sintesi la mia esperienza presso la Certosa di Serra San Bruno. Negli anni mi è capitato spesso di pensare che quell’incontro, che, non è stato casuale ed ho ripensato alle parole di San Bruno che diceva “Che incontrare una Certosa non è un caso ma una chiamata” (mi auguro di non aver fatto errori nella citazione). Spero di poter esser stato utile con quanto ho scritto. Grazie e D.V. B

Io aggiungo, grazie a te caro amico che con queste tue sensazioni condivise sarai di aiuto a quanti vorranno approcciarsi alla clausura certosina.

 

Jean-François Ducis alla Grande Chartreuse

Jean-François Ducis e Grande Chartreuse

Jean-François Ducis alla Grande Chartreuse

Cari amici in precedenti articoli vi ho illustrato la visita di personaggi illustri alla Grande Chartreuse e le loro esternazioni a seguito di quella toccante esperienza. Cronin, Ippolito Pindemonte, ed oggi vi parlerò del poeta e drammaturgo francese Jean-François Ducis nominato per la sua fama membro dell’Académie Française nel 1779.

Egli visitò la casa madre dell’ordine certosino nel giugno del 1785, ed a seguito di quella visita ebbe a dire che : “Il mondo non ha un’idea di tale pace; è quella un’altra terra, un’altra natura; si sente ma non si può definirla, codesta serenità che vi entra nel cuore. … Beati voi, Certosini, che vivendo con Dio morrete in questi eremi.’ Beato chi viene a vedervi in questo posto che voi abitate, ma cento volte più felice chi non ne esce più.'”. Durante tutta la vita il monaco tenta di penetrare nel cuore di Dio mediante la fede e la carità e, con la preghiera assidua, la lettura spirituale, la meditazione e lo studio, cerca di crescere sempre più nell’amore e nella conoscenza di Lui “.

Come da tradizione, un ospite illustre prima di lasciare la certosa scriveva il proprio nome ed un breve commento, qualche verso o qualche massima a testimonianza del proprio rispetto e riconoscimento verso la comunità monastica certosina.

Il registro alla data 4 giugno 1785 annota quanto segue….

Che calma! che deserto! In profonda pace,

Non sento più ruggire le tempeste del mondo.

Il mondo è scomparso, il tempo si è fermato …

Inizi per me, terribile eternità?

Ah! Sento già che, in questo augusto recinto,

Un Dio confortante si degna di placare la mia paura ..

Lo so, è un padre, che ama gli umani. Perché avrebbe dovuto interrompere il lavoro con le sue mani? È quello che mi ha formato nel grembo di mia madre; vuole il mio pentimento, ma vuole che io speri. O tu che, su queste montagne imbiancate dagli inverni, venni a cercare gelate, una tomba, deserti, e che, volando più in alto, con il tuo amore estremo, sembravo, vicino al cielo, vivendo nel cielo stesso, che amo per vedere le tue impronte in questi luoghi santi. La culla del tuo Ordine è nascosta nei cieli. È lì che, dal Signore che ripete le lodi, la voce dei tuoi figli è salita al coro degli angeli. Lì, dai suoi falsi piaceri, attraverso il secolo perduto, il viaggiatore riflessivo sospirava spesso. Queste rocce, questi abeti, questo torrente solitario, tutto parla, tutto mi istruisce a disprezzare la terra, la terra, dove la felicità è un frutto estraneo, che sempre alcuni vermi in segreto vengono a rosicchiare. Durante tutto il dolore ho trovato lì le immagini. L’amore ha i suoi tormenti, l’amicizia i suoi oltraggi. Che desideri ingannati, lavoro superfluo! Tu che, vivendo per Dio, muori in questi ritiri, beato chi viene a trovarti nel porto dove sei, ma cento volte più felice di chi non lo lascia mai più!

Parole che testimoniano quanto la visita in certosa ebbe un forte impatto sul noto drammaturgo. Una poesia ed una lettera su questa esperienza vi proporrò ancora, per cogliere al meglio le emozioni profonde provate da Jean-François Ducis.

 

Ritorno a Medianeira

Certosa Medianeira

Per completare il rapporto epistolare circa l’esperienza del giovane brasiliano che vi ho raccontato nei precedenti articoli, ecco l’ultima lettera. Ma prima di leggerla, vi spiego brevemente cosa gli è successo, nel giugno scorso, dopo Farneta. Uscitovi con l’intento di ritornare dopo qualche settimana, il nostro amico fatto ritorno in patria per preparare la documentazioni e per salutare i propri cari, si è imbattuto in una serie di problemi tra cui le gravi condizioni di salute di suo padre. Ciò ed altri problemi burocratici gli hanno impedito di fare ritorno in Italia, il suo sogno di diventare certosino sembrava svanire definitivamente. Ma la sua tenacia e l’intervento della Provvidenza, hanno permesso che con il tempo si riuscisse a trovare una soluzione, ed ecco che il nostro amico è riuscito ad entrare lo scorso 17 gennaio nella certosa brasiliana di Medianeira. Prima di entrare ha voluto inviarmi questa missiva che vi offro.

Maria accolga il nostro amico

Maria accolga il nostro amico

“Ritornare a “Medianeira”

“confesso che non immaginavo che potesse succedere, il luogo, laddove in un certo modo è iniziato tutto. Ma anche non farebbe tanta differenza se fosse a Farneta, pero è più facile per la mia famiglia raggiungere nei tempi che sarà determinati per loro venire a trovarmi, per loro è molto più comodo. Ma comunque esiste un insieme di tante cose che si muove dentro di me, perché ritornare lì, e anche restare lì sarebbe come fare memoria di tutto quello che mi ha portato a desiderare questa particolare vita. La Medianeira è un cielo in terra, ma è diversa dalle Certose europea nel senso architettonico, è una costruzione moderna, ma molto semplice e modesta. Medianeira mi ha provocato delle cose che Farneta non mi ha provocato, e viceversa, ma la cosa più gioiosa dentro di me è pensare che ritornare in quel logo magari forse stato pensato da Dio, e quello sì ho la ansia di fare prima, la volontà di Dio.”

Questo è il mio piccolo pensiero, e scusa per il mio italiano, io non sono bravo”.

(Goiânia 2020)

Attendendolo al suo ritorno, preghiamo per lui.

 

San Bruno assisti il nostro amico

San Bruno assisti il nostro amico

La mia seconda esperienza in certosa

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Come vi avevo anticipato nel precedente articolo, il giovane brasiliano dopo la prima esperienza a Medianeira nel 2014, ha attraversato varie tribolazioni che lo hanno allontanato dall’ideale certosino, che ciononostante rimaneva sempre nel suo cuore come un sogno da realizzare. Dopo un percorso tortuoso nel 2019 egli si trova in Italia, ed a seguito di altre esperienze religiose egli decide di recarsi a Farneta, per vivere un altro periodo di prova come aspirante. A seguito di tale periodo mi scrisse questa lettera.

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“Entrare in una Certosa è molto difficile, non tutti quelli che vogliono la raggiungono, e immagina allora rimanere in una Certosa, un mese non basterebbe per esprimere cos’è questo carisma, bene nelle prossime righe cercherò di descrivere un po’ di quello che ho vissuto a Giugno nella Certosa di Farneta, non tanto quello che è la Certosa, ma il punto di vista di qualcuno che è stato in essa, ed aspira a una tale vita. Ero lì tra il 3 e il 27 giugno 2019, era la mia seconda esperienza all’interno di una Certosa, la prima nel 2014 in Brasile, a Medianeira. All’inizio pensavo che sarebbe stato impossibile tornare all’interno di un monastero certosino, dato che era stato in un altro periodo, era una grazia speciale tornare su quella terra e essere in una delle più importanti certose della storia, mi sono sentito amato immensamente da Dio, davvero privilegiato. La cosa più notevole è la carità di questi uomini di Dio, che chiamiamo “monaci certosini”, non mi sono mai sentito così fraternamente accolto, anche se la vita lì procede in modo sottile e silenzioso, ma la delicatezza e la cura che hanno avuto con me mi ha fatto sentire un erede del cielo, soltanto questo già apre la strada per un incontro intimo con Dio nella solitudine di quell’oasi, sì Certosa è un’oasi nel deserto del mondo. Siccome ho già parlato di solitudine però è difficile da descrivere, perché non mi sentivo particolarmente in nessun momento da solo, anche se il 95% delle volte ero realmente fisicamente solo, ma l’Eterno Amico non ci lascia. E’ sufficiente soltanto che ci fidiamo e ci abbandoniamo nel suo mare di tenerezza, ma con questo non intendo dire che non ci sono momenti di lotta, perché parlare in questo modo sembra che sia stato un mare di rose, è chiaro che i sensi si ribellano, soprattutto perché il silenzio va oltre il semplice tacere, qualcosa che scaturisce dall’interno, deve avere un grande dominio di sé, o meglio devi conoscere te stesso. Ed è questo il segreto, sapendo e assumendo ciò che siamo veramente, possiamo confrontarci con il resto e ogni difficoltà che verrà sarà un passo che ci porterà all’incontro dell’Amato, perché nel silenzio e nella solitudine del deserto, ciò che rimane è il nostro vuoto, è la nostra nudità, che se ci aggrappiamo a Dio, è Lui che riempirà e coprirà l’intera sfera della nostra umanità, perché senza di Lui il silenzio diventerebbe assurdo e la solitudine sarebbe una pazzia senza precedenti, quindi una tale vita sarebbe estremamente sterile. Ma la Certosa è una sorgente di acqua cristallina che sfocia nel cuore della chiesa che dà vita, o meglio è un cuore che pompa silenziosamente ma nessuno lo vede, che lavora per dare vita al resto del corpo. Essere un certosino è come essere cuore, e Dio spero mi chiami ad essere “cuore”!

(Goiânia 30 giugno 2019)

Padre Modesto (procuratore)) ed il nostro giovane amico

Padre Modesto (procuratore)) ed il nostro giovane amico

 

 

 

 

La mia prima esperienza in certosa

entrata certosa medianeira

Cari amici, da qualche giorno dopo un lungo e tortuoso percorso un giovane amico brasiliano è entrato nella certosa di Medianeira come postulante per un periodo più lungo dei precedenti. Prima di offrirvi le sue testimonianze ed emozioni vissute nel corso del tempo, vi chiedo di pregare per lui. Dunque, vi dicevo che già dal 2014 egli volle fare ingresso nella certosa brasiliana, dove fu accolto per un breve periodo, un mese tra settembre ed ottobre, al termine del quale mi inviò questa testimonianza.

Ecco dopo l’impatto con la certosa la sua reazione emotiva….

“Ho conosciuto questo stile di vita attraverso il santo, la cui memoria si celebra nel giorno del mio compleanno: san Giovanni della Croce, e fu grazie a lui che ho conosciuto san Bruno e da quel momento in poi rimasi affascinato dalla sua spiritualità e di come quest’uomo ha abbracciato la vita cristiana. Bruno è diventato per me un punto di riferimento nel mio viaggio di crescita spirituale.

Si, è vero che ho fatto una esperienza nella certosa brasiliana di “Nostra Signora Mediatrice”, e che non ho dato il passo per rimanere, ma è anche vero che il mio cuore è inquieto, ma la vocazione certosina mi ritorna come un ritornello continuo all’interno della mia anima, posso dire che questo ritornello è come un mantra, che lentamente lavora e disfa i nodi della paura, di lasciare definitivamente questo mondo, già e adesso. Ho compreso che il carisma certosino è una sfida nel mondo in cui ci troviamo, un mondo in cui non c’è tempo per l'”ascolto”, nel quale si ha paura del silenzio e nel quale la solitudine viene intesa come un nemico. Viceversa il silenzio e la solitudine in certosa non sono qualcosa di sterile, non significano isolamento, ma bensì continua presenza, perchè i certosini “anche se non parlano di Dio agli uomini, parlano degli uomini a Dio”. La clausura certosina, è un paradosso, perchè comunque non è una prigione, e neanche un chiudersi in se stesso, ma un’apertura verso l’infinito, una libertà perfetta e vera che il mondo esterno non capisce e non capendo non riesce a concepirla. Sai una cosa? Per me la certosa non è austerità, ma è AMORE nella più pura e perfetta condizione. Non posso dire se un giorno sarò un certosino, ma una cosa è certa, che sarò felice soltanto quando diventerò ciò che nel cuore di Dio già sono”. (Goiânia 2014)

Padre priore Dom Luis ed un confratello con il nostro amico e novizi

Padre Priore Dom Luis ed un confratello con il nostro amico e novizi

Nell’attesa di pubblicare un’altra missiva, inviatami per il seguito del suo percorso…..vi ricordo di pregare per la sua vocazione.

Una testimonianza dal Cile

novizio in cortile

Ecco per voi una testimonianza di un caro amico che ha vissuto anni fa una esperienza in  Certosa, e come lui stesso dice, in maniera sanguigna scrive “tutto ciò che mi è venuto fuori dal cuore”.

Largo alle sue parole…

“Scrivo di questo meraviglioso Ordine, da un paese in cui non esistono certose, il Cile, probabilmente perché siamo stati evangelizzati chiedendo ordini e non ordini monastici; nondimeno ciò non fu un impedimento, tanto che con un libro di orientamento professionale conobbi la vita certosina all’età di quindici anni (oggi 73), innamorandomi di lei ed in seguito della vita contemplativa in generale.

Attraverso le letture ed ora grazie ad internet, cosa lasciano quegli uomini che diventano monaci, e iniziare a conoscere la loro vita quotidiana seguendo la spiritualità che si può intravedere. Una cosa fondamentale, è che devi avere un’enorme vocazione, un dono di Dio, per poter condurre quel tipo di vita, in caso contrario, credo che il sottoscritto non avrebbe trascorso 3 notti di clausura; Con questo, è possibile abbattere il fatto che è andato al chiostro a causa di una certa delusione amorosa, impossibilità di affrontare la vita e altre ipotesi obsolete; nient’altro che la ricerca di Dio consentirà di rimanere in quelle case benedette, monumenti di preghiera dove ci si abbandona a Dio.

Stando in Spagna molti anni fa, non potei trattenermi dallo scrivere alla Certosa di Miraflores per richiedere un possibile ritiro spirituale; Ho ricevuto una risposta molto gentile dal Priore dell’epoca, Padre Chávarri, (Dom Eduardo Chavarri Zunzunegui)che mi informava che solo se avessi voluto dimostrare la mia vocazione avrei potuto farlo, e non l’ho fatto e credetemi fratelli è ciò di cui mi pento ancora oggi. L’amore e l’ammirazione per la vita contemplativa sono stati un denominatore comune per tutta la mia vita e se qualcosa rimarrà in sospeso sarà quello, solo immaginare il contrario mi fa sorridere in questo momento.

Cercare Dio, penso sia la cosa più importante, se aggiungiamo silenzio, la sola preghiera è l’equazione perfetta.

Sono sicuro che non è solo la decisione del candidato, ma anche la comunità che decide se farlo rimanere, ma se non si prova non si potrà mai sapere.

Ho trovato amici e sacerdoti che mi dicono che vorrebbero diventare certosini la mia risposta è l’invito a provare di fare un’esperienza, che deve essere molto utile, se si è benedetti da Dio bene, altrimenti è comunque una benedizione.

Vedere il film “Il grande silenzio” produce così tanta gioia e sviluppa il desiderio di volare nel tempo e di conoscere Dio, faccio un appello…. per favore chi sente che questa irrequietezza non lo lascia tranquillo, a volte ce solo una opportunità nella vita il tempo trascorre e non succede più, credetemi amici siate certi che non ve ne pentirete.

San Bruno ha saputo unire così bene la vita eremita e cenobitica che così facendo ha inoculato le due vocazioni in una inutile radicalità.

Il silenzio e la solitudine in sé non servono molto in questo cason se non sono veicoli per conoscere Dio.

C’è un dolore nel mio cuore per il fatto che la Certosa di Evora sia finita, penso che andranno a Montalegre, a Dio piacendo che sia per preservare l’Ordine e nient’altro.

Cari fratelli, ho scritto di cuore nel far conoscere i miei sentimenti più profondi per l’Ordine della Certosa, nella mia esperienza personale con lei.

Grazie per tutto quello che fai Roberto, e per la diffusione in rete, che Gesù ti benedica e Maria si prenda cura di te e faccia lo stesso con questo prezioso dono che il Signore ci ha fatto con questo benevolo Ordine.

O’Bonitas.

R. E. (Chile)

Cile

Report from Calabria…..

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Voglio oggi presentarvi un nuovo libro uscito alcuni mesi orsono. Un testo davvero interessante, per ora solo in lingua inglese, che catturerà la vostra attenzione.

Per quattro mesi nella primavera del 2014, un prete americano ha vissuto ed abbracciato l’austero stile di vita dei monaci certosini a Serra San Bruno, in Calabria.

In questo periodo, ha scritto una serie di lettere a familiari ed amici che sono stati pubblicate in un nuovo libro edito da Ignatius Press dal titolo: “Report From Calabria: A Season With the Carthusian Monks”. L’autore, che ha scelto di essere conosciuto solo come “un prete“, in linea con la tradizione certosina dell’anonimato, ha recentemente rilasciato una intervista che vi riporto tradotta.

D La decisione di rimanere anonimo è stata tua o è stata fatta su richiesta dei certosini con i quali hai soggiornato?

R Questa è stata una mia decisione. L’unica cosa che il superiore della comunità mi ha chiesto era di cambiare i nomi dei monaci. I nomi che uso non sono i loro veri nomi.
D Senza rivelare la tua identità, puoi fornire un breve abbozzo della tua vita sacerdotale e del tuo ministero?

R Sono un sacerdote diocesano qui negli Stati Uniti e la maggior parte del mio ministero è stato svolto nell’insegnamento. Ho fatto anche il lavoro parrocchiale, ma per gran parte della mia vita ho insegnato in seminario.
D Mentre eri con i certosini, vivevi in una delle celle monastiche, non nella foresteria. Come sei riuscito ad ottenere questa opportunità di poter vivere con loro?

R Devo tornare ad un bel po’ di anni fa, quando sono stato nel sud dell’Italia intorno alla Settimana Santa, così ho mandato una e mail al priore della comunità. Non ne sapevo molto di loro, tranne che erano certosini e San Bruno, il loro fondatore, è sepolto lì. Ma scrissi e dissi: “So che di solito non permetti agli estranei”. Scrisse gentilmente di nuovo e disse: “Se vieni dagli Stati Uniti, puoi stare con noi”. Era quello che volevo.

La mia prossima connessione è stata che, durante il suo ultimo anno da papa, Papa Emerito Benedetto XVI aveva visitato quel monastero e, naturalmente, nel mondo in cui viviamo ora, puoi andare su YouTube e vedere un video di lui che visita il monastero. Così ho lasciato la e mail precedente e ho detto che doveva essere stata un’esperienza meravigliosa [per i monaci e Benedetto].Quel tipo di seme seminato, e quando ho avuto l’opportunità per qualche tempo sabbatico, ho chiesto se sarebbe stato possibile venire per un lungo soggiorno con la comunità.

Al momento in cui l’ho contattato, la comunità era molto piccola. Un paio di monaci erano morti, uno se n’era andato e uno era stato assegnato come cappellano a un monastero delle suore. Quindi c’erano solo cinque nella comunità, e penso che sentissero che una persona in più sarebbe stata gentile ed utile da avere in giro.

L’altra cosa che dovrei notare è che probabilmente sono un po ‘più ospitali e più a loro agio con le persone perché il loro monastero si trova in una città. La maggior parte dei monaci certosini sono lontani dalla civiltà, ma la città è cresciuta dove il monastero era stato anni prima e dove morì San Bruno, quindi sono abituati a più contatti di molti.

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D I monaci hanno stabilito alcune regole fondamentali per il tuo soggiorno? Hai dovuto consegnare il tuo cellulare, per esempio?

R Non ho assolutamente usato un cellulare quando ero lì. Fondamentalmente ho vissuto la loro vita, in termini di preghiera, lavoro, ricreazione e camminata settimanale. Le uniche due differenze sono state: non ho partecipato alle loro riunioni capitolari e, poiché stavo scrivendo mentre ero lì, mi hanno permesso di avere una connessione internet nella mia cella per il mio lavoro. Hanno internet in una stanza dove possono controllare le e mail.Mentre stavo vivendo l’esperienza, una volta alla settimana, mandavo un’e mail a casa a parenti e amici che descrivono le mie impressioni sul loro modo di vivere. Non avevo intenzione di pubblicarli finché padre Joseph Fessio di Ignatius Press non è riuscito a trovare le lettere attraverso un amico comune. È stata sua l’idea di farne un libro.
D Scrivi nel libro che sei stato affascinato dalla vita monastica da quando leggevi “La montagna dalle sette balze” di Thomas Merton quando eri al liceo e condividevi che da allora hai visitato i monasteri di tutto il mondo. Dopo una di queste visite a un monastero certosino in Spagna, hai detto che ti sentivi come se qualcuno ti avesse appena spruzzato un bicchiere di acqua ghiacciata. Cosa c’è nella vita dei certosini che ha questo effetto?

R Penso che sia principalmente la solitudine. Le comunità monastiche sono comunità oranti e sono contemplative. Ma ciò che distingue i certosini è, fin dall’inizio, che hanno davvero modellato quella che era una forma più comune nella Chiesa orientale, dove vivono come eremiti la maggior parte del tempo e si riuniscono occasionalmente. È così che hanno iniziato Bruno e i suoi compagni: il fatto che difendano davvero la loro solitudine. Quando entri in un monastero certosino, è molto tranquillo e silenzioso. La solitudine è ciò che è veramente il loro segno distintivo, e penso che sia ciò che più impressiona una persona – perché siamo così immersi nel mondo in cui viviamo e siamo esposti a stimoli costanti. Nel monastero certosino, è davvero spoglio, abbattuto. Senti che questi sono uomini molto concentrati che stanno vivendo questa vita di contemplazione in un modo molto profondo.
Come ti sei preparato per il tuo tempo con i certosini? Ti sei messo in una sorta di allenamento spirituale, o sei entrato nel recinto monastico di botto?

R Non di botto direi. Ero stato nei monasteri e sono stato in ritiro, compreso un ritiro ignaziano di 30 giorni, in silenzio.Questo mi ha preparato per questo. Il giorno dei certosini è suddiviso in pezzi da 30 a 45 minuti. C’è un tempo per fare il lavoro manuale; tempo per pregare parte dell’ufficio; tempo per fare la preghiera contemplativa personale, quindi non stai seduto e ti chiedi “Che cosa faccio adesso?” e “Come farò a riempire oggi?” Mi sentivo a mio agio con l’idea del silenzio, e certamente mi sono preso il ritmo di esso. Tu descrivi questa vita all’esterno e la gente pensa che sia orrenda. In effetti, è molto equilibrata. È austera in un certo senso, ma non fanaticamente austero, ed è molto centrale e molto integrata. Perché non hai molti stimoli esterni, che è quello che subiamo in ogni momento,

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Come è cambiata la tua vita come risultato di quei quattro mesi nel 2014? Hai conservato certe pratiche dei certosini e, in tal caso, quali?

Per prima cosa, mi sono appena sentito più a mio agio con il silenzio, e mi sono svezzato un po ‘dalla necessità di controllare costantemente le e-mail. Una delle sfide con le comunicazioni che abbiamo oggi è che pensiamo di dover rispondere subito. E noi no. Ciò che quei quattro mesi mi hanno aiutato a fare è stato dire che non deve essere così. Lo stile di vita dei certosini, il loro oracolo o programma, è impostato per uno scopo. Non è un programma che potrei seguire ora, ma potrei adattare al mio programma per sfruttare i ritmi che ho vissuto vivendo nella comunità.

Essendo un prete, prego ogni giorno la Liturgia delle Ore, quindi questo è già uno schema nella mia vita. Probabilmente l’aggiunta principale è stata che io tendo a pregare in quelle ore più lentamente e prendere più tempo con loro. Quello che ho trovato è: più lo fai, più sei presente alle persone quando vengono da te. A volte noi sacerdoti ci arrabbiamo molto – e dove la tendenza potrebbe essere di ridurre la preghiera, se dedichi più tempo alla preghiera, risolvi meglio le altre priorità e in realtà hai più da dare alle persone quando vengono da te.
Serra 4D Cosa hai trovato più difficile nello stile di vita certosino? Qual è stato il più facile e più attraente?

Mantenermi caldo era una sfida, in quanto non ci sono riscaldatori nelle celle, solo stufe a legna. Era scomodo un po ‘, ma non orribile, in nessun modo.Mi piaceva lavorare in giardino, ed era anche un bel posto dove pregare.

Mi è piaciuta molto la liturgia e il canto dell’ufficio. E anche la comunità: erano uomini molto, molto amichevoli, anche se non li vedi molto.

La domenica, hai un pasto insieme, anche se è nel silenzio e nella ricreazione. Quindi, una volta alla settimana, c’è la camminata di quattro ore. Lo fai per parlare con tutti nella comunità. Ci sono personalità molto diverse tra loro, ma sono molto gentili, molto modesti, molto rilassati.

Se descrivi il loro oracolo, penseresti che devono essere feriti, ma non lo sono. Se tu fossi un tipo di persona strettamente ferita, non potresti vivere quella vita. Sono molto divertenti nelle conversazioni, molto perspicaci riguardo alla natura umana, e hanno visto se stessi radicati e pregando molto per i bisogni della Chiesa.

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D Cosa possono fare quelli di noi che vivono nel mondo per incorporare qualcosa di spiritualità certosina nelle nostre vite?

In un certo senso – e questo è molto semplice – direi che dobbiamo prendere possesso del nostro programma. Capisco che se lavori e hai una famiglia che si prende cura di te non puoi semplicemente dire “Tranquillo – stiamo pregando i vespri ora”. Penso che siamo così bombardati da stimoli, musica, e-mail. Ogni volta che i nostri telefoni fanno “ping”, li raggiungiamo. Ci sono molti vantaggi con tutte queste cose.

Ho potuto sedere in un monastero e cercare e scrivere a causa di Internet, ma una delle cose che possiamo fare è staccare la spina in una certa misura e dire: “Vado a controllare questo una o due volte al giorno. Non ho bisogno di controllare ogni 45 minuti. “Ritorna alla saggezza dei Certosini di un giorno diviso in pezzi di dimensioni mordenti. Diciamo che ho un lavoro, un appuntamento alle 1 e un altro alle 2. Il primo appuntamento termina alle 1:45. Ho 15 minuti e potrei controllare le e-mail o potrei pregare il Rosario o leggere un passaggio della Scrittura.

Non ho bisogno di passare la notte a pregare in ufficio come i certosini, ma posso avere pochi pezzi di tempo in cui mi ricordo dell’unione con Dio e chiedo la grazia e l’ispirazione di Dio.

L’altra cosa su cui sono molto forte è che ogni cattolico dovrebbe fare un ritiro ogni anno. Forse un fine settimana se non puoi fare di più, e basta scollegare completamente per un paio di giorni e andare in un posto dove puoi pregare e ottenere un po ‘di direzione spirituale – per fare un passo indietro dalla vita quotidiana e vedere tutto questo alla luce di La grazia di Dio

Fino a poco tempo fa, tutti avevano le opportunità di stare tranquilli nelle loro vite a causa del mondo in cui vivevamo. Penso che le nostre invenzioni ci abbiano aiutato molto, ma possono loro gestire le nostre vite se non stiamo attenti. Abbiamo bisogno di qualcosa di estremo come i certosini [stile di vita] per dire che ci sono alternative, e possiamo incorporare quelle [abitudini] nel modo in cui viviamo.

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Cari amici, che dire….se non aggiungere che dovremmo riflettere, ed imparare questa lezione, e provare, in questa nostra società moderna caratterizzata dalla ossessione per la connessione sempre crescente a disconnetterci con il mondo virtuale. L’auspicio è quello di poterci poi connettere con noi stessi, con il tempio, la certosa, che è dentro di noi, per entrare in silenzio in connessione con Dio!

Una testimonianza dalla Corea

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Carissimi amici di Cartusialover, sono tante le testimonianze di coloro che mi contattano per poter esprimere e divulgare attraverso questo blog la propria esperienza vocazionale in una certosa. Questa volta il racconto ci viene da un amico, che ha trascorso un mese nella certosa coreana di Nostra Signora, mi invia una rara e dettagliata descrizione del suo vivere in certosa. Immagini inedite da lui inviatemi, impreziosiscono questo articolo.

Credo di poter affermare che questo desiderio di provare un esperienza tra i certosini era viva in me da più di un decennio. Ma sono riuscito a realizzarlo solamente lo scorso gennaio, quando ho vissuto il mio ritiro vocazionale di trenta giorni alla certosa di Nostra Signora in Corea del Sud.

Sono rimasto profondamente emozionato quando sono arrivato, perché era la realizzazione dei miei sogni.

In verità, il primo ed il secondo giorno sono stati una tortura! Il silenzio è mortale! Mi ero già fatto un idea sulla vita certosina leggendo articoli su internet e guardando il film “Il Grande Silenzio“. Al terzo giorno, mi ero già adattato alla vita claustrale. Ho apprezzato la solitudine nella mia cella fino all’ultimo giorno del mio ritiro.

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Mi sono incontrato con il Padre Priore Jean Michel e la mia guida del ritiro, il fratello William di Corea. Ho anche conosciuto Dom Pedro, uno spagnolo. Credo che al momento del mio ritiro, nella certosa c’erano circa tredici monaci, tra cui il nigeriano anche egli in ritiro vocazionale.

In nessun momento mi sono confuso con gli orari e la routine quotidiana; infatti, loro mi hanno aiutato, ed io già li conoscevo attraverso le letture. Ci alzavamo alle sei del mattino per prepararci all’ufficio di Prima, e poi alle nove andavamo alla chiesa per la Messa conventuale.

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Una volta, il Padre Priore mi ha visitato in cella per vedere come stavo. Gli ho chiesto se potevo visitare la chiesa per pregare. Mi ha detto di non farlo, poichè è possibile lasciare la cella soltanto durante le preghiere della comunità, quattro volte al giorno. Esclamò: “Mai lascerai la cella senza il permesso, perché ti sei sposato con essa”. E così ho fatto.

Era anche la prima volta che sperimentavo l’inverno rigido; è stato divertente ed emozionante. Non mi importava il freddo e facevo la doccia tutti i giorni; una volta al mattino e una volta alla sera prima di andare a letto. Quando ho detto questo ai monaci, si sono impressionati, perché loro facevano per abitudine la doccia una volta solo alla settimana, dopo la consueta passeggiata il lunedì oppure a seconda delle condizioni del giorno.

La passeggiata è il giorno in cui possiamo parlare ed esplorare l’esterno, il cosiddetto spaziamento. È stato prezioso conoscere ciascuno dei monaci. Mi hanno dato consigli e ho imparato molto da loro. Amo veramente il modo di vita certosina. Credo che i certosini siano allenati per essere santi, e loro vedranno Dio. Noi siamo allenati a raggiungere la purezza del cuore e la povertà di spirito. Ho scoperto la felicità che si trova nel silenzio e nella solitudine della mia cella con il Signore. Questa profonda felicità non è paragonabile a nulla. Mi sono reso conto che la felicità spirituale è la chiave per la vera e completa felicità. Nonostante sia rimasto escluso dal mondo senza la mia famiglia,gli amici, internet,l’ elettronica, ecc, sono molto felice. Una felicità diversa, appagante.

Credo che la felicità sia penetrata in profondità nella mia anima.

Andavamo a dormire alle sette e mezza di sera e ci svegliavamo a mezzanotte per prepararci alla Veglia nella chiesa (il Mattutino). Ero sempre entusiasta di andare alla Veglia a mezzanotte. A volte mi svegliavo prima che suonasse la sveglia. Alla Veglia la chiesa rimaneva buia, illuminata solo dalla luce rossa del tabernacolo. Cantavamo senza strumenti. Mi è piaciuto tantissimo! Perché mi concentravo sul nostro Signore, mentre i fratelli cantavano le nostre preghiere. Mi sono reso conto che il mio profondo amore per la Messa tradizionale in latino mi ha aiutato, perché i certosini usano il latino nelle loro preghiere, anche se a volte usano il coreano e l’ inglese.

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Ogni giorno leggevo i libri. Credo che sia stata la seconda volta che ho letto un libro fino alla fine, perché, in realtà, io non leggo molto. Ma lì ho imparato e ho finito tre libri. Mi è stato anche affidato il compito di leggere la Bibbia, a cominciare del Pentateuco, e mi è piaciuto tanto!

Il mio compito manuale era quello di raccogliere legna per il riscaldatore. Era difficile, ma ci sono riuscito. E ogni giorno pulivo la mia cella. A volte il fratello William veniva a farmi visita e vedere come stavo, ma era una visita veloce e non potevamo parlare.

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Posso dire che è stata l’esperienza migliore che ho vissuto nella mia vita. È stata la realizzazione del mio sogno certosino, ho imparato a unirmi con Dio ed il mondo. Credo che sarò un certosino nel tempo di Dio. Spero che io possa avere ispirato altre persone con questa mia breve testimonianza.

Cosa aggiungere, al nostro amico vanno i miei ringraziamenti ed auguri per il suo futuro, sperando che esso sia tra le mura di una certosa.

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Una testimonianza particolare

Una testimonianza particolare

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Molte sono le testimonianze di esperienze fatte in certosa, che mi giungono e che io pubblico al fine di divulgarle a tutti i lettori di Cartusialover, consapevole di farne cosa gradita, ma quella di oggi risulta particolare.

Recentemente un amico di cui citerò solo le iniziali di nome e cognome, A.V. mi ha inviato la seguente missiva, con la relativa sua testimonianza vissuta nella certosa di Evora in Portogallo. Ve le allego entrambe:

Ciao, ho tentato di provare a descrivere questa esperienza in modo un po’ diverso, dalle altre. Ciò che ho elaborato è allegato. Sono un profondo ricercatore sul senso della Verità ed evoluzione dell’Anima per la Santità, questo è incorporato nel mio progetto di vita, in modo assoluto. La Certosa è sempre nel mio cuore, modello di vita davvero impressionante. Grazie per la tua amicizia.

Saluti in Cristo.

Testimonianza

“Il mio desiderio di conoscere l’Ordine certosino, è nato dalla mia curiosità di sapere come questi monaci vivono la loro santità in Cristo.

Dopo questo periodo di esperienza, ho notato che è un percorso che sicuramente Dio sceglie per le anime ben preparate. La santità è il termine che uso per descrivere meglio il senso di vita con cui questi monaci affrontano la costruzione del loro giorno per giorno nella consacrazione al Signore. Seguire e servire l’ordine di San Bruno, è un cammino di trasformazione interiore. Saremo noi preparati ad essere in grado di vivere intensamente il nostro rapporto con Cristo? Questi monaci certamente sì. Quello che potrò trasmettere sul mio passaggio attraverso questa Santa Casa, è certamente qualcosa che ci lascerà segnati per il resto delle nostre vite. Essere in grado di credere che sia possibile vivere una vita di completo abbandono e di rinuncia per Cristo può sembrare difficile, ma è possibile. Dò grazie a Dio per le grazie che riceviamo nelle nostre vite attraverso questi santi che Dio ha scelto. Ed io zelo affinché continui sempre ad avere molte e sante vocazioni certosine, per le necessità particolari della Chiesa e del mondo in cui oggi viviamo.”

Un abbraccio fraterno,

Da questo essere appassionato per la scienza divina.

Come avrete colto non si tratta di emozioni legate alle singole attività, o alle atmosfere che si respirano nella quiete claustrale, ma piuttosto acute considerazioni su una scelta di vita severa. Un percorso catartico, attraverso la rinuncia a tutto per scegliere la solitudine volta alla ricerca di Dio. Grazie a questo amico per questo suo contributo.

Alcune foto esclusive arricchiscono questo articolo.