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  • Memini, volat irreparabile tempus

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Una triste ricorrenza

Quel triste 23 aprile 1903

Oggi 29 aprile, in occasione della ricorrenza di un ignobile anniversario che riguarda l’espulsione subita dai certosini della Grande Chartreuse in questo triste giorno del 1903, voglio proporvi un documento eccezionale.

Ma prima una premessa, cosa accadde nelle settimane precedenti quel mercoledì 29 aprile?

La Camera dei Deputati, nonostante qualche velata opposizione, il 26 marzo si era opposta alla richiesta di autorizzazione a continuare a svolgere vita monastica fattagli pervenire dalle autorità dell’Ordine, con una lettera del Priore Generale Dom Michel Baglin.

E di conseguenza, dal 31 marzo fu deciso di inviare in Inghilterra il Noviziato presente nella Grande Chartreuse. Successivamente gli anziani e gli ammalati furono distribuiti tra le varie case all’estero. La produzione del liquore fu spostata a Tarragona, in Spagna. Dodici Padri e dieci Fratelli decisero di rimanere nella Grande Chartreuse fino alla fine.

Lo stesso 31 marzo, la prima camera del tribunale civile di Grenoble nominò il signor Henri Lecouturier, arbitro commerciale a Parigi, liquidatore dei beni dei certosini. Il giorno seguente, mercoledì primo aprile fu notificato al RP Generale, il primo diniego di autorizzazione, in secondo luogo fu indicato il tempo di quindici giorni concesso alla comunità per sciogliersi e lasciare i locali. L’11, dopo la deliberazione, i certosini, in piena conformità con le risoluzioni del Capitolo generale decisero: sarebbero rimasti e avrebbero ceduto solo alla violenza!

Ma ecco il documento di cui vi parlavo, una lettera dal tono vibrante del Reverendo Padre Dom Michel Baglin destinata al Primo Ministro Emile Combes.

Il 14 aprile, alle quattro del pomeriggio, padre Dom Michel, priore della Grande Chartreuse e Generale dell’Ordine, ha così consegnato al signor Urbain Poncet, avvocato presso la Corte d’appello di Grenoble, la lettera da lui inviata a Emile Combes.

Questa lettera fu pubblicata la sera seguente e la mattina seguente dai giornali:

Signor Presidente del Consiglio, scadranno i termini che gli agenti della sua amministrazione credevano di poter fissare per la nostra permanenza alla Grande Chartreuse. Ora, primo, hai il diritto di sapere che non abbandoneremo il posto di penitenza e intercessione dove è piaciuto alla Provvidenza di collocarci. La nostra missione qui è soffrire e pregare per il nostro caro Paese: solo la violenza fermerà la preghiera sulle nostre labbra.

Purtroppo, nei giorni difficili in cui regna l’arbitrio, è necessario prevedere le contingenze più tristi; e poiché, nonostante la giustizia delle nostre richieste, è possibile che un colpo di forza improvvisamente ci disperda e addirittura ci butti fuori dalla nostra patria, vorrei dirti oggi che ti perdono, a nome mio personalmente e in il nome dei miei colleghi, le varie procedure, così poco degne di un capo di governo, che avete impiegato nei nostri confronti. In altri tempi, l’ostracismo non disdegnava, come fa oggi, armi apparentemente leali.

Tuttavia, crederei che sto venendo meno al dovere della carità cristiana se, al perdono che ti concedo, non aggiungessi un consiglio salutare insieme a un avvertimento serio. Il mio doppio carattere di sacerdote e religioso mi autorizza indiscutibilmente a rivolgermi a entrambi, per fermarvi, se avete ancora qualche traccia di cautela, nell’odiosa e inutile guerra che state conducendo contro la Chiesa di Dio.

Così, su vostro urgente invito e sulla produzione di un documento di cui non dovreste, a quanto pare, ignorare la manifesta falsità, una Camera francese ha condannato l’Ordine di cui Nostro Signore mi ha stabilito come Capo. Non posso accettare questa frase ingiusta; Non lo accetto; e, nonostante il mio sincero perdono, chiedo la revisione, secondo il mio diritto e mio dovere, da parte dell’infallibile Tribunale di Colui che è costituito nostro Giudice Sovrano. Pertanto, – presti particolare attenzione alle mie parole, signor Presidente del Consiglio, e non abbiate fretta né di sorriderle, né di considerarmi un fantasma di un’altra epoca, – di conseguenza verrete con me davanti a questo Tribunale di Dio. Là, niente più ricatti, niente più artifici di eloquenza, niente più effetti tribunali o manovre parlamentari niente più documenti falsi o una maggioranza compiacente; ma un giudice calmo, giusto e potente, e una sentenza senza appello, contro la quale né tu né io possiamo protestare.

A presto, Signor Presidente del Consiglio!

Non sono più giovane e tu hai un piede nella tomba. Preparati, perché il confronto che ti sto annunciando ti riserverà emozioni inaspettate. E, per quest’ora solenne, conta più su una sincera conversione e una seria penitenza che sulle capacità e sui sofismi che risparmiano i tuoi fugaci trionfi.

E poiché il mio dovere è restituire il bene per il male, pregherò, o, per dirla meglio, noi certosini, di cui avete decretato la morte, continueremo a pregare il Dio delle misericordie, che perseguitate così stranamente nei suoi servi , affinché ti conceda il pentimento e la grazia di salutari riparazioni.

 Signor presidente del Consiglio, sono il vostro umilissimo servitore.

Fratello Michel Baglin, Priore della Grande Chartreuse.

Dom Michel Baglin

Quello che accadde il 29 aprile del 1903 resta una pagina tristissima della storia dell’Ordine certosino.

Ma cosa accadde poi ai protagonisti principali di questa vicenda?

Combes Dom Baglin

                       Emile Combes                                                          Dom Michel Baglin

Ebbene, Emile Combes morì il 25 maggio del 1921, mentre Dom Miche Baglin terminò i suoi giorni terreni piamente il 20 gennaio del 1922. Ebbe dunque tutto il tempo di pregare per l’anima dello sfortunato uomo che lo aveva preceduto nell’aldilà ed al quale, come abbiamo visto nella lettera che vi ho proposto, aveva preso appuntamento davanti alla Corte del Sovrano Giudice. Entrambi in breve tempo sono apparsi davanti a Dio, il persecutore e la sua vittima.

Possa Dio averli ammessi per l’eternità a godere della Sua Luce.

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Una struggente poesia

Una struggente poesia

certosa di Jerez

Il testo della poesia che voglio oggi sottoporre alla vostra attenzione, è stato realizzato da un monaco certosino. Egli è Dom Carlos Kerremans, che nacque a Gand in Belgio, il 1 gennaio del 1771. Poco più che ventenne, decise di diventare certosino entrando nella certosa spagnola di Jerez, laddove svolse la sua vita claustrale fino al giorno della soppressione del monastero. Difatti il 19 agosto del 1835, per effetto della legge di Mendizabal i poveri certosini dovettero abbandonare la certosa. A seguito di ciò i monaci furono dispersi, tra cui Dom Kerremans che rimase in città ospite presso una casa di proprietà dei Gesuiti, rispettando ed osservando sempre la regola certosina. Condusse una vita di austerità e penitenze fino al giorno della sua morte, avvenuta il 31 agosto del 1843. Alla sua morte fu seppellito con il suo abito certosino nel cimitero cittadino.

Il dolore per l’espulsione dalla sua amata certosa lo accompagnò negli ultimi anni di vita. Egli dedicò a quel tragico allontanamento un’ode struggente che voglio proporvi:

Addio chiostro penitente:

Addio cella, addio clausura;

Addio perchè una vile creatura ,

che non consente una Tua virtù:

Da Te si allontana un delinquente

per evitare di macchiare il tuo suolo

Addio immagine del cielo,

Addio dimora della pace,

Addio Non posso più,

Ricevi il mio dolore. “

Parole semplici, dettate dal cuore pregno di dolore per quell’abbandono forzato.

L’espulsione dalla Grande Chartreuse

L’espulsione dalla Grande Chartreuse

Oggi 29 aprile, ricorre un ignobile anniversario che riguarda l’espulsione subita dai certosini della Grande Chartreuse in questo giorno del 1903.

Proverò a raccontarvi questa spregevole pagina di storia recente, frutto di odiose leggi anticlericali andate in vigore in Francia  a seguito della Rivoluzione e che si concluderanno con la definitiva separazione tra Stato e Chiesa avvenuta nel 1905.

I monaci certosini erano stati già allontanati nel 1792, ma vi avevano fatto ritorno nel 1816 e fino a quel tragico giorno di aprile, erano tornati a pregare e meditare nella loro quiete monastica.

Ma all’inizio del XX° secolo, la comunità certosina dovette subire un ulteriore tempesta, poiché nuovi leggi obbligavano la soppressione degli ordini religiosi e la confisca dei loro beni. L’intera regione del Delfinato, era indignata per la decisione presa nei confronti dei certosini della Grande Chartreuse. La Camera dei Deputati, nonostante qualche velata opposizione il 26 marzo del 1903, si era opposta alla richiesta di autorizzazione a continuare a svolgere vita monastica fattagli pervenire dalle autorità dell’Ordine, con una lettera del Priore Generale Dom Michel Baglin. L’ordine fu perentorio gli “angeli bianchi”, dovevano smobilitare nonostante il forte impegno sociale extraclaustrale, poiché vi ricordo che nella Correrie dal 1876 era ospitata una scuola gratuita per sordomuti, la prima scuola per handicappati sorta in  Francia. I liquidatori, chiusero la scuola e la distilleria del liquore “Chartreuse”, che fu in seguito impiantata a Tarragona in Spagna. Il 15 aprile fu chiuso ufficialmente il convento, gli ispettori del governo affidarono la guardia a Dom Clovis e Dom Louis Paul, ed i monaci tutti furono perentoriamente invitati a prepararsi per uscirne definitivamente. Ma il 17 aprile il commissario governativo incaricato, recandosi presso la certosa si rese conto che i monaci erano contravvenuti agli ordini impartitegli, ed allo stesso tempo dovette assistere con somma meraviglia ad una imponente mobilitazione popolare. Difatti migliaia di cittadini avevano tentato di sbarrare la strada alle autorità, ed acclamavano a gran voce a favore dei monaci. Nonostante le copiose nevicate di quei giorni, la popolazione rimase assiepata nei dintorni del monastero anche nei giorni successivi, quando i due poveri monaci addetti alla guardia  furono accusati di contravvenire alla legge, e che le autorità volevano arrestare. Il sostegno della popolazione fu commovente, le cronache narrano di ronde notturne organizzate all’esterno della certosa a salvaguardia dei monaci. Tra questi sostenitori spiccava la figura di un omone grosso ed alto due metri soprannominato il grande Valentin, egli era un carpentiere che si oppose strenuamente all’allontanamento dei certosini dei quali era fedele estimatore, e divulgatore delle azioni misericordiose dei monaci verso i poveri della regione. Ma oltre ai contadini ed agli umili, si aggiunsero anche le altre classi della società a deplorare le intenzioni coercitive del governo Combes. Ciononostante, venne autorizzato di deportare forzatamente i monaci rei di opporsi alla legge vigente. La mattina del 28 aprile il 2° battaglione di Linea ed altri reggimenti del Genio militare partirono da Grenoble, raggiunti da due squadre di Dragoni provenienti da Chambery, e diretti alla certosa. La notizia subito si diffuse e con il suono delle campane delle chiese migliaia di cittadini furono avvisati e si raccolsero per andare a sostenere i certosini. Alle ore 2 e 40 del 29 aprile lo schieramento militare, si dispose lungo le mura ed alle porte del monastero. Alle cinque i varchi furono abbattuti ed i monaci raggiunti dai sodati, che con la forza espulsero gli eremiti riuniti negli stalli del coro della chiesa. La folla inerme non potè reagire, ed assistette impotente all’intervento coatto e dal forte impatto simbolico esercitato dai militari.  Nell’uscire dalla loro dimora, e dopo aver benedetto la folla di manifestanti, furono tradotti a piedi per dieci chilometri sotto una gelida pioggia fino a Saint Lurent du Pont, accompagnati dal conforto del popolo e non disdegnando di rivolgere un ultimo sguardo alle loro celle ed agli ambienti claustrali. Prima di imbarcarsi su di un convoglio ferroviario che avrebbe condotti gli eremiti nella casa rifugio di monte Oliveto a Pinerolo in Italia, il Priore volle benedire per l’ultima volta la moltitudine di persone, scosse impaurite e disorientate per la perdita dei misericordiosi religiosi. Ho piacere di ricordare che a seguito di questo triste evento, Captain Colas des Francs e il colonnello Frederic de Coubertin (fratello del barone Pierre) dettero le loro dimissioni dall’esercito. Alcune antiche cartoline, ricordano quel triste evento svoltosi centodieci anni fa, in cui possiamo vedere i fatti che vi ho appena descritto. La comunità certosina della Grande Chartreuse, rimase in esilio in Italia, installandosi a Farneta, e durante tutto il tempo dell’esilio, fino al 1940, la certosa toscana godette dei privilegi e del titolo della Grande Chartreuse.

Il racconto di oggi spero possa essere di monito, in quest’epoca caratterizzata da una sempre viva connotazione anticlericale che contribuisce fortemente a spingere, seppur sul piano etico, ad un impoverimento dell’uomo.

La salvezza del mondo risiede nella volontà delle anime che credono

(Léon Degrelle)