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Memorie di uno zio certosino 2

thumbnail_Tio Vicente Acuarela. (2)

Continuano i ricordi del nipote del certosino Fratel Tomas Maria, condivido con voi, miei cari lettori, queste commoventi memorie.

La partenza per la certosa e gli inizi.

Quella mattina Vicente si è alzato, ha preso un autobus da Consuegra ed è andato a Madrid per andare a Burgos, non ha salutato nessuno, quando si è svegliato, il letto dove dormiva Vicente era vuoto, Dio ha messo per strada il suo primo cugino e che lo ha incontrato sull’autobus. Logicamente gli chiese “Vicente amico, dove vai da queste parti?” Immagino che avrebbe confessato quella pia menzogna “Ciao Trini, sai…per via delle carte e delle procedure” quando voleva rendersi conto che Vicente è scomparso per prendere un treno che lo avrebbe portato alla Certosa di Miraflores (Burgos), dice Dom Antonio Lopes, che era un avvocato e poi priore a Évora che sono entrati insieme e per questo gli hanno mostrato tanto affetto. Vi rimasero tre anni prima di essere trasferiti al Convento di Santa María Scala Coeli a Évora (Portogallo). Vicente, all’ingresso come novizio nella Certosa di Miraflores, divenne Fratello Tomás (dato che era il giorno in cui si commemorava il suo Santo, non so quale dei Tomases fosse) e María per la sua fervente devozione mariana. Quando divenne Fratel Tomás María Martín-Benito Romero, dopo tre anni con padre Antonio si trasferirono alla certosa a Evora (Portogallo). Subito si intravedono i punti di forza e di debolezza nella personalità di Fratello Tomás, subito in lui emergono le virtù del lavoro e viene nominato capo dell’agricoltura e dell’allevamento da cui deriva l’indipendenza economica del convento. Ci raccontava ridendo un aneddoto in relazione alla festa del 1° maggio (festa del lavoro) in Spagna e Portogallo.
“-Fratello, cosa fai oggi sul trattore?
-Cosa farò? lavorerò
-E non sai che giorno è oggi?
-Sì, uno di maggio.
-Fratello, oggi è festa, festa dei lavoratori e tra una risata ha detto loro “e quale modo migliore per santificare questa giornata che lavorare”

Tio Vicente con mi padre

La sua attività

Divenne l’autista della Certosa e ricordo che Padre Soto Domecq (a quel tempo priore) si fidava pienamente di lui per venire al mercato nazionale del bestiame a Talavera de la Reina (molto vicino a quella che era la sua casa a Consuegra) per occuparsi delle vendite di bovini cherole (bovini da carne) che venivano venduti per la sussistenza del convento. Ricordo di aver visto con sorpresa l’indice di una delle sue mani di mio zio con una falange in meno “una mucca l’ha mangiata mentre mangiava” disse con una risata e quando aprii gli occhi enormi per via della mia età e della sorpresa.. tornando serio, mi disse che aveva avuto un incidente con il magazzino che gli si era tagliato un dito.
Padre Soto Domecq, non voleva viaggiare con nessuno se non con fratello Tomás, “guida veloce e sicuro“. In una delle nostre visite, ci ha portato a visitare un vigneto a graticcio allestito dalla Fondazione e siamo andati con lui nel furgone tipo pick-up Peugeot così comune in quel paese. Andava così forte (la fama della cattiva guida dei portoghesi era molto diffusa in Spagna) che mio padre gli disse “Non vai molto veloce?” a cui mio zio ha risposto “Io viaggio sempre con il Signore e lui ci protegge in questo momento” e l’unica cosa rimasta era di tenerci stretti dove potevamo, ahahah. Quanto buonumore il mio zio certosino!

I suoi racconti

Fratello Tomás ha dovuto vivere un episodio storico, drammatico, momento nei quali l’unica arma con cui i poveri certosini potevano difendersi era la loro fede. La Rivoluzione dei Garofani, rivolta militare avvenuta in Portogallo il 25 aprile 1974. Quel giorno la notizia si diffuse da tutti i civili che lavoravano per il marchese che aveva donato alla certosa e le sue terre, per proteggere i monaci e temendo che sarebbero stati fucilati, sono stati invitati a rimuovere le loro abitudini e indossare le tute per fingere di essere personale civile. I monaci certosini, rifiutarono con il Priore che disse: “sarà ciò che Dio vuole” e rosario in mano, si affidarono all’intercessione della Vergine Maria. Si sentivano le voci dietro le mura della clausura sempre più forti e il miracolo della Vergine Maria si rifletteva nel momento in cui terminavano la preghiera, le grida e le voci si dissipavano in quel preciso momento dell'”amen”. La Rivoluzione terminò 24 ore dopo la sua nascita. Fratello Tomás ci raccontava sempre di questo episodio ogni volta che andavamo e finiva dicendo che fu un vero e proprio miracolo, rimanere indenni.

Dolci ricordi

Durante le visite che gli facevamo, quando finiva di parlare con mio padre e con gli adulti, toccava a noi, prendeva me e mia sorella e ci chiedeva della scuola, dei nostri amici, dei nostri hobby e ci chiedeva sempre di essere “bambini modello” visto il suo fervore La vocazione mariana consigliava sempre la stessa lettura “Il silenzio di Maria” consigliandomi di leggerlo per applicazione alla mia vita con un… “Resta con me” e un ammiccamento di complicità al quale mia madre interveniva sempre con un’esclamazione di disapprovazione.

Ho parlato dei suoi punti di forza ma i suoi punti deboli erano evidenti, ed era di sicuro la sua poca formazione accademica, sapeva solo leggere, scrivere e un po’ di cultura generale. Ma… Padre Antón Lopes nelle nostre ultime visite alla Certosa mi ha raccontato con stupore come gli avesse chiesto di insegnargli a parlare “quella lingua”.

Quale lingua Fratello? “

“Quella con la quale si canta”

“Ah il latino?!!!”

“Si quella lingua!”.

Fratel Thomas e Padre Antao Lopes
Fratello Tommaso, mio zio, ha imparato il latino e ha guidato a lungo la voce cantata nel coro, ed è stato un caso eccezionale di partecipazione di un fratello al coro… era sorprendente perché nonostante la sua scarsa formazione riusciva a discutere di filosofia, leggeva testi di filosofi nella sua cella.

Tutte le lettere che lui ci scriveva iniziavano con un “Caro Pepe, Socorro e nipoti, sono grasso, felice e felice, grazie a Dio…” e le ricevevamo con enorme gioia, mia madre mi dettava e io scrivevo, mio padre scriveva e lui ha scritto la sua, proprio come mio zio Félix e l’abbiamo inviata tutti insieme… grazie a queste e-mail, che ti ho inviato, ne ho rilette alcune con una lacrima di nostalgia affiorante e ho potuto vedere come prediceva la situazione che l’agricoltura sta attraversando oggi in Spagna.

Mentre scorrono lacrime di profonda commozione, ed in attesa di altri ricordi spero che questi racconti possano aver interessato i lettori di Cartusialover. Sono lieto di aver avuto l’opportunità offertami da questo blog, di ricordare il mio caro zio certosino.

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Memorie di uno zio certosino

Hermano Tomás María.

Carissimi amici lettori, per l’articolo di oggi dobbiamo ringraziare un cartusiafollower speciale, che ha avuto nella sua famiglia uno zio che ha indossato l’abito certosino per oltre 40 anni. Egli ha voluto inviarmi delle notizie, delle foto e delle curiosità sul suo rapporto con la certosa per tutte le volte che è andato a trovare suo zio, Fratel Tomas Maria, alla cui memoria questo articolo è dedicato. Tanti sono gli aneddoti, che egli ha voluto narrarmi, e che ho raccolto in due articoli. Leggiamo questo appassionante racconto, composto da ricordi che riaffiorano dopo tanti anni.

Il viaggio

Mio zio Vicente (Fratel Tomas), è una persona molto molto speciale per me. Ricordo quel viaggio in primis con mio nonno, i miei genitori e mia sorella e mia zia (la sorella) passaporto in mano che arrivava alla dogana di Badajoz dopo un lunghissimo viaggio per quelle strade nazionali degli anni 70. Ricordo di aver passato la notte a l’Hotel Rio a Badajoz e una volta nell’entroterra del Portogallo, nella regione dell’Alentejo per dormire a Estremoz, a Borba o se eravamo fortunati vicino ad Evora. Erano tanti anni che la famiglia si separava e noi uomini dormivamo in quella locanda dove San Bruno era il protagonista della decorazione, io scherzavo sempre con mio zio Felice con il quadro della morte di San Bruno, perdonatemi, ma guardarlo mi faceva venire i brividi ed io chiudevo velocemente gli occhi per addormentarmi il prima possibile.

L’incontro

Quando siamo arrivati alla Certosa, abbiamo aspettato Fratel Tomás, o mi è sempre parso così. Uscì Fratello Antonio, che svolgeva le funzioni di portiere, un uomo molto alto che ci accoglieva sempre con il sorriso e che veniva dal Mozambico, con una carriera degna di un atleta, si precipitò ad avvertire nostro zio. Fratello Tomás ha sempre tenuto un ordine nel saluto: fino alla morte del padre, il primo, è sempre stato lui (mio nonno Marcelino) Non ho conosciuto mia nonna, si dice a Consuegra che sia morta di dolore quando ha saputo che Vicente, il suo secondogenito, decise di ritirarsi in certosa, in realtà, morì appena un anno dopo che suo figlio entrò in convento a causa di una trombosi. Poi salutò sua sorella Felisa, poi suo fratello José (mio padre), poi suo fratello Félix, seguita da mia madre (sua cognata), che la salutava sempre porgendole la mano, mai con un bacio e poi a noi (i nipoti) Se baciava mia sorella, era per la sua età (era una bambina) anche se credo di ricordare che le ultime visite quando era più grande, le ha dato anche due baci.

Racconti di famiglia

Vicente, il secondo di quattro fratelli, è nato in una famiglia di contadini, ma non una famiglia tipica. Mio nonno aveva un notevole capitale fondiario e una cantina. Mio zio Félix, il più giovane dei quattro, fin da giovanissimo diceva che Vicente dava la paghetta settimanale che mio nonno assegnava a una famiglia molto bisognosa del quartiere dove abitava. Durante i lavori agricoli si dice che cantasse benissimo le canzoni dell’epoca e si facesse applaudire. Aveva anche una ragazza.
Io sono nato nel 1969 e prima ancora che fossi un progetto, José, che sarebbe diventato mio padre e mio zio Vicente, incoraggiato dai Padri Francescani di Consuegra che venivano ad ascoltare la Messa domenicale, venivano esortati a fare gli esercizi spirituali a Toledo, fu in quel momento che si destò la sua vocazione religiosa, mio padre disse “quegli esercizi hanno cambiato mio fratello“. Vicente non volle mai confessare quella sollecitudine spirituale che manifestava, si interessò segretamente alla vita contemplativa, tanto segretamente da utilizzare il confessionale della Chiesa dei Padri Francescani per scambiare lettere con il Priore della Certosa di Miraflores in colui che gli mandò prove che dovette superare per corroborare la durezza e le esigenze dell’ordine certosino. Mio zio Felix, quando dormiva nella sua stessa stanza, mi ha detto che si è svegliato con le lenzuola insanguinate e con un “shhshhh!!” gli ha chiesto per favore di mantenere quel segreto, l’uso del cilicio, lavandole lui stesso. Come ho già detto, la gentilezza di Vicente ha raggiunto limiti insospettabili, alzandosi alle 3 del mattino per aiutare un camionista che era stato fermato nel fiume Amarguillo che attraversa Consuegra (resta un mistero di chi l’abbia avvertito in quel momento!). Non saprò mai se la sua ragazza Victoria (deceduta di recente), è riuscita a dirgli addio, quello che so è che è sempre stata molto coinvolta nel lavoro in chiesa e che ha cantato bene o meglio di lui. Non si è mai sposata. Mi dicono (non posso assicurarlo) che la parrucca dai capelli lunghi che mostra l’immagine del Cristo di Veracruz, patrono di Consuegra, sono i suoi capelli naturali, come posso dire non posso assicurarlo, ma mi ha stupito quando me ne hanno parlato.

Una preghiera per la siccità spirituale

5 Fratello converso che zappa

Vi sono state negli ultimi anni delle estati “roventi”, torride e soprattutto aride a motivo della scarsità di pioggia caduta, colpa del clima modificatosi. L’umanità si muove per tentare di risolvere questo problema, ma cosa fare per la siccità spirituale?

Benedetto l’uomo che confida nell’Eterno, e la cui fiducia è l’Eterno! Egli è come un albero piantato presso le acque, che distende le sue radici lungo il fiume; non s’accorge quando vien la caldura, e il suo fogliame riman verde; nell’anno della siccità non è in affanno, e non cessa di portar frutto”.

(Geremia 17:7-8)

Ecco per voi, una breve ed apparentemente semplice preghiera scritta da un fratello certosino. Con poche parole egli riesce ad illuminarci sulla siccità spirituale.

La siccità

la siccità diventa spesso un ostacolo ed una sofferenza per la preghiera.

Ci si trova di fronte ad un muro di roccia e tutto gli è sconosciuto, ma perseverare in questa notte, ti conduce nascosto e delicatamente alla profonda umiltà e luce, a Dio ed al suo volto.

Non puoi volare, non puoi camminare, puoi solo vedere la notte e la nebbia in questa siccità così dura è molto simile al deserto della morte.

Abbi fiducia in Dio e nel suo spirito, che alimenta il tuo desiderio per Lui, che ti tocca profondamente e ti conduce al vero amore.

“un certosino”

Chiunque beve di quest’acqua avrà sete di nuovo; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l’acqua che io gli darò, diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna”. (Giovanni 4:13-14).

5

Fratello Pierre Héron

Fratello Pierre Héron

Professo della Grande Chartreuse

Fratello converso e silenzio

Pierre Héron era il fratello del religioso Denis,morto nella Grande Chartreuse, come  converso, il 13 febbraio 1636. La famiglia ricca e profondamente cattolica viveva a Parigi. Dio, introducendo queste due meravigliose anime nel percorso della consulenza evangelica, ha premiato le virtù patriarcali di questa casa in cui religione e misericordia erano importanti. Senza godere di quella che viene definita una fortuna, i genitori avevano una certa solidità finanziaria, la cui parte migliore è scomparsa quotidianamente, tra i poveri del quartiere. Mentre il padre veniva ceduto alle sue occupazioni per alimentare i suoi modesti soldi, la madre faceva l’ufficio di una sorella di carità. I suoi figli salirono con lei, quelle scale sporche e strette, confinate in queste roccaforti scarsamente ventilate, dove giacciono i diseredati del mondo in cui la fede viene come membri di Gesù Cristo. Il ricordo di queste lezioni austere non è mai svanito dalla memoria dei due fratelli e li ha sostenuti nelle ore critiche dell’adolescenza. Nel frattempo, il più grande dei due è partito per la Grande Chartreuse dove ha trovato, come infermiere, l’opportunità di arrendersi senza riserve, non solo ai religiosi e alle governanti, ma anche a tutti i pazienti che cercavano le sue conoscenze farmaceutiche. Il più giovane, dopo aver soggiornato a Parigi, si spendeva per gli altri. Era troppo penetrato dallo spirito cristiano per non sentirsi bene tra gli umili della famiglia umana. Tutte le sue riserve erano in elemosina. Visitava i poveri e gli ammalati impegnando buona parte del suo tempo. Un gran numero di buone opere sfuggì agli occhi della moltitudine; alcuni, tuttavia – e non ultimo – hanno indicato il giovane coraggioso ad ammirare persone oneste. Durante questo periodo, un’opera stava operando nel profondo della sua anima. Attratto anche dal chiostro, andava spesso in certosa. Questa vivace atmosfera si posò su di lui e riprese il suo zelo. Inoltre, aveva numerosi dettagli riguardanti il regime dei conversi; i suoi genitori erano naturalmente felici e vivevano, per così dire, le vite del loro amato primogenito. Acceso da questi pii rapporti, più che mai sotto pressione per essere coinvolto in questa milizia in cui suo fratello era diventato una figura eccellente, Pierre decide di sistemare tutto in una volta. Ma in anticipo, consulterà il suo precettore. Questo non gli impedisce di seguire suo fratello maggiore. “Solo, dice, se mi ascolterai, sarai tra noi. I tuoi genitori invecchiano; non aumentare il tuo dispiacere. Faranno questo sacrificio, di cui non ho dubbi. Ma quanto saranno consolati di conoscerti alla tua porta, di poterti parlare del passato e del caro assente! ”Il priore stava interpretando inconsapevolmente suo padre e sua madre. Questi, infatti, concordarono sulla stessa linea non appena il figlio parlò di lasciarli. «Lontano da noi il pensiero di contestarti con il buon Dio! Quanto siamo felici di vedere i nostri figli chiamati al tuo servizio! ma non basta aver perso il primo – ti vedremo di più in questo mondo? Lascia che il secondo, almeno dimori vicino a noi! ”E le lacrime scorrevano abbondantemente. “La tua desolazione non è una meraviglia per me”, risponde. Soffro di vederti soffrire. Se decido di allontanarmi, è nel mio interesse. Soggiornare a Parigi, quasi nel mezzo della mia famiglia, avrei ancora un piede nel mondo, e non va bene per un principiante. D’ora in poi, rassegnatevi e sopportate che mi unirò a mio fratello. Devo solo guadagnare vivendo vicino a lui. il padre e la madre che fanno appello alla loro fede si dimettono e il giovane aspirante prende rapidamente la strada della Grande Chartreuse. Mons. Juste Perrot ti dà il benvenuto con gentilezza e attende con impazienza un buon futuro. Molto simili nelle loro caratteristiche, i due fratelli sembrano moralmente fuori dallo stesso stampo. Il più giovane seguirà quindi le orme del più vecchio. Il fratello Pierre sarà la riproduzione esatta del fratello Denys. A rigor di termini, il giovane, decorato con una modesta cultura letteraria, sarebbe stato ammesso tra i religiosi del chiostro. Inizialmente il Reverendo Padre ci aveva pensato. L’opposizione del candidato ha preso tutto il suo desiderio di insistere. Il nuovo arrivato ha mostrato l’emulazione di suo fratello comunque e ovunque, e come lui, sebbene altrove, si ritrova nell’ambiente in cui è cresciuto. È stato responsabile della porta per molti anni ogni giorno, distribuendo aiuti in natura e in beni, che non vanno mai senza un adeguato avvertimento per incoraggiare queste brave persone. Dal modo in cui procede, è facile vedere che non sei più un principiante nell’arte di fare del bene. Il buon fratello fu incaricato per trentotto anni di fare il pane dell’altare. A lungo termine, questo lavoro ha rovinato i suoi occhi e ha finito per per perdere la vista. Ha sopportato questa dura prova con ammirevole pazienza. A tutti coloro che gli hanno rivolto una parola di simpatia, si è accontentato di rispondere, il sorriso sulle labbra: “Il santo nome del Signore sia benedetto! Possa la mia malattia sigillare alla tua gloria! Non voglio nient’altro. ”Una volta un confratello lo rimproverò gentilmente di essere rimasto fermo nonostante la fatica nei suoi occhi:“ Avresti dovuto sospendere quel servizio fin dall’inizio dei primi sintomi del male. “Non l’avrei mai fatto”, ha detto, anche se era sicuro di essere cieco. Non mi lamento. Non vedere la terra aiuta a vedere meglio il cielo ”. In questo completo abbandono nelle mani di Dio, la forza e la gioia della sua vita, l’umile converso ha aggiunto una grande semplicità. Lasciò la vita terrena senza dolore il 25 ottobre 1675.

Fratello Judoque de Migrode

converso disegno

Fratello Judoque de Migrode

Professo della certosa di Bruxelles

Questo buon fratello non era un letterato nel vero senso della parola. Per cos’altro gli sarebbe servito possedere una vasta conoscenza? Il converso, applica parte della sua giornata al lavoro materiale, sarebbe imbarazzato nei suoi movimenti da un corpo di conoscenza puramente scientifico. Ciò non significa che una modesta quantità di conoscenza sia inutile. Ogni giorno alcuni dei nostri fratelli sfruttano al massimo la cultura intellettuale che hanno portato al chiostro. Questi, tuttavia, faranno bene a non tentare affatto di sfruttarlo, perché sarebbero esposti ad andare nella direzione sbagliata.

Ma c’è una scienza che non è vietata a nessuno, è la scienza dei santi. Il più ignorante degli uomini può rivendicarla tanto quanto un maestro di teologia. Solo che questo è sotto il controllo di una direzione saggia, perché anche qui è facile smarrirsi. Da questo punto di vista, Judoque de Migrode ha sottolineato l’ordinario. Lo Spirito Santo gli aveva insegnato meno a penetrare i segreti dell’alta spiritualità che a umiliarsi in ogni momento. Da quando è entrato nella certosa di Scheut, è stato irreprensibile, semplice e docile come un bambino appena nato. Pieno di zelo per i suoi progressi, aspirava alle grazie più eccellenti e fece rapidi progressi nei percorsi spirituali. Era così povero, a causa di questa povertà canonizzata nel Vangelo, che non solo non aveva mai il minimo attaccamento alle cose superflue, ma era felice di perdere ciò che era necessario. Ha approfittato di tutto, stracci e tessuti, con un’abilità che non farebbe male a un sarto di professione. Dopo di ciò, è necessario parlare delle capacità che il caro fratello ha impiegato nelle diverse obbedienze che ha passato successivamente? Inteso nel lavoro, adatto a tutti i mestieri, aveva il dono della prodigalizzazione, di essere per così dire dappertutto contemporaneamente, senza mai correre. Chiunque avesse bisogno di consigli, di aiuto per le mani, lo trovò sollecito, sempre sorridente, felice di dare piacere, custodendo invariabilmente in mezzo a questa continua andirivieni il ricordo della presenza di Dio. Mentre le sue braccia lavoravano, il suo spirito si occupava dello studio della perfezione. Sarebbe andato molto lontano su questa strada se avesse avuto una lunga carriera. Ma sfinito prima del tempo dalla stanchezza e ancor più dal fuoco dell’amore divino, è sceso insensibilmente senza staccarsi dal suo Tutto. “Ah! disse, avrei voluto dare a Dio la mia vita a poco a poco, in dettaglio; Non mi ha dato il tempo. Possa il suo santo nome essere benedetto! ”Queste pia disposizioni sono state cancellate il ventiquattresimo giorno del febbraio 1612. La comunità ha a lungo conservato il ricordo di questo semplice e laborioso fratello, così risoluto e così sicuro di sé.

Fratello Hipolito Raymond

Fratello Hipolito Raymond

Professo di Val San Pietro

Fratello converso

La santità di un umile converso, quasi ignorato, pesa tanto nell’equilibrio di Dio quanto a volte più della santità di un personaggio distinto e di un marchio saggio. Il fratello Raymond, che morì a metà del diciassettesimo secolo, aveva una sua personalità. Certamente non che voleva essere qualcuno; ma la popolarità è arrivata a lui, come i metalli vanno al magnete. Era, in ogni senso della parola, uno di quei buoni israeliti, in cui, come diceva il Salvatore, né malizia né ombra di travestimento. Fece ingresso, da giovane, a Val Saint Pierre, ha condotto una vita pura ed edificante, non cercando Dio in tutte le cose. Reso professo tendeva alla raddoppiata alla perfezione, sfidando sempre lo straordinario. Un religioso interessato a se stesso diventa ridicolo e diventa insopportabile. Semplicità, ancora e sempre semplicità! Incaricato di prendersi cura dei malati, il buon Fratello si dà senza riposo. Dove c’è un dolore da curare, offre i suoi servizi senza calcolare la stanchezza. Questa dedizione assoluta, realizzata senza ulteriori motivi, diventa il suo carattere distintivo. Quando in seguito gli verrà affidato il compito di mantenere la porta con la distribuzione delle elemosine, si dedicherà con diligenza al servizio dei poveri. Lo sfortunato, il piccolo, il vecchio lo troveranno sempre pronto ad ascoltarli e ad aiutarli. Nel giorno del suo funerale, erano tutti lì con le lacrime, dicendo a modo loro che avevano appena perso un vero amico. Dove il fratello Raymond ha consegnato il tesoro della sua carità, è stato con i suoi aspiranti, i donati e i giovani professi che hanno avuto cura della loro esperienza e del loro zelo. Questi doveri, sebbene differissero essenzialmente da quelli del maestro dei novizi, poiché non implicavano né confessione né direzione, non hanno meno importanza capitale. Questo è così vero che anche qui possiamo dire: “Vale tanto l’educatore, tanto vale il discepolo”. Le nuove reclute mantengono invariabilmente il segno del luogo in cui sono state espresse. Quale eccellente impulso per un maestro Fratello, desideroso della perfezione stessa, se, per parlare un linguaggio molto comune, vede i suoi simili solo attraverso il seno sacro del Salvatore! Tale era l’eccellente converso di cui abbiamo parlato. Lo spirito soprannaturale abbondava in lui; era visibilmente visibile nelle sue parole, nelle sue azioni, anche dall’esterno. “Quando mi preoccupo delle sciocchezze, ha detto, mi ritiro nella parte posteriore del mio cuore, ascoltando abbastanza a lungo perché nessuno si accorga della mia ritirata.” Ha mantenuto lo stesso atteggiamento a Mont-Dieu, dove ha trascorso gli ultimi anni del suo la tua vita. Il coraggioso Raymond si era sempre distinto per la profonda devozione a San Giuseppe: ora non si prevedeva che una cappella, eretta di recente in onore del marito di Maria, fosse aperta al culto, ma una benedizione liturgica. Mentre si avvicinava il 19 marzo (1639), il fratello Ippolito chiede umilmente di porre fine a questa formalità. Infatti, e come si crede, il priore benedirà l’oratorio alla vigilia della festa e lì dirà messa il giorno successivo.

Per una ragione o per l’altra, non considera appropriato ignorare la richiesta del Fratello. Quindi cede le sue ripetute istanze. Tutto va secondo il programma. Il 18, il santuario è benedetto e il 19, al mattino, il priore è pronto per salire all’altare. Già, ad eccezione della casula, copriva i suoi paramenti; nient’altro è atteso dalle coincidenze. È proprio il fratello Raymond che dovrebbe portarli. Ma ha impiegato alcuni minuti per confessare nel capitolo; che lo ha ritardato naturalmente. Volendo recuperare il tempo perduto, impone il ritmo e ansima a metà della collina. Lì si prende una pausa e, appena seduto, fa il suo ultimo respiro tra le braccia di un converso che il Priore inquieto, gli aveva appena inviato per incontrarlo. Invano si cerca di riportare il calore su questo corpo spezzato. È troppo tardi Il celebrante, che era disceso, recitò alcune preghiere e si ricompose immediatamente per offrire i santi misteri ai defunti.

Fratello Juan De Nea

Fratello Juan De Nea

Professo di Porta Coeli

2016-08-30

De Nea discendeva da una delle più antiche famiglie del regno di Aragona. I suoi genitori lo iniziarono alla pietà e gli diedero un’educazione degna della sua nascita. Suo padre era di servizio a corte e naturalmente presentò suo figlio. Questo giovane di bell’aspetto, distinto nei modi, aveva conquistato la stima del sovrano, che lo legava alla sua persona con l’idea di offrirgli in seguito un posto nel suo consiglio privato. Il giorno in cui entrò nell’intimità del re, De Nea vide uno dei suoi migliori amici, Tommaso Parentuccelli di Sarzana, figlio di un medico di Lucca in Italia, con il quale era legato dai banchi di scuola. Questi due adolescenti, sebbene di una condizione diversa, avevano moralmente più di un tratto simile, specialmente l’amore per il dovere e un’inflessibile tendenza al bene. Dopo i suoi studi, Sarzana ha dovuto tornare sul sentiero del suo paese. Era da entrambe i lati un vero dispiacere. Al momento del congedo, hanno giurato fedeltà alla vita e alla morte. Inoltre, si sono impegnati solennemente ad aiutarsi reciprocamente in futuro che se uno di loro avrebbe avuto successo nella vita, l’altro probabilmente sarebbe stato meno fortunato a trarre beneficio dalla situazione del proprio amico. Per cementare la loro unione, partecipano alla messa e condividono tra loro il santuario, la partenza dello scopo da parte del celebrante. Le lacrime abbondanti si mescolano con gli ultimi abbracci, le mani sono chiuse e i due amici prendono ciascuno la loro strada. Sembra che De Nea non si riprenda da questo violento scossone. È vero, che il suo lavoro quotidiano strappa i pensieri neri da lui. Ma Dio avvelena per lui la coppa delle gioie umane. Lo sfortunato giovane si distacca gradualmente dagli affetti della terra. Aspiri ardenti per un ideale misterioso lo consuma. Ovunque soffre la tua anima; Non sa come spiegare queste nuove emozioni. Non sarebbe necessario, tuttavia, immaginare che anche nei giorni più belli dei suoi vent’anni, De Nea fosse una vittima di questo mondo in cui veniva applaudito; aveva un cuore troppo nobile, uno spirito troppo alto per vegetare miseramente nelle tane dei piaceri sensibili. Possa la grazia parlare abbastanza forte da sottomettere questo rumore della terra, appartiene solo a Dio. Nello stesso istante, alla luce di una luce molto vivace, i dubbi si dissipano e una calma completa lo invade; la sua decisione è presa. Fortificato dalla decisione del suo direttore, che non dubita più della sua vocazione, il giovane cortigiano esce inaspettatamente e chiederà al priore della certosa di Porta Coeli per l’ammissione alla casa. Siamo nell’anno 1413. Vedere un uomo della sua qualità scendere al livello dei conversi non è un fenomeno così raro che vale la pena commentare. Ma anche se è relativamente volgare, non gli manca la sua originalità e la sua edificazione, perché mostra una profonda umiltà. questa virtù esisteva solidamente ancorata nell’anima del postulante, che non provava repulsione nel mantenersi ovunque nell’ultimo posto. Niente lo spaventava che di solito disorienta, all’inizio, nature spezzate dalla stanchezza e dal lavoro manuale. Penetrato dallo spirito del suo stato, non si è mai vantato delle sue

conoscenze o del suo passato. A prima vista, era preso per un semplice contadino o per un volgare lavoratore. Due cose, tuttavia, lo tradirono: il fuoco del suo sguardo e la purezza della sua dizione. Nonostante i suoi sforzi, non potè mai sbarazzarsi dell’uno o dell’altro, Arrivato alla fine del suo calvario, Fratello Giovanni – questo è ciò che chiameremo da ora in poi – si consacra al Signore con un’emozione che è facile da capire. Si considera il più felice degli uomini e benedice il paradiso di essersi ritirato dalla vita travagliata che stava conducendo a corte. L’abitudine rianima il cuore, e questo cuore ama con tutta la forza che ama Dio, soprattutto. In questo buon fratello, l’amore trasfigura gli affetti della famiglia. I nomi dei loro padri, dei loro sovrani e dei loro amici sono ricordati fedelmente nel loro ricordo, perché non c’è un giorno che non prega per loro. I superiori di Porta Coeli hanno gli occhi su questo fervido converso. Ma, per non esporlo troppo al grande giorno, il priore lo lasciò per alcuni anni nell’andirivieni dell’obbedienza. Diciamo “Vieni e vai”, perché, a differenza dei Fratelli le cui occupazioni sono naturalmente indicate dal loro primo stato di vita, il nuovo traguardo appena arrivato non è stato fissato da nessuna parte. Questo posto, che non farebbe piacere a tutti, ha almeno il vantaggio di rompere la volontà. Per un’anima avida di perfezione, questo vantaggio non è senza prezzo. Don Francisco Maresme, fortemente radicato nel comportamento del fratello di Nea, lo nomina procuratore di casa. Cerchiamo di aggiungere rapidamente che questo titolo non include qui la gestione della tempesta né la direzione spirituale dei conversi. Ma poiché c’erano molti casi pendenti e per cavarsela con onore, ci voleva un uomo che avesse la qualità di difendere gli interessi di Porta Coeli, senza essere accessibile alle influenze esterne. Questo compito lo aveva nella persona dell’ex cortigiano che il re teneva in grande considerazione. De Nea prendeva l’affare nelle sue mani e lo dirigeva con tanta intelligenza, che riuscì senza grandi sforzi di dialettica. Questo successo inaspettato ha fatto risaltare il buon fratello. Precisamente, la certosa di Montalegre , si aspettava una mano ferma che avrebbe consolidato le basi. Questa casa, recentemente fondata e in condizioni deplorevoli, ha minacciato di crollare prima della sua completa conclusione. Dopo aver fatto i primi test a Porta Coeli, il fratello De Nea sembrava essere lo strumento fornito dalla Provvidenza. Questo era almeno il sentimento del capitolo generale (1423) che lo inviava con istruzioni su questo terreno ardente. Questo non poteva essere compreso, tranne che come un vigilante e un controllore. Missione delicata e piena di insidie! Per lui, la cosa principale era attenersi rigorosamente agli ordini della grande Chartreuse. Era quello che faceva con sorprendente destrezza, e fin dall’inizio il luogo primitivo era abbandonato come insufficiente e per certi aspetti malsano. Un altro luogo, con vista sul mare, è stato adottato., Questo proprio dove Montalegre è ambientato oggi. Il nuovo piano ha ricevuto l’approvazione del Padre Generale, l’incontro camminava con passo sotto l’impulso del fratello Giovanni, tanto più che i signori della regione, il re, la regina, il papa stesso ha preso a cuore il capolavoro di Porta Coeli. Nel momento in cui meno pensava, De Nea fu mandata a Roma, dove venivano discussi interessi seri riguardo alla sua casa di professione. Il nostro giureconsulto affrontò queste domande astratte con la sua solita competenza e lasciò la corte pontificia meravigliata della sua conoscenza, e ancor più della sua conoscenza e del suo atteggiamento profondamente religioso.

Ma che fine ha fatto dopo vent’anni il giovane di Sarzana? Ricordiamo la stretta unione dei nostri due studenti. Aveva anche fatto la sua strada, ma con una strada completamente diversa. Impegnata a clericatura, era stato attaccato alla persona del Beato Nicola Albergati certosino, cardinale arcivescovo di Bologna, che aveva affidato la gestione del loro reddito e la direzione del suo personale. È in questa situazione onorevole che il suo vecchio compagno di scuola lo ha incontrato. Se erano felici di vedersi, era ovvio. Chiamato poco dopo per ricevere la successione del suo augusto maestro, il canonico Parentuccelli fece un punto d’onore per seguire le tradizioni del santo certosino. Questo, per premiarlo del suo zelo, sembra che un giorno gli predisse che sarebbe diventato papa, non mancò molto tempo. Questo è quello che successe. L’arcivescovo di Bologna, eletto alla morte di Eugenio IV, prese il nome di papa Niccolò V. Ricordando immediatamente pronunciato l’impegno ai piedi degli altari e cementata da borsa di studio, ha chiamato il Nunzio Converso del regno di Aragona Porta Coeli (28 Maggio 1448), senza tener conto che questo titolo era incompatibile con la sua professione religiosa. A quel tempo tali anomalie non stupivano nessuno, anzi. Ma ancora meglio. A questo primo titolo, il sovrano pontefice si unì a quello del Collezionista della Camera Apostolica. Fare troppo onore al povero detenuto. De Nea era entrato a Montalegre diversi anni fa. Aveva portato il suo lavoro a termine con successo, sostenuto da fiducia e incoraggiamento da Francisco Maresme, priore della Certosa nel 1437.

All’umile converso la gloria di aver innalzato questa splendida casa, che, al momento in cui scriviamo queste righe, è in procinto di essere ripopolata, rimane senza risposta. Fai crescere il paradiso in numero e merito! Nel corso di queste eccitanti peripezie, il santo religioso aveva raggiunto una vecchiaia estrema. Questa vita che ha causato così tanto rumore si spegnerà alla prima occasione. Aveva la sensazione, ed era in grado di comparire davanti al giudice dei vivi e dei morti. C’è solo il tempo di amministrargli il santo viatico e le ultime unzioni. Fortificato dalla visita di Nostro Signore, la sua anima fugge senza sforzo rispondendo alle preghiere di agonia. Era il ventinovesimo giorno di ottobre dell’anno 1459.

Fratello Martin Ramos de Balbas

Fratello Martin Ramos de Balbas

Professo di Miraflores

Fratello calzolaio

Fratello calzolaio

Oggi, ancora la proposta di una vita esemplare di un Fratello certosino.

Questo buon Fratello professo di Miraflores, trascorse quarantadue anni nell’Ordine e diede, dall’inizio alla fine, l’esempio delle più belle virtù. L’obbedienza era forse quella che coltivava più attentamente; quello che gli ha dato anche le maggiori gioie spirituali.

Convinto che l’attaccamento alla propria volontà è il grande ostacolo alle operazioni della grazia, non ha risparmiato nulla al piccolo che poteva padroneggiare di sé. Il giorno in cui attraversò l’ingresso del monastero, si arrese corpo e anima nelle mani del priore. Di questo consegnarsi non si è mai pentio. Tutti hanno visto il modo in cui gli si è comportato con estrema prodigalità al servizio della comunità. In una parola, al segno del procuratore, da un semplice capo di obbedienza, corse a lavorare, senza mai calcolare gli sforzi. Più lui dava, più voleva dare. I suoi giorni migliori erano quelli in cui poteva sacrificarsi di più. Questa abnegazione a volte è diventata il suo tormento. È già noto che il diavolo si traveste in certi momenti come un angelo di luce e che l’amor proprio è estremamente sottile. Gli hanno insegnato che il vecchio riappare sempre dappertutto, anche dopo l’olocausto della sua professione. Tutto ciò mise il povero Fratello in profonda angoscia. Per non parlare di queste prede che irritavano il cuore di Dio, e il pensiero di una infedeltà volontaria che lo turbava. Al minimo dubbio che fosse salito nel suo spirito, sarebbe caduto ai piedi dei suoi superiori. Alcuni ritenevano che fosse più ammirevole che imitativo. “Perché allora, diranno, questa tensione costante? Chi non vede che conduce infallibilmente a screditarsi e può avere le conseguenze più tristi? “Qualunque cosa sia, questa delicatezza è veramente bella e lodevole. Dio vuole che i superiori non devono mai sopprimere altri eccessi! Con l’età arrivarono le malattie. Cinque o sei anni prima della sua morte, una paralisi gli tolse l’uso delle gambe. Non poteva camminare senza supporto. Per vendetta, sarebbe rimasto in ginocchio per ore senza provare alcuna fatica. Ogni mattina ha sentito molte Messe in questa posizione. Era uno stimolante per la sua pietà. Fino alla fine, è stato un partecipante attivo negli uffici conventuali. La vista di questo povero malato, la sua faccia sempre sorridente, il suo cuore strettamente unito a Dio, confortato ed edificato. Si potrebbe vedere il risveglio di uno di questi anacoreti di cui conosciamo le virtù eroiche. Arrivato alla fine del suo viaggio, il valoroso lavoratore ricevette il suo salario e andò a godersi il riposo eterno. Salì al cielo il 23 settembre 1600.

Fratello Pedro Noguez

Fratello Pedro Noguez

Professo di Val de Cristo

Fratelli in lavori agricoli

Ancora una vita esemplare di un Fratello converso

Questo buon Fratello era, nel suo cinquantesimo anno, uno di questi servi assolutamente giusti che, alla fine del proprio viaggio, possono essere orgogliosi di avere, con l’aiuto di Dio, reso fecondo il talento del loro Signore. Eppure le occasioni non mancavano di scendere a compromessi con il dovere di commettere tali infrazioni leggere, di cui il Salvatore affermava che conducevano infallibilmente a gravi faglie, se non a clamorose catastrofi. Proprio come l’anima raggiunge le punte della perfezione a passi, quindi non è un salto che si ribella nel peggiore dei disordini. Pedro Noguez, dopo aver fatto le sue prove come factotum e religioso, era responsabile della vigilanza e della direzione dei mulini situati a breve distanza dal monastero. Una missione delicata tra tutti, è necessario dirlo? Per avere un piede nel chiostro e un altro nel mondo, la testa rivolta agli affari e il cuore costantemente unito a Dio dalla fine sottile dell’anima, c’è una posizione che, il comune mortale, non saprebbe corrispondere, e che l’amato Fratello occupato per trent’anni, con uno zelo superiore elogio, con piena soddisfazione dei suoi superiori e plauso del pubblico, molto esigente a questo riguardo, lo sappiamo tutti. Indubbiamente, un converso in queste condizioni non vive totalmente isolato dalla comunità. Fuori di domenica e nei giorni festivi che lo fanno tornare lì per ventiquattro ore, le necessità più frequenti lo riportano indietro ma non più di quel passaggio. Generalmente, è solo, assistito da alcuni servitori le cui idee, lingua e abitudini contrastano singolarmente con la condotta di un uomo, vincolato dai voti religiosi. E poi c’è questo contatto perpetuo con i secolaristi di ogni condizione e di ogni età, che è comunque pericoloso. È così difficile che la persona non vada fuori controllo, quanto sia facile perdere di vista l’unica cosa necessaria. Lo spirito religioso traboccava in questa bella anima. Nel mondo come nella solitudine, nell’azione come nel riposo, nel rumore della città come nella calma dei mulini, ha mantenuto intatto il ricordo di Dio; ma il suo ricordo era intriso di buona grazia. Non potevamo non ammirare la serietà della sua presentazione, la riserva della sua lingua e, allo stesso tempo, la nota di gioia dei suoi rapporti con la sua comunità. Nell’intimità, era la vita di famiglia. A questi uomini assoldati aveva le sue viscere, sorvegliando la sua salute, prendendosi cura delle anime. Che scuola dolce e fortificante quella di Fratello Noguez! Il devoto converso si era sempre distinto per la sua tenera devozione a Maria e per la sua adorazione dalle undicimila vergini: gli ultimi trenta anni della sua vita non passarono un solo giorno senza affidarsi a queste coraggiose mogli di Cristo. Qual è stato l’oggetto di questa preghiera incessante? Saremmo portati a credere che fosse la grazia di una buona morte. Questo glorioso sciame, infatti, venne a frequentare il servo di Dio nei suoi ultimi istanti e lo scortò al trono del sovrano giudice, che immediatamente gli diede la corona di giustizia. (8 settembre 1591).

Fratello Cristoforo Varga

Fratello Cristoforo Varga

Professo di Val de Cristo

innaffiatura Fratello

Nuovamente un racconto di una vita esemplare di un fratello converso certosino.

Ammesso come postulante nella certosa di Val-de-Cristo, il primo agosto 1649, il fratello Christoforo emise la professione il 15 agosto dell’anno successivo. Nell’intervallo, sono accadute cose che il lettore dedurrà. Adatto a tutti gli uffici, fervido nel lavoro, buono e utile, il giovane postulante dava, da questo punto di vista, piena soddisfazione ai superiori. Ma c’era il rovescio della medaglia. Da una natura calda ed esuberante, viva come la polvere da sparo, Varga avrebbe avuto, in un altro modo, un genio esaltato e in difficoltà. Anche tra i fratelli conversi, la gente pacifica per la maggior parte, venne più di una volta a dimenticare. Fu il primo a lamentarsi per questo, il che non gli impedì di ricadere il giorno dopo, quando non era il giorno stesso. Scoraggiato di fronte alle sue persistenti debolezze, attaccato allo stesso tempo da riluttanti tentazioni, pensò di tornare al mondo, persuaso di non essere fatto per la vita religiosa. Il suo direttore, Francisco Pallas, lo informa formalmente di rimanere, ed insistere. Il buon Varga, per quanto poco socievole, possedeva, una volontà di ferro, ed un cuore d’oro. Non è questa la chiave di una chiamata soprannaturale? Pallas, almeno, era convinto, e poiché aveva a che fare con un uomo sincero,trattenne senza difficoltà il povero novizio. Ben presto capì che stava crescendo. Aveva per istinto il senso religioso. La sua precisione invariabile, la dolcezza della sua obbedienza, l’amore pratico della povertà, la sua devozione alla santa Eucaristia, i fiumi d’acqua che accompagnavano le sue comunioni, la nota dominante della sua pietà, lo collocarono molto presto in primo luogo tra i numerosi conversi di Val-de-Cristo. Nell’aspetto della mortificazione e delle penitenze del corpo, probabilmente sarebbe andato troppo lontano. La prudenza del suo direttore lo mantenne entro i limiti della discrezione. Si impegnò esclusivamente all’opera della sua metamorfosi, così ha amato la preghiera ed i dettagli dell’osservanza. Nel vederlo, d’altra parte, attraverso la casa, docile a tutti gli ordini, felice di rendere servizio, uno avrebbe potuto accusarlo di eccesso di attività. Per non parlare di chi lo ha seguito più da vicino, sarebbe stato difficile bilanciare meglio i ruoli di Marta e Maria. Cos’è questo oltre alla perfezione? Un grave incidente lo ha messo fuori gioco presto. Esaurito in pochi giorni dalle frequenti emorragie e violenti attacchi di febbre, stabilì i suoi conti con Dio e quindi si mise a disposizione della sua santa volontà. C’era intorno al suo povero letto come riflesso di un’eternità beatitudine un odore di santità. Il buon fratello vi entrò il primo marzo dell’anno 1656, raggiungendo serenamente la casa del Padre.