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Dom Romuald Moissonnier

per priori generali

Dom Romuald Moissonnier, che aveva ricevuto al battesimo il nome di Jean-Louis, nacque a Lione il 31 dicembre 1742. Nato, ancora giovane, alla vocazione alla vita religiosa, si presentò al Convento della Grande Chartreuse, qui fece il noviziato e pronunciò i voti il 15 agosto 1762. Pochi anni dopo, nel 1772 fu ospite della certosa di Lione e nel 1775, fu inviato come sacrista alla Certosa di Pomiers. Vi rimase per breve tempo e fu successivamente, nel 1779, nominato Vicario al Reposoir, Coadiutore a Chalais nel 1782, Procuratore a Sylve-Bénite nel 1784, e nel 1789 Priore di quest’ultima certosa. Optò l’anno successivo per la vita comune e rimase superiore della sua casa fino alla fine. Espulso alla sua chiusura il 1° ottobre 1792, lasciò la Francia ed emigrò in Italia, e per una strana coincidenza, giunse alla Certosa di Bologna lo stesso giorno del Reverendo Padre Dom Nicolas Albergati de Geoffroy e di Dom Antoine Vallet, Scrivano dell’Ordine. Era nelle mani di questi tre monaci che riposava l’autorità suprema durante la Rivoluzione e l’Impero. Costretto a lasciare Bologna per sfuggire ai vittoriosi francesi che minacciavano la città, Dom Romualdo soggiornò per qualche tempo presso la Certosa di Ferrara, poi si rifugiò nel Monastero di Trieste e in quello di Firenze. Visse in quest’ultima Certosa fino a quando il Reverendo P. Vicario Generale lo nominò Priore di La Part-Dieu, in Svizzera. Nel 1810, il Vicario Generale, Dom Antoine Vallet, che qualche anno prima aveva affidato l’incarico di Scriba a Dom Raphaël Paris, pensò di dover sostituire questo Religioso e nominò Dom Romuald Moissonnier. A tal fine gli inviò l’obbedienza di Scriba che fu confermata dal Nunzio Apostolico a Lucerna il 20 luglio 1813. Alla morte di Dom Antoine Vallet, Dom Romuald Moissonnier, in virtù dell’Ordinanza del Capitolo Generale del 1793, divenne Vicario Generale. Il suo titolo ed i suoi poteri furono confermati dalla Santa Sede. Questo venerabile monaco fece gli sforzi più onorevoli, nel 1814 e nel 1815, per ottenere dal governo francese il restauro della Grande Chartreuse. «Niente – diceva un certosino coetaneo niente gli stava più a cuore, e la speranza che se ne era sempre ritenuta parve essere in questo buon monaco come un’ispirazione che gli servì di incoraggiamento per giungere al fine dei suoi desideri. Dom Romuald entrò in contatto con alcuni certosini residenti in Francia, in particolare con Dom Emmanuel du Creux, cappellano dell’Hôtel-Dieu de Rouen, già priore della Certosa di Gaillon, e Dom Ephrem Coutarel, parroco di Villette vicino a Saint -Laurent- du Pont. Dio benedisse gli sforzi di Dom Moissonnier e il 27 aprile 1816 un’ordinanza reale autorizzò il ritorno dei figli di San Bruno al loro Convento del Deserto di Chartreuse. Per un attimo il venerato Vicario Generale pensò che non gli sarebbe stato dato di rivedere la Grande Chartreuse, si era appena ammalato gravemente, ma Dio, volendo dare questa consolazione al suo servo, lo restituì alla salute. Da quel momento in poi, all’apice dei suoi desideri, Dom Moissonnier affrettò la partenza. “Il 25 giugno, non badando né alla sua grande età né al suo stato di infermità, senza prendere altra precauzione che quella di viaggiare in lettiga e nei giorni brevi, sebbene fosse ancora convalescente, lasciò la Part-Dieu, a rischio di morire per strada, ha attraversato il cantone di Vaud, Ginevra, Savoia ed è arrivato a Grenoble giovedì 4 luglio. Dom Romuald prese possesso della Grande Chartreuse l’8 luglio 1816, accolto con il massimo entusiasmo da tutte le popolazioni vicine, felici di rivedere i loro antichi benefattori. «Così – dice uno degli storici della Grande Chartreuse – il venerato Vicario Generale che era stato lo strumento della Provvidenza per la restaurazione del suo Ordine in Francia, nel luogo stesso dove san Bruno l’aveva fondato, ritornò al Convento dove era nato alla vita religiosa, come un esule ritorna alla casa dei suoi padri. Il giorno dopo fu cantata una messa di ringraziamento nella cappella dei morti, l’unica dove si potevano celebrare con decenza i santi misteri: vi parteciparono da otto a dieci monaci. Nulla mancava alla felicità di Dom Romuald Moissonnier; si trovò nella culla del suo Ordine, in questa terra santificata dal suo illustre fondatore. Undici giorni dopo il suo arrivo, il 19 luglio 1816, il Reverendo Padre morì senza soffrire, all’età di settantaquattro anni, dopo aver vissuto nell’Ordine per cinquantaquattro anni. La Divina Provvidenza aveva compiuto la sua opera.

“La certosa sotto la neve”

copertina

Ecco per voi un’altro estratto del libro “Au désert de Chartreuse: La vie solitaire des fils de saint Bruno“, di Robert Serrou. Egli rievoca dalla sua abitazione parigina, attraverso il ricordo della esperienza vissuta con il collega Pierre Vals, le ore vissute in certosa durante la notte di Natale. Notevole l’elogio alla vita cartusiana espressa dall’autore.

copertina

“La certosa sotto la neve”

La messa di mezzanotte in convento si svolge con la semplicità liturgica propria dei certosini, impreziosita però da numerosi ceri accesi, simbolo della Luce che appare nelle tenebre. Nella cappella de La Salette si celebra un’altra messa di mezzanotte, offerta dal Padre Procuratore, per le famiglie degli operai del monastero che risiedono nel Corriere, un chilometro più in basso. Come i pastori di Betlemme, i partecipanti sono pochissimi. Ma hanno la stessa fede e ascoltano attentamente la parola del Padre, come i pastori ascoltavano la parola dell’Angelo.

Ma eravamo solo nella Grande Chartreuse con il pensiero. I miei bambini dormivano tranquilli nella loro stanza.
Al ritorno dalla Messa di Mezzanotte, i Certosini sarebbero stati ancora a lungo in chiesa. Tornati nelle loro celle, si sarebbero potuti riposare un po’. Per loro non c’è nemmeno una cena più modesta. Come gli altri giorni, non mangeranno nulla fino alle undici del mattino. Ma cosa può importare loro il cibo terreno? Per la tua felicità bastano solo la speranza dell’eterno faccia a faccia e le briciole ricevute in questa santa veglia.
Si addormenteranno nella notte silenziosa e anche il loro sonno sarà un’adorazione senza fine. Ti vedo di nuovo. Padre Procuratore, Padre Archivista, Padre Sacristano, con il quale ho avuto un rapporto più costante, e anche tutti gli altri monaci bianchi della Grande Chartreuse, nella tua misteriosa solitudine! Giustamente, un maestro di spiritualità ti ha chiamato “il serafino della terra”. Vedo anche te, fratello converso, ugualmente assorto in Dio, più vicino a noi per opera delle tue mani; a te che maneggia cazzuola e martello e contempli Dio nelle faccende quotidiane.
Rivedo le ore del nostro resoconto e come a poco a poco, visitando i vostri chiostri, le vostre obbedienze, la vostra chiesa, la nostra prospettiva sia cambiata, avvicinandosi – molto poco – alla vostra per vedersi finalmente illuminata dalla vostra parola e dalla grazia divina.

 

Nel grande esercito della Chiesa tu sei l’ala avanzata della preghiera, sopperendo alla nostra mancanza. Nessuna delle tue azioni, dei tuoi pensieri, degli impulsi del tuo cuore ci è estranea, non riesce ad attirare su di noi le benedizioni di Dio. Consolazione inestimabile, fonte di pace per i nostri guai, giustificazione per la nostra indigenza.

Tra i santi della Chiesa militante, voi siete santi oscuri secondo il vostro desiderio, ma il cui peso è necessario per l’equilibrio del mondo. Ci hai promesso le tue preghiere, che consideriamo un tesoro. Sapere che c’è un luogo benedetto, un luogo alto di contemplazione dove ogni giorno i monaci tengono – come la lampada davanti al tabernacolo – la luce della fede e l’ardore della carità, ci rassicura e ci conforta. Da questa terra, a volte, alziamo “quello sguardo della speranza di Dio” di cui ci parlava Péguy.
Sei ancora giovane nonostante hai ottocentosettanta anni e il tuo ideale è ancora capace, come nell’XI secolo, di far battere i cuori, desiderosi di bellezza, di purezza, di assoluto.
So che nei vostri monasteri in Spagna un giovane, purificato nel sangue dei martiri, ha scelto le vostre livree bianche. Alcune ragazze vanno all’estero, in attesa della Certosa femminile che tanto ardentemente desiderano venga eretta nel loro paese.
Anche il giovane Nord America si mette in moto. Mentre tre vostri Padri e alcuni Fratelli preparano la fondazione materiale in completa solitudine nei boschi di Vernon, i postulanti nordamericani, capisaldi della fondazione spirituale, vengono a impregnarsi nella culla dell’Ordine dello spirito di San Bruno, per essere suoi figli non solo di nome, ma di fatto. In questo slancio giovanile, la Francia viene lasciata un po’ in disparte. Vogliamo farvi capire che riempire le Certose dei vostri figli non deve essere il coronamento, ma la base della vostra nuova primavera.
Per tutti questi motivi abbiamo voluto presentare al pubblico questa testimonianza. Voi, cari monaci della Grande Chartreuse, ci perdonerete per aver leggermente turbato la vostra solitudine e per aver espresso – male, senza dubbio – il vostro ideale. In questo momento canti la vigilia di Natale solenne per te e per noi. In mezzo alle montagne innevate del “Deserto”, la tua salmodia ei tuoi canti non suscitano eco. Solo Dio ti ascolta e ti comprende.
Nel chiostro grande, vicino al cancello della clausura. San Bruno, dalla sua vetrata, inclina il capo per contemplare i suoi figli e ascoltarne il canto, identico a quello dei primi giorni. Sopra di lui, lo stemma dell’Ordine certosino: il globo terrestre dominato dalla croce, circondato da sette stelle. Il santo vigila sul mantenimento della Regola, approvata da secoli, e per la vita dei propri, il cui motto è inciso sullo stemma: “Stat crux dum voltur orbis

Spero abbiate gradito la lettura ed il consiglio di acquisto di questo libro, in attesa della nascita di Nostro Signore.

“Natale alla Grande Chartreuse”

copertina

Cari lettori di Cartusialover, eccoci giunti alla settimana che ci condurrà al Santo Natale ed attendendo la nascita di Nostro Signore voglio proporvi lo stralcio di un libro di cui vi consiglio la lettura. Si tratta di un libro pubblicato per la prima volta nel lontano1955 dal titolo “Au désert de Chartreuse: La vie solitaire des fils de saint Bruno“. Nel 1954, un giornalista francese Robert Serrou ed il suo amico fotografo Pierre Vals, ottennero per la prima volta in assoluto l’autorizzazione ad entrare nel nella Grande Chartreuse e potersi avvicinare alla severa vita monastica certosina.

Va detto che Robert Serrou fu il primo giornalista, insieme al suo collega Pierre Vals, ad entrare negli appartamenti privati di Papa Pio XII in Vaticano per un servizio giornalistico, già nel 1952.

Gli autori del libro, ben 51 anni prima di Philip Gröning, autore del “Il Grande Silenzio” (2005), hanno avuto il privilegio assoluto di vivere tra le mura della certosa e di condividere le esperienze di vita claustrale. Il risultato di questo “soggiorno” è un prezioso resoconto narrativo corroborato da eccezionali fotografie che rivelarono per la prima volta una esistenza volta al nascondimento e fatta di preghiera, lavoro e meditazione per ricercare Dio.

Dalle prime edizioni, tante ne sono state fatte, riorganizzando il materiale e modernizzandolo in una nuova edizione questa testimonianza unica.

Ora vi proporrò il link dove poter acquistare online il libro, ottima idea regalo per Natale per parenti, amici, e perchè no per noi stessi!

copertina

Fin qui la premessa introduttiva, ma voglio offrirvi per ingolosirvi alla lettura due estratti dal V° capitolo riguardante appunto il Natale.

“Natale alla Grande Chartreuse”

Stasera è la vigilia di Natale. Dalla mia casa parigina penso alla Grande Chartreuse, che sarà innevata.
Le gole del Guiers-mort hanno cambiato aspetto. Le rocce si sono avvolte nella loro grande coltre bianca, i faggi piegano i rami troppo carichi di neve in gesto di adorazione, e gli abeti, con i rami quasi attaccati al tronco e ricoperti di brina, sembrano grandi ceri preparati per la festa. L’acqua gocciola dalle rocce in colonne lattiginose, dalla volta dei cunicoli scende in stalattiti cristalline. Cinquanta metri più in basso, l’acqua del torrente è trasparente. Non molto fitto, assume la tinta del canale roccioso attraverso il quale scorre, oppure è verde, più o meno scuro, a seconda della profondità. I viaggiatori hanno occasione di ammirarlo. L’autobus Saint-Pierre effettua frequenti fermate. La neve scivola lungo le fessure delle rocce. Scende in una nuvola di polvere bianca e forma un grande mucchio sulla strada. Devi maneggiare la pala per farti strada, o aspettare l’aiuto dello spazzaneve che pattuglia i dintorni. Nel “Deserto” di Chartreuse tutto tace: il silenzio misterioso delle montagne innevate e il silenzio profondo dei Vespri solenni.
In spirito, mentre i miei figli dormono, frequento l’Ufficio dei monaci della Grande Certosa. Sono le dieci. Si sono appena alzati e stanno recitando il “Beato Ufficio” nell’oratorio della loro cella. Mezz’ora dopo i Certosini. vanno in chiesa un’ora prima rispetto alle festività più solenni e circa due ore prima rispetto ai giorni ordinari. La vigilia di Natale è la lunga notte di speranza. Come lei, il giorno dopo, più lungo del solito, sarà trascorso esclusivamente in preghiera. Il giorno di Natale non c’è pausa, non importa quanto piccola. Si lascia per il giorno successivo.
In questa lunga notte, così diversa dalle altre, i certosini trovano la risposta alla loro attesa, il centuplo che, da questa terra, è il premio della rinuncia per amore. Non ricordano affatto i loro Natali d’infanzia. Non invidiano minimamente il nostro Natale di padri e madri di famiglia, inondati dalla gioia pura e chiara dei nostri figli. Ricordi il tuo Natale in famiglia, in cui canti devoti precedevano la Messa di mezzanotte, in cui tutti si comunicavano? I certosini non cercano la gioia che dona il Signore, ma il Signore che dona la gioia.

antiphonario
Nel coro, i grandi antifonari sono aperti dal paggio della festa. Dom Odon, il sacrestano, ne aprì uno durante la mia visita alla chiesa. Ho potuto leggere le prime parole, il testo dell’Invitatorio: Christus natus est nobis, venite adoremus (Cristo è nato per noi; vieni, adoriamolo). Il cantore della settimana la canta in tono acuto, e poi, quando il canto comunitario si interrompe, prosegue con il Salmo 94, in cui ogni versetto si alterna al ritornello, e le cui prime parole sono un’esplosione di gioia, come un bottone che diventa fiore: «Vieni, rallegriamoci…»
Il grido risuona per tutte le vie del cristianesimo: “Venite, rallegriamoci, il Salvatore è nato per noi – venite e adoriamolo“. E le brave persone, cristiane dal cuore semplice, tenendo per mano i loro piccoli, con gli occhi ancora corrucciati dal sonno, si dirigono verso la chiesa lungo i viali impolverati di neve, sotto le stelle, ricordando che un giorno uno di loro era spinto da parte dalla Mano divina per guidare i Magi all’umile presepe di Betlemme.
Venite, rallegriamoci“, notti della vigilia di Natale di ogni tipo: una notte come tante altre da cui Dio è assente. Senza dubbio pensano, nella loro solenne contemplazione, a quelle ore benedette fra tutti, sperperate in questa notte da tanti uomini.

A domani, per un’altro estratto!

Dom Ambroise Crollet

per priori generali

Oggi voglio portarvi a conoscenza di Dom Ambroise Crollet il Priore Generale che fu in carica per un brevissimo periodo.

Dom Ambroise Crollet, originario di Bourg en Bresse, abbandonò il mondo all’età di ventidue anni ed andò a chiudersi nella solitudine della Grande Certosa dove emise la Professione nel 1886. Il Reverendo Padre Dom Antoine de Montgeffond, che seppe apprezzarne i meriti, lo chiamò, nel 1731, alla carica di scriba o segretario dell’Ordine. Dom Ambroise Crollet esercitava ancora questa funzione quando fu chiamato a succedere al generale defunto, il 6 giugno 1731. Il noto zelo di Dom Ambroise per la disciplina regolare dava l’impressione che avrebbe continuato con fermezza l’opera dei suoi predecessori, ma Dio lo chiamò a sé pochi mesi dopo. La morte del Reverendo Padre Dom Ambroise Crollet è registrata nella Necrologia della Grande Certosa il 21 gennaio 1732. Aveva sessantanove anni e ne aveva passati quarantasette nell’Ordine. Vadano a lui un ricordo ed una prece.

Dom Antoine Grillet de Montgeffond

per priori generali

Nell’articolo odierno, cari amici lettori, voglio farvi conoscere Dom Antoine Grillet de Montgeffond, Priore Generale dell’Ordine certosino dal 1703 al 1731, successore del grande Dom Innocent Le Masson.

Antoine Grillet de Montgeffond nasce il 2 novembre 1659 al castello di Montgef fond, in un piccolo villaggio del Giura, chiamato Vosbles. Cresciuto da una madre cristiana e pia, il giovane di Montgeffond ha voluto presto consacrarsi a Dio. All’età di diciannove anni, terminati gli studi, decise di ritirarsi nel deserto della Certosa e vi emise la Professione il 6 ottobre 1679. Ben presto i suoi superiori lo nominarono per ricoprire vari incarichi nella Casa e assolse le sue funzioni con generale soddisfazione. Dom Innocent Le Masson che seppe riconoscere gli uomini di merito, lo scelse come segretario e ricoprì tale incarico per dieci anni, quando alla morte dell’illustre Generale, il 12 maggio 1703 fu nominato a sostituirlo. Dom de Montgefford, cresciuto alla scuola del predecessore, governò con fermezza, ma seppe sempre coniugare la prudenza con l’energia. La sua gentilezza e mansuetudine gli valse l’affetto dei suoi religiosi, nonostante gli atti di rigore che dovette esercitare nelle difficili circostanze in cui si trovò. Appena nominato Generale, convocò eccezionalmente il Capitolo Generale per il 7 ottobre. A maggio i Priori dovettero lasciare la Grande Certosa senza potersi riunire in Capitolo a causa dell’imminente morte di Dom Le Masson. Questa circostanza permise, per la prima e unica volta, ai Priori delle diverse Case dell’Ordine di solennizzare insieme, alla Grande Certosa, la festa del loro beato fondatore. Il nuovo generale concentrò tutta la sua attenzione sul giansenismo, le cui dottrine sconvolsero tutte le menti in Francia. Nel 1710, a causa del libro di padre Quesnel, il Capitolo generale ordinò “di controllare i libri moderni, di esaminare attentamente se non fossero contaminati dal giansenismo. Prescrisse, regolamenti “per timore che quella buona semplicità e candore che sono la sorte abituale dei Solitari, venga esposta alle seduzioni dell’eresia”. « Dom Antoine, per rendersi conto dello stato d’animo, ordinò ai suoi Religiosi, nel 1710, di firmare il Modulo di Alessandro VII. Nessun certosino si rifiutò di farlo, e il Capitolo dell’anno successivo poté dire in tutta verità questo: fin qui il giansenismo non si è insinuato tra noi. Tuttavia, riteneva suo dovere, per prudenza, vietare di “ammettere ai voti chiunque non avesse precedentemente firmato il Modulo”. Alcuni anni dopo, nonostante le cure, le precauzioni e gli avvertimenti di Dom de Montgeffon, alcuni certosini sembrarono essersi lasciati sorprendere. Sarebbe potuto essere altrimenti, quando gli stessi vescovi prestarono le loro mani all’eresia e patrocinarono la setta? Quando nel 1713 apparve la Costituzione Unigenitus che condannava centouno proposizioni tratte dalle Riflessioni morali di padre Quesnel, dell’Oratorio, la Francia si trovò divisa in due campi. I giansenisti si appellarono prima dal Papa al Papa più informato e poi dal Papa al futuro Concilio. Avendo alcuni Certosini aderito alle dottrine censurate, il Capitolo Generale del 1723, sotto l’ispirazione del Reverendo Padre, emanò l’Ordinanza Quo/elo, [speciale per le sette Province della Francia. Vi si diceva: “nessun novizio sarà ammesso, nessun religioso riceverà gli Ordini Sacri e sarà chiamato a dirigere le anime, se non avrà prima sottoscritto la Forma di Alessandro VII e non sarà sottoposto con bocca e cuore alle Costituzioni dei Sommi Pontefici. Se un Priore – aggiunge la stessa decisione – un ufficiale, o un membro dell’Ordine osa attaccarli o appellarli, sarà trattato come un ribelle, un disturbatore della Chiesa e del riposo pubblico. L’anno successivo, il Capitolo confermò l’Ordinanza Quo/elo {eh, e la Carta reca: «Informiamo tutti che, non solo i Definitori, ma tutti i Priori e il Convento della Certosa, hanno aderito all’unanimità e senza qualsiasi reclamo. » Nel racconto di questi tristi avvenimenti prendiamo come guida l’autore de La Grande Chartreuse; questo studioso religioso riassume i fatti secondo le Ordinanze dei Capitoli Generali. «Tutti i certosini francesi – scriveva – furono messi in guardia per decidere a favore o contro la costituzione Uni genitus. Piene di rispetto per la suprema autorità del Capitolo generale, sei Province hanno aderito al Modulo e hanno aderito pienamente o alla Bolla Vineam Domini o alla Costituzione di Clemente XI, non è stato così nella Provincia di Francia sulla Senna dove ha incontrato molti reclami, in una direzione o nell’altra; il teatro della lotta si circoscrive allora nettamente: c’è una sola provincia da affrontare. Questo fece si che il Reverendo Padre Dom Antoine de Montgeffond, come nel 1710, volle conoscere esattamente il vero pensiero di ciascuno, per questo a nome suo e in nome del Capitolo fece la seguente Ordinanza: In tutte le Case di Francia sulla Senna, nei giorni in cui, secondo lo Statuto, si legge la Carta del Capitolo Generale dopo nessuno, il Priore chiederà pubblicamente a ciascun Religioso se aderisce all’Ordinanza Quo di firmare le Bolle pontificie, ha dichiarato il Capitolo sospesi e interdetti, con minaccia di scomunica se non fossero giunti al pentimento; quattordici fecero ricorso a un appello scismatico, il Capitolo li scomunica per nome; dieci avevano anche ritirato la firma che avevano apposto al Modulo molto tempo prima, il Capitolo li colpisce con la scomunica nominale e li priva della società dei loro fratelli. Tuttavia, per punire solo all’ultima estremità, il Capitolo concesse a tutti tre mesi di riflessione; trascorso questo tempo, incorrerebbero ipso facto nella loro pena. “Per un certo numero di questi sfortunati, la riflessione non ha portato alcun cambiamento; trenta andarono in Olanda piuttosto che sottomettersi, e, sostenuti dai sussidi dei giansenisti di Francia, stabilirono vicino a Utrecht una specie di Certosa mitigata di cui abbiamo letto i regolamenti; la prima cura di questi monaci che, seguendo l’esempio di tutti i giansenisti, non cessarono di insorgere contro la moralità lassista, era stata di diminuire notevolmente le austerità della vita certosina! Il martedì successivo alla Settimana Santa dell’anno successivo, 16 aprile 1726, il reverendo padre Dom Antoine de Montgefford scrisse loro la lettera più commovente per riportarli, ma non ebbe alcun effetto; il Capitolo Generale pronunciò nuovamente la scomunica contro questi latitanti, concedendo loro un altro anno prima di separarli dall’Ordine; alcuni tornarono, la maggior parte ebbe la disgrazia di restare in Olanda; poi, nel 1727, il Capitolo li scomunicò definitivamente e ogni legame tra loro ei loro ex confratelli si ruppe per sempre. Queste energiche misure produssero così buoni risultati che quello stesso anno, 1727, il Capitolo permise alla Provincia di Francia sulla Senna di riaprire i suoi noviziati, saggiamente chiusi da diversi anni: Lo spirito della Provincia era abbastanza buono che non c’era nulla più da temere. «Per riassumere, c’erano in Francia, al tempo di cui parliamo, sessantotto Certose: che rappresentano un totale di ottocento Religiosi; di questo numero, cinquanta si lasciarono trasportare dagli errori di Giansenio, e una trentina si rifiutarono di sottomettersi; su seicento Conversi o Donati ci fu un solo giansenista, Dominique Blasel, e tra i nostri Religiosi non uno solo! ” Uno dei certosini refrattari in pensione a Utrecht, Dom Jean-Baptiste Cadri, pubblicò delle scuse per giustificare la loro rivolta e spiegare la loro fuga. “Volevano – dicevano – vivere in pensione, dormire sulla paglia, praticare il digiuno e l’astinenza. Ma, come fa giustamente notare il giornalista di Verdun che riporta questo fatto: Dom Antoine Grillet de Mongeffond morì il 31 maggio 1731, circondato dai rimpianti e dall’affetto dei suoi Religiosi. Durante la sua Casa Generalizia aveva mantenuto energicamente la regolarità monastica e il rispetto dovuto alla Santa Sede. Il suo governo era durato ventotto anni; aveva cinquantatré anni da certosino. La Necrologia della Grande Chartreuse elogia questo Generale, in questi termini: “Il reverendo padre Dom Antoine de Montgeffond era il più mite e amabile degli uomini: era amato da Dio e amato dai suoi fratelli. Ci ha governato con immancabile saggezza e prudenza religiosa, e con perfetta conoscenza del cuore umano; la sua gentilezza, la sua gentilezza erano veramente quelle di un padre; fu nostro Generale per ventotto anni, tra il grande applauso di coloro che lo conoscevano e che ancora lo riempiono di lodi. »

Dom Jean Pégon

per priori generali

Oggi voglio portarvi a conoscenza di Dom Jean Pegon il Priore Generale che fu in carica dal 1649 al 1675 e che precedette Dom Innocent Le Masson.

Chi era costui?

Jean Pégon appartenente ad una onorevole famiglia dell’Alvernia, nacque in una piccola frazione del comune di Langeac nel 1590. Da giovanissimo, diede addio al mondo volendosi ritirarsi nella solitudine di un chiostro,

Dopo essersi presentato, nel 1611, alla Grande Chartreuse il Reverendo Padre Dom Bruno d’Affringues, pur sapendo apprezzare gli uomini con vocazione, dopo averlo esaminato, ritenne prudente opporsi alla sua ammissione, perché non lo trovò né sufficientemente istruito, né abbastanza robusto. Tuttavia, mosso dal dolore manifestato dal giovane postulante Jean , e commosso dal suo ardente desiderio di consacrare la sua vita a Dio, tra i figli di san Bruno, gli disse: “Potresti, forse, avere qualcosa”.se ti rechi alla Chartreuse de Beaune; “Essa è stata assalita dai protestanti, e sette dei” suoi religiosi sono stati massacrati, la Certosa è appena emersa dalle sue rovine ed è priva di soggetti, “Non sarà difficile… Vai a vedere.» Così licenziato Jean Pégon si presentò e fu accolto in questo monastero. Trentotto anni dopo, dopo aver occupato i più importanti incarichi dell’Ordine, e lasciata ovunque la fama di amministratore fuori dal comune l’ex Postulante, licenziato dalla Grande Chartreuse perché poco capace, vi tornò con il titolo di Generale. A Beaune, egli fece la professione solenne l’11 giugno del 1612, fu poi sacrista e poi procuratore nel 1619. Pochi anni dopo, Dom Pégon fu nominato Priore di questa Casa, che diresse per qualche tempo con la massima saggezza; ma, nonostante il suo desiderio di rimanere in questo monastero dove stava facendo del bene, dovette sottomettersi alla volontà dei suoi superiori. Il Capitolo Generale, che aveva bisogno di amministratori prudenti e di personaggi di riconosciuta santità, per far fiorire la disciplina in alcuni monasteri, lo mandò a dirigere successivamente le Certose di Troyes prima come rettore, nel 1629, e poi come priore nel 1630, priore a Val-Saint Pierre nel 1632, e priore a Digione nel 1639, lo nominò poi Visitatore delle Province di Francia e Piccardia. Alla morte del Reverendo Padre Dom Léon Tixier, i Religiosi della Grande Chartreuse, pieni di stima per i suoi meriti e le sue virtù, lo scelsero come Generale dell’Ordine, verso la fine dell’anno 1649. Dom Jean Pégon seppe con la bontà e la sua dolcezza conquistare l’affetto dei suoi Religiosi. Dedito al bene spirituale del suo Ordine, riuscì a ristabilire la disciplina certosina in un certo numero di Case che sembravano abbandonarsi al rilassamento. Il suo ideale era la perfezione religiosa. Amico delle belle lettere, ha unito una vasta erudizione con una purezza e un’eleganza di stile che hanno dato un valore reale ai suoi discorsi ed ai suoi scritti, fu noto per la sua eloquenza. A lui si deve la magnifica Mappa dei Generali dell’Ordine, incisa nel 1649.

Il mantenimento e la prosperità della Grande Chartreuse furono, per il nuovo Generale, oggetto di cure speciali. Un testimone oculare, in appunti manoscritti sull’origine e la situazione delle Case dell’Ordine, ci dice che “dopo tante disgrazie, la Grande Chartreuse è ora in così buone condizioni che solo il ricordo delle sue perdite rimane senza alcun segno dei suoi incendi e gli incidenti del passato, soprattutto per le belle riparazioni che il Reverendo Padre Dom Jean Pégon, ora saggiamente e felicemente governando l’Ordine, ha fatto lì e si preoccupa ogni giorno di aumentare, avendo adornato la chiesa con il quadro che vediamo lì e comprò i quattro grandi candelieri che stanno davanti all’altare maggiore. Fece realizzare anche i ricchi abbellimenti all’ingresso del cancello del cimitero; infine in parecchi altri luoghi lascia ai posteri testimonianze storiche della sublimità del suo genio e dello zelo che ha e per il bene universale dell’Ordine e per l’utilità di questa Casa di Certosa; Dio lo preserva e gli dà gli anni che merita. Dom Pégon amava molto la solitudine; per questo, nel desiderio di ottenere di volta in volta qualche giorno di ritiro, fece costruire, intorno al 1660, nella solitaria valle di Tenaison, una cappella in onore di San Giovanni Battista e una casetta dove si ritirava ogni anno per trascorrere alcuni giorni in preghiera e meditazione. Là dimenticò le tante faccende dell’Ordine e pensò solo a Dio e alla salvezza della sua anima. Nonostante la sua veneranda età, Dom Jean Pégon ha sempre voluto essere vincolato dalle austerità della Regola e dagli obblighi del suo ufficio. Il giorno prima di morire scriveva ancora la sua corrispondenza da solo e non depose la penna, per così dire, finché non spirò. Morì, rimpianto dai suoi religiosi, il 15 ottobre nell’anno 1675. La Carta del Capitolo Generale del 1676 traccia in poche righe il ritratto di questo eminente Generale. “Abbiamo appena perso il reverendo padre Dom Jean Pégon, priore di Chartreuse; sempre colmo del più tenero amore per Nostro Signore, visse sessantacinque anni in mezzo a noi, famoso per le sue virtù di ogni genere, soprattutto per la sua notevole prudenza e dolcezza; caro, al di là di ogni espressione a Dio ed a chiunque lo abbia conosciuto: per ventisette anni ha sostenuto il mondo certosino con le sue instancabili opere; infine, dopo una serie di punizioni subite per il suo Ordine, tenendo, come un altro Mose, gli occhi alzati al cielo per due ore, morì all’età di ottantacinque anni, il più anziano di tutti i certosini di questo tempo”.

Un video del 1991

Cattura

Voglio concludere questo mese di agosto con una vera chicca che giunge dal passato. Si tratta di un brevissimo video estratto dal programma televisivo francese “Autrement dit” andato in onda sabato 6 luglio 1991. Risulta essere una gradevole testimonianza della vita quotidiana dei monaci certosini della Grande Chartreuse, con immagini inedite accompagnate da interviste in lingua francese.

“Che tu creda in Dio o no, non importa, ogni persona ha un valore fondamentale di se stessa”.

Buona visione!

Dom François Maresme

BenQ Digital Camera

Nell’articolo odierno voglio farvi conoscere la figura di uno dei Priori Generali dell’Ordine certosino, il valenciano Dom François Maresmes.

François Maresmes (in valenciano Francesc Maresmes) nacque a Sagunto (Valencia) verso il 1377. Entrò nella certosa di Porta Coeli nel 1402, e ben presto, nel 1406 ricoprì gli incarichi di procuratore e poi di sacrista. Da subito si fece apprezzare per le sue doti, che portarono a ricordarlo come “uomo di misericordia libera, di rinomata prudenza e studioso degno di lode “. Pertanto la comunità lo elesse Priore nel 1414. In questi anni si è in pieno “grande scisma d’occidente“, pertanto in quel caos, come saprete, anche i certosini si trovavano divisi.

Dom François Maresmes, ricoprì un ruolo determinante, difatti nel 1418, partecipò insieme ad un gruppo di monaci che riuscirono a raggiungere un’accordo con la Grande Chartreuse per riottenere la riunificazione dell’Ordine certosino delle sette certose iberiche. Ottenuto questo importante risultato fece ritorno a Porta Coeli l’11 aprile del 1419 per annunciare l’esito positivo della vertenza.

Dom Maresmes fu poi nominato il 15 maggio 1419 dal Capitolo Generale, visitatore della provincia della Catalogna, dove profuse un grande impegno. Si occupò attivamente dei primi sviluppi della certosa di Montalegre. Nel 1425, fu poi nominato priore della certosa di Val de Christo e cercò di riportare sotto l’autorità di Roma gli ultimi sostenitori di Benedetto XIII. Nel 1433 si recò al Concilio di Basilea dove rappresentò i certosini in compagnia di altri priori dell’Ordine, si narra che il pontefice Eugenio IV intendeva nominarlo cardinale, ma egli rifiutò rivendicando la volontà di continuare la severa vita monastica certosina. Abbandonò poi il priorato di Val de Christo e si trasferì come semplice monaco alla Grande Chartreuse, ma dove fu chiamato ad essere coadiutore del vecchio Priore Generale Guillaume III de La Motte. Successivamente, nel 1437, fu eletto Priore della Grande Chartreuse e Generale dell’Ordine, incarico che svolse fino al 23 gennaio del1463, giorno della sua morte.

L’autore del dipinto che ho inserito in questo articolo, e che ritrae Dom Francesc Maresmes, fu un suo confratello certosino di Porta Coeli, tale Dom Ginés Diaz. Questi realizzò molte opere per la sua certosa tra il 1620 ed il 1650, tra questi una serie di tele raffiguranti la vita di San Bruno, che si trovano nella sala capitolare della certosa, ed alcuni ritratti, tra cui quello di Fray Juan de Nea e quello di Francesc Maresmes, entrambi attualmente conservati nel Museo delle Belle Arti di Valencia. Dom Ginès Diaz morì a causa di un’indigestione causata dall’acqua infetta di un pozzo nel 1654 nella certosa di Via Coeli, dove era Vicario. Alla sua morte il Capitolo Generale del 1655, gli accordò dei suffragi particolari!

Oggi a Sagunto, la sua città natale, vi è una strada a lui dedicata ed un monumento con un suo busto eretto a sua memoria in una piazza della cittadina.

Maresme sagunto

Una triste ricorrenza

Quel triste 23 aprile 1903

Oggi 29 aprile, in occasione della ricorrenza di un ignobile anniversario che riguarda l’espulsione subita dai certosini della Grande Chartreuse in questo triste giorno del 1903, voglio proporvi un documento eccezionale.

Ma prima una premessa, cosa accadde nelle settimane precedenti quel mercoledì 29 aprile?

La Camera dei Deputati, nonostante qualche velata opposizione, il 26 marzo si era opposta alla richiesta di autorizzazione a continuare a svolgere vita monastica fattagli pervenire dalle autorità dell’Ordine, con una lettera del Priore Generale Dom Michel Baglin.

E di conseguenza, dal 31 marzo fu deciso di inviare in Inghilterra il Noviziato presente nella Grande Chartreuse. Successivamente gli anziani e gli ammalati furono distribuiti tra le varie case all’estero. La produzione del liquore fu spostata a Tarragona, in Spagna. Dodici Padri e dieci Fratelli decisero di rimanere nella Grande Chartreuse fino alla fine.

Lo stesso 31 marzo, la prima camera del tribunale civile di Grenoble nominò il signor Henri Lecouturier, arbitro commerciale a Parigi, liquidatore dei beni dei certosini. Il giorno seguente, mercoledì primo aprile fu notificato al RP Generale, il primo diniego di autorizzazione, in secondo luogo fu indicato il tempo di quindici giorni concesso alla comunità per sciogliersi e lasciare i locali. L’11, dopo la deliberazione, i certosini, in piena conformità con le risoluzioni del Capitolo generale decisero: sarebbero rimasti e avrebbero ceduto solo alla violenza!

Ma ecco il documento di cui vi parlavo, una lettera dal tono vibrante del Reverendo Padre Dom Michel Baglin destinata al Primo Ministro Emile Combes.

Il 14 aprile, alle quattro del pomeriggio, padre Dom Michel, priore della Grande Chartreuse e Generale dell’Ordine, ha così consegnato al signor Urbain Poncet, avvocato presso la Corte d’appello di Grenoble, la lettera da lui inviata a Emile Combes.

Questa lettera fu pubblicata la sera seguente e la mattina seguente dai giornali:

Signor Presidente del Consiglio, scadranno i termini che gli agenti della sua amministrazione credevano di poter fissare per la nostra permanenza alla Grande Chartreuse. Ora, primo, hai il diritto di sapere che non abbandoneremo il posto di penitenza e intercessione dove è piaciuto alla Provvidenza di collocarci. La nostra missione qui è soffrire e pregare per il nostro caro Paese: solo la violenza fermerà la preghiera sulle nostre labbra.

Purtroppo, nei giorni difficili in cui regna l’arbitrio, è necessario prevedere le contingenze più tristi; e poiché, nonostante la giustizia delle nostre richieste, è possibile che un colpo di forza improvvisamente ci disperda e addirittura ci butti fuori dalla nostra patria, vorrei dirti oggi che ti perdono, a nome mio personalmente e in il nome dei miei colleghi, le varie procedure, così poco degne di un capo di governo, che avete impiegato nei nostri confronti. In altri tempi, l’ostracismo non disdegnava, come fa oggi, armi apparentemente leali.

Tuttavia, crederei che sto venendo meno al dovere della carità cristiana se, al perdono che ti concedo, non aggiungessi un consiglio salutare insieme a un avvertimento serio. Il mio doppio carattere di sacerdote e religioso mi autorizza indiscutibilmente a rivolgermi a entrambi, per fermarvi, se avete ancora qualche traccia di cautela, nell’odiosa e inutile guerra che state conducendo contro la Chiesa di Dio.

Così, su vostro urgente invito e sulla produzione di un documento di cui non dovreste, a quanto pare, ignorare la manifesta falsità, una Camera francese ha condannato l’Ordine di cui Nostro Signore mi ha stabilito come Capo. Non posso accettare questa frase ingiusta; Non lo accetto; e, nonostante il mio sincero perdono, chiedo la revisione, secondo il mio diritto e mio dovere, da parte dell’infallibile Tribunale di Colui che è costituito nostro Giudice Sovrano. Pertanto, – presti particolare attenzione alle mie parole, signor Presidente del Consiglio, e non abbiate fretta né di sorriderle, né di considerarmi un fantasma di un’altra epoca, – di conseguenza verrete con me davanti a questo Tribunale di Dio. Là, niente più ricatti, niente più artifici di eloquenza, niente più effetti tribunali o manovre parlamentari niente più documenti falsi o una maggioranza compiacente; ma un giudice calmo, giusto e potente, e una sentenza senza appello, contro la quale né tu né io possiamo protestare.

A presto, Signor Presidente del Consiglio!

Non sono più giovane e tu hai un piede nella tomba. Preparati, perché il confronto che ti sto annunciando ti riserverà emozioni inaspettate. E, per quest’ora solenne, conta più su una sincera conversione e una seria penitenza che sulle capacità e sui sofismi che risparmiano i tuoi fugaci trionfi.

E poiché il mio dovere è restituire il bene per il male, pregherò, o, per dirla meglio, noi certosini, di cui avete decretato la morte, continueremo a pregare il Dio delle misericordie, che perseguitate così stranamente nei suoi servi , affinché ti conceda il pentimento e la grazia di salutari riparazioni.

 Signor presidente del Consiglio, sono il vostro umilissimo servitore.

Fratello Michel Baglin, Priore della Grande Chartreuse.

Dom Michel Baglin

Quello che accadde il 29 aprile del 1903 resta una pagina tristissima della storia dell’Ordine certosino.

Ma cosa accadde poi ai protagonisti principali di questa vicenda?

Combes Dom Baglin

                       Emile Combes                                                          Dom Michel Baglin

Ebbene, Emile Combes morì il 25 maggio del 1921, mentre Dom Miche Baglin terminò i suoi giorni terreni piamente il 20 gennaio del 1922. Ebbe dunque tutto il tempo di pregare per l’anima dello sfortunato uomo che lo aveva preceduto nell’aldilà ed al quale, come abbiamo visto nella lettera che vi ho proposto, aveva preso appuntamento davanti alla Corte del Sovrano Giudice. Entrambi in breve tempo sono apparsi davanti a Dio, il persecutore e la sua vittima.

Possa Dio averli ammessi per l’eternità a godere della Sua Luce.

I Priori Generali sepolti in Italia

Nell’articolo di oggi voglio parlarvi della inconsueta sepoltura di tre Priori Generali dell’Ordine certosino. Difatti, contrariamente al solito, ovvero che colui che ricopre l’incarico di Priore della Grande Chartreuse è allo stesso tempo Priore Generale, e quindi alla fine dei suoi giorni è seppellito nel cimitero con le croci di pietra ad essi dedicato (nella foto).

Ma cosa ha impedito questa consuetudine?

A seguito della ignobile espulsione subita dai certosini della Grande Chartreuse il 29 aprile del 1903, frutto di odiose leggi anticlericali andate in vigore in Francia a seguito della Rivoluzione e che si concluderanno con la definitiva separazione tra Stato e Chiesa avvenuta nel 1905, la comunità espulsa trovò rifugio nella certosa di Farneta.

Fu così che il 10 novembre del 1903 l’Ordine certosino dovette riacquistare la certosa di Farneta, nel frattempo diventata proprietà privata. Difatti, l’eremo certosino toscano nel1806 a sua volta era stato soppresso, come tutti gli ordini religiosi dello stato lucchese, ed anche i certosini di Farneta furono così costretti ad abbandonare il monastero.

I monaci della Grande Chartreuse espulsi dalla Francia poterono così trasferirsi “in esilio” a Farneta. La certosa di Farneta diventava così la Casa Generalizia dell’Ordine ed in essa vi furono trasportati, tra l’altro l’importante archivio e la grande biblioteca provenienti dalla Grande Chartreuse..

Ma la piccola certosa, in disuso da un secolo, non era pronta per tornare alla sua antica destinazione. Si rese necessario l’ampliamento della casa per poter accogliere i Priori del Capitolo Generale e per ospitare la comunità della Grande Chartreuse. Un lavoro considerevole fu intrapreso e svolto con rapidità, nonostante le numerose difficoltà La vecchia struttura della certosa fu completamente rispettata e restaurata ed il numero delle celle fu triplicato, l’intero chiostro prese la graziosa forma di un immenso colonnato rettangolare, la cui profondità ricorda in qualche modo il chiostro della Grande Chartreuse. Sul fronte furono costruiti due grandi edifici, uno per gli ospiti e per i Priori ospiti del Capitolo Generale, l’altro per i Fratelli e per le obbedienze.

Nel 1903 e nel 1904, non potendo convocare il Capitolo Generale a Farneta, il Reverendo Padre ottenne dalla Santa Sede l’autorizzazione a riunirlo presso la Certosa di La Valsainte, in Svizzera. Fu lì che si tenne effettivamente l’incontro del 1904. Fu stabilito che il governo dell’Ordine, con il Reverendo Padre ed il Capitolo Generale, avrebbe avuto come sede Farneta.

Nel 1905, per la prima volta, si riunì a Farneta il Capitolo Generale.

Rara immagine del Capitolo generale del 1905 alla certosa di Farneta

Rara immagine del Capitolo generale del 1905 alla certosa di Farneta

I tre Priori Generali a Farneta dal 1903 al 1940

Tre quindi furono i Priori Generali che si susseguirono in questo periodo, e che quindi morirono e non furono sepolti nel cimitero delle croci di pietra della Grande Chartreuse.

  • 1892-1905 : Michele Baglin
  • 1905-1911 : Renato Herbault
  • 1911-1938 : Giacomo Maria Mayaud

Dom Michel Baglin

Alfred – Louis Baglin, nacque a Château-Gonthier (Mayenne), il 15 novembre del 1839. Egli fece la professione solenne nella certosa di Notre Dame de Pres a Montreuil il 3 giugno del 1883. Fu eletto priore di Valbonne, e successivamente, nel 1892 fu incaricato come Priore Generale alla Grande Chartreuse. Ebbe il compito di organizzare le case rifugio, durante l’espulsione subita nel 1901. Rimase in tale incarico fino al 1905, quando decise per motivi di salute di ritirarsi, ottenendo misericordia, gli fu restituita così la pace, il silenzio, la felicità nascosta e raccolta della vita di un semplice religioso, interamente consacrato a cercate solo Dio. Scelse di ritirarsi alla certosa di Calci, Si narra che un anno dopo, alcuni Priori, venuti al Capitolo Generale e di passaggio a Pisa, si fermarono per alcune ore nella certosa dove si era ritirato Dom Michel, volendo salutare di passaggio il loro ex Generale. Era l’ora del lavoro manuale e lo trovarono nel suo giardino, con un grembiule da lavoro, la vanga in mano, calzato con zoccoli terrosi e copiosamente sudato! La vita certosina ha questi contrasti e questa semplicità…

A Calci terminò i suoi giorni terreni il 20 gennaio del 1922 dove fu sepolto.

Dom Renè Herbault

René-Marie Augustin Herbault nacque a Fontevrault, nella diocesi di Angers, il 2 febbraio del 1844. Entrò nella Grande Chartreuse e fece la professione il 22 gennaio del 1868. Successivamente fu nominato Procuratore Generale a Roma, fu dunque eletto il 3 maggio 1905 Priore Generale della Grande Chartreuse esiliata a Farneta, come successore di Dom Baglin. Nessun fatto esterno molto saliente contraddistinse il suo generalato, egli è ricordato come un padre pieno di gentilezza. Religioso esemplare, con una modestia pari solo alla sua pietà, Dom René non ebbe la fortuna di vedere riaprire la Grande Chartreuse. Morì in carica il 14 dicembre 1911, dopo una brevissima malattia, e fu seppellito nel cimitero di Farneta.

Dom Jacques Mayaud

Pochi giorni dopo la morte di Dom René Herbault, si elesse Priore e Generale dell’Ordine Dom Jacques-Marie Mayaud, nato a Saumur, nella diocesi di Angers, il 28 novembre del 1855, e professo a Valbonne il 21 novembre 1887. Al momento dell’espulsione del 1903, Dom Jacques era al fianco di Dom Michel Baglin, di cui era lo scriba. Quando Dom René fu eletto Priore Generale nel 1905, Dom Jacques lo aveva sostituito a Roma come Procuratore Generale. Divenuto a sua volta Reverendo Padre nel dicembre del 1911, conobbe i tumulti della prima guerra mondiale. Dal 1915 al 1918 gli fu impossibile, nel blocco universale delle comunicazioni, convocare il Capitolo Generale.

Dom Jacques diresse e svolse in prima persona, l’opera di adeguamento degli Statuti certosini al nuovo Codice di Diritto Canonico, opera richiesta dalla Santa Sede. Nel 1930, Dom Jacques preparò anche con il Capitolo Generale, una nuova edizione dell’Ordinario o Cerimoniale Certosino.

Le sue infermità lo costrinse, all’inizio del 1938, a chiedere alla Santa Sede di accettare le sue dimissioni. Ottenne con soddisfazione misericordia il 19 febbraio. Dom Jacques morì il 29 ottobre dello stesso anno, e fu seppellito nel cimitero della certosa di Farneta.

Per completezza…

Il 2 marzo 1938, la comunità di Grande Chartreuse ospitata a Farneta elesse a Generale dell’Ordine, Dom Ferdinand Vidal, già procuratore dal 1930. Questi ebbe la pesante responsabilità seguita dalla grande gioia di riportare i certosini nella culla del loro Ordine, ma questa è un’altra storia che presto vi racconterò.

Soltanto nel 1940 la comunità poi poté rientrare in Francia, fatto che fu accelerato anche per l’ingresso in guerra dell’Italia contro la Francia. Con decreto della Santa Sede del 3 agosto 1940, la certosa di Farneta fu così costituita Casa regolare con proprio noviziato.