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Roma ed i certosini

ex certosa Santa Croce in Gerusalemme

Molti conoscono la chiesa di Santa Croce in Gerusalemme, costruita dall’imperatore Costantino e legata a sua madre Elena, e alle reliquie da lei portate dalla Terra Santa (in particolare, un frammento di legno della croce di Cristo). Ma la chiesa è sorta all’interno di un preesistente complesso di edifici e di giardini di grande bellezza, di cui rimangono testimonianze non sempre visibili.

Nell’articolo odierno, cari amici vi parlerò della presenza dei monaci certosini nella certosa di Santa Croce di Gerusalemme a Roma. Dapprima intendo farvi una premessa circa la presenza certosina nella città eterna.

Il primo insediamento certosino in Italia, avvenne a Roma nel 1090, quando Papa Urbano II, donò a San Bruno la chiesa di San Ciriaco nei pressi delle Terme di Diocleziano. Bruno rifiutò, perchè il luogo non era consono per svolgere la vita certosina. Nel 1304 Padre Boson chiese l’insediamento dei Certosini nelle antiche terme. Quest’ ultima ipotesi fu ritenuta troppo costosa, si optò allora, per l’ex convento Agostiniano di Santa Croce di Gerusalemme a Roma, il quale da diversi anni era vacante, perché priva di persone che celebrassero il culto divino. Nel 1370 con una Bolla Urbano V autorizzò il benefattore Nicola Orsini a fondare una certosa.

Furono donate, oltre alla chiesa anche tutti gli edifici annessi, ovvero chiostro celle, cimitero campane e campanile oltre agli orti ed ai terreni adiacenti. Nell’atto di donazione con cui Nicola Orsini trasmette questi beni all’Ordine, egli promette di ricostruire la casa, di dotarla e arredarla a sue spese, perché vi possano vivere un priore e dodici monaci, chierici e conversi, secondo le consuetudini certosine. Fu inserita nell’atto una clausola particolare, infatti il nobile benefattore dichiara che qualora la chiesa di Santa Croce non sembrasse adatta ai certosini, egli promette di costruirne un’altra nell’ ambito adiacente, a sue spese. La nuova certosa fu incorporata nell’Ordine nel 1370 e nella Prov. Lombardiae remotioris (Prov. S.Bruno), fu nominato come primo priore Dom Guido Favullia, già vicario della certosa di Bologna. Nel 1382 a causa dello scisma, nella certosa di Roma fu celebrato un Capitolo Generale in esso alcuni priori elessero quindi come altro Generale, Giovanni di Bari, il quale nel 1381 aveva sostituito come priore della certosa di San Martino di Napoli, il già citato, Giovanni Grillo, che era stato rimosso dal suo incarico poiché considerato un partigiano dell’antipapa. Giovanni di Bari scelse come sua sede la certosa di Firenze di cui era già stato precedentemente priore.

Nel 1390 le Cronache riferiscono che Dom Stefano Maconi, quand’era ancora a Bologna, prima di essere rieletto Generale dell’Ordine, fu incaricato con il priore di Roma, Dom Roberto, per recarsi dal pontefice Bonifacio IX, al fine di chiedere un trasferimento dato che i monaci “vix corpore coeli locique gravitatem sustinere poterant” ovvero vi erano delle difficoltà per proseguire la vita monastica a S.Croce.

Alle oggettive difficoltà denunciate dai certosini, purtroppo non si riuscì a trovare nell’immediato una soluzione soddisfacente, anche se Bonifacio IX concesse ai monaci un ex monastero benedettino di Palazzolo con una Bolla del 21 ottobre 1391, che fu utilizzata come luogo per far ritemprare i monaci vecchi e malati.

Successivamente anche Innocenzo VII, il successore di Bonifacio IX, verrà incontro alla situazione precaria della certosa romana, riparando la copertura della Chiesa e accordando loro edifici attigui, in una Bolla del 1406.

Il disagio a Santa Croce di Gerusaleme continuò ad esserci, al punto tale che nel Capitolo Generale del 1429 fu deciso di rinunciare a tale insediamento comunicandolo direttamente al pontefice, ma a causa di varie situazioni, tra cui la peste il caos regnava. Pertanto il Pontefice non potè venir in aiuto dei certosini e tanto meno accondiscendere alla chiusura del loro convento. Tuttavia quel luogo aveva un clima assai malsano e neppure offriva la solitudine indispensabile per la vita claustrale certosina, ma bisognerà attendere l’inizio del XVI secolo, allorquando il cardinale du Bellay, ambasciatore di Francesco I, aveva costruito vicinissima alle Terme di Diocleziano una villa circondata da giardini. Alla sua morte, nel 1560, il cardinale san Carlo Borromeo l’acquistò e lo donò a suo zio, Papa Pio IV, il quale lo concesse in favore dei Certosini (1560). Con bolla del 27 luglio 1561 papa Pio IV dispose la trasformazione delle Terme di Diocleziano nella Chiesa e nella Certosa di Santa Maria degli Angeli.

stampa

(Concessione delle Terme ai Certosini 10 marzo 1560)

Già dalle lettere, che ci sovviene di averti scritte fin dall’anno passato, avrai inteso che Noi in onore della B.V.M. degli Angeli e di tutti i Santi, non senza ispirazione divina come si può credere abbiamo determinato di edificare in Roma a nostre spese e della Sede Apostolica una Chiesa nelle Terme di Diocleziano, anzi di convertir le Terme stesse, le quali furono dall’empio tiranno e crudelissimo nemico della Chiesa per i comodi e i piaceri degl’Idolatri con infinito sangue e sudore dei Fedeli edificate, in culto di Dio e in devozione dei medesimi cristiani. Potrai ancora aver conosciuto dalle stesse nostre lettere la distinzione con cui abbiamo trattato l’Ordine tuo Certosino; poiché non trovandosi in Roma Comunità religiosa che non reputasse grazia e beneficio singolare l’avere un luogo così ameno e di aria così salubre, noi nondimeno a tutti gli altri abbiamo voluto anteporre l’Ordine tuo. Della qual predilezione non solo abbiamo fatta una grazia particolare ai tuoi religiosi, ma abbiamo preteso anche di provvedere alla loro sanità. Poiché essendo la Chiesa di S.Croce in Gerusalemme, cui il loro monastero è unito in luogo d’aria insalubre in modo che d’estate ogni anno vi si ammalavano gravemente e anche vi morivano.

Perciò Noi onde condurre a termine col divino aiuto ciò che ci siamo proposti di fare, come abbiamo promesso ai tuoi religiosi, dopo aver purgato e consagrato quel luogo, abbiamo già cominciato a edificare la Chiesa, nella quale opera abbiamo impiegato molti artefici, e con non piccola spesa messe in ordine le altre cose necessarie.

Dato in Roma ai X di Marzo 1560 anno II del n. Pontif.

Breve di Pio IV

navata e altare

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Un semplice esperienza

cartoon certosino

Lo scorso 27 ottobre, cari amici, ho pubblicato un’articolo riguardante una testimonianza di un giovane, il quale aveva trascorso un periodo nella certosa argentina di Dean Funes. Questo articolo ha riscontrato l’interesse di tanti, tra questi un’altro lettore del blog, il quale mi ha inviato la sua personale esperienza vissuta tra le mura certosine. Una esperienza breve, ma intensa, vi lascio al suo racconto.

La mia esperienza è molto semplice: mi sono trovato in Certosa perché avevo avuto il permesso di visitare un mio amico che stava facendo il cammino per diventare padre. Quando arrivai in Certosa fui accolto dal Priore e dagli altri fratelli e già avvertii qualcosa di particolare. Il meglio (per quanto mi riguarda) avvenne quando mi recai in chiesa per il Mattutino dove mi fu assegnato un posto vicino ai fratelli mentre io mi ero messo distante per non dare fastidio. Durante il lungo tempo del mattutino percepii la presenza tangibile del Divino che culminò durante la messa quando riuniti intorno all’altare fu spezzata l’eucarestia. Durante i quattro giorni di permanenza il momento più bello della giornata (passata rispettando la regola dell’ordine visto che mi era stata data una stanza dove vivevano i fratelli) era recarsi al mattutino dove si veniva avvolti dal canto gregoriano e dalla presenza parlante dei padri e fratelli pur nel silenzio, il resto della giornata passava leggendo un volume che conteneva la regola dei certosini e degli scritti di Guido che spiegavano l’essenza della vita certosina. Questa in sintesi la mia esperienza presso la Certosa di Serra San Bruno. Negli anni mi è capitato spesso di pensare che quell’incontro, che, non è stato casuale ed ho ripensato alle parole di San Bruno che diceva “Che incontrare una Certosa non è un caso ma una chiamata” (mi auguro di non aver fatto errori nella citazione). Spero di poter esser stato utile con quanto ho scritto. Grazie e D.V. B

Io aggiungo, grazie a te caro amico che con queste tue sensazioni condivise sarai di aiuto a quanti vorranno approcciarsi alla clausura certosina.

 

Dom Charles-Marie Saisson

13Sais

Continua l’approfondimento sui Priori Generali susseguitisi nel corso dei secoli al vertice dell’Ordine certosino. Oggi vi farò conoscere Dom Charles-Marie Saisson, che stette in carica dal 1863 al 1877.

Charles-Marie Saisson nacque nel 1806 ad Avignone, da una famiglia virtuosa. Era insegnante al seminario minore di Sainte-Garde quando pensava di lasciare il mondo; quest’anima d’élite sentiva il bisogno di trovarsi faccia a faccia con Dio nella calma e nel silenzio del chiostro. Quando entrò nella Grande Chartreuse, Charles-Marie Saisson aveva ventinove anni; iniziò il noviziato nell’agosto 1835 e vestì l’abito il 13 settembre successivo. Poco dopo la sua Professione, avvenuta il 14 settembre 1836, i superiori che gli avevano riconosciuto il merito lo inviarono alla Certosa di Roma, dove assunse successivamente gli uffici di Procuratore, Maestro dei Novizi e Vicario. Nel 1838 lo troviamo Procuratore della Certosa di Torino. Da lì si recò a Genova, nel 1841, per rispondere al desiderio del re Carlo Alberto che voleva fondare una seconda Casa di Certosini nei suoi feudi. L’anno successivo, a Dom Charles-Marie fu affidata una missione ancora più difficile: si trattava di recuperare la magnifica Certosa di Pavia, secolarizzata dall’imperatore Giuseppe II. Durante l’anno trascorso nella città di Vienna, Dom Charles-Marie mostrò, come diplomatico, “un talento che è stato superato solo dalla sua pazienza di sopportare la lentezza di una burocrazia meticolosa e le azioni sorde di certi personaggi ostili all’opera. Fece ricorso ai grandi mezzi impiegati dai santi: il digiuno e la preghiera. Toccato da tante virtù, Dio gli fornì potenti protettori e gli rese favorevole la famiglia imperiale. Quando i suoi pazienti passi furono coronati da successo, il Reverendo Padre Dom Jean-Baptiste Mortaize lo nominò Rettore di questa Casa, poi Priore, nel 1844. Essendo poi completamente ristabilita l’osservanza certosina a Pavia, il Generale inviò Dom Charles-Marie a dirigere la Certosa di Padula, pur conservando il titolo di Visitatore; siamo nel 1852. Chiamato, quattro anni dopo, alla Grande Chartreuse, come segretario del Reverendo Padre, lasciò questo Monastero solo nel 1885, per prendere la direzione della Certosa di Bosserville e ricoprire l’ufficio di Visitatore della Provincia di Francia. Fu a Bosserville che i delegati del Grande Chartreuse vennero ad annunciare a Dom Charles-Marie la sua elevazione alla Casa Generalizia. L’elezione ebbe luogo il 2 febbraio e l’insediamento ha avuto luogo il successivo 6 marzo. Si narra che un vecchio monaco, apprendendo la nomina di Dom Charles, gli inviò un quadretto in cui erano rappresentati gli strumenti della Passione, con queste parole che scrisse in calce: et ibi crucifixerunt eum. “Se queste parole – ha detto monsignor Fava, Vescovo di Grenoble, in una lettera indirizzata al suo clero – possono essere applicate a tutti i superiori che si fanno carico, si sono realmente realizzate in Dom Charles, che la malattia lo costringeva tante volte nella sua cella quando non lo stava inchiodando a un letto di dolore. Costò questa natura attiva vedersi condannato al riposo, questo amico della Regola non potè camminare alla testa dei suoi Religiosi – ma si rassegnò, pensando che il dolore, sopportato in unione con Gesù -Cristo crocifisso, fosse fecondo, e che spesso piace a Dio scegliere tra le Comunità una vittima, che depone sull’altare del sacrificio, perché altre anime siano rese partecipi dei suoi meriti. Dom Charles-Marie seguì gli esempi dei suoi illustri predecessori; ristabilì le Certose di Sélignac, Neuville-sous-Montreuil, Glandier, e gettò le fondamenta delle Certose di Hain, in Germania, e Parkminster, in Inghilterra. Questo venerabile generale sembrava aver appreso da Dom Jean-Baptiste Mortaize il segreto di moltiplicare le risorse risparmiate alla Grande Chartreuse dalla divina Provvidenza, ed è per me il dispensatore generoso e fedele. Il Vescovo di Grenoble ci racconta che “mai un lieto male bussò invano alla porta del suo Monastero; ogni miseria che andava a confidare nel suo cuore fu alleviata; la sua anima si apriva al racconto della sventura con un ardore e una tenerezza che la sua voce e le sue lacrime spesso tradivano. Quando a volte si trovava obbligato a rifiutare le richieste che una fiducia eccessiva o indiscreta riponeva in lui, allora gli faceva anche male il cuore. Il suo sguardo affettuoso, così come le sue parole piene di tenerezza, esprimevano il suo dolore e il suo rimpianto. Il Rev.do Padre Charles-Marie è stato chiamato come Generale dell’Ordine a partecipare al Concilio Vaticano; il suo atteggiamento era quello che ci si potrebbe aspettare da un pio figlio di san Bruno. Sull’importante questione dell’infallibilità del Romano Pontefice, si pronunciò in senso affermativo e fece una nota molto notata dai Padri del Concilio. Monsignor Fava, suo ammiratore e suo amico, ci ha lasciato un bel ritratto di questo santo religioso. “Dom Charles era dotato di una delicatezza profonda come il suo sguardo; ma soprattutto era un uomo di cuore. Con la facoltà d’amore che possedeva in grado eminente, Dio le aveva anche elargito le virtù che la orientano, la mondano e la fanno fiorire in fiori e in frutti celesti. Così fu padre de’ suoi Religiosi, ed i suoi Religiosi furono per lui figli amorosi e fiduciosi; prodigava loro i suoi consigli, il suo incoraggiamento, le sue cure ed i suoi servizi. Con i suoi esempi, mostrò loro come, con vera semplicità, si può elevarsi alle virtù più maschili e più eroiche. Chiamato dal suo rango a ricevere la visita di una folla di stranieri, era facilmente accessibile a tutti: semplice con i piccoli, nobile con i grandi. Ammiravamo in lui quello sguardo dolce e vivace, quel volto sempre sorridente in cui si mostrava allo scoperto la sua anima così bella; ci ritireremmo felici. Nel maggio 1876, Don Charles-Marie si recò di nuovo a Roma; volle, prima di morire, rivedere il venerabile Pontefice Pio IX. Uscendo dal pubblico, inondato di felicità e gioia, esclamò: “Ora posso cantare il mio nunc dimittis“. Infatti l’ora della partenza non tardò a scoccare, l’apoplessia che lo colpì improvvisamente il 15 dicembre dello stesso anno, fu per lui il segnale. Il 26 marzo 1877, con il permesso del Sommo Pontefice, si recò alla Chartreuse de Valbonne. In questo clima più temperato, il Venerabile Generale riprese un po’ di forza e riacquistò alcuni giorni di salute, ma fu solo un lampo di felicità per i suoi Religiosi. Il 7 aprile Dom Charles-Marie ricadde per non rialzarsi e il 17 dello stesso mese si addormentò serenamente nel Signore. Poco prima di morire gli fu chiesto se volesse qualcosa: sì, sussurrò.., il cielo! il suo corpo fu riportato alla Grande Chartreuse. Il reverendo padre Dom Charles-Marie Saisson aveva settantuno anni; aveva governato l’Ordine per quattordici anni, e aveva vissuto sotto l’umile abito dei monaci certosini per quarantadue anni.

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Sul portale della certosa di Neuville, scultura rappresentante Dom Charles-Marie Saisson

La certosa di Motta Grossa

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Cari amici, oggi voglio parlarvi della seconda certosa fondata nel XX° secolo, ma ormai del tutto sconosciuta ai più. Essa fu la 278esima fondazione certosina che nacque, e fu fondata in Italia, precisamente a Riva di Pinerolo in Piemonte, essa fu nota come certosa di Motta Grossa.

Ma conosciamone la sua storia.

Bisogna raccontare un antefatto, nel 1903 a seguito di leggi che soppressero case monastiche, la comunità certosina femminile di Bastide Sainte Pierre a Montauban nella Garonna in Francia, dovette abbandonare il proprio convento trovando rifugio in Italia. Il Padre Priore Generale dell’epoca, Dom Michel Baglin, dovette, acquistare l’antico castello medievale di “Motta dei Trucchetti” da un medico di Torino, Mario Scrivano, su richiesta di padre Martin, superiore del seminario di Pinerolo, e grande benefattore delle monache fino alla sua morte. Le consorelle certosine, si insediarono così presso l’antico castello nel 1903.

Furono realizzati grandi lavori di ristrutturazione, iniziati nell’ottobre 1903, eseguiti sotto la direzione di Dom Roch Mallet, procuratore della Grande Chartreuse, il quale rese gli edifici idonei alla regola monastica certosina. Fu installato un bellissimo orologio, proveniente dalla certosa di Le Reposoir, che fu posto in una torre quadrata, a una cinquantina di metri dal convento. Poiché l’antica cappella di San Giovanni Battista, situata nel giardino, era troppo piccola, ne fu costruita un’altra più spaziosa, e Dom Michel Baglin andò a benedirla il 12 maggio del 1904 titolandola a Santa Rosellina. In questo luogo la comunità religiosa rispettò la regola certosina come casa rifugio, e soltanto in seguito, nel 1936, visto la notevole crescita del numero di monache, si decise di erigere una certosa autonoma conosciuta con il nome di Motta Grossa. Le monache certosine di Riva, rappresentarono la seconda fondazione femminile dell’Ordine in Italia, dopo quella di Buonluogo, esse vi rimasero fino al maggio del 1998 data in cui si trasferirono alla certosa di Vedana. La certosa fu poi ceduta all’Istituto Diocesano di Torino, che da allora l’ha abbandonata.

Ma cosa ne è stato di questa certosa?

Oggi, la certosa di Motta Grossa ci appare come un luogo abbandonato e spettrale, svetta tra la fitta vegetazione che quasi ne impedisce l’accesso. Un vecchio cancello arrugginito ma aperto, ne ha consentito l’ingresso a balordi sacrileghi, che nel corso degli anni hanno vandalizzato gli ambienti claustrali. Lo stato di abbandono, è subito percepibile, vetri rotti, finestre spalancate, tapparelle divelte e porte sfondate invase dai rovi, fanno da sfondo a quel che resta degli arredi liturgici. Writer sfrontati hanno deturpato le pareti irrimediabilmente.

La struttura monastica è costituita da un enorme edificio eretto su due livelli, al centro del pian terreno si trova la Chiesa con i suoi imponenti stalli lignei, con l’altare maggiore ed un grande crocifisso ligneo. Nel 1947, Michele Baretta dipinse l’ affresco ancora presente nell’abside, raffigurante la certosa nel contesto del paesaggio di Pinerolo, su di un lato si accede alla sacrestia. In essa troviamo ancora un grande mobile che conteneva i paramenti sacri, ed i cassetti a scaffale che un tempo custodiva i documenti del monastero. Poco più a sinistra si entra nella cucina dove troviamo l’enorme focolare al centro, dalla parte opposta si trovano invece le stanze adibite a lavanderie e laboratori che le sorelle usavano per cucire e ricamare, lavorare il legno e la ceramica, che in quel periodo servivano come sostentamento economico di tutto il convento.

Al piano superiore si entra in un lunghissimo corridoio che conduce alle celle dove vivevano le sorelle. Ogni cella era composta da un piccolo ingresso, dove nella parete interna si vede ancora un immagine in legno della Madonna e una piccola sporgenza che serviva a sostenere la candela che illuminava l’immagine, a sinistra un piccolo bagnetto frontalmente si trova la piccola stanzetta adibita a studiolo dove in un angolo una piccola stufa a legna riscaldava tutta la cella nei rigidi inverni, sulla destra invece il letto spartano, e l’inginocchiatoio che le suore usavano per la preghiera. Esternamente al centro si trova un enorme giardino che al tempo serviva come orto dove le monache coltivavano gli ortaggi che servivano al fabbisogno quotidiano. Purtroppo ovunque si trovano tracce del passato, incredibilmente ovunque si trovano ancora sedie, libri, lettere, statue come se si fossero cristallizzati dal giorno in cui le monache abbandonarono questa certosa. Le immagini che seguono, credo possano farvi meglio comprendere quanto ho provato a spiegarvi in questo articolo. I video che ho scelto per voi, sono due, il primo è quello che più rende idea del presente e del passato, poichè in esso vi sono anche rare immagini della quiete vita monastica.  Il secondo è una testimonianza capillare,  della situazione di decadimento di due anni fa, potrete percepire come la devastazione aumenta crescentemente con il passare del tempo!

Grazie agli autori che li hanno realizzati!

Auspichiamo che qualcuno possa intervenire, per evitare ulteriore degrado ad un luogo in cui regnava la spiritualità monastica certosina, e nel quale oggi la sacralità sembra ormai svanita.

VIDEO 1

VIDEO 2

Un opuscolo per le vocazioni femminili

Cari amici di Cartusialover, oggi voglio promuovere con questo articolo un opuscolo che è in vendita on line presso il sito della Certosa inglese di Parkminster. In esso vi sono 32 pagine, con altrettante foto che mostrano ogni aspetto della vita monastica femminile certosina. Furono realizzate nella certosa di Notre Dame di Reillanne in Francia, alcuni anni orsono, risulta essere un ottimo reportage sull’ideale monastico certosino e sulla quotidianeità all’interno della clausura. Voglio offrirvi alcune di queste immagini, con relativa didascalia. Possa questo articolo essere un’ ausilio per coloro che mi contattano con intenzioni di voler fare discernimento seguendo questo stile di vita. Preghiamo insieme per le vocazioni monastiche femminili certosine.

  • Interno della cappella, con ambone, stalli del coro a sinistra e a destra, altare, tabernacolo (al centro), statua della Madonna con Gesù Bambino (L), crocifisso (R) e campana a fune (L) appena fuori dalla porta che immette al cella del sacrista.

Interno della cella. Questa foto mostra la camera da letto, lo studio e lo spazio di preghiera sul retro della casetta, la stanza anteriore, collegata all’Ave Maria, è uno spazio di lavoro / deposito per cucire, fare iconografia, calligrafia, dattilografia, ecc. C’è anche un bagno e giunge a sinistra di questa stanza sul retro, dietro una porta. A destra accanto alla finestra c’è una porta che immette direttamente in giardino. Le dimensioni sono di 15mx17 contando il giardino.

  • Cella, Ave Maria, casa e giardino con monaca presente . Sono presenti alberi da frutto insieme ai fiori e il raccolto viene utilizzato per i bisogni della comunità. Talvolta un fico e un mandorlo sono presenti in giardino.
  • (Portello) sul lato della cella, Ave Maria accanto alla porta che conduce al chiostro e vista dal lato del chiostro con la suora alla porta della cella.

  • (Portello) sul lato della cella, Ave Maria accanto alla porta che conduce al chiostro e vista dal lato del chiostro con la suora alla porta della cella.
  • Pranzo di mezzogiorno in cella. Postulante seduta al suo tavolo a leggere mentre consuma il suo sostanzioso pasto della giornata. Solitamente composto da zuppa o insalata, piatto di carboidrati come patate o pasta e piatto proteico, pesce, uova o lenticchie, sono presenti anche frutta e yogurt, burro e pane. Nella cella viene conservato un grande barattolo di miele e latte in polvere insieme a caffè solubile e sale e pepe, il resto viene consegnato giornalmente al guichet, che è un portello nel muro dell’Ave Maria che collega la cella al chiostro. L’acqua del rubinetto nella cella è potabile.

  • Refettorio, utilizzato per i pasti della comunità la domenica e nei giorni di festa come il Natale. La priora siede sola sotto la croce. Le postulanti si siedono ai tavoli più lontani da lei
  • Incontro domenicale del noviziato con Madre Maria Madeline – Maestra delle Novizie, due postulanti vestite di nero e due semplici suore professe

  • Sala del capitolo situata accanto alla cappella, tutto è molto semplice, semplice, con elementi di distrazione minimi, ma molta luce e aria.
  • Veduta aerea di Nostra Signora di Notre Dame che mostra i due chiostri, quello in basso a sinistra per le suore del coro e quello in alto a destra per le suore converse e donate, la cappella si trova al centro dell’immagine immediatamente sopra di essa, al centro del quadrato oltre lo spiazzo di terra, è l’edificio dove vivono i due sacerdoti e il fratello laico. Il terreno è ricoperto da piccoli alberi di quercia e un fiume che alimenta i bisogni elettrici della comunità scorre attraverso i terreni.

Omaggio al “fotografo del silenzio”

 

 

grazie Bruno

Oggi 19 agosto si celebra la Giornata mondiale della fotografia, istituita nel 2010. Questo giorno è stato scelta proprio perché coincide con la data di nascita del dagherrotipo, fatta risalire convenzionalmente al 19 agosto 1837.

Premesso ciò, vi chiederete che nesso vi è con il mondo certosino, ebbene in questa giornata voglio ricordare il noto fotografo Bruno Rotival, prematuramente scomparso lo scorso anno. Egli era noto anche come il fotografo del silenzio, difatti fin dal 1976 egli ha cominciato a fotografare esclusivamente Certosini, Benedettini, Clarisse, Cistercensi, Trappisti… più di 80 comunità monastiche gli hanno già aperto le porte delle loro chiese, chiostri o celle. Rotival, ha iniziato appena ventenne dalla Grande Chartreuse realizzando scatti memorabili, per un totale di 37000 foto! Appassionatosi alla vita monastica, pur definendosi ateo, nella sua esistenza ha intrapreso un vero viaggio spirituale, che lo ha condotto ad incontrare molte comunità, in Francia ed all’estero, per catturare, in silenzio e rispetto, la vita così segreta dei religiosi.

È difficile non tracciare il parallelo tra la ricerca spirituale dei monaci e la ricerca artistica del fotografo. Egli disse: “Tra fotografia e contemplazione, la complicità sembra evidente. Entrambi sono una questione di purezza, di trasparenza. Un contemplativo ed un fotografo devono saper essere pazienti: bisogna imparare senza sosta a tenere ferma la propria anima di fronte a qualcosa di bello. ”

Rotival è riuscito sempre ad immortalare i religiosi nella discrezione, con una macchina fotografica muta e senza flash, e come egli diceva:

Un monaco non si mette in posa. Quando prega, prega davvero. I monaci dimenticano la mia presenza ”.

Un anno fa, a soli 68 anni, questo egregio artista ci ha lasciato, è morto di arresto cardiaco proprio mentre preparava le sue fotografie per una mostra all’Abbazia di Sept-Fons.

Una peculiarità delle sue foto era rappresentata da scatti prevalentemente in bianco e nero, nei quali cogliere ogni minimo dettaglio.

Nel suo ultimo libro, troviamo una serie di volti di monaci e monache molto anziani: “Siamo intrappolati dalla bellezza di persone che hanno superato una certa età, c’è una serenità in questi volti segnati dal tempo nel quale hanno pregato molto”.

Un immenso grazie raggiunga Bruno Rotival che ci ha regalato queste immagini senza tempo, ed a cui ho voluto dedicare questo articolo che possa omaggiarlo.

A seguire un breve video con Bruno ed alcuni meravigliosi scatti certosini tra cui alcuni rari a colori.

 

Monaci certosini

Monache certosine

A colori

Foto dal passato della certosa di Pleterije

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Nell’articolo odierno, vi propongo una serie di fotografie provenienti da un vecchio libro e riguardanti la certosa slovena di Pleterije. Immagini scolorite, che ci testimoniano la vita claustrale dei certosini in Slovenia. Quest foto risalgono al 1938.

Vi auguro buona visione.

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Monaci riuniti sull’altare maggiore

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Cappella Giovanna d’Arco

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Cappella delle reliquie

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Sala capitolare

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Corridoio coperto

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Monaco che lavora nell’orto della cella

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Fratelli conversi ai lavori agricoli

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Monaco speziale in spezieria

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Leggio monumentale

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Pregando nella cella

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Monaco, novizio, postulante

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Novizi al lavoro

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lo studio in cella

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Sedia priorale

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Lavoro in legnaia

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Lavoro in cella

Uno spaziamento speciale

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Nell’articolo odierno, vi propongo una curiosa notizia e alcune immagini singolari, tratte dallo spaziamento dei monaci certosini di Farneta. Lo scorso 18 giugno, con immenso stupore, i dipendenti della certosa di Calci, in provincia di Pisa, oggi museo, hanno ricevuto un’insolita visita. Nel pomeriggio, durante lo spatiamentum, la comunità certosina della certosa dello Spirito Santo di Farneta, in provincia di Lucca, si è infatti recata in visita al complesso monumentale di Calci. La distanza percorsa, e che separa le due certose è di 25 chilometri, ciononostante, i monaci hanno raggiunto l’ex complesso monastico. Tra lo stupore dei presenti, i certosini hanno voluto celebrare i Vespri nella chiesa conventuale, donando momenti di vera spiritualità. Grazie a chi era presente, che ha realizzato alcune foto che testimoniano quanto descritto, così come avvenne tempo fa per uno spaziamento speciale dei certosini di Serra.

Farneta a calci 2

Farneta a calci

Il nuovo vescovo di Evora in certosa

Vescovo in cattedrale per insediamento

Lo scorso 26 giugno Papa Francesco ha nominato Arcivescovo Metropolita dell’arcidiocesi di Évora (Portogallo) S.E. Mons. Francisco José Villas-Boas Senra de Faria Coelho, finora Vescovo titolare di Plestia ed Ausiliare di Braga.

Il Vescovo, fresco di nomina, da sempre amico dei certosini della certosa di Scala Coeli di Evora, i quali si sono scusati per non aver potuto partecipare alla sua solenne cerimonia di insediamento in Cattedrale, avvenuta il 2 settembre scorso, a causa delle rigide regole della clausura. Per questo motivo lo hanno invitato a partecipare in certosa ai festeggiamenti di sabato 8 settembre in occasione della festa solenne della Natività della Beata Vergine Maria. D. Francisco José Senra Coelho ha accettato volentieri l’invito dei monaci suoi amici, ed ha presieduto la concelebrazione eucaristica, ha poi condiviso, in silenzio, il pranzo con alcuni monaci in refettorio ed ha parlato poi con loro in una stanza di rappresentanza del Priore, ricordando a tutti che egli era il loro parroco e aveva preparato proprio in certosa, con un ritiro spirituale, la sua ordinazione episcopale. E’ ancora vivo il ricordo di quando esercitava da sacerdote il ministero dell’esorcismo e chiedeva ai certosini preghiere per il suo operato, convinto che “il demonio si espelle solo con tante orazioni”. Un altro attestato di stima verso i figli di San Bruno, fu quando le reliquie di Santa Teresinha passarono per la città di Evora e D. Francisco José Senra Coelho, volle che transitassero per la certosa per essere ossequiate dai monaci certosini. Un gesto di vero affetto e venerazione per la vita contemplativa!

Reliquie di santa teresinha

Al termine della giornata, cantando nel coro i Vespri solenni il Vescovo si è congedato dalla comunità certosina, manifestando loro ancora una volta il suo speciale affetto e devozione, impartendo loro la prima benedizione.

Per volontà dei monaci è stata effettuata una ripresa video della Santa Messa ecco a voi il filmato!

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Giorni felici in certosa

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L’articolo odierno, è un testo redatto da un amico di nome Andrea, il quale avendo trascorso alcuni giorni nella certosa di Serra San Bruno ha voluto donarci le sue emozioni. Grazie a lui per questa preziosa testimonianza.

Cari amici lettori di Cartusialover,

vi scrivo per parlarvi della mia esperienza di quattro giorni passati nella Certosa di Serra San Bruno, nell’estate del 2016 e che tutt’ora ricordo con piacere.
Tutto è iniziato guardando dei video su Youtube informandomi su tutti gli ordini della vita contemplativa, Benedettini, Trappisti, ma dopo poco mi rendevo conto che quello dei Certosini era l’ordine che più di tutti mi attirava per la sua radicalità, e con una forza misteriosa trovai il coraggio di scrivere al Padre Maestro della Certosa.
La prima cosa che mi sorprese fu la velocità con cui ricevetti una risposta via mail, la seconda fu quella che mi si chiedeva di inviare il mio Curriculum Vitae per poter capire se fosse il caso di ospitarmi. La richiesta del mio CV l’ho molto apprezzata perché mi è sembrato un modo per constatare che in Certosa “si fa sul serio”.

Il giorno prestabilito con il Padre Maestro della Certosa, arrivo col treno alla stazione di Lamezia Terme dove un laico incaricato di venirmi a prendere con la macchina mi porta dalla Stazione alla Certosa in quasi 1 ora di viaggio, poiché il luogo è molto impervio da raggiungere senza conoscere bene la zona. La prima consolazione che ho avuto è stato il colloquio con questo signore che guidava la macchina, con il quale ci siamo scambiati dei punti di vista sulla spiritualità certosina, sulla storia della Certosa ed è stato davvero una piccola palestra, quasi necessaria per arrivare preparato all’incontro col Padre Maestro.
Arrivato in Certosa, mi viene subito incontro il Padre Maestro che subito si scusa con me perché stava parlando con un operaio e pensava che mi avesse fatto subito una cattiva impressione, non avendolo trovato in silenzio. Io stupito dalla sua umiltà invece gli faccio capire che ero contento di essere lì e di iniziare questa avventura seppur breve con i monaci certosini.
Vengo accompagnato subito verso la mia camera, e il padre maestro mi spiega che prima di entrare nella camera di qualcun altro qualsiasi monaco deve rendere conto a Maria, c’è infatti un’inginocchiatoio fuori ogni camera con l’immagine della Madonna, e lì il monaco è tenuto a prostrarsi e recitare un Ave Maria prima di entrare nella stanza.

Entrati in camera mi spiega gli orari della Certosa, e io gli chiedo se posso recitare insieme a lui le diverse orazioni liturgiche che avrei dovuto recitare da solo, per imparare subito il loro modo di pregare. Il Padre Maestro inoltre mi ha dedicato in questi quattro giorni tantissimo tempo per parlare e confrontarci, ed ogni volta che gli aprivo la porta la prima cosa che diceva era “sia lodato Gesù Cristo” e questo mi riempiva di consolazione.

Ci siamo confrontati soprattutto su diversi brani del Vangelo, e sulle regole dei Certosini, di cui ho apprezzato immediatamente l’enorme umiltà e assenza di vanità. Si perché i monaci certosini non hanno mai un confronto con un laico che gli possa dire: “ che bella omelia” o “grazie per..” sono davvero rigorosamente al servizio del silenzio e della parola di Dio.

Il Padre Maestro della Certosa mi disse che la vita di un certosino è definibile, “olocausto d’amore”, dove nella massima letizia si vive tra quattro mura rivelando così a tutti il proprio limite di non riuscire nel mondo a trovare la stessa gioia che vi si trova stando nella massima clausura.

Mi ha sorpreso ovviamente sapere che i monaci certosini possono vedere soltanto 2 giorni all’anno parenti o amici, e che quando anche qualcuno dei propri parenti passi a miglior vita, loro non possono uscire dal monastero per i funerali.
Altre informazioni sulla vita del monaco certosino che mi hanno sorpreso è il modo anonimo in cui vivono, non potendo scrivere articoli o libri che possano firmare e pubblicare con il proprio nome, e il modo anonimo in cui muoiono, venendo stesi su una tavola di legno e sotterrati senza che vi sia il loro nome scritto da nessuna parte.

I monaci certosini si confessano più volte a settimana e hanno un momento di pausa dal silenzio nello “spaziamento” nei boschi con tutta la comunità di monaci. Io purtroppo non l’ho potuto fare, poiché il padre maestro riteneva più importante che io approfondissi con delle letture la loro spiritualità e nel dialogo con lui esaurissi tutte le domande che mi potevano venire in mente.

Parlare con il Padre Maestro era una consolazione in crescendo, mi ha detto parole e frasi così profonde e intrise di fede che non le ho volute nemmeno scrivere, pensavo che era ingiusto possederle, e le ho lasciate scorrere leggere e diritte nel cuore.

Un’esperienza che mi ha lasciato veramente colpito è stato pranzare solo in cella, non ho mai provato così tanta gioia a mangiare, e non mi sentivo affatto solo.

Ho sentito chiaramente la sensazione di una presenza del Signore che mi faceva compagnia, un po’ come il bambino nel film di “Marcellino pane e vino” faceva compagnia al Crocifisso, con quel modo così innocente e amorevole mi sono sentito avvolto di abbracci.

Pregare tutto il giorno ininterrottamente non lo avevo mai fatto, nemmeno durante i periodi di esercizi spirituali ignaziani, che rimangono comunque la migliore palestra per avvicinarsi a quel tipo di giornata oblativa. In quei giorni ho maturato una profonda gratitudine per tutte le esperienze che in diversi anni ho potuto fare grazie ai padri gesuiti, che mi hanno forgiato per bene alle più insidiose e costruttive esperienze religiose.

Il padre maestro della Certosa, mi aveva sconsigliato di partecipare alle lodi mattutine che iniziano alle 00.30 e finiscono verso le 3.00 del mattino poiché è difficile per chi è da pochi giorni con loro abituarsi ad i loro ritmi giornalieri, andare a dormire alle 20 e svegliarsi alle 00.00, ma io volevo esserci e una sera vi partecipai.

E’ veramente difficile stare dietro alla liturgia certosina in quelle ore di notte piena, ma è stata un’esperienza di grande prova, che mi ha fatto capire anche perché sono chiamati “gli atleti di Dio”, non so quante volte durante le lodi mattutine si inginocchiano, si alzano, si siedono, cantano.
Durante tutti i momenti in Chiesa, nella liturgia delle ore, non stanno mai fermi, e durante la messa prima dell’eucarestia si stendono completamente faccia a terra, la messa è bisbigliata e al posto dell’omelia c’è un grande momento di silenzio. Il momento della pace e dell’eucarestia è molto bello e dà grande prova di cosa significhi comunità.

Parlando col padre maestro di cosa facessero i monaci prima di entrare in certosa, ho anche afferrato che lì non ci vanno mica persone che si vogliono nascondere, o abituate alla solitudine e al silenzio, ma soprattutto persone che erano abituate a vite perfettamente inserite nella società.
Tra i monaci c’era chi era pilota dell’aeronautica, chi professore universitario alla Sorbona, chi calciatore famoso, e chi operaio metalmeccanico.

Mentre stavo aprendo una porta, un monaco incappucciato pure ne stava aprendo una che confinava sulla parete vicina, e mi disse…”di dove sei? ed io..Napoli…e mi fa..viva Pino Daniele, dovrebbero farlo santo..”e mi strappò un sorriso, poiché anche a me piace molto…ma credetemi non pensavo mai che mi potessero dire una frase così dentro una certosa…. Seppi poi, che quello è il converso che il sabato prepara anche le pizze per i confratelli…evidentemente ha una forte passione per Napoli.

Voglio sottolineare che la cosa che mi ha stupito è che per essere un ambiente ecclesiastico è un ambiente molto “virile”, pieno di gladiatori della fede, guerrieri della preghiera che hanno posto Gesù Cristo prima di ogni cosa e prima di se stessi.

Ah dimenticavo…il Padre Priore quando me ne andai, sentendomi dire che avevo trascorso giorni felici, mi salutò dicendomi sorridendo..testuali parole…”torna e cerchiamo di moltiplicare i giorni felici”

In regalo a tutta la comunità dei Certosini ho lasciato una poesia che scrissi qualche anno prima pubblicata dalla fondazione mario luzi, e che mi sembrava perfetta per la loro spiritualità.

Rimasi in contatto via mail con il padre maestro, il quale mi disse che questa poesia è piaciuta così tanto che l’hanno affissa come preghiera comunitaria in bacheca, che onore!!
Ve la lascio qui di seguito :

Cripta

Sole a Febbraio,
retaggi d’Aprile,
colori distesi da scherzi e risate..

Il dissesto?!
Le ombre felpate
di un silenzio falsato..

Per oggi,
per ieri e per domani..

a Dio..

Il salubre fresco,
avvolge lo spazio
piccolo e cieco..
.. viene scemando in un canto sottile..
spiegato..

Ascolta!
Non pensare..

a nulla,
serve,
gestire..

o il timido gesto
di capire..

Qui,
in questa valle adorata,
ridonda il frastuono
della gratuità..


e all’arrivo di quel piccolo dono,
di nome Mattino..
la gente tesa e occupata
voltandosi,
per un solo momento
aggancia la gloria..

“Eccolo,
egli sta dietro
il nostro muro;
guarda dalla finestra,
spia attraverso le inferriate”..

Perpetuo ed immenso rimane
il giacere nello splendore
che, seppure da lontano narrato,
giunge al diamante baglior
siderale..

Meraviglia..

Sì, Signore,
libera il fiume,
dalle imponenti dighe
sorrette dal timore..

Ora,
non posso più fermare
quel mio coraggio,
avvolto dal più puro candore..

Remo..
e miro alla volta celeste,
che rapito,
mi ossigena di raccolto profumo..
per intero,
perdono..

 

Consiglio a tutte le persone in vera ricerca di Dio e con il desiderio di pregare di fare un’esperienza in Certosa.

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