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Testimonianza da Portacoeli

la certosa di Portacoeli

Cari amici, è ormai trascorso un anno da quando un giovane spagnolo di nome Kevin Perez ha fatto il suo ingresso nella certosa spagnola di Portacoeli per abbracciare la vita monastica certosina. Tra l’incredulità dei giovani d’oggi, un giovane del XXI secolo abbandona tutto alla ricerca di Dio tra le mura di una certosa.

Voglio offrirvi un video, in lingua spagnola, che da qualche settimana è presente in rete, nel quale il giovane ci spiega le motivazioni della sua vocazione. Ho tradotto per voi il testo, nel quale egli ci parla di lui e della vita claustrale che lo attendeva. Un gradevole appello ai giovani di quest’epoca in cerca di una via che conduca alla felicità.

Kevin Pérez, un giovane spagnolo, ha partecipato ad alcuni episodi di Catholic Stuff. Nel suo cammino di conversione a Cristo si è unito alle Serve del Focolare della Madre, ha studiato Chimica e Biochimica ed è stato un buon calciatore federato, che ha lasciato quando stava per diventare professionista, quando ha poi sentito la chiamata di Dio al sacerdozio. È entrato in Certosa il 25 marzo 2022, solennità dell’Annunciazione, dopo un intenso processo di discernimento che dettaglia nella sua testimonianza nel video di Catholic Stuff.

Kevin Pérez: «Ho deciso di lasciare l’università, il calcio quando stavo per diventare un professionista e tutto il resto, come risposta all’amore di Dio che mi ha chiamato a essere un prete certosino»

«E poiché l’amore di Dio è tanto grande, anche la mia risposta deve essere la più grande possibile e sapevo che la mia dedizione doveva essere totale e quindi nella vita monastica, nella quale si dona assolutamente tutto. Dopo averci pregato, meditato e fatto varie esperienze in diversi monasteri, ho scoperto che Dio mi chiama alla Certosa, per essere un monaco certosino ordinato sacerdote per sua grazia. Il monaco certosino è un uomo che sacrifica la sua vita per la gloria di Dio e per la salvezza della sua anima e quella degli altri e, in ultima analisi, per il bene della Chiesa»


“Sono cresciuto in una famiglia cattolica in cui è stata mantenuta la pratica della fede, in particolare la preghiera, i sacramenti e la partecipazione alla vita della parrocchia. A 14 o 15 anni Dio mette nel mio cuore un certo desiderio di vita consacrata, di vita religiosa. Da quel momento non lo tengo più a mente nelle mie preghiere ed è una cosa che va piano piano, crescendo man mano che maturo, sia umanamente che spiritualmente” spiega Kevin Pérez.
All’età di 18 anni Kevin conobbe la Comunità delle Serve del Focolare della Madre che si trovavano in Navarra, dove viveva. Quell’estate fu invitato a un pellegrinaggio in Irlanda. “E sono stato felicissimo di andarci poiché ero desideroso soprattutto di sperimentare cosa fosse la vita religiosa. Poi sono andato alla casa del noviziato dei Servi. Attraverso di loro approfondisco il mio amore per la Beata Vergine, che è nostra Madre ed è mia Madre. Cresco anche nell’amore e nella devozione all’adorazione dell’Eucaristia. Insomma, condurre una vita di fede cattolica coerente.
Stavo finendo il liceo e ho iniziato a studiare una doppia laurea in chimica e biochimica all’Università di Navarra. Giocava anche a calcio in una squadra federata e proprio quell’anno avrebbe promosso alla categoria professionisti. Quando stavo per compiere 19 anni, nell’estate del 2015, in pellegrinaggio con le Serve del Focolare della Madre, ho scoperto la mia vocazione.
Con la voglia di darmi per vinta, ho deciso di lasciare sia l’università, il calcio e le cose che mi legavano un po’ al mondo, in modo che appena avessi scorto il luogo dove Dio mi chiamava, potessi entrare. Nel pellegrinaggio ricevo due Grazie specifiche e alla Santa Messa mi fanno vedere che tutte queste grazie che ho ricevuto negli anni mi mostrano il grande amore che Dio ha per me. E come naturale risposta a quell’amore che Dio ha avuto per me, mi ha e mi avrà, ho dato la mia vita a Lui.
“E io rinuncio alla mia vita perché l’amore di Dio è così grande, così infinito, l’amore che Dio ha avuto per me. Quello è stato il momento chiave in cui ho capito che dovevo dare la mia vita a Dio. E poiché l’amore di Dio è così grande, anche la mia risposta deve essere la più grande possibile e sapevo che la mia dedizione doveva essere totale e quindi nella vita monastica, in cui si dona assolutamente tutto.
Dopo averci pregato, meditato e fatto varie esperienze in diversi monasteri, ho scoperto che Dio mi chiama alla Certosa, per essere un monaco certosino ordinato sacerdote per sua grazia. Il monaco certosino è un uomo che sacrifica la sua vita per la gloria di Dio e per la salvezza della sua anima e quella degli altri e, in ultima analisi, per il bene della Chiesa. E questo nel silenzio e nella solitudine che il monastero offre nell’ambiente claustrale, precisamente la cella. Che come dicono molti autori certosini, cercare di vivere di Dio.
Allontanare assolutamente tutto, vivere senza la vicinanza di persone, affetti, pensieri, per dedicarmi completamente e continuamente alla ricerca di Dio, della perfezione, della sua volontà, della gloria di Dio. E questo in modo mistico, misterioso, che ci ritroveremo in paradiso se Dio vuole perché riguarda il resto della Chiesa”.

mon Portacoeli
“Ai giovani che sono nel momento del discernimento e delle decisioni importanti, direi che ciò a cui veramente Dio chiama tutti noi è la santità, è dargli Gloria, è fare la sua volontà. Il modo migliore per aiutare se stessi è fare la volontà di Dio e per questo sono essenziali la preghiera ei sacramenti, le due fonti di grazia che Dio ci dà attraverso la chiesa. È così che si scopre, poco a poco, qual è la volontà di Dio e la vocazione personale che può essere quella naturale nel matrimonio o soprannaturale nella vita consacrata o nel sacerdozio. Vi chiedo preghiere per la mia fedeltà. Cercherò anche di fare la volontà di Dio e che questo ricada su Grazie per tutti. Sappi che Dio ha un piano su di te per renderti felice”, conclude.

Vi invito dunque a pregare per il cammino intrapreso da questo giovane, affinchè possa essere nuova linfa per il nostro amato Ordine certosino.

san Bruno (José Puchol 1743- 1797)

San Bruno a Portacoeli (José Puchol 1743- 1797)

Eventi da celebrare

Cari amici lettori, voglio condividere con voi in questo articolo odierno due momenti che mi riempiono di soddisfazione. Lo scorso 14 marzo, in occasione della celebrazione della “Giornata nazionale del Paesaggio”, ho ideato, realizzato e partecipato ad una particolare visita illustrata, svoltasi nella “mia” certosa di San Martino a Napoli, oggi Museo, dal titolo “Imago Vesevi”

Immagine loc

I lettori affezionati ricorderanno che nel settembre del 2020, da queste pagine del blog, vi feci conoscere la figura di Dom Severo Tarfaglione, un certosino napoletano testimone della terribile eruzione del Vesuvio del 16 dicembre del 1631. Ebbene, sin da quel momento la mia intenzione era di diffondere e divulgare la conoscenza del suo manoscritto inerente l’attività vulcanica osservata dalla cella della certosa partenopea, proponendo una visita illustrata il 16 dicembre del 2020, ma ahimè la pandemia interruppe bruscamente questa mia intenzione a causa delle restrizioni per la quarantena. Riuscìì soltanto a settembre del 2020, a presentare al pubblico la vita claustrale di Dom Severo in una visita che precedette le successive restrizioni.

A distanza di oltre due anni, sono riuscito a concretizzarla con immensa gioia! Un altro piccolo contributo per realizzare il mio obiettivo. Il video che segue vi coinvolgerà nell’atmosfera creatasi.

Il secondo motivo di compiacimento che nutro, scrivendo questo articolo, è che è il numero 2000! Ebbene si, un altro inaspettato obiettivo raggiunto grazie a voi, che da sempre mi seguite con passione e costantemente mi stimolate e avete reso possibile il raggiungimento di questo traguardo. Duemila volte grazieeeeee!!!!

2000 e logo

Per tale occasione uno di voi, dal Brasile, ha voluto pormi delle domande a cui ho risposto…

Un’intervista? No, una semplice chiacchierata tra cartusiafollowers!

Cosa cambieresti del tuo ultimo anno di blogging?

Non solo l’ultimo anno, anche il corrente o il prossimo, sono sempre alla ricerca di contenuti originali, da proporre in maniera accattivante per coinvolgere voi lettori sempre più.

Se il tuo blog venisse spazzato via, ricominceresti a bloggare da zero domani?

Beh, nonostante la passione, la tenacia, non credo, poichè necessita di tanto impegno lavoro ed energie. Viceversa, ipotizzo di poterlo trasformare in un libro, o qualcosa di simile. Attendo vostri suggerimenti…

Se il tuo blog chiudesse domani, per cosa vorresti essere ricordato?

Sicuramente per l’impegno profuso in anni di ricerca, studio e per aver dedicato del tempo della mia esistenza, ma non avendo mai avuto ambizioni personali, sarei appagato di essere ricordato semplicemente come “certosinologo“.

Ti ricordi il tuo post che ha generato più reazioni?

Si, senza dubbio i vari articoli che ho scritto circa la misteriosa scomparsa del fisico Ettore Majorana. Una miriade di interazioni e commenti, tra i quali quello di un lettore che anonimamente mi scrisse che egli era detentore della verità su questo caso, ma chiedeva riservatezza, che gli ho promesso e mantenuto.

Il migliore e peggiore evento che ti è mai capitato di gestire sul tuo blog

Il migliore? Sicuramente la visita di Sua Santità Benedetto XVI alla certosa di Serra San Bruno, quel giorno mi sentii un reporter, feci quattro articoli nel solo 9 ottobre 2011. Altro evento, triste stavolta, la chiusura della certosa portoghese di Santa Maria Scala Coeli ad Evora, con articoli dettagliati sulla partenza degli ultimi monaci. Quanta tristezza!

E quello più buffo?

Uno su tutti, sempre in occasione della visita del Pontefice ai certosini di Serra, furono scambiate mie considerazioni come asserzioni del Padre Priore Dom Jacques Dupont, diventandone inconsapevolmente…l‘alter ego.

Hanno mai aggregato uno o più articoli senza il tuo esplicito consenso? Se sì, come ti sei comportato?

Si, è capitato, anche una trasmissione televisiva! Ma non ho mai agito, poichè ritengo che divulgare la conoscenza di ciò che chiamo “universo certosino”, sia sempre la priorità…il fine giustifica i mezzi.

Hai mai scritto articoli a pagamento? Oppure hai tratto profitto dalla tua attività di blogger?

No mai! E’ stata una mia convinzione dal primo momento in cui ho realizzato anche il sito Cartusialover. Proposte ne ho avute, ma ho sempre rifiutato, poichè credo fermamente che la mia mission è di natura filantropica. Il riscontro mi è dato da migliaia di contatti che mi ringraziano per sostenere la propria anima ed il proprio benessere con i testi spirituali certosini. E’ questo il mio “profitto”.

Andamento e previsione successo articoli, insomma riesci a prevedere se un’articolo sarà più apprezzato di un altro?

Bella domanda. Spesso accade, ma quando credo che un determinato articolo sarà apprezzato da molte visite resto deluso, mentre viceversa resto stupito dalle tante visite su argomenti trattati che ritenevo fossero meno attraenti.

Articolo con più visite?

Corpus Domini in certosa, l’11 giugno del 2020 con 4391 visite in un giorno.

Andamento visite negli anni?

E’ stato un percorso di crescita costante dal 2009, con il picco raggiunto l’anno della Pandemia, il 2020 quando ho contribuito a confortare gli animi di lettori da tutto il mondo che trovavano ristoro dell’anima con gli antichi testi spirituali certosini, preghiere, meditazioni, vera fonte inesauribile di quiete, e balsamo per lo spirito.

I numeri attuali, in questo articolo celebrativo?

L’ho già scritto prima, è questo l’articolo numero 2000 ed i visitatori dal primo giorno del blog sono circa 2.500.000. I cartusiafollowers sono ad oggi 675.

Vogliamo rivelare un’altra singolare coincidenza in questa data di oggi 21 marzo 2023?

Beh si, oggi è il mio sessantesimo genetliaco. Per me un gradito regalo per questo traguardo di vita importante.

Auguri Roberto a te ed a Cartusialover.

Grazie di vero cuore. Vi abbraccio tutti.

Dialogo con San Bruno 10

6 dialogo

Continuano le domande del GC (il giornalista certosino) poste al nostro amato San Bruno, in questa fantasiosa intervista edita nel libro “Dialogo con San Bruno

Gli ostacoli ed i vantaggi della conversione.

CG – Padre, in Dio tu sai, con assoluta certezza, tutto ciò che riguarda i tuoi figli. Quindi, vorresti indicarmi alcuni di questi ostacoli?

SB – Ogni anima ha i suoi ostacoli personali; tuttavia, ecco alcuni di quelli che tendono ad essere comuni: un amor proprio nascosto che ti acceca e ti fa vedere tutto dal tuo punto di vista; questo ostacolo genera un attaccamento disorganizzato al proprio punto di vista ed è causa di innumerevoli discussioni. E poi anche un certo attaccamento alle creature e l’eccessiva attenzione ad esse riservata. Tutti questi ostacoli si oppongono all’amore del Padre; a quell’amore totale e sincero che Dio esige dal tuo cuore consacrato. È quindi necessario rinunciare a tutto per poter diventare discepolo della Divina Sapienza. Perché solo lei può farti vedere i tuoi errori, scoprire il tuo egoismo e darti la forza per vincere la tua codardia. Sì, sono tante le volte in cui conti sulle tue luci, quando ti affidi alle tue risorse, quando pensi di poter camminare con le tue forze, quando vuoi volare con le tue ali, quando già capisci cosa è la perfezione… Ma La Divina Sapienza dice il contrario: “Devi rinunciare a tutto ciò che credi di avere se vuoi rimanere alla sua scuola per imparare, sotto la guida dello Spirito, la filosofia di Dio, l’unica che dà la vera felicità” (Lettera a Raul). E questa Sapienza richiede, da parte tua, un cuore che si lascia istruire, che vuole ascoltare, che gli sta vicino. Così, il lavoro che presuppone lo sforzo, la rinuncia, la sofferenza, l’abnegazione accettata per la conversione all’amore, diventa fonte di utilità e di dolcezza, di bellezza e di fiducia.

Perciò, caro figlio, è necessario che tu ricominci ogni giorno; che ravvivi quel fuoco iniziale che ti ha spinto nel deserto all’inizio della tua conversione vocazionale. Non stupitevi della mia insistenza, perché è assolutamente necessario riattivare la forza di quegli impegni contratti con Dio, come se ogni giorno fosse il primo e l’ultimo che offri a Dio. Gli anni trascorsi devono essere come una preparazione al nunc coepi, da adesso comincio, perché ogni giorno diventi urgente per camminare verso il Signore e rimanere intimamente uniti a Lui nell’amore.

CG – Che vantaggio ha questo modo di vivere la nostra conversione?

SB – Ecco la principale: porsi in un atteggiamento permanente di dialogo intimo ed esperienziale con Dio. Infatti, ti ha chiamato e ti chiama, e tu rispondi; Egli si è impegnato con te e tu con lui; Lui ti illumina e tu vivi in quella luce; Ti dà la forza, e con essa cammini verso la conversione; Egli ti assiste, e tu progredisci nella purezza del cuore e fai fruttificare il primo dono. È una dipendenza totale che ha voluto instaurare con i suoi figli.

CG – Qual è il ruolo dell’amore in questo compito?

SB – Se qualche volta il motore dell’amore non funziona correttamente, allora devi far funzionare il motore del santo timore di Dio. È stato questo avvertimento che ho rivolto anche al mio amico Raul. Perché, vivendo da figli di Dio ed essendo a Lui consacrato per tutta la vita, la distanza infinita che intercorre tra Lui e te, tra la donazione che gli ha fato e ciò che per indolenza o per incoscienza non riesci a fare, devi muoverti e entrare in te stesso e incoraggiarti ad essere più fedele all’amore promesso. Sì, essere amato da Dio ed essere a Lui consacrato e contare per tutto sulla sua provvidenza deve essere per te uno stimolo potente ad essere generoso nell’amore. Sì, l’amore è la cosa più preziosa che l’uomo abbia. Agli occhi di Dio, questo amore è un tesoro di valore infinito, perché è la risposta che l’Amore infinito dà a se stesso in ognuno di noi. Solo alla luce dell’eternità possiamo comprendere tutta la grandezza di questo amore. Tuttavia, è già lì, nel mondo, che inizia questa comprensione. E il primo grado di questa comprensione è ammettere che vivere d’amore è darsi senza misura e che l’amore esige contraccambio, poiché il miglior corrispettivo dell’amore consiste nel poter amare l’Infinito, il Bene supremo. “Io stesso sarò la tua ricompensa, più grande di quanto si possa calcolare” (Genesi 15,1), disse il Signore ad Abramo.

Dialogo con San Bruno 9

6 dialogo

Ancora domanda e risposta tra GC (il giornalista certosino) ed il nostro amato San Bruno (SB), nella originale intervista edita nel libro “Dialogo con San Bruno

Riferimento all’amore che ci incombe.

CG – Padre, vuoi indicarmi dei punti di riferimento di questo amore personale che ci incombe?

SB – Non è raro che, all’inizio della nostra conversione, sentiamo il nostro cuore ardere di un fuoco insolito e sconosciuto, che ci spinge a prendere sul serio la chiamata di Dio, la nostra rinuncia al mondo e il nostro ingresso in monastero per donarci interamente al Signore. Ma capita anche spesso che l’ideale contemplato come meta della vita e verso la cui conquista il monaco si gettò con tutto l’ardore di un nuovo amore si offuschi, si nasconda e ci sembri lontanissimo. Questo è causato dalla realtà di ogni giorno, così uguale, così monotona, così poco importante per i sensi che sono sempre desiderosi di “novità”, di stimoli. È chiaro che, di fronte a questa realtà concreta e ordinaria della vita monastica, può sorgere sulla superficie dell’anima un certo disordine, che prima i recessi profondi del cuore nascondevano sotto forma di amore per il mondo, di attaccamento a certe creature su cui abbiamo fatto affidamento, di inquietudine, insoddisfazione, stanchezza…

È la prova, figlio mio, che l’amore per il Padre non regna ancora in te con dominio indiscutibile e indisturbato; è una manifestazione di uno spirito fuorviato o di uno stato di spirito degenerato; è segno che il tuo amore non è completamente purificato dalle creature; è una dimostrazione che la radice del male non è stata estirpata, in quanto non è stata ancora individuata. Non ignoro che questa situazione può darti tensioni, dolore, sofferenza, scoraggiamento. Cosa fare? Ti dico ciò che ho detto anche a Raul, e con maggior ragione che a lui: «Seguite il consiglio divino, credete nella verità che non può ingannare e che manda a tutti questo salutare invito: «”Venite a Me, voi tutti che siete stanchi e oppressi ed io vi darò riposo”» (Mt 11. 26. Lettera a Raul).

Sì, figlio caro, questa è la migliore risposta e il miglior consiglio per quando ti senti “stanco di lottare durante la notte” della tua conversione e non ne vedi i frutti immediati, senti la fatica del compito e, di fronte a esso, hai l’esperienza della tua impotenza o della tua debolezza. Perché, di fronte alle esigenze della tua conversione, non si tratta più di ogni persona che si purifichi, ma di andare a Gesù, sorgente di ogni purezza, perché ci ama, perché ha promesso di aiutarci e vuole rendere il nostro lavoro più leggero. Se il tuo fardello è pesante per te, vai da Lui e metti il tuo fardello nelle sue mani con la semplicità di un cuore di bambino, di un cuore filiale. Se lo fai, avrai l’esperienza di sentire la tenerezza del suo amore e della sua attenzione su di te. Siate novizi, giovani, anziani che hanno imbiancato il capo al servizio del Signore Gesù, solo da Gesù può venire la vostra salvezza. Di questo Gesù che, nonostante tutti i dolori che ti affliggono, continua a vivere in te e ti spinge verso la fine, di questo Gesù che ti incoraggia nella tua resa e cammina con te, portando il tuo peso. Solo con questo aiuto potrai uscire incolume e vittorioso da questa tentazione, da questo turbine di onde impetuose che cercano di impedirti di raggiungere “il porto nascosto, sicuro e pacifico” che ti aspetta.

Permettimi infine di ricordarti una cosa che conosci molto bene, ma che non dovresti mai dimenticare: l’opera di conversione, l’esperienza del tuo amore, il raggiungimento di quella purezza di cuore di cui abbiamo parlato, è opera di Dio, certo sì, ma è anche, allo stesso tempo, opera tua.

CG – Cosa intendi con questo?

SB – Semplicemente che devi impegnarti il più possibile, non risparmiarti gli sforzi per superare gli ostacoli che ti mettono in pericolo e superare tutti gli ostacoli che ti fanno inciampare. La parte di Dio non viene mai meno! Possa non essere la tua parte che fallisce.

Sulle orme di Brunone di Colonia

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Oggi, cari amici, come saprete in occasione del lunedì successivo alla Pentecoste, a Serra come consuetudine si svolge la processione celebrativa in onore di san Bruno.

Per conoscere ancora meglio questa magnifica tradizione devozionale, voglio proporvi un interessantissimo video documentario andato in onda sull’emittente televisiva calabrese La CTV, lo scorso 14 aprile. In tale data, infatti, è andata in onda la nona puntata della trasmissione “Il Sacro in Calabria”, dal titolo “Sulle orme di Brunone di Colonia”. Ringrazio l’ideatore, e brillante conduttore Gianfrancesco Solferino, il quale ha avuto il permesso di entrare in certosa ed effettuare suggestive riprese, la trasmissione è stata impreziosita da immagini e filmati di Raffaele Timpano, e da una intervista a Bruno Tripodi, gli amici serresi a cui vanno i miei sinceri ringraziamenti. Vogliate ammirare inoltre la preziosa intervista rilasciata da Dom Ignazio Iannizzotto, il quale con la dolcezza che lo contraddistingue ha risposto alle domande postegli da Gianfranco Solferino.

Buona visione

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Dalla speleologia alla certosa 2

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Continua l’intervista al giovane spagnolo Joaquin, che ha deciso di fare ingresso in certosa, a Porta Coeli.

Sei consapevole che in un certo senso è morire al mondo per nascere a Dio?

Completamente, l’unico modo per poter vivere da eremita e separato dal mondo è fare questo passo. Non è una rinuncia violenta come rifiuto del mondo, ma una completa infatuazione di Dio. Se si sente la chiamata di Dio e del suo amore, nella sua scala di valori diventa la prima cosa e tutto diventa molto sopportabile, nonostante la durezza della vita nel chiostro, la rassegnazione della famiglia e degli amici, dei viaggi, degli hobby. .. Se uno è innamorato di Dio, sa che in questa vita gli darà il centuplo e soprattutto la promessa della vita eterna, che è ciò che conta davvero. Se uno è molto unito a Dio, il resto è totalmente irrilevante e va su un piano molto secondario.

Fino a che punto questo ritiro dal mondo fa sparire tanti ostacoli sulla via della santità?

Allontanandosi davvero dal rumore del mondo, dalla secolarizzazione attuale… in un clima di raccoglimento, di silenzio, è più facile avvicinarsi a Dio, avere momenti di intimità molto più intensi ed essere in un presenza di Dio, senza preoccupazioni materiali, senza impegni mondani.

Comunque è una vita oggettivamente molto dura, di tanta preghiera e sacrificio, lavoro manuale ecc…

Esatto, ma se credi che Dio ti chiama a lodarlo, a pregare, a chiedere per il mondo… l’ascesi è necessaria e offrendo tutta la tua vita, tutta la tua volontà ha per Dio un valore molto grande. Se si cerca la santità, è il modo migliore per aiutare la Chiesa e salvare le anime, avendo come riferimento lo stesso Cristo che ha dato se stesso donando la sua vita per redimerci dal peccato e salvarci. Il certosino si ritirava in solitudine, ad una vita dura e di rinuncia, per avere quella pienezza in Dio.

Perché la gioia interiore di vivere uniti a Dio non deve necessariamente essere accompagnata da una gioia sensibile?

Quando una persona lascia tutto, per una vita di sacrificio, di penitenza… ha pochissime gioie sensibili, lontane dalla società del benessere, ma è più propenso all’ascolto di Dio attraverso il silenzio interiore e il silenzio esteriore, che sono molto importanti, soprattutto quello interno. Quando sei molto unito a Dio, Lui stesso ti dà una sorta di compenso spirituale e di gioie interiori essendo unito a Lui. Non si può vivere di queste consolazioni, ma di fede, che è ciò che fa realmente la tua volontà unita a Dio, a prescindere di consolazione o desolazione. Ci possono essere momenti di difficoltà nella propria vocazione, dove bisogna avere la convinzione di perseverare nelle lotte interiori. Preghi molto e ti sacrifichi, ma a volte non vedi i frutti, devi vivere per fede. Dio opera attraverso l’umiltà, il distacco, la dedizione… Dio, di fronte all’umiltà e alla fiducia dei santi, opera meraviglie in loro.

Cosa diresti a un giovane che sta valutando una vocazione alla vita religiosa?

Che è una decisione che deve nascere da dentro, nessuno deve convincerti, sei tu che devi fare il passo. Se cerchi con rettitudine di intenzione di seguire la volontà di Dio se ti chiama alla vita religiosa, hai tutte le opzioni per essere felice. Se cerchi sempre la volontà di Dio, Lui ti ripaga con quella felicità che tutti desideriamo. A volte non è facile discernere la chiamata, ma devi essere coraggioso per osare per cercare di sapere se Dio ti chiama davvero. La vita religiosa è condizionata dall’obbedienza, dal rinnegare se stessi, che è l’esatto contrario del mondo moderno.

Ho pubblicato questa intervista affinchè possa essere di aiuto ed orientamento per tutti coloro che hanno esitazioni e perplessità sulla vita monastica. A Joaquin, vadano le mie e le vostre preghiere.

san Bruno

san Bruno

Dalla speleologia alla certosa

Joaquin

Dalla Spagna, ci giunge questa interessante intervista a Joaquin un giovane che ha deciso recentemente di abbracciare la vita monastica certosina ed entrare nella certosa di Porta Coeli a Valencia. Ha chiesto ad amici e parenti preghiere nascondendo fino all’ultimo il suo intento, portando avanti la sua vocazione in silenzio. La passione per la speleologia e per la montagna hanno contribuito a temprarlo alla solitudine ed al silenzio. La Provvidenza gli ha donato la vocazione, e come si evince dalle risposte date ad un amico che lo ha intervistato, si avvia con grazia verso questa nuova vita volta all’incontro con Dio. Vi invito a pregare per lui ed a chiedere a San Bruno di illuminare il suo nuovo cammino.

Le dieci domande le ho divise in due articoli, oggi le prime cinque a seguire le restanti.

Come è nato nella tua vita il desiderio di consacrarti a Dio come religioso?

Non è stata una scoperta improvvisa, è stato qualcosa di graduale che ho visto nella preghiera, parlando con il direttore spirituale o con amici sacerdoti. È stata una scoperta progressiva dopo un’intuizione o un’inclinazione a un tipo di vita. Non c’è un tempo preciso. Vedendo i mali che esistono in questa società, hai più ragioni per donarti completamente a Dio, contando sempre sulla sua forza e sulla sua chiamata.

Perché in una certosa? Cosa ti ha attratto di più di quella vita?

Ho sempre avuto molto contatto con la montagna, con l’ambiente naturale e la vita contemplativa mi ha sempre attratto molto, perché era una vita di riflessione, di preghiera, di sguardo verso un Dio, che è tutto, che è l’unico che ci ha creato, colui che ci sostiene in ogni momento. È un tipo di vita che ha qualcosa di molto speciale per donarsi a Dio in modo pieno. Non mi sono mai piaciute le folle e la vita di solitudine l’ho sempre condotta abbastanza bene. Sono sempre stato attratto dalla vita eremitica. Ho un amico per metà eremita, e con lui ho sempre avuto un ottimo rapporto e tanta amicizia.

Perché il contatto con la natura, il silenzio… qualcosa che hai sempre cercato?

Fin da piccola ho fatto molti momenti di escursioni il sabato con i miei genitori, passeggiando, camminando in montagna … Dei miei 5 fratelli, 4 di noi sono andati per le montagne alla scoperta dei castelli, per esplorare la geografia intorno a Castellón, le diverse montagne… e questo è stato ulteriormente intensificato dal mio amore per la speleologia. Ho sempre avuto bei momenti e silenzio, di raccoglimento, di ammirazione delle meraviglie del creato.

Come è stato il processo di discernimento?

È stata una cosa che è durata molto tempo, parlare con persone diverse, studiare com’era la vita monastica, meditare… Ho fatto una piccola esperienza vocazionale 2 anni fa durante una prova di 2 settimane in certosa e l’ho vissuta molto bene e mi sono adattato molto bene alla vita nell’eremo, che è dove vivono e si ritirano i certosini. Sono una specie di case dove c’è un giardino e spazi diversi per il lavoro, la preghiera, il bagno, il letto, la scrivania o lo studio…

Qual è stato il punto di svolta in cui hai preso quella decisione epocale nella tua vita?

È una domanda complicata e una decisione difficile. Quell’opzione nella mia vita mi è sempre rimasta in testa e una volta fatto il test e mi sono adattato bene, la bilancia ha optato per questo tipo di vita verso Dio, lasciando il mio lavoro e lasciando tutto per il Signore. Con gioia ho deciso di lasciare il secolo per dedicarmi interamente a Dio.

Continua…

Focus Pleterje 2

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Prosegue il focus sulla certosa di Pleterje, tratto dalla celeberrima rivista “National Geographic“, a cui vanno i miei ringraziamenti.

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E qual è la vita di un monaco che, secondo le regole dell’ordine del monastero, non parla per nessun motivo particolare e non gode altro che cibarsi di pesce, ed i cui parenti possono visitare per un massimo di due giorni all’anno e non guarda la televisione , non dispone di telefono o accesso a Internet?

L’orario cambia leggermente, a seconda delle stagioni e delle festività religiose, ma non ci sono grandi differenze tra i giorni. La notte dura dalle sei di sera alle sei del mattino, ma i certosini si alzano alle undici di sera e pregano. Prima in cella, poi ognuno di loro va in chiesa in silenzio. Qui cantano salmi e inni e ascoltano brani della Bibbia letti da uno dei fratelli. Questo di solito richiede molto tempo. Le Regole dicono: “Durante la veglia notturna, il nostro culto è, come al solito, piuttosto esteso, ma giudiziosamente misurato”. Tornano nelle loro celle verso le due del mattino, ma si rimettono in piedi prima delle sei. Segue la preghiera del mattino in cella, alle sette c’è la messa comune in chiesa. Poi i padri, questi sono i fratelli del monastero che sono anche sacerdoti, hanno ciascuno una messa in una delle tante piccole cappelle costruite per questo scopo. Segue il ritorno in cella, la preghiera, lo studio o la lettura della letteratura spirituale. Alle undici, pranzano in cella con il cibo servito dallo sportellino della cella. Nel pomeriggio si dedicano al lavoro nel loro laboratorio. Lavorano con il legno, scolpiscono o intagliano, fanno i fabbri o fanno qualcosa di simile. Anche in questo momento non si rinuncia alle preghiere, poiché le Regole dicono che è giusto «ricorrere sempre a brevi orazioni e sospiri durante il lavoro».

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Dal laboratorio possono entrare nel giardino che ognuno dei padri ha per sé e coltivarvi fiori o ortaggi. Nel pomeriggio si riuniscono di nuovo in chiesa, vi recitano una preghiera serale comune, quindi tornano in cella, cenano, pregano di nuovo e si sdraiano per riposare. La domenica la giornata è diversa. Quindi pranzano insieme, durante il quale ascoltano la parola di Dio, seguita da un intrattenimento condiviso. Il lunedì pomeriggio fanno una passeggiata per la zona, camminando a coppie che si alternano in modo che tutti possano parlare tra loro. Altrimenti i certosini parlano solo quanto è assolutamente necessario.

Una volta alla settimana, i membri della comunità monastica fanno una passeggiata intorno alla vicina Certosa. Quindi non sono vincolati dalle solite regole del silenzio. Camminano in coppia, a turno in modo che tutti possano parlare tra loro.

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Date le rigide regole dell’ordine, sorge la domanda sul numero di coloro che sono interessati ad entrarvi e di coloro che vi si impegnano concretamente. «Facevo statistiche, e se non ricordo male ci hanno scritto circa 50 persone in un anno, dieci di loro sono venute a trovarci per qualche giorno», racconta il priore, che è anche maestro, incaricato di educare i nuovi arrivati. “Ma se uno di quelli che vengono rimane, va bene. Durante il noviziato, il periodo di prova di due anni, può partire in qualsiasi momento. Poi fa un voto per tre anni, poi per altri due e solo allora seguono i voti eterni. A meno che, ovviamente, non cambi idea in anticipo.

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L’ordine certosino è composto da sacerdoti, membri dell’ordine che sono anche sacerdoti e fratelli laici; dedicano parte della giornata al lavoro per consentire alla comunità di sopravvivere. Le norme per l’ammissione all’Ordine, che di norma non ammettono nelle loro file le persone di età inferiore ai 20 anni e quelle di età superiore ai 45 anni, stabiliscono che il candidato sacerdote deve avere un’audizione adeguata. I certosini cantano molto durante i riti; sono caratterizzati dal canto gregoriano, canto liturgico medievale unanime. Hanno mai rifiutato qualcuno per mancanza di udito? “Consideriamo diversi fattori in un candidato sacerdote, non solo uno”, afferma padre Frančišek. “Se giudichiamo che non è in grado di completare gli studi teologici, e se non ascolta, gli consigliamo di scegliere la strada del fratello laico. Rifiutare qualcuno solo per mancanza di udito, non ricordo. Essendo un esperto di musica, ho insegnato anche ai ragazzi a cantare, «Perché i candidati al padre devono fare studi teologici, chiedo. Non si tratta di acquisire le conoscenze necessarie per il lavoro pastorale? «È vero, i certosini non hanno un ruolo pastorale esterno. Il nostro studio teologico è interno e si svolge qui, ogni fratello studia nella propria cella. Una volta al mese vengono da noi docenti della Facoltà di Teologia di Lubiana, e alla fine del semestre c’è un esame. I Padri devono imparare bene la teologia, poiché utilizzata da soli nella loro cappella e la domenica, quando abbiamo una messa comune e ci alterniamo. È quindi importante che comprendano tutto il segreto che significa Messa. Il Padre deve anche confessare e guidare spiritualmente gli altri nella comunità. È una grande responsabilità, quindi dobbiamo essere ben istruiti teologicamente”.

Il monastero ha una ricca biblioteca dove i monaci possono prendere in prestito libri per la lettura e lo studio personali. Coloro che desiderano diventare padri devono sottoporsi a uno studio interno di teologia.

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I PRIMI DECENNI

La Certosa di Pleterje fu fondata nel 1407 dal conte Herman II di Celje. (ca. 1361-1435), sotto il quale la famiglia Celje raggiunse il suo apice, e la costruzione iniziò quattro anni prima. dopo la formazione del monastero certosino, i certosini di Pleterje, ricevettero molti doni sotto forma di terre e rendite, se ne beneficiarono. Ma subito dopo il declino della famiglia Celje, iniziato nel 1456 con l’assassinio di Ulrich II, l’ultimo discendente maschio della famiglia, la situazione iniziò a deteriorarsi. Nel 1471 Pleterje fu prima devastata dai Turchi, quindi il monastero fu ricostruito come fortezza. La riduzione del reddito materiale e l’impegno dei fratelli per i valori spirituali dell’ordine furono in seguito influenzati dal protestantesimo, dalle rivolte contadine e dall’insediamento degli Uskok, che non erano favorevoli alla religione.

Così, poco dopo la metà del XVI secolo, la Certosa rimase priva dei suoi abitanti originari e nel 1595 fu rilevata dai Gesuiti di Lubiana. Hanno cambiato completamente il loro aspetto: le case monastiche sono state demolite, il campanile è stato aggiunto alla chiesa e il suo interno è stato riorganizzato. Quando il Papa sciolse l’ordine dei Gesuiti nel 1773, la Certosa di Pleterje divenne proprietà dello Stato e nel 1839 divenne privata. Nel 1899 i certosini lo riacquistarono dagli allora proprietari, la famiglia ungherese Bors de Borsod. I nuovi-vecchi proprietari, venuti dalla Francia, da dove furono espulsi dalle autorità, sono intervenuti a fondo negli edifici. Fatta eccezione per la vecchia chiesa gotica del XV secolo e alcuni edifici circostanti, tutto il resto è stato demolito. “Dalla Francia, molte attrezzature sono state trasportate in treno da due certosini e l’interno di una nuova chiesa, cappelle, celle monastiche hanno avuto le relative dotazioni”, ha affermato il priore. quando mi raccontò della storia recente del monastero. La stima che l’attrezzatura della cella che mi ha mostrato avesse almeno cento anni non era chiaramente sbagliata.

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Kartuzija Pleterje, Drca 1 Sentjernej, Slovenia, EU Photo Credit: Tamino Petelinsek/ 2019-2020

Focus Pleterje

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Cari amici, oggi voglio riportarvi un’articolo pubblicato lo scorso aprile dalla celeberrima rivista “National Geographic” versione edita in Slovenia, poichè vi è un interessantissimo approfondimento sulla certosa di Pleterje, che di sicuro sarà di vostro gradimento.

Ho tradotto per voi il testo originale di questo magnifico reportage, arricchito da preziosi immagini, e che vi proporrò in due articoli.

Il priore, un uomo alto e snello con un cappotto luminoso, mi ricevette gentilmente. Sono riuscito a capirlo nonostante la mascherina che indossavamo entrambi a causa del coronavirus. Anche se faceva freddo – c’erano pochi gradi sotto lo zero quel giorno di gennaio, e c’era neve nei campi, nei frutteti e nelle foreste circostanti – indossava solo spessi calzini di lana e sandali. Non sembrava temere il raffreddore.

Prima lascia che ti mostri un po’ la nostra casa”, disse dopo le formalità iniziali. Il suo sloveno era buono, e l’accento di alcune parole suonava insolito. Quando ha detto poco dopo che il monastero è un labirinto in cui non è difficile perdersi, ho potuto solo annuire: la Certosa di Pleterje è davvero un intreccio di corridoi, celle monastiche e stanze utilizzate per vari scopi. Mi ha mostrato alcuni degli ambienti più importanti. Ma non tutti, e – a dire il vero – dei monaci che vi abitavano, ne ho visto uno solo che aiutava il cuoco a preparare il pranzo. I certosini, come ho scoperto nel momento in cui mi accingevo a visitare, sono persone che hanno dedicato la loro vita con tutta serietà alla solitudine, al silenzio, alla contemplazione, alla preghiera. Ed è qualcosa che vale la pena rispettare. “Erano estremamente importanti per il trasferimento di conoscenze antiche, un po’ dimenticate all’inizio del Medioevo, nel nuovo secolo”, spiega lo storico Tadej Trnovšek, curatore senior del Museo del cristianesimo in Slovenia, con sede nel monastero di Stična .

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Il loro stile di vita include elementi ermetici, desertici, quindi le loro comunità avevano un massimo di poche decine di membri, e di regola meno di 30. I certosini dedicano la loro vita a Dio in solitudine. La cella o casa con giardino è la loro residenza e spazio di lavoro”. Le Regole dei Certosini, che misurano la loro vita, affermano: “La gioia e lo scopo speciale della nostra professione è vivere nella solitudine e nel silenzio della cella. /…Qui il cielo incontra la terra, il divino con l’umano”. Nonostante la clausola prescritta, i certosini vivono a contatto con la natura. Questo li aiuta, come si dice, a scoprire la bellezza della realtà senza l’anestesia delle impressioni artificiali.

Padre Francis, priore di Pleterje, mi ha aperto la porta di una cella. L’ho seguito al piano terra, un piccolo spazio con vari attrezzi per la lavorazione del legno. Da qui la porta conduceva a un frutteto di ciliegi e alle scale di sopra, in un minuscolo corridoio e da lì in una stanzetta. Questa, ha detto, è una camera da letto, una sala da pranzo, una sala di preghiera e uno spazio di studio allo stesso tempo. Nel mezzo c’era una semplice vecchia stufa a legna. L’attrezzatura era di legno e, secondo la mia ignorante stima, probabilmente aveva almeno un secolo. Inoltre, c’era un piccolo bagno con un aspetto più moderno. Tutto sembrava modesto e ordinato, ma sembrava che nessuno vivesse qui da molto tempo. “Prima della seconda guerra mondiale, in casa nostra c’erano circa 70 fratelli, oggi siamo 14, dieci padri e quattro fratelli laici.

Ecco perché alcune celle sono vuote.” Pleterje è l’unico monastero ancora funzionante dell’ordine monastico certosino sul territorio della Slovenia. La Certosa fu costruita all’inizio del XV secolo, molto più tardi degli altri tre – a Žiče, Jurklošter e Bistra. La Certosa di Žiče, in particolare merita qualche parola. “Fu costruito nel 1160 ed è il più antico monastero certosino dell’Europa centrale”, spiega Trnovšek. “Nel tempo è diventato molto importante. A cavallo tra il XIV e il XV secolo, al tempo dello scisma d’Occidente, quando la Chiesa cattolica aveva due papi, uno a Roma e uno ad Avignone, Žiče fu anche sede del priore generale dell’obbedienza romana dei Certosini ordine. ” Ciò significa che ebbero un ruolo di primo piano tra i certosini, che rimasero fedeli a Roma durante lo scisma della chiesa.

PLETER CARTUSIA , che ha avuto origine in questo periodo spiritualmente turbolento, è stata fondata su iniziativa del conte Herman II di Celje. (ca. 1361–1435), sotto la quale la famiglia Celje raggiunse il suo apice. Ermanno II, la cui vita non era esattamente immacolata, credeva nel potere della preghiera già per la vita, e specialmente dopo la morte. I certosini, che in quel tempo avevano una grande reputazione tra il popolo, gli sembravano i più adatti a questo scopo. Nel 1407, quando il monastero in un luogo remoto sotto Gorjanci era probabilmente già adatto alla vita religiosa, emanò uno statuto e la costruzione iniziò quattro anni prima. La chiesa successiva fu consacrata nel 1420 dal vescovo Herman di Freising.

Questo non era altro che il figlio illegittimo del fondatore, noto anche come Herman Kilavi. Ermanno II la sua vita finì a Bratislava e le sue spoglie furono successivamente trasferite a Pleterje. La sepoltura dei dignitari nei Certosini, dove erano sepolti solo i membri dell’ordine, non era consuetudine, e fu fatta un’eccezione dai fondatori e in alcuni altri rari casi. Quando padre Francis ed io ci siamo guardati intorno alla Certosa, siamo andati anche al cimitero. Non c’era nulla sulle semplici croci di legno che indicasse quali corpi avessero trovato la pace eterna lì.

“I nostri nomi non sono importanti”, ha detto semplicemente il priore, “è importante Dio a cui dedichiamo la nostra vita”.

Ma più tardi, mentre ci sedevamo per parlare, gli chiesi come fosse diventato certosino, membro dell’ordine monastico più rigoroso della Chiesa cattolica romana. “Mi sono interessato al monachesimo al liceo quando ho letto della vita di S. Francesco d’Assisi e altri santi. Quando ho finito i miei studi di violino all’Accademia di musica di Budapest, io e un amico, che era anche interessato alla vita monastica, abbiamo scritto a Pleterje e siamo venuti a trovarci per alcuni giorni. È stato amore a prima vista”, padre Frančišek mi spiega con un sorriso il suo viaggio, spiegandomi da dove provenisse il suo insolito accento. “Tuttavia, non volevo lasciare l’Ungheria, quindi sono entrato prima in un seminario teologico. Dopo un anno, ho deciso di venire a Pleterje nel 1995. ” Dice che l’allora priore, il defunto padre Lanuin Fischer, era un “vecchio molto gentile”.

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Quando gli è stato chiesto dove ha imparato così bene lo sloveno, risponde: “Qui, a Pleterje, mi è stato insegnato da padre Stanislav, uno dei due sloveni. Siamo una comunità internazionale molto variegata. Ci sono anche croati, tedeschi, ungheresi, un polacco, uno svizzero e un americano… Se un certosino ha un certosino in patria, allora in linea di principio vi risiede. Tuttavia, siamo l’unico monastero certosino funzionante in questa parte d’Europa, quindi di solito vengono qui da questa zona. Di norma, tutti devono imparare lo sloveno. Se qualcuno non riesce completamente, allora la nostra comunicazione avviene in un misto di lingue. Solo per essere d’accordo l’un l’altro.

Continua…

Celebrando San Bruno

 

San Bruno..

Carissimi amici lettori di questo blog, eccoci giunti al 6 ottobre giorno del dies natalis del nostro amato San Bruno. Per questa lieta ricorrenza, voglio omaggiarvi di un piccolo dono. Da oggi vi proporrò estratti di in testo molto singolare concepito in maniera alquanto originale da “un certosino“, il quale ha voluto porre delle domande al Fondatore dell’Ordine certosino. Si, avete compreso bene… la fantasia di questo certosino l’ha spinto ad immaginare di essere un sorta di giornalista che pone domande a San Bruno, in un’intervista impossibile. Ecco per voi l’introduzione, che ci aiuta a comprendere le motivazioni che hanno spinto l’autore di questo testo geniale.

Nell’articolo odierno leggeremo la presentazione e la prima domanda.

Buona Festività di San Bruno a tutti!!!

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DIALOGO CON SAN BRUNO

Presentazione

Il 1984 ha portato un grande evento al mondo certosino. Così grande che si celebra solo ogni cento anni e, quindi, non tutti i certosini hanno l’opportunità di celebrarlo.

È vero. Nel 1984 l’Ordine Certosino ha celebrato il IX centenario della sua vita nella Chiesa. Il Capitolo generale del 1983 aveva già avvertito che la commemorazione di tale evento doveva essere certosina, cioè non rivolta all’esterno, ma all’interno. Pertanto, se avessimo intenzione di realizzare qualcosa in questo Centenario, ciò che realizzassimo dovrebbe essere per un aumento della nostra consegna al Signore e un aumento della comprensione e dell’esperienza della vocazione che abbiamo ereditato dal nostro Fondatore. Sarebbe il miglior ringraziamento per i 900 anni di vita che Dio ci ha donato, al servizio della sua Chiesa.

Infatti, come partecipanti allo stesso carisma e vocazione di san Bruno, era necessario come cosa naturale e dovere filiale, il desiderio di conoscere meglio quel carisma e questa vocazione. E, naturalmente, questo richiedeva un contatto personale, intimo, segreto – nella “cella” del cuore e non solo nella cella materiale della clausura – con il nostro Padre e Fondatore. Non per nulla egli è il “canale” della grazia per tutti i suoi figli. E solo avvicinandoci a questo “canale” che Dio ci dona, potremo bere senza sosta l’acqua vivificante che ci giunge attraverso di essa.

Nei piani di Dio “tutto è grazia”; non poteva non esserlo anche la celebrazione di quel IX Centenario certosino. Tutti i figli di San Bruno sono stati invitati a celebrarlo con il massimo fervore e devozione.

E accadde l’imprevedibile: che un certosino della Certosa “X“ non avesse altro da fare, che diventare “giornalista” in quello stesso Centenario. Disposto, quindi, a svolgere questo “ufficio”, non aveva altro che il ricordo di “intervistare” suo padre, San Bruno.

Se quello che si celebra è il IX Centenario della fondazione dell’Ordine Certosino, diceva a se stesso, non c’è niente di meglio che proporre al Padre di questa Famiglia certe domande che aleggiavano nel suo spirito e sulle quali vorrebbe avere una risposta autorizzata. Quindi, ovviamente, per questo non c’è niente di meglio di un “intervista” nello stile di quelli che si fanno in questo mondo.

Non è il caso di riferirsi alle peripezie che tale avventura ha comportato, per esempio, per raggiungere il cielo; per superare la negazione del “portiere celeste”, basato sull’idea che un certosino vivente non poteva né entrare in paradiso né San Bruno poteva andarsene; per ottenere che il “colloquio” desiderato avvenisse nel vestibolo, per non mancare di rispetto alle procedure celesti; e, infine, per far accettare a San Bruno, che in questo mondo era così poco amico di parlare delle sue cose, accettasse di parlare con un certosino del XX secolo, ora che è fuori tempo…

Si dice che i giornalisti ottengano tutto. Non so se è vero; Quel che è certo è che il nostro certosino, potenziale giornalista, è stato fortunato e ha fatto a modo suo: ha realizzato la prevista intervista al suo Fondatore. Gli serve per qualcosa essere un Padre.

Fortunatamente per noi, si è anche ricordato di scriverla. Dieci anni dopo quel Centenario, la scrittura è caduta nelle mie mani e ho avuto l’idea di tradurla in portoghese.

Questo è ciò che, in queste pagine, presento e offro nella speranza che sia utile.

L’autore ci dice che non ha scritto tutto quello che ha visto e sentito e non tutto quello che avrebbe voluto scrivere dopo quella singolare “intervista”. Tuttavia, il testo corrisponde alla verità di quanto discusso; l’autore si scusa abbondantemente se, nelle idee trascritte, qualcosa è meno chiaro. Ma confessa che è molto difficile scrivere tutto ciò di cui si discute in un’intervista con un cittadino del cielo.

Per finire, si tenga presente che non era un “giornalista” professionista ma solo “occasionale”; amatoriale, come si dice ora.

Fatto questo avvertimento, che ho ritenuto necessario, mi limito a tradurre il testo originale.

La mia intenzione? Solo questo: che sia umile memoria del passato IX Centenario della fondazione del nostro Ordine e che, a Dio piacendo, quando avverrà la commemorazione del X Centenario, un altro figlio di San Bruno che l’abbia letto sia incoraggiato a ripetere l’avventura del certosino che ci ha lasciato questo lavoro e che si avventuri ad intervistare ancora il nostro Padre e Fondatore, o meglio, a continuare l’intervista qui descritta. “Audaces fortuna juvat” ovvero “La fortuna aiuta gli audaci”.

INTERVISTA A NOSTRO PADRE SAN BRUNO

Cos’è essere certosino?

Dopo la necessaria presentazione del giornalista improvvisato, che San Pietro, come Portiere del Cielo, la fece gentilmente.; dopo la non meno necessaria spiegazione della presenza di un certosino all’ingresso del Paradiso; e, naturalmente, dopo alcuni abbracci commossi, il nostro “giornalista”, pieno di fiducia filiale e senza alcun timore, perché la paura non esiste in quella dimensione, si è espresso così:

Certosino Giornalista (d’ora in poi CG):

Caro padre S. Bruno, perdonami se sono venuto a distrarre la tua contemplazione celeste. Ma guarda, come ti ha spiegato San Pietro, stiamo per celebrare il IX Centenario della nostra Famiglia; Mi sono quindi sentito spinto a fare questa “visita straordinaria”.

Succede che a noi, uomini terreni, ci dicono che eri – e sei! − un mare di bontà; che hai avuto una bontà meravigliosa, come riflesso della bontà divina che tanto avevi sperimentato; e che nessuno si allontanava dalla tua presenza sconsolato e triste.

Questo ricordo mi ha dato le ali per venire a trattare con te delle domande sulla vita certosina, che hai iniziato 900 anni fa e che ci hai lasciato in eredità. E, prima che mi dimentichi, infinitamente ti ringraziamo per averci lasciato questa eredità! Vi preghiamo di trasmettere questa gratitudine al nostro buon Dio “che ci ha scelti e ci ha condotti nella solitudine per unirci a Sé, per intimo amore”.

Inoltre, scusami se non ti lascio parlare, ci viene insegnato, da quando siamo entrati nel deserto certosino, che siamo una Famiglia, di cui tu sei Padre e Fondatore e che, come tale, sei presente in mezzo a noi.

Sì. Ci viene detto che sei presente, non solo perché viviamo la vita che ci hai comunicato; non solo perché partecipiamo alla tua vocazione ed ereditiamo il carisma che hai ricevuto dallo Spirito per tuoi figli; ma anche perché, continuando ad essere nostro Padre, tu sei il “canale” scelto da Dio per comunicarci incessantemente qualcosa della tua vita. Immagino per comunicarci qualcosa della tua santità, dei tuoi esempi, del tuo amore, della tua mentalità e della tua guida.

Se non fosse troppo audace, si direbbe che, come Padre, in un certo senso ti “incarni” nella vita dei tuoi figli. È evidente che con questo non vogliamo pensare alle chimeriche “reincarnazioni” che alcuni mondani immaginano.

Inoltre, ci ricordiamo, e lo sai benissimo, che dobbiamo “assomigliare” a te. E ci viene assicurato che anche i genitori in Cielo nutrono un affetto speciale per quei figli che, in ordine di grazia, sono più simili a loro.

E soprattutto, non possiamo nemmeno dubitarne.

Dico questo perché il Vaticano II − di cui suppongo tu sia ben informato − ha invitato ed esortato tutti i religiosi a sistemare la nostra attenzione e il nostro sguardo spirituale sui nostri rispettivi Fondatori. Il Concilio, infatti, ci dice che «il vostro carisma non ha origine in una mentalità “conforme al mondo presente”, ma è frutto dallo Spirito Santo, che opera costantemente nella Chiesa” (ET 11).

In verità, Padre, questo ci riempie di gioia e di contentezza, perché possiamo considerarti come il “canale di Dio” attraverso il quale ci arriva il dono della vocazione, la grazia per viverla, le grazie per conservarla e gli opportuni ausili per trasmetterla, pura e incontaminata, alle generazioni future.

Perdonami, Padre, queste spiegazioni precedenti, ma ho pensato che fossero opportune per “giustificare” la nostra intervista e la mia comparsa davanti a te, così…

S. Bruno (d’ora in poi SB)… “inaspettata ed audace”.

CG – Quindi, se me lo permetti, ti farò alcune domande sulla nostra vita. Lo farò con filiale fiducia e spero che mi risponda con la tua paterna benevolenza. D’accordo?

SB – Sì. E se qualche domanda è avventata, cosa propria dei mondani, rimarrà senza risposta.

CG – Perfettamente! Veniamo a ciò che conta. Come ti dicevo, abbiamo ricevuto per tua mediazione la grazia di essere certosini. Vuoi dirmi cos’è per te essere certosino?

6 copertina tonda

 

Cosa risponderà il Nostro amato San Bruno a questo insolito intervistatore?

Lo scopriremo in un prossimo articolo…