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In ricordo di Benedetto XVI

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Cari amici lettori, a distanza di circa due mesi dalla dipartita terrena del Papa emerito Benedetto XVI, e con la tristezza nel cuore per la sua assenza, voglio ricordarlo con un suo breve testo.

Chi segue questo blog da tempo, ricorderà che nell’ottobre del 2016 vi annunciai l’uscita di un libro del Cardinale Robert Sarah dal titolo “La Forza del silenzio“, che poi vi proposi in successivi articoli un capitolo dedicato ai monaci certosini dal titolo “Come un grido nel deserto“. In esso vi era una preziosa conversazione con il Priore Generale dell’Ordine dei Certosini, Dom Dysmas de Lassus.

Ciò premesso, l’autore del libro dedicò il libro anche al papa emerito Benedetto XVI definendolo “grande amico di Dio e maestro di silenzio e di preghiera”.

A sua volta papa Ratzinger, rimasto entusiasta per questa edificante lettura inviò un testo manoscritto, in tedesco al Cardinale Sarah, il quale lo inserì nel volume come prefazione. Clicca qui per acquistarlo online

copertina italiano

Oggi, nel ricordo di Benedetto XVI, voglio offrire il suo scritto illuminante a voi tutti.

“Da quando, negli anni Cinquanta, lessi per la prima volta le Lettere di sant’Ignazio di Antiochia, mi è rimasto particolarmente impresso un passo della sua Lettera agli Efesini: «È meglio rimanere in silenzio ed essere, che dire e non essere. È bello insegnare se si fa ciò che si dice. Uno solo è il Maestro che ha detto e ha fatto, e ciò che ha fatto rimanendo in silenzio è degno del Padre. Chi possiede veramente la parola di Gesù può percepire anche il suo silenzio, così da essere perfetto, così da operare tramite la sua parola ed essere conosciuto per mezzo del suo rimanere in silenzio» (15, 1s.).

Che significa percepire il silenzio di Gesù e riconoscerlo per mezzo del suo rimanere in silenzio? Dai Vangeli sappiamo che Gesù di continuo ha vissuto le notti da solo «sul monte» a pregare, in dialogo con il Padre. Sappiamo che il suo parlare, la sua parola proviene dal rimanere in silenzio e che solo in esso poteva maturare. È illuminante perciò il fatto che la sua parola possa essere compresa nel modo giusto solo se si entra anche nel suo silenzio; solo se s’impara ad ascoltarla a partire dal suo rimanere in silenzio.

Certo, per interpretare le parole di Gesù è necessaria una competenza storica che ci insegni a capire il tempo e il linguaggio di allora. Ma solo questo, in ogni caso, non basta per cogliere veramente il messaggio del Signore in tutta la sua profondità. Chi oggi legge i commenti ai Vangeli, diventati sempre più voluminosi, alla fine rimane deluso. Apprende molte cose utili sul passato, e molte ipotesi, che però alla fine non favoriscono per nulla la comprensione del testo. Alla fine si ha la sensazione che a quel sovrappiù di parole manchi qualcosa di essenziale: l’entrare nel silenzio di Gesù dal quale nasce la sua parola. Se non riusciremo a entrare in questo silenzio, anche la parola l’ascolteremo sempre solo superficialmente e così non la comprenderemo veramente.

Tutti questi pensieri mi hanno di nuovo attraversato l’anima leggendo il nuovo libro del cardinale Robert Sarah. Egli ci insegna il silenzio: il rimanere in silenzio insieme a Gesù, il vero silenzio interiore, e proprio così ci aiuta anche a comprendere in modo nuovo la parola del Signore. Naturalmente egli parla poco o nulla di sè, e tuttavia ogni tanto ci permette di gettare uno sguardo sulla sua vita interiore. A Nicolas Diat che gli chiede: «Nella sua vita a volte ha pensato che le parole diventano troppo fastidiose, troppo pesanti, troppo rumorose?», egli risponde: «… Quando prego e nella mia vita interiore spesso ho sentito l’esigenza di un silenzio più profondo e più completo… I giorni passati nel silenzio, nella solitudine e nel digiuno assoluto sono stati di grande aiuto. Sono stati una grazia incredibile, una lenta purificazione, un incontro personale con Dio… I giorni nel silenzio, nella solitudine e nel digiuno, con la Parola di Dio quale unico nutrimento, permettono all’uomo di orientare la sua vita all’essenziale» (risposta n. 134, p.156). In queste righe appare la fonte di vita del Cardinale che conferisce alla sua parola profondità interiore. È questa la base che poi gli permette di riconoscere i pericoli che minacciano continuamente la vita spirituale proprio anche dei sacerdoti e dei vescovi, minacciando così la Chiesa stessa, nella quale al posto della Parola nient’affatto di rado subentra una verbosità in cui si dissolve la grandezza della Parola. Vorrei citare una sola frase che può essere origine di un esame di coscienza per ogni vescovo: «Può accadere che un sacerdote buono e pio, una volta elevato alla dignità episcopale, cada presto nella mediocrità e nella preoccupazione per le cose temporali. Gravato in tal modo dal peso degli uffici a lui affidati, mosso dall’ansia di piacere, preoccupato per il suo potere, la sua autorità e le necessità materiali del suo ufficio, a poco a poco si sfinisce» (risposta n. 15, p. 19).

Il cardinale Sarah è un maestro dello spirito che parla a partire dal profondo rimanere in silenzio insieme al Signore, a partire dalla profonda unità con lui, e così ha veramente qualcosa da dire a ognuno di noi.

Dobbiamo essere grati a Papa Francesco di avere posto un tale maestro dello spirito alla testa della Congregazione che è responsabile della celebrazione della Liturgia nella Chiesa. Anche per la Liturgia, come per l’interpretazione della Sacra Scrittura, è necessaria una competenza specifica. E tuttavia vale anche per la Liturgia che la conoscenza specialistica alla fine può ignorare l’essenziale, se non si fonda sul profondo e interiore essere una cosa sola con la Chiesa orante, che impara sempre di nuovo dal Signore stesso cosa sia il culto. Con il cardinale Sarah, un maestro del silenzio e della preghiera interiore, la Liturgia è in buone mani.”

Città del Vaticano, nella settimana di Pasqua 2017

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“Cartes des Chartreuse”. Una mostra ed un libro

Mostra

Cari amici di Cartusialover con l’articolo di oggi voglio informarvi sulla recente inaugurazione di una interessantissima mostra sulle cosiddette “Cartes des Chartreuse“. Lo scorso venerdi’ 16 dicembre presso il Musée de l’Ancien Évêché di Grenoble sito nell’ex palazzo vescovile, vicino alla cattedrale di Grenoble, ha avuto inizio l’esposizione dal titolo “Chartreuses – Dans le silence e la solitude – “, e durerà fino al 3 settembre del 2023. In questa occasione, è stato presentato al pubblico congiuntamente un prezioso volume, dal titolo “Les cartes de Chartreuse“.

Ma di cosa si tratta esattamente?

Si potrà ammirare una parte dell’eccezionale collezione di settantanove dipinti monumentali raffiguranti i monasteri dell’ordine in Europa dal XVII al XIX secolo, chiamati anche “mappe delle certose”. Classificata Monumento Storico, questa collezione, di proprietà del monastero della Grande Chartreuse, è stato oggetto di un lungo e meticoloso lavoro di restauro durato vent’anni e ha provocato una mobilitazione esemplare, che ha visto collaborare le autorità pubbliche e numerosi mecenati privati.

Queste Mappe certosine, si rivelano essere un prezioso strumento per conoscere i monasteri dell’ordine certosino, tra i secoli XVII e XIX, nonchè ammirare le vedute panoramiche del paesaggio circostante.

Dom Le Masson (anonimo)

Le “Cartes des Chartreuses” e la loro storia

Alla fine del XVII secolo, all’incirca intorno al 1680 il Priore Generale Dom Innocent Le Masson, impegnato nella ricostruzione della Grande Chartreuse a seguito dell’ennesimo incendio del 1676, decise di commissionare dei dipinti delle certose allora esistenti. Per effetto della Controriforma, si ha un vasto movimento di costruzione, ricostruzione e ristrutturazione della maggior parte dei monasteri. In Francia, sedici nuove “case” sono costruite durante il diciassettesimo secolo. La decisione di far realizzare dei dipinti monumentali, conosciuti come “Cartes de Chartreuses”, realizzati sempre a volo d’uccello, sono una testimonianza eccezionale non solo della loro particolare architettura, subordinata alla regola monastica, ma anche di alcune scene di vita claustrale. Queste grandi tele, rispondevano anche alla necessità di avere una sorta di inventario delle case dell’Ordine, e di verificare il rispetto dei principi di ordinamento edilizio, inizialmente erano probabilmente esposte nella Sala del Capitolo Generale della Grande Chartreuse, ed in seguito nella cosiddetta “galleria delle mappe”. Rappresentarono la crescente diffusione territoriale e l’estensione geografica dei possedimenti certosini, oltre alla irradiazione temporale e spirituale. La tradizione iniziata per volere di Dom Le Masson proseguì fino al XIX secolo. Ad oggi settantanove di questi dipinti sono sopravvissuti e sono stati elencati come monumenti storici nel 2001. Queste settantanove tele sono di vari formati, la maggior parte delle quali misurano circa 2 m di altezza per 1,5 m di larghezza, esse raffigurano cinquantuno certose francesi, sedici italiane, tre spagnole, tre austriache, due svizzere, due tedesche, una inglese e una ungherese. A volte datate, raramente firmate, le mappe sono, per la maggior parte, commissionate a pittori locali, poco noti e non sempre talentuosi.

Cap

La mostra

Dopo un profondo restauro, durato venti anni, sarà possibile ammirare trentuno di questi monumentali dipinti, esposti eccezionalmente per una mostra nel Musée de l’Ancien Évêché di Grenoble sito nell’ex palazzo vescovile, vicino alla cattedrale di Grenoble. Questa mostra, dal titolo”Chartreuses – Dans le silence e la solitude – ” sarà visitabile tutti i giorni, con ingresso gratuito, lunedì, martedì, giovedì e venerdì dalle 9:00 alle 18:00, mercoledì dalle 13:00 alle 18:00 e sabato e domenica dalle 11:00 alle 18:00. Durerà fino al 3 settembre del 2023, ed è stata realizzata grazie al Musée de la Grande Chartreuse e l’Associazione per il restauro delle carte Chartreuse (ARCC). Ammirare queste tele ci farà immergere nell’atmosfera certosina e del desertum circostante, e contribuirà alla conoscenza della storia dell’Ordine, da parte mia un plauso agli organizzatori, ed un invito a voi tutti a visitarla.

Il libro

lib

Congiuntamente alla inaugurazione della mostra succitata, è stato presentato il libro “Les cartes de Chartreuse”. Grazie alla lunga ricerca storica condotta da Pierrette Paravy, professoressa di storia medievale all’Università di Grenoble-Alpes, con Daniel Le Blévec, professore di storia medievale all’Università Paul-Valéry Montpellier, e Giovanni Leoncini, professore di storia dell’arte all’Università di Firenze, la ricchezza di informazioni che contengono queste “mappe” ed il loro interesse estetico vengono finalmente svelati. Ve ne consiglio la lettura. Vi allego anche il link per l’acquisto del libro online.

alcune mappe

Quando prese la decisione, nel 2001, di restaurare le mappe di Chartreuse, il reverendo padre Dom Marcellin aveva chiaramente sottolineato la necessità di risvegliare dal suo sonno un patrimonio eccezionale e trasmetterlo alle generazioni future: “il nostro futuro passerà attraverso il rispetto per quello che abbiamo ricevuto dal passato”. Queste grandi mappe rappresentano alcuni monasteri dell’ordine certosino dal XVII al XIX secolo, per informazione del Priore Generale che abita alla Grande Chartreuse. 79 mappe, sulle quali storici dell’arte, scienziati e restauratori hanno lavorato insieme per scegliere le tecniche di restauro di questi dipinti, spesso sull’orlo della perdizione. Siamo lieti che questo lavoro paziente e attento abbia dato vita e bellezza a ciascuna di queste opere. Così, l’unità dell’architettura di questi monasteri appare chiaramente e spiega qualcosa della vita delle comunità che li abitano. Dai monasteri più modesti, come Portes o Durbon, alle grandi certose reali, come Gaming o Pavia, ritroviamo gli stessi elementi essenziali della vita certosina e disposti in modo simile: la chiesa, al centro del monastero , verso cui i due chiostri; il chiostro grande, luogo di vita eremitica attorno al quale si trovano gli eremi dei padri, che circondano il cimitero; il chiostrino, cuore della vita comunitaria, da cui si accede alle celle degli ufficiali, alle obbedienze, alla sala capitolare, al refettorio, utilizzato solo la domenica, e alla biblioteca. L’aspetto esteriore dei monasteri può tuttavia variare perché furono costruiti il più delle volte con l’appoggio di signori e mecenati che volevano introdurre un segno di bellezza, proprio del loro tempo ma che non sempre si addiceva alla semplicità che i Certosini tengono. nelle loro case così come nelle loro vite. Dall’inizio di questo lavoro di restauro, sapevamo che sarebbe stato pesante. La determinazione dei responsabili, sostenuti e incoraggiati dall’ordine, e l’immancabile sostegno di donatori pubblici e privati, hanno permesso di ottenere il risultato sperato: riportare in vita queste testimonianze del passato e farle parlare al presente tempo per discernere meglio dove andare in futuro. Ringrazio quindi con grande gratitudine ciascuno degli attori di questa vasta impresa, grazie a loro le giovani generazioni potranno contare su una memoria viva del nostro patrimonio certosino.

Dom Dysmas de Lassus

“La certosa sotto la neve”

copertina

Ecco per voi un’altro estratto del libro “Au désert de Chartreuse: La vie solitaire des fils de saint Bruno“, di Robert Serrou. Egli rievoca dalla sua abitazione parigina, attraverso il ricordo della esperienza vissuta con il collega Pierre Vals, le ore vissute in certosa durante la notte di Natale. Notevole l’elogio alla vita cartusiana espressa dall’autore.

copertina

“La certosa sotto la neve”

La messa di mezzanotte in convento si svolge con la semplicità liturgica propria dei certosini, impreziosita però da numerosi ceri accesi, simbolo della Luce che appare nelle tenebre. Nella cappella de La Salette si celebra un’altra messa di mezzanotte, offerta dal Padre Procuratore, per le famiglie degli operai del monastero che risiedono nel Corriere, un chilometro più in basso. Come i pastori di Betlemme, i partecipanti sono pochissimi. Ma hanno la stessa fede e ascoltano attentamente la parola del Padre, come i pastori ascoltavano la parola dell’Angelo.

Ma eravamo solo nella Grande Chartreuse con il pensiero. I miei bambini dormivano tranquilli nella loro stanza.
Al ritorno dalla Messa di Mezzanotte, i Certosini sarebbero stati ancora a lungo in chiesa. Tornati nelle loro celle, si sarebbero potuti riposare un po’. Per loro non c’è nemmeno una cena più modesta. Come gli altri giorni, non mangeranno nulla fino alle undici del mattino. Ma cosa può importare loro il cibo terreno? Per la tua felicità bastano solo la speranza dell’eterno faccia a faccia e le briciole ricevute in questa santa veglia.
Si addormenteranno nella notte silenziosa e anche il loro sonno sarà un’adorazione senza fine. Ti vedo di nuovo. Padre Procuratore, Padre Archivista, Padre Sacristano, con il quale ho avuto un rapporto più costante, e anche tutti gli altri monaci bianchi della Grande Chartreuse, nella tua misteriosa solitudine! Giustamente, un maestro di spiritualità ti ha chiamato “il serafino della terra”. Vedo anche te, fratello converso, ugualmente assorto in Dio, più vicino a noi per opera delle tue mani; a te che maneggia cazzuola e martello e contempli Dio nelle faccende quotidiane.
Rivedo le ore del nostro resoconto e come a poco a poco, visitando i vostri chiostri, le vostre obbedienze, la vostra chiesa, la nostra prospettiva sia cambiata, avvicinandosi – molto poco – alla vostra per vedersi finalmente illuminata dalla vostra parola e dalla grazia divina.

 

Nel grande esercito della Chiesa tu sei l’ala avanzata della preghiera, sopperendo alla nostra mancanza. Nessuna delle tue azioni, dei tuoi pensieri, degli impulsi del tuo cuore ci è estranea, non riesce ad attirare su di noi le benedizioni di Dio. Consolazione inestimabile, fonte di pace per i nostri guai, giustificazione per la nostra indigenza.

Tra i santi della Chiesa militante, voi siete santi oscuri secondo il vostro desiderio, ma il cui peso è necessario per l’equilibrio del mondo. Ci hai promesso le tue preghiere, che consideriamo un tesoro. Sapere che c’è un luogo benedetto, un luogo alto di contemplazione dove ogni giorno i monaci tengono – come la lampada davanti al tabernacolo – la luce della fede e l’ardore della carità, ci rassicura e ci conforta. Da questa terra, a volte, alziamo “quello sguardo della speranza di Dio” di cui ci parlava Péguy.
Sei ancora giovane nonostante hai ottocentosettanta anni e il tuo ideale è ancora capace, come nell’XI secolo, di far battere i cuori, desiderosi di bellezza, di purezza, di assoluto.
So che nei vostri monasteri in Spagna un giovane, purificato nel sangue dei martiri, ha scelto le vostre livree bianche. Alcune ragazze vanno all’estero, in attesa della Certosa femminile che tanto ardentemente desiderano venga eretta nel loro paese.
Anche il giovane Nord America si mette in moto. Mentre tre vostri Padri e alcuni Fratelli preparano la fondazione materiale in completa solitudine nei boschi di Vernon, i postulanti nordamericani, capisaldi della fondazione spirituale, vengono a impregnarsi nella culla dell’Ordine dello spirito di San Bruno, per essere suoi figli non solo di nome, ma di fatto. In questo slancio giovanile, la Francia viene lasciata un po’ in disparte. Vogliamo farvi capire che riempire le Certose dei vostri figli non deve essere il coronamento, ma la base della vostra nuova primavera.
Per tutti questi motivi abbiamo voluto presentare al pubblico questa testimonianza. Voi, cari monaci della Grande Chartreuse, ci perdonerete per aver leggermente turbato la vostra solitudine e per aver espresso – male, senza dubbio – il vostro ideale. In questo momento canti la vigilia di Natale solenne per te e per noi. In mezzo alle montagne innevate del “Deserto”, la tua salmodia ei tuoi canti non suscitano eco. Solo Dio ti ascolta e ti comprende.
Nel chiostro grande, vicino al cancello della clausura. San Bruno, dalla sua vetrata, inclina il capo per contemplare i suoi figli e ascoltarne il canto, identico a quello dei primi giorni. Sopra di lui, lo stemma dell’Ordine certosino: il globo terrestre dominato dalla croce, circondato da sette stelle. Il santo vigila sul mantenimento della Regola, approvata da secoli, e per la vita dei propri, il cui motto è inciso sullo stemma: “Stat crux dum voltur orbis

Spero abbiate gradito la lettura ed il consiglio di acquisto di questo libro, in attesa della nascita di Nostro Signore.

“Natale alla Grande Chartreuse”

copertina

Cari lettori di Cartusialover, eccoci giunti alla settimana che ci condurrà al Santo Natale ed attendendo la nascita di Nostro Signore voglio proporvi lo stralcio di un libro di cui vi consiglio la lettura. Si tratta di un libro pubblicato per la prima volta nel lontano1955 dal titolo “Au désert de Chartreuse: La vie solitaire des fils de saint Bruno“. Nel 1954, un giornalista francese Robert Serrou ed il suo amico fotografo Pierre Vals, ottennero per la prima volta in assoluto l’autorizzazione ad entrare nel nella Grande Chartreuse e potersi avvicinare alla severa vita monastica certosina.

Va detto che Robert Serrou fu il primo giornalista, insieme al suo collega Pierre Vals, ad entrare negli appartamenti privati di Papa Pio XII in Vaticano per un servizio giornalistico, già nel 1952.

Gli autori del libro, ben 51 anni prima di Philip Gröning, autore del “Il Grande Silenzio” (2005), hanno avuto il privilegio assoluto di vivere tra le mura della certosa e di condividere le esperienze di vita claustrale. Il risultato di questo “soggiorno” è un prezioso resoconto narrativo corroborato da eccezionali fotografie che rivelarono per la prima volta una esistenza volta al nascondimento e fatta di preghiera, lavoro e meditazione per ricercare Dio.

Dalle prime edizioni, tante ne sono state fatte, riorganizzando il materiale e modernizzandolo in una nuova edizione questa testimonianza unica.

Ora vi proporrò il link dove poter acquistare online il libro, ottima idea regalo per Natale per parenti, amici, e perchè no per noi stessi!

copertina

Fin qui la premessa introduttiva, ma voglio offrirvi per ingolosirvi alla lettura due estratti dal V° capitolo riguardante appunto il Natale.

“Natale alla Grande Chartreuse”

Stasera è la vigilia di Natale. Dalla mia casa parigina penso alla Grande Chartreuse, che sarà innevata.
Le gole del Guiers-mort hanno cambiato aspetto. Le rocce si sono avvolte nella loro grande coltre bianca, i faggi piegano i rami troppo carichi di neve in gesto di adorazione, e gli abeti, con i rami quasi attaccati al tronco e ricoperti di brina, sembrano grandi ceri preparati per la festa. L’acqua gocciola dalle rocce in colonne lattiginose, dalla volta dei cunicoli scende in stalattiti cristalline. Cinquanta metri più in basso, l’acqua del torrente è trasparente. Non molto fitto, assume la tinta del canale roccioso attraverso il quale scorre, oppure è verde, più o meno scuro, a seconda della profondità. I viaggiatori hanno occasione di ammirarlo. L’autobus Saint-Pierre effettua frequenti fermate. La neve scivola lungo le fessure delle rocce. Scende in una nuvola di polvere bianca e forma un grande mucchio sulla strada. Devi maneggiare la pala per farti strada, o aspettare l’aiuto dello spazzaneve che pattuglia i dintorni. Nel “Deserto” di Chartreuse tutto tace: il silenzio misterioso delle montagne innevate e il silenzio profondo dei Vespri solenni.
In spirito, mentre i miei figli dormono, frequento l’Ufficio dei monaci della Grande Certosa. Sono le dieci. Si sono appena alzati e stanno recitando il “Beato Ufficio” nell’oratorio della loro cella. Mezz’ora dopo i Certosini. vanno in chiesa un’ora prima rispetto alle festività più solenni e circa due ore prima rispetto ai giorni ordinari. La vigilia di Natale è la lunga notte di speranza. Come lei, il giorno dopo, più lungo del solito, sarà trascorso esclusivamente in preghiera. Il giorno di Natale non c’è pausa, non importa quanto piccola. Si lascia per il giorno successivo.
In questa lunga notte, così diversa dalle altre, i certosini trovano la risposta alla loro attesa, il centuplo che, da questa terra, è il premio della rinuncia per amore. Non ricordano affatto i loro Natali d’infanzia. Non invidiano minimamente il nostro Natale di padri e madri di famiglia, inondati dalla gioia pura e chiara dei nostri figli. Ricordi il tuo Natale in famiglia, in cui canti devoti precedevano la Messa di mezzanotte, in cui tutti si comunicavano? I certosini non cercano la gioia che dona il Signore, ma il Signore che dona la gioia.

antiphonario
Nel coro, i grandi antifonari sono aperti dal paggio della festa. Dom Odon, il sacrestano, ne aprì uno durante la mia visita alla chiesa. Ho potuto leggere le prime parole, il testo dell’Invitatorio: Christus natus est nobis, venite adoremus (Cristo è nato per noi; vieni, adoriamolo). Il cantore della settimana la canta in tono acuto, e poi, quando il canto comunitario si interrompe, prosegue con il Salmo 94, in cui ogni versetto si alterna al ritornello, e le cui prime parole sono un’esplosione di gioia, come un bottone che diventa fiore: «Vieni, rallegriamoci…»
Il grido risuona per tutte le vie del cristianesimo: “Venite, rallegriamoci, il Salvatore è nato per noi – venite e adoriamolo“. E le brave persone, cristiane dal cuore semplice, tenendo per mano i loro piccoli, con gli occhi ancora corrucciati dal sonno, si dirigono verso la chiesa lungo i viali impolverati di neve, sotto le stelle, ricordando che un giorno uno di loro era spinto da parte dalla Mano divina per guidare i Magi all’umile presepe di Betlemme.
Venite, rallegriamoci“, notti della vigilia di Natale di ogni tipo: una notte come tante altre da cui Dio è assente. Senza dubbio pensano, nella loro solenne contemplazione, a quelle ore benedette fra tutti, sperperate in questa notte da tanti uomini.

A domani, per un’altro estratto!

Un consiglio per un regalo

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Carissimi amici di Cartusialover ormai ci siamo, con l’approssimarsi delle prossime festività natalizie noi tutti saremo impegnati a scegliere un regalo per i nostri parenti ed amici. Per dimostrare loro, il nostro amore attraverso una piccola attenzione, possa esservi utile questo mio consiglio, un libro, atto a sviluppare la propria essenza spirituale attraverso la miniera inesauribile del sapere offertoci dalla spiritualità certosina.

Questa volta voglio suggerirvi un libro dell’amato certosino Dom Jean-Baptiste Porion, dal titolo “Scritti spirituali Amore e silenzio. La Santissima Trinità e la vita soprannaturale“. Una raccolta di testi di Dom Porion, che sapranno insegnarci come il silenzio ci aiuti a metterci in contatto con Dio.

«Essere certosino, non significa fare cose straordinarie, come immagina a volte la gente, bensì vivere nell’umiltà e nella calma senza cercare, pretendere e rifiutare niente. Le giornate dei certosini possono essere molto monotone e insignificanti; ma devono essere così poiché la nostra vita in se stessa non è nulla».

Dom Jean Baptiste Porion

Ringrazio l’editore Rubbettino, e voi che vogliate ascoltare il mio consiglio.

La lettura di questo libro risulterà davvero edificante, siatene certi! Vi allego il link dove poterlo acquistare online.

Dalla prima di copertina:

Il volume riunisce gli scritti principali di D. Jean-Baptiste Porion (1899-1987), autore certosino noto soprattutto per la sua opera principale Amore e silenzio, pubblicata per la prima volta nel 1941 con il titolo originale di Introduction à la vie intérieure e ripubblicata con il titolo attuale nel 1951, breve scritto che ha avuto una grandissima diffusione, tanto da essere annoverato tra i testi principali della spiritualità monastica contemporanea. Il Card. Journet, introducendone la prima edizione, scriveva: «Sembra impossibile dire in termini più semplici cose altissime. C’è in queste pagine la limpidezza del Vangelo». A questo primo scritto, più volte pubblicato in italiano e sempre andato esaurito, si aggiunge un’altra opera meno conosciuta e oggi introvabile: La Santissima Trinità e la vita soprannaturale; in essa l’autore riprende i temi della sua spiritualità alla luce di una rigorosa analisi teologica e antropologica. Composte nel silenzio della Certosa, queste opere aiuteranno tutti coloro che oggi aspirano a conoscere meglio il valore del silenzio e dell’interiorità, cercando la risposta in una sempre più autentica relazione con Dio.

Un regalo edificante

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Ormai ci siamo, con l’approssimarsi delle prossime festività natalizie ognuno sarà impegnato in una forsennata corsa ai regali, dimenticando il vero significato del Santo Natale. La globalizzazione ci ha condotto verso un sistema di vita iperconsumistico, lasciandoci conseguentemente naufragare in un periodo di crisi economica, oltre che in un epoca contraddistinta da una diffusa povertà morale. La terribile pandemia, che ha contraddistinto gli ultimi due anni, ha provocato poi ulteriori danni sulla psiche umana. Ma non è mia intenzione chiosare oltremodo su questi argomenti, pur riconoscendo, come spesso esprimo, che tentare di ricercare o sviluppare la propria essenza spirituale attraverso la miniera inesauribile del sapere offertoci dalla spiritualità certosina, possa essere una possibilità per la salute dell’anima.

Ciò detto, ed a proposito dei doni da fare a noi stessi, e perchè no a parenti ed amici, verso i quali vogliamo dimostrare il nostro amore attraverso una piccola attenzione, possa esservi utile questo mio consiglio. Questa volta voglio suggerirvi un regalo edificante, il meraviglioso libro dal titolo “Alla Scuola del Silenzio Un itinerario di contemplazione. Antologia di autori certosini” edito da Rubbettino, con la prefazione del teologo don Armando Matteo, e da pochi giorni in vendita nelle librerie ed online. Un compendio di testi di autori certosini che risulta essere un utile strumento per elevare il nostro spirito, offrendoci alcuni spunti per meditare sul vero senso del Natale e non solo, nel tentativo da me auspicato, di poter edificare nel cuore di ciascuno di noi una “piccola certosa”, all’interno della quale dialogare con l’Assoluto.

Grazie all’editore e grazie a voi che vogliate ascoltare il mio consiglio.

La lettura di questo libro risulta davvero imperdibile!

Vi allego il link dove poterlo acquistare online:

Dalla prima di copertina:

«Lettura, meditazione, preghiera, contemplazione. Questa è la scala dei monaci, mediante la quale essi sono sollevati dalla terra al cielo». Così scriveva Guigo II, priore della Certosa di Grenoble, intorno agli ultimi anni del XII secolo. E questo continua ad essere l’esercizio d’ascesi a cui ogni monaco certosino è quotidianamente chiamato. Questo volume raccoglie i frutti spirituali di oltre nove secoli di contemplazione e li offre al lettore d’oggi alla ricerca di uno strumento di preghiera e meditazione. Da San Bruno di Colonia a Guigo I e II, da Marguerite d’Oyngt a Nicolò Albergati e ancora a Dionigi, Lanspergio, Le Masson e, più vicini a noi nel tempo, a Pollien, Simoni, Guillerand, Poisson, i brani proposti sono suddivisi per grandi temi che guidano il lettore nel suo cammino. Alla fine del volume un indice tematico e un denso profilo biografico di ciascuno degli autori presenti consentono di attraversare le pagine del libro anche secondo itinerari personali, che lasciano a chi le legge la libertà di costruire il proprio percorso. Il libro si propone, così, come un piccolo scrigno capace di rivelare i suoi innumerevoli tesori a chi voglia coglierli con cuore puro e aperto al dialogo con l’Assoluto.

 

 

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Libro simboleggiato come fuoco che alimenta cibo per l’anima (tarsia lignea coro conversi certosa di San Martino)

Dal libro di Dom Dysmas de Lassus 6

Ecco per voi il sesto ed ultimo paragrafo del capitolo “Piccola radiografia della bugia” sulla menzogna, e tratto dal libro “Risques et dérives de la vie religieuse”, di Dom Dysmas de Lassus.

Santo Doroteo di Gaza

Santo Doroteo di Gaza, che ci trasmette la saggezza dei primi monaci in una forma non invecchiata, ha un bel capitolo sulla menzogna. Dopo aver citato Gv 8,44, distingue: sono tre modi diversi di mentire: con il pensiero, con la parola o con la vita stessa. È nella sua mente, quella che accoglie i sospetti. Questa idea di mentire nel pensiero è molto originale e pertinente. Non è così sconosciuto perché esiste un’altra forma di mentire nel pensiero che chiamiamo: mentire a te stesso. Tuttavia, dopo uno sviluppo piuttosto lungo sui sospetti, Doroteo conclude: Niente è più grave dei sospetti. Sono così dannosi che alla lunga riescono a persuaderci e farci ovviamente credere che stiamo vedendo cose che non sono e non sono mai state. Non è esattamente quello che è mentire a te stesso? Riguardo alla menzogna a parole, osserva: Tutto il peccato viene dall’amore del piacere, o dall’amore del denaro, o dalla vana gloria. Anche il mentire nasce da queste tre passioni. Mentiamo o per evitare di essere ripresi e umiliati, o per soddisfare un desiderio, o anche per ottenere qualche guadagno. Infine, vale la pena citare abbastanza ampiamente ciò che dice sulla menzogna nella vita. Chi mente per tutta la vita è la dissolutezza che si vanta della castità, l’avaro che parla di elemosina e loda la carità, o l’uomo orgoglioso che ammira l’umiltà. Non è con l’intenzione di lodare la virtù che la ammira, altrimenti inizierebbe confessando umilmente la propria debolezza dicendo: “Ahimè, guai a me! Sono vuoto di tutto il bene! Dopo aver così confessato la sua miseria, poté ammirare e lodare la virtù. (…) Ma il bugiardo non ammira la virtù con tali sentimenti. È per coprire la propria vergogna che propone il nome di virtù e ne parla come se fosse virtuoso lui stesso; spesso è anche ferire e sedurre qualcuno. Infatti, nessuna malizia, nessuna eresia, né il diavolo stesso possono ingannare se non simulando la virtù, secondo la parola dell’Apostolo: Il diavolo stesso “si trasforma in un angelo di luce” Non è quindi da meravigliarsi che i suoi servi si travestono anche da servitori della giustizia. Quindi, sia che voglia evitare l’umiliazione di cui teme la vergogna, sia che abbia il disegno di sedurre e ingannare qualcuno, il bugiardo parla delle virtù, lo loda e lo ammira, come se avesse fatto proprie le virtù. pratica. Quindi è lui che mente per la sua stessa vita. Non è semplice, ma doppio: altro dentro, altro fuori. Tutta la sua vita è doppiezza e commedia. Anche questa volta, il capitolo precedente ha illustrato in anticipo questo detto. Quanto segue mostrerà come l’unità desiderata da Cristo tra i suoi discepoli può essere distorta e diventare anche una menzogna e un mezzo di controllo. Prima di chiudere questo capitolo, faremo nostra la conclusione di Santo Doroteo: abbiamo detto della menzogna, che viene dal Maligno. Della verità abbiamo detto: la verità è Dio. Fuggiamo dunque la menzogna, fratelli, per sfuggire alla festa del Maligno e sforziamoci di possedere la verità per essere uniti a Colui che ha detto: “Io sono la Verità” Che Dio ci renda degni della sua verità !

Dal libro di Dom Dysmas de Lassus 6

Risques-et-derives-de-la-vie-religieuse

Ecco per voi il sesto paragrafo del capitolo “Piccola radiografia della bugia” sulla menzogna, e tratto dal libro “Risques et dérives de la vie religieuse”, di Dom Dysmas de Lassus.

La menzogna non rispetta la persona a cui ci stiamo rivolgendo

La menzogna non rispetta la persona a cui ci rivolgiamo Quando la menzogna non è più “giustificata” da un’intenzione altruistica, carità, ma da un interesse personale, iniziamo ad entrare in un processo che chiamiamo manipolazione. In “Manipulateurs, les personnalités narcissiques”, Pascal Ide lo definisce come segue: manipolare è usare gli altri per i propri fini. L’altro per un fine personale, che si tratti di difendere un potere, una stima, un’immagine di sé o qualsiasi altra cosa. Ora, usare una persona per un fine personale significa iniziare a negargli il carattere di una persona. Questo processo una volta ha portato alla schiavitù che tratta una persona come un animale domestico. Tuttavia, la manipolazione, in cui le bugie sono più o meno onnipresenti, può portare a una forma di schiavitù, perché la persona non ha più la sensazione di esistere. Non sempre raggiungiamo questo grado di serietà, ma come abbiamo visto nel capitolo precedente, la cultura della menzogna è spesso costituita da una moltitudine di piccole bugie, nessuna delle quali, presa in sé, sembrerebbe molto seria. Ricorda la rana.

Dal libro di Dom Dysmas de Lassus 5

Ecco per voi il quinto paragrafo del capitolo “Piccola radiografia della bugia” sulla menzogna, e tratto dal libro “Risques et dérives de la vie religieuse”, di Dom Dysmas de Lassus.

Mentire distrugge la relazione

Supponiamo una società in cui tutti mentono.
La vita sarebbe ancora possibile? Impossibile fidarsi di nessuno, sapere a che ora partirà un treno, sapere se il contenuto di una lattina di fagioli non contiene patate, inviare una lettera (che ci dice che arriverà?).
L’impiegato ti dice che ha registrato il tuo biglietto aereo, come fai a sapere se è vero? La società diventerebbe il caos totale anche nelle cose più piccole.
Più vicini alla nostra realtà quotidiana: se un giorno scopriamo che una persona ci ha mentito, possiamo perdonarla, ma qualcosa si rompe nella fiducia perché ora che certezza posso avere che abbia torto mentirmi di nuovo? Spesso giustifichiamo la menzogna con la carità. Per non ferire, racconterò una piccola bugia. Forse l’intenzione è caritatevole, ma il rischio è formidabile. Supponiamo che un amico ti abbia dato un libro e dopo aver letto tre pagine quel libro ti abbia annoiato e tu lo abbia chiuso. Poco dopo, incontri questo amico che ti chiede se ti è piaciuto il suo libro.
La tentazione è di spiegare che è stato trovato molto interessante per non ferirlo. Ma se in seguito quell’amico scopre che in realtà non hai letto il suo libro, proverà un dolore molto più profondo. Perché ti mancava così tanto la fiducia in lui che l’hai tradito? Dici che è tuo amico, ma è proprio vero? Adesso può avere dei dubbi. È certamente più esigente, ma tanto più fecondo per essere semplicemente vero: Io ti ringrazio, sono stato davvero toccato da questo dono e dalla cura che mi hai mostrato. L’ho visto e, perdonami, non voglio ferirti, ma è un argomento che non mi interessa e non sono andato molto lontano. E possiamo aggiungere che non importa, poiché, come si suol dire, è il gesto che conta. Ovviamente sarà un po’ spiacevole per l’amico, ma se ne andrà con la soddisfazione molto più profonda di una vera relazione e una maggiore fiducia di poter contare su ciò che gli dici perché è solido.
E credimi, questo vale oro.

Dom François Grangier, da certosino a parroco

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Cari amici lettori, lo spunto per realizzare l’articolo odierno mi viene offerto da un piccolo libro edito in francese dal titolo “Dom François Grangier, les exils d’un chartreux”. In esso, l’autore Julien Fleury un sacerdote della diocesi di Marsiglia dal 2006 e parroco di Saint-Giniez dal settembre 2015 riesce a descriverci la martoriata vita di questo monaco certosino.

All’origine di questo libro ci sono tre lettere trovate negli archivi della parrocchia di Saint-Giniez, dove Dom François Grangier trascorse i suoi ultimi anni.

Ma cerchiamo di ricostruire i fatti, e di conoscere questo certosino.

François Grangier nacque a Salon de Provence il 18 maggio del 1755, quando ha soli ventuno anni muore suo padre Joseph, ed egli qualche mese dopo decide di abbracciare la vita monastica. Entra nella certosa di Bonpas, pronunciando i suoi primi voti il 28 maggio del 1776. Comincia il suo percorso di vita claustrale fino al 1781 quando pronuncia la sua professione solenne, dopo aver studiato e conseguito il diaconato ed il sacerdozio.

Nel 1791 Dom François Grangier, viene inviato alla certosa di La Verne per assistere il Padre Priore diventandone il Vicario. Sta per cominciare il terribile periodo legato agli avvenimenti della Rivoluzione Francese, ed egli diventerà un testimone di quei tragici tempi, che stravolgeranno la sua vita.

Dovendo abbandonare La Verne, Dom François comincia il suo periplo raggiungendo la certosa di Montrieux, ma dopo poco tempo anche questa comunità viene dispersa. Ritroviamo nel 1792 Dom Grangier in Italia, nella certosa di Bologna dove stette poco, poichè braccato nuovamente dagli eserciti napoleonici, si rifugiò a Montello tra il 1797 e il 1805 con i suoi confratelli.

Dopo l’incoronazione di Bonaparte, avvenuta nel dicembre del 1804, egli spera in un ritorno alla quiete della vita monastica in Provenza e torna a Salon, sua città natale dove rimarrà dal 1805 al 1811. Scoprendo che molti dei suoi confratelli erano stati perseguitati, deportati o giustiziati, divenne vicario parrocchiale e poi parroco. Successivamente lo troviamo ad Arles nel 1811, poi parroco a Saint-Chamas per dieci anni. Infine, il13 novembre del 1822 il certosino ha ricevuto un ultimo nomina a Saint-Giniez vicino Marsiglia. È proprio in quest’ultima parrocchia che Dom Grangier ha lasciato più ricordi. E’ qui che l’autore del libro, Julien Fleury avendo ritrovato tre lettere negli archivi della parrocchia di Saint-Giniez, riesce a ricostruire la vita tormentata ed il suo peregrinare che lo porterà a dover abbandonare la vita monastica che aveva condotto per ben trenta anni. La Provvidenza dopo averlo sottoposto a tante prove lo ha condotto negli ultimi anni della sua vita alla cura pastorale, che svolse con grande impegno. Una vita spesa con Fede e radicata in Cristo.

In una di queste missive, indirizzata al vescovo di Marsiglia, Mons. Fortuné de Mazenod, Dom François ormai parroco settantenne scrisse al suo vescovo per informarlo dei suoi problemi di salute. La parrocchia è enorme, ha una grande estensione territoriale, lamenta che un ginocchio gli fa male, ed è paralizzato dai reumatismi. Espone un suo timore: doversi alzare di notte per portare il viatico a un malato che vive sui ripidi pendii di Notre-Dame de Garde. Pur sapendo che la vita monastica è ripresa alla Grande Chartreuse, a causa della sua età e dalla salute precaria opta nel luglio del 1831 di ritirarsi in campagna nei pressi di Marsiglia, avendo ottenuto dal Vescovo il permesso di potersi ritirare. La vita terrena di Dom François Grangier si concluderà il 24 febbraio del 1832.

Spero vogliate apprezzare l’avervi portato a conoscenza un’accenno della storia esposta in questo libro su questo personaggio, che avrebbe voluto vivere la sua vita all’interno delle mura monastiche, in quiete e solitudine.