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In memoria di Santa Rosellina

Il miracolo delle rose (Dipinto di Valère Bernard)

Oggi, 17 gennaio ricorre la data della morte di Santa Rosellina di Villeneuve, ma che, come saprete, nel calendario certosino si celebra il 20 ottobre.

Dopo questa breve precisazione, voglio parlarvi in questo articolo a lei dedicato dei suoi ultimi attimi di vita e dei suoi molteplici miracoli, che si associano ai più noti, da me già menzionati. Proverò inoltre a rispondere ad alcuni interrogativi, celebrandone la sua memoria.

A Santa Rosellina, difatti vengono attribuiti prodigi accaduti sia quando era ancora in vita che successivi alla sua morte.

Si narra che nel 1310, quando era ancora in vita operò un leggendario prodigio liberando il fratello Hélion, Comandante dei Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, prigioniero dei Saraceni sull’isola di Rodi, pare che sia stato miracolosamente liberato dalle catene e trasportato in Provenza! Riferì di aver avuto una visione di sua sorella che gli apparve in una nuvola di rose.

Ma veniamo alla descrizione del suo ultimo giorno di vita terrena.

Rosellina aveva nel 1328 abbandonato il suo incarico da Priora, a causa delle sue debilitate condizioni fisiche, e difatti nel mese di gennaio del 1329 si aggravò. Le cronache narrano che in una fredda mattina del 17 gennaio, fu colta da una febbre violenta e che, nonostante la sua leggendaria energia, non riuscì a reggersi in piedi. Rimase dunque distesa sul suo letto di paglia e chiese di poter ricevere l’Eucaristia, tra le consorelle raccoltesi intorno a lei. Queste, non vollero credere che l’ora della sua fine era vicina, e si ritirarono per svolgere le loro solite occupazioni. Rimase vicino a sè la sola sorella Marguerite che sentì mormorare Rosellina con una flebile voce: “Addio, sorella mia, vado dal mio Creatore” e chiuse gli occhi per sempre!

La narrazione prosegue, indicando che nella cella si diffuse una luce soffusa, ed al contempo si udirono suoni soprannaturali, come il suono delle campane percepite in lontananza. Sorella Marguerite vide comparire in un alone i tre santi dell’Ordine certosino: san Bruno, il fondatore, sant’Ugo di Grenoble e sant’Ugo di Lincoln, tutti e tre con in mano un turibolo. Queste tre figure erano sovrastate dall’apparizione della Vergine, che aveva tra le braccia il bambino Gesù.

Estasiata da questa prodigiosa visione, sorella Marguerite rivolse lo sguardo a Rosellina e la vide alzarsi sul letto, stendere le braccia verso quelle figure, per poi ricadere lentamente esanime. All’età di 66 anni la sua vita terrena caratterizzata da un costante sacrificio, da digiuni, veglie ed austerità, si concluse.

Morte di santa Rosellina

San Bruno, il fondatore, Sant’Ugo di Grenoble e Sant’Ugo di Lincoln, tutti e tre con in mano un incensiere e la Vergine Maria, portando il bambino Gesù tra le braccia (Dipinto di Valère Bernard)

Rosellina sembrava riposasse, il suo viso così radioso, i suoi occhi così luminosi che tutti, prostrandosi, non poterono fare a meno di renderle omaggio come una persona privilegiata dal cielo. Il corpo mantenne la sua flessibilità, le pupille la loro luminosità e chiarezza. Santa Rosellina rimase così per giorni, contemplata con rispetto non solo dalle sue consorelle, ma da tutta la popolazione dei dintorni che era accorsa alla notizia della sua morte. Tutti volevano rendere un ultimo tributo alla loro benefattrice, soprattutto gli sfortunati ed i derelitti che lei aveva sempre aiutato. Pellegrinaggi formati da tutti i paesi vicini, da Les Arcs, Trans, Flayoscs, Draguignan, da Muy e persino da Fréjus si diressero presso la certosa a La-Celle-Roubaud. Per tre giorni una pio corteo composto da uomini, donne, infermi, ammalati, anziani e bambini entrò in certosa. Nonostante il freddo, la pioggia, la stanchezza, i pellegrini volevano vedere Rosellina un’ultima volta. Davanti alle spoglie miracolosamente conservate, i malati e gli infermi, innalzati dalla fede, osarono avvicinarsi, toccare le mani della Santa, contemplare i suoi occhi, implorare la loro guarigione.

I prodigi

I miracoli ebbero luogo nella cella. I malati furono liberati dai loro malanni, i paralitici riacquistarono la libertà di movimento, i ciechi riacquistarono la vista. L’ esaltazione collettiva durò fino all’ora in cui la santa fu portata nel chiostro dove sarebbe stata sepolta nel cimitero.

Qualche tempo dopo dal luogo della sepoltura avvenne quello che viene chiamato “l’odore di santità” difatti un dolce e potente profumo di rose si diffondeva prodigiosamente, pertanto le monache attonite lo condivisero con le massime autorità religiose.

Ottenuto il permesso di riesumare la salma fu fissata la data della cerimonia nell’11 giugno 1334, prima domenica dopo Pentecoste. Questa cerimonia di esumazione rivelò un grande miracolo. Dopo 5 anni trascorsi sotto terra, il corpo di santa Rosellina apparve intatto come nel giorno del suo funerale. Gli occhi azzurri in particolare, invece di essere stati spenti dalla morte, avevano conservato tutto il loro splendore e sembravano fissare gli astanti sbalorditi.

Fu allora che EIzéar de Villeneuve, nipote di Rosellina, che presiedeva la cerimonia in qualità di vescovo di Digne, ebbe l’idea di estrarre questi straordinari occhi dalle loro orbite e raccoglierli in un reliquiario per meglio esporli alla venerazione dei fedeli. Dalla sua riesumazione nel 1334 però vi sarà un vuoto di 280 anni, dove non si trovano più scritti riguardanti queste reliquie. Le vicende della certosa di la Celle Roubaud tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo narrano di un decadimento della disciplina da parte delle monache, che furono soppresse dal capitolo generale certosino nel 1420. La struttura ospitò vari ordini religiosi che si avvicendarono fino al 1504, quando la famiglia Villeneuve vi insediò una comunità francescana che sopravvisse fino alla rivoluzione francese. Verosimilmente, il corpo di Santa Rosellina in questi tempi travagliati fu cautamente nascosto nei sotterranei. Il corpo della santa riapparve solo nel 1614, è ancora interamente conservato, ad eccezione delle labbra, la cui carne cominciò a seccarsi.

corpo santa rosellina

Uno dei due occhi, ancora oggi visibili in un reliquiario datato 1883, non ha però più il suo aspetto naturale, ma perchè?

La colpa è di Luigi XIV, o almeno del suo medico personale, Antoine Vallot. Era il 1660. Il re si recava a Cotignac in compagnia di sua madre, Anna d’Austria. Non avendo il tempo di recarsi personalmente a Les Arcs, ma avendo sentito parlare del meraviglioso stato in cui era stato conservato il corpo di Santa Rosellina, mandò Vallot ad accertare la realtà di tutto ciò che veniva detto su questo argomento. Messo in presenza di occhi miracolosi, Antoine Vallot, per assicurarsi che non ci fosse inganno, non trovò niente di meglio che infilare un ago nei due angoli dell’occhio sinistro. Il risultato fu immediato: il miscredente rimase sbalordito. Il medico del re, a costo di quello che ancora oggi sembra un sacrilegio, ebbe la prova che gli occhi erano naturali e vivi 331 anni dopo essere stati rimossi dal corpo!

occhi

Nel corso dei secoli, i Bollandisti riferiscono di un marinaio di nome Blaise Blanc che per intercessione di Rosellina nel 1671 si salva dall’affondamento della sua nave nel Mar Ionio. Oppure della guarigione della bambina cieca di Jean Mayol, a Les Arcs,e riferiscono inoltre di un taglialegna di Callian, trascinato lungo un torrente da un albero caduto, e scampato prodigiosamente all’annegamento, invocando la pia certosina.

Tutti questi miracoli hanno fatto crescere nel tempo la devozione per santa Roselina, al punto che ancora oggi si svolgono delle processioni, le principali delle quali si svolgono il 17 gennaio per la festa della santa, la prima domenica di agosto e il 16 ottobre.

 

Ma quando fu canonizzata Rosellina?

Pare che avvenne già nel 1360, da papa Innocenzo VI ad Avignone, ma non fu mai ratificata da Roma, pertanto furono i certosini ad ottenere, l’autorizzazione al culto diocesano, masoltanto nel 1851, A seguito di ciò, l’Ordine chiese l’approvazione di questo culto in tutte le certose, e l’iscrizione della festa corrispondente nel calendario ordinario del loro rito particolare.

Il decreto di questa concessione fu firmato a Roma il 17 settembre 1857 dal cardinale Patrizi, presidente della Congregazione dei Riti.

Due anni dopo, il 27 settembre 1859, fu concessa l’indulgenza plenaria a chi visitava una chiesa certosina nel giorno della festa della Santa fissata per il 17 gennaio.

Cappella Santa Rosellina

interno cappella e altare

Il corpo incorrotto della santa è oggi esposto alla vista dei fedeli e dei turisti nell’antica cappella della certosa di Celle Roubaud, divenuta Chappelle Sainte Roseline. Questa deliziosa cappella che ha un arredamento molto ricco tra cui stalli rinascimentali e stalli del coro datati 1635, vi sono inoltre statue lignee che raffigurano la certosina.

Fuori dal coro, sulla destra, la teca di cristallo in cui giace il corpo della santa miracolosamente conservato e il reliquiario dei suoi occhi (1883). Il mosaico di Marc Chagall, e le vetrate di Jean Bazaine e Raoul Ubac e un leggio in bronzo di Diego Giacometti che adornano questa cappella.

Nella cappella sono collocati anche alcuni ex voto dipinti, che testimoniano la fede degli abitanti in santa Rosellina e testimoniano i loro desideri che sono stati esauditi. Nel 1817 a seguito di una grande siccità che ne comprometteva i raccolti, gli abitanti di Lorgues si recarono in pellegrinaggio alla tomba della Santa per implorare il suo aiuto, la loro richiesta fu esaudita da un’abbondante pioggia. 

ex-voto_lorgues_copie

Su un altro ex voto, vediamo un uomo ferito a seguito di una caduta, che supplicava santa Rosellina di aiutarlo.

ex-voto

A seguire un video di una recente processione in suo onore

Festa di Sainte Roseline a Les Arcsil 17 gennaio 2016 – Processione d’ingresso

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Un miracolo della beata Beatrice de Ornacieux

Un miracolo della beata Beatrice de Ornacieux

Beata Beatrice de Ornacieux (Mignard)

In concomitanza con il giorno dedicato alla celebrazione della beata certosina, voglio narrarvi la storia di un miracolo compiuto da Beatrice de Ornacieux. Ad essa infatti viene attribuito il seguente evento prodigioso che vado a spiegarvi. A causa delle sue continue e prolungate penitenze, caratterizzate da lunghi digiuni che minavano profondamente la sua integrità fisica, spesso Beatrice era stremata. Una volta accadde che in concomitanza con il periodo della Quaresima, la Priora vedendo lo stato di estrema prostrazione di Beatrice, decise di assegnarle una compagna di cella. La consorella avrebbe dovuto assisterla ed evitare questi eccessi di penitenza a cui la beata si sottoponeva. Ben presto la Divina Provvidenza volle però mostrare quanto fossero gradite tali compunzioni. Un Venerdi Santo, all’ora del Mattutino la inusuale compagna di cella di Beatrice accortasi che quest’ultima era particolarmente debilitata, la scorse finalmente addormentata dopo una notte insonne trascorsa ad infliggersi penitenze, decise di lasciarla riposare. Ritenne opportuno rinchiuderla in cella, e recarsi da sola in chiesa per la recita dell’ufficio notturno. Ma poco dopo, Beatrice risvegliatasi udendo in lontananza il salmodiare proveniente dal coro, si rese conto di essere rinchiusa e rivolse subito una implorazione alla Vergine “Madre mia fammi raggiungere le mie consorelle, non farmi restare inutilmente qui da sola in cella”. Nel buio della notte, le monache certosine sedute nel coro ed intente a salmodiare videro il posto solitamente assegnato a  Beatrice, che fino a quel momento era vuoto, occuparsi prodigiosamente dalla beata.

Lo stupore della Priora e dell’intera comunità, fu immenso.

Finito il Mattutino le consorelle andarono a verificare se la serratura della cella fosse stata forzata, ed invece constatarono con incredulità che non vi erano segni di effrazione. Beatrice, successivamente interpellata, potè spiegare alla Priora ed al Padre Vicario che la sua disperazione nel non poter partecipare alla funzione, a cui fece seguito la supplica alla Vergine, rese possibile tale prodigio.

Beatrice fu ricompensata, nel corso della sua esistenza, di questa vita condotta all’insegna della preghiera e della costante penitenza, ricevendo molti doni e carismi straordinari. Nel ricordarne la memoria, recitiamo questa preghiera.

Preghiera

Per l’imitazione della passione di Cristo hai fatto,
Signore, della beata Beatrice, vergine, una vittima del
tuo amore, fa ‘che attraverso la sua intercessione e l’esempio,
condivida qui sulla terra le sofferenze di tuo Figlio
per partecipare un giorno alla gloria in Cielo.

Amen

Dei prodigi oltre la morte del beato Pietro Petroni

Dei prodigi oltre la morte del beato Pietro Petroni

Il santo che non smetteva di fare miracoli

VENTURA SALIMBENI Beato Pietro Petroni (1597)Pieve dei Santi Filippo e Giacomo, Montalcino)

Già in un precedente post, vi avevo documentato sull’osservanza certosina oltre la morte grazie ad un dipinto di Carducho che ci testimoniava un evento analogo a quello che sto per narrarvi.

Gli episodi che vi citerò hanno per protagonista il beato Pietro Petroni certosino della certosa senese di Maggiano in Italia. Il santo che non smetteva di fare miracoli…

Molti furono i prodigi e le profezie a lui ascritte nel corso della sua pia esistenza, contraddistinta da penitenze, mortificazioni e zelanti veglie ed estasi. Avverandosi la profezia sul giorno della sua morte Dom Pietro ascese al cielo tra l’amore dei suoi confratelli dopo il Mattutino, alle ore 6 del sabato 29 maggio del 1361, data la sua fama tra i senesi le sue spoglie furono velocemente inumate nel cimitero della certosa, per evitare eccessivo trambusto. La notizia, però, presto trapelò in città, anche a causa di sue apparizioni a religiose ed a suoi ferventi discepoli e amici. La fama ed il culto per questo prodigioso certosino si diffusero ed aumentarono ben presto nella città di Siena e nei paraggi. I pellegrini assiepavano la certosa di Maggiano per poter pregare sul luogo della sepoltura del beato, che dispensava prodigi anche dopo la sua dipartita. Per placare tale clamore il Priore della certosa decise di spostare le spoglie mortali di Dom Pietro in un altro luogo, che rimase ignoto ai pellegrini. Questa operazione di esumazione, avvenne nel 1421, dopo sessanta anni dalla sepoltura, ed il Priore chiamò oltre ai confratelli altri religiosi, tra cui Bernardino da Siena che fu testimone di un ennesimo prodigio. Difatti appena smosso il terreno da un operaio con una vanga, apparve il corpo miracolosamente incorrotto, e fra lo stupore generale tale meraviglia fu amplificata dall’incauta vangata dell’operaio, che colpendo una gamba del beato Dom Pietro vide l’arto cominciare a zampillare sangue vivo!!!

Fu a questo punto, che il Priore della certosa ordinò al santo certosino di non fare più miracoli e prodigi, per consentire il ritorno alla quiete dell’intera comunità monastica senese. Successivamente si provvide ad una nuova sepoltura, ai piedi del campanile poco distante dal cimitero monastico. Il celeberrimo testimone di quest’ultimo prodigio, Bernardino da Siena rimase fortemente colpito dalla spiritualità e dalla severa vita dei certosini, che volle a tutti i costi persuadere il Doge di Venezia Francesco Foscari a far insediare una comunità certosina su di un’isola della laguna. Fu così che nel 1422, sull’Isola di S. Andrea al Lido sorse la certosa di Venezia. Sebbene possono sembrare coincidenze casuali, si percepisce la mano della Provvidenza che per intercessione di Dom Pietro Petroni diresse e produsse tali eventi, concatenati tra loro.

Angeli musici suonano e cantano lodi udite dai confratelli provenire dalla cella del beato Petroni

               Angeli musici suonano e cantano lodi udite dai confratelli provenire dalla cella del beato Petroni

Morte del beato, tra la disperazione ed il conforto sei suoi confratelli

                           Morte del beato, tra la disperazione ed il conforto sei suoi confratelli

Dissepoltura dopo sessant'anni dalla sua morte e prodigioso sanguinamento davanti a Bernardino da Siena ed i suoi confratelli

Dissepoltura dopo sessant’anni dalla sua morte e prodigioso sanguinamento davanti a Bernardino da Siena ed i suoi confratelli

L’osservanza certosina oltre la morte

L’osservanza certosina oltre la morte

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Nel dipinto di Vicente Carducho, che oggi vi propongo, viene illustrato un episodio realmente accaduto e narrato nelle cronache certosine. Il pittore, con estrema maestria, ci narra attraverso questa immagine una scena svoltasi all’interno della Grande Chartreuse. Sullo squarcio di fondo si notano pellegrini che si avvicinano verso l’eremo e due storpi genuflessi vicino ad una sepoltura, che chiedono una grazia per la guarigione. Sulla destra un gruppo di monaci certosini che pregano anch’essi sul sepolcro di un loro confratello. Il personaggio in primo piano che regge un bastone ed è intento a benedire la tomba, è Dom Jancelino (priore dal1180-1233), ovvero il decimo Priore Generale dell’Ordine certosino. Egli è costretto a dover “ordinare” al suo predecessore il defunto Guigo II (priore dal 1174-1180)  di smettere di fare miracoli e guarigioni, per non turbare la quiete monastica. Il clamore del potere taumaturgico del venerato priore aveva infatti fatto accorrere una moltitudine di fedeli da tutta la Savoia, come Carducho sapientemente dipinge rendendo eloquente l’episodio. La morale di questo dipinto, sta nello stesso titolo, difatti testimonia la rigidità della osservanza della regola certosina anche oltre la morte!!

Come da tradizione “non sanctos patefacere, sed multos facere”

Puzzle

 

preview56 pieceL’osservanza della regola certosina oltre la morte

Un miracolo del beato Niccolò Albergati

Un miracolo del beato Niccolò Albergati

beato Niccolò Albergati

A seguito della sua morte, il culto nei confronti del cardinale certosino Niccolò Albergati si sviluppò a causa dei numerosi miracoli che ricevettero coloro che umilmente ne implorarono la intercessione. Le reliquie, costituite anche da ceneri e frammenti residui del suo mal di pietra (calcoli renali) giovarono a chi le “usò”, per allontanare malattie e ricevere grazie.

Dei tanti miracoli documentati, ho scelto per voi quello accorso l’8 agosto del 1665 alla moglie di Giovanni Benvenuti di Firenze. La donna Maria Maddalena Coccolini era da cinque giorni in preda a fortissime doglie che le arrecavano notevole sofferenza, e che fino al giorno undici divennero sempre più insopportabili. Alla qual cosa i medici al suo capezzale, si resero conto che probabilmente la donna era irrimediabilmente avviata verso un triste destino, poiché impossibilitati a risolverle il problema. Ma dietro suggerimento di Padre Jacopo Pettinelli monaco certosino di Firenze nonché parente di suo marito, Maria Maddalena decise disperata di invocare Albergati: “O beato Niccolò della croce aiutatemi!!!”

Al termine di questa invocazione, il marito e gli altri figli piangenti e rassegnati alla sua dipartita, furono destati dall’improvviso lieto evento, ovvero la nascita di un bel bambino.  Convintasi della prodigiosa intercessione del beato certosino, ed avallata in questa idea dalle sue levatrici, le quali confermarono che il bambino si trovava in una posizione contorta che avrebbe naturalmente impedito il parto. Ciò spinse la donna chiamare suo figlio Niccolò in onore del suo benefattore e ipotizzò per il nascituro un futuro tra i monaci certosini. Ma quattro anni dopo la nascita, un altro evento prodigioso occorse alla mamma ed al suo bambino. Il 21 ottobre del 1669, il bimbetto cadde da uno sgabello su cui era salito sfuggendo al controllo della mamma, e gli esiti del ruzzolone furono severi. Soccorso tempestivamente fu condotto, privo di sensi, dal cerusico di famiglia che provò a ricucire un taglio profondo che alla base della testa si era aperto da un orecchio all’altro. Alla disperazione della madre fece eco la rassegnazione del medico, che previde la morte del bambino nelle ore successive. A questo punto Maria, sempre devota a Niccolò Albergati implorò un’altra grazia per il suo piccolo Niccolò, che il beato aveva voluto far nascere prodigiosamente. La pia invocazione ben presto vide il suo esito positivo, difatti dopo qualche giorno il bambino si svegliò e sorrise alla mamma, ma la cosa ancor più strabiliante fu che a seguito di una attenta constatazione di diversi dottori non vi fu trovata nessuna traccia della severa ferita lacero contusa conseguenza dei danni della rovinosa caduta. Ci tengo ad affermare che i fatti su menzionati furono attestati sotto giuramento presso un notaio di Firenze, che ascolto i medici ed i testimoni di questa vicenda prodigiosa. Evidentemente la Provvidenza attraverso il beato Niccolò Albergati e la sua intercessione aveva operato scegliendo il piccolo Niccolò che divenne un fervente monaco certosino.

beato Niccolò Albergati antica stampabeato Niccolò prega per noi

Il Venerabile Padre Juan Fort

Il Venerabile Padre Juan Fort

Celebriamo oggi la memoria di questo poco conosciuto monaco certosino, distintosi per le sua vita caratterizzata da numerosi fenomeni mistici straordinari, come l’ubiquità, le visioni ed altri prodigi. Ma chi era Juan o Jean Fort?

Egli nacque, ad Albocacer nei pressi di Valencia, il 5 settembre del 1404 e sin da piccolo si mostrò propenso all’apprendimento. Crescendo egli continuò i suoi studi nella università di Lèrida, laddove conseguì eccellenti risultati nello studio della Filosofia, delle discipline umanistiche e soprattutto della Teologia, diventando un ottimo conoscitore delle Sacre Scritture. Dotato di una spiccata intelligenza, e supportato da una poderosa cultura, Juan avrebbe senz’altro avuto una esistenza ricca di onori e gloria, ma la sua profonda saggezza lo spinse a considerare tutto ciò, delle vane lusinghe a cui volle fare volentieri a meno. Decise infatti di distaccarsi dalle ricchezze materiali, per preferire la povertà monastica ed il rigore della regola certosina, egli cercò difatti la pace e la ricchezza interiore entrando nella certosa di Scala Dei. Il suo ingresso avvenne il 5 maggio del 1425, a soli venti anni e otto mesi, una tenera età per tutti, ma non per Juan che sapeva esattamente cosa cercava dall’esperienza che stava per iniziare. La sua vocazione era immensa e la voglia di amare Dio incrollabile e costante, come il suo impegno nell’applicazione alla vita claustrale, che ebbe modo di mostrare già durante il suo noviziato, dove ebbe la fortuna di incontrare dei validi maestri. La sua vita claustrale fu svolta all’insegna di forti penitenze, digiuni prolungati e frequentissime orazioni che lo aiutavano nella contemplazione della misericordia di Dio. Fu invitato da un suo superiore a descrivere per iscritto i fenomeni mistici  che gli capitavano, ed egli li raccolse in un manoscritto dal titolo “Liber Revelationum”, laddove menzionò le celestiali visioni, e le rivelazioni che gli venivano fatte in occasione delle prodigiose estasi. Padre Juan nel corso della sua vita dovette combattere una grave malattia fisica, ma ciononostante egli si sottoponeva alla mortificazione della carne con penitenze estreme. Nella sua cella egli ebbe ripetutamente apparizioni di Gesù Cristo e di Sua Madre, la Vergine Maria che lo confortavano, donandogli la forza per superare la propria sofferenza fisica, e dandogli nuove energie  per potersi dedicare generosamente alle necessità ed ai bisogni dei suoi confratelli. Essi lo amarono e lo sostennero durante la sua malattia, accudendolo fino al giorno in cui, essi ci narrano, Juan Fort con il volto ricoperto da estrema dolcezza, e con la serenità tipica dei santi ascese al cielo in data 14 maggio 1464. In quel preciso istante, si diffuse un fortissimo profumo che si associò alla prodigiosa apparizione della Vergine Maria, San Giovanni Battista, San Giovanni Evangelista e Santa Maria Maddalena che vollero confortare il mistico certosino portandolo in gloria. Molti sono i miracoli attribuiti a Juan Fort, tra tutti vogliamo ricordare quello riguardante una croce di pietra, che situata all’interno della certosa era da lui salutata ogni qualvolta le passava accanto. Ebbene quella croce di pietra risultò essersi inclinata prodigiosamente fino a toccare terra, come in atto di riverenza verso quel pio certosino!!! A memoria di ciò i suoi confratelli testimoni del prodigio, aggiunsero l’iscrizione: ” Crux veneranda nimis , patri curvatur eidem; Inclínata diü, sic manet usque modo”. Ho voluto offrirvi alcune notizie sulla santa esistenza del venerabile Padre Juan Fort, per stigmatizzare come la Provvidenza concede le sue grazie a chi spende la propria vita nell’amore per Dio onnipotente.

I prodigi della beata Beatrice d’Ornacieux

I Prodigi della

beata  Beatrice d’Ornacieux

Oggi in occasione della ricorrenza della celebrazione della sua festa, voglio narrarvi un episodio miracoloso attribuito alla beata Beatrice d’Ornacieux. Le notizie sulla sua meravigliosa vita, ci sono state riportate scritte in Provenzale, dalla sua Maestra Novizia la beata Margherita d’Oingt, che scrisse Li via Seiti Biatrix Virgina de Ornaciu”. Da questa fonte apprendiamo, che nel 1300, proveniente dalla Certosa di Parménie, ed insieme alle consorelle Luisa Allemman di Grésivaudan, Margherita di Sassenage, e Ambroisine di Nerpol fondò un nuovo monastero certosino ad Eymeu nella diocesi di Valenza, del quale ne divenne Priora fino al giorno della sua morte, avvenuta il 25 novembre 1303, data in cui ricorre la festività di santa Caterina d’Alessandria. Da quel momento in poi la beata Beatrice, seppellita nella sua amata certosa di Eymeu, accanto a Luisa Allemman di Grésivaudan e Margherita di Sassenage che la avevano preceduta nella dipartita, continuò ad operare prodigi. Beatrice, difatti, pur avendo già una vasta fama di santità, dopo la morte, fece accorrere tanti pellegrini della zona che ricevettero guarigioni e miracoli. Il clamore fu notevole nella regione, e siccome la comunità della certosa di Eymeu si sciolse, ed il convento passò alle benedettine, fu necessario trasportare in un altro luogo le spoglie della beata certosina. Vi descriverò ora, il prodigio legato alla traslazione del suo corpo. Del trasferimento dei resti mortali, se ne incaricò il padre vicario della Certosa di Valbonne, Dom Roux de Charris che incaricato dalla comunità della Certosa di Parménie, determinata a impossessarsi delle reliquie, decise di intraprendere l’ardua impresa di recuperare i resti mortali di Beatrice. Previo autorizzazione del vescovo di Valence, ed il permesso delle suore benedettine ormai insediatesi ad Eymeu, Dom Roux si recò a prelevare le spoglie di Beatrice e delle sue fedeli consorelle Luisa Allemman di Grésivaudan e Margherita di Sassenage. Il volenteroso monaco su di un cavallo, sistemò le spoglie delle tre religiose in alcuni sacchi, e le caricò su di una mula per poterle trasportare nell’impervio viaggio verso Parménie. Giunse verso mezzogiorno in località Port de Têche, dove incontrò due cavalieri che erano lì dal mattino, in attesa che le acque del fiume ingrossato defluissero per consentire loro il passaggio. La pioggia era caduta ininterrottamente per tre giorni e tre notti, di fronte a questo scenario Dom Roux, avvilito cominciò a rivolgere le sue preghiere alle reliquie della beata Beatrice, affinché potesse “intervenire” qualora volesse ritornare alla “sua” Parménie. Poco dopo, prodigiosamente, le acque si abbassarono all’improvviso consentendo, senza alcun  pericolo, il guado al cavallo guidato dal certosino, all’asina carica delle sante reliquie, ed ai due cavalieri, ma subito dopo il loro passaggio le acque ritornarono ad innalzarsi ed essere furiose. Ciò avvenne tra lo stupore dei due uomini a cavallo, testimoni dell’evento miracoloso. L’intrepido Dom Roux, proseguì il viaggio e rinfrancato dal prodigio, giunse a Tullins laddove un torrente che discendeva da una montagna, essendo straripato sempre a causa della pioggia, riversava sulla strada rami secchi, sterpaglie, ed altri detriti che impedivano da molte ore il passaggio a tre carri che trasportavano del sale. Memore del fenomeno soprannaturale, accorsogli in precedenza, Dom Roux non esitò a far approssimare la mula con le sacre reliquie al torrente in piena. Fu così che le acque si ritirarono, favorendo così anche il passaggio delle carovane che poterono assistere allo strano fenomeno restando basiti. Prima di giungere alla meta, in prossimità di un ruscello le sante spoglie miracolose, dovettero agire nuovamente per consentire al vicario di Valbonne di superare una altro periglio. Ovviamente il clamore per questo episodio, si diffuse rapidamente aumentando l’aura di santità per la certosina. D’altronde questo miracolo è menzionato anche nel verbale di beatificazione di Beatrice d’Ornacieux, sottoposto a Pio IX che volle beatificarla il 13 aprile 1869, esso recita: Resitus e fluvii impediabatur torrenti, aquis propter quae excreveravant Imbres. “Verum, quod immisso jumento monalium reliquie vehebat, depressae Aquae sunt e transeunte fecer locum … “. Una volta giunte a  Parménie, le spoglie vennero poi conservate fino al 1667 nel cimitero della certosa, fino a quando il Cardinale Le Camus, vescovo di Grenoble, provvide a ricostruire l’antica chiesa per poter dare una più degna collocazione alle sante reliquie. Fu posta in tale occasione una lapide marmorea nera con la seguente iscrizione:

ICI REPOSENT LES OSSEMENTS

DE BÉATRIX D’ORNACIEUX

RELIGIEUSE CHARTREUSIENNE DE PARMÉNIE

DÉCÉDÉE EN 1303

ET DE SES DEUX COMPAGNES

Nel tempo varie traversie si susseguirono a Parménie, ma le spoglie della beata vi rimasero intatte  fino al 1839, quando una parte di esse furono traslate alla Certosa di Beauregard. Poi l’11 dicembre 1895,  a Parménie la cassa contenente le ossa delle tre religiose fu aperta, poiché i monaci della Grande Chartreuse ne reclamavano anch’essi qualche frammento osseo. In questa occasione si scorsero i resti mortali a sei secoli dalla morte, prodigiosamente in ottime condizioni ed emananti un soave profumo. Le reliquie rimanenti, rimasero nell’antico complesso di Parménie, ormai affidato ad una comunità di Olivetani che ne divennero i custodi. Ma nonostante le traversie legate alle varie rivoluzioni e guerre, ma soprattutto ai sei secoli trascorsi da quando la beata Beatrice era nota in quella zona, il culto per la sua memoria non si è scalfito, anche perché a seguito della sua beatificazione, venne eretta nel 1897 una graziosa Cappella. Situata nel quartiere di Bessieux, nei presi di Eymeu la costruzione si  nasconde tra gli alberi di Mont Saint-Martin, essa è divenuta da allora fino ad oggi un luogo di pellegrinaggio, il quale si svolge tutti gli anni con una processione suggestiva ogni prima domenica di settembre.

Santa Rosellina ed “Il pasto degli angeli”

Santa Rosellina ed  “il pasto degli angeli”

Oggi per celebrare Santa Rosellina di Villeneuve, voglio descrivervi l’aura di santità che fin da prima della nascita caratterizzò la sua esistenza. La leggenda narra che, Sibilla de Burgolle di Sabran, durante la gravidanza che avrebbe fatto nascere sua figlia, Rosellina di Villeneuve, avrebbe ascoltato ripetutamente una voce predirgli: “Tu partorirai una rosa senza spine, una rosa la cui fragranza si diffonderà in tutto il Paese” e dopo aver ascoltato tale profezia si sentì inebriata da un intenso profumo di rose!!!

Vi narrerò ora un miracolo attribuitole in gioventù. Oltre al noto “miracolo delle rose”, compiuto in età adolescenziale, (già descrittovi in un precedente articolo) Rosellina poco dopo essere entrata nella certosa di Saint-André-de-Ramières, durante il periodo di noviziato si distinse per aver compiuto un altro prodigio. Essa, come novizia, fu destinata alla cura della cucina, ma il suo animo non incline al lavoro manuale un giorno fu rapito da una estasi, che portò la giovane Rosellina ad estraniarsi dalla realtà, ignorando le faccende che avrebbe dovuto svolgere. Invece di preparare il pasto per la comunità, rimase concentrata nella preghiera per molte ore, ed una volta riavutasi dall’estasi, all’arrivo delle consorelle si rese conto che il pranzo che avrebbe dovuto preparare loro non era pronto. Vedendo tale situazione la priora, visibilmente irata, era sul punto di sgridare la giovane novizia tremebonda, quando prodigiosamente una schiera di angeli imbandirono la tavola con il cibo cucinato perfettamente, venendo così in soccorso della pia Rosellina. Questo miracolo, contribuì ad aumentare la fama di santità della giovane certosina, che continuò in seguito ad operare prodigi, guarigioni e miracoli sia durante la sua esistenza, che dopo la sua morte. Nel 1975, Marc Chagall volle realizzare un grande e luminoso mosaico, per far rivivere il miracolo descrittovi, noto come “Le Repas des Anges”(il pasto degli Angeli), e che adorna tuttora una parete della Chapelle Sainte Roselline laddove riposano le spoglie della santa.

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“La monachella di San Bruno”

LA MONACHELLA DI SAN BRUNO

(1875-1953)


In questo articolo, voglio narrarvi la storia di Mariantonia Samà meglio nota come la monachella di San Bruno. Ella nacque il 2 marzo del 1875, a Sant’Andrea dello Ionio, in provincia di Catanzaro figlia unica fu cresciuta solo dalla madre poiché il padre Bruno morì prima della sua nascita. La sua infanzia fu caratterizzata da una profonda povertà, insieme alla madre viveva in un tugurio senza luce, acqua e pieno di umidità. Mariantonia seguiva la mamma nel lavoro dei campi, malvestita, scalza e spesso malnutrita, in condizioni di estrema miseria tipiche delle popolazioni dei paesini montani calabresi alla fine dell’Ottocento. All’età di circa dodici anni, Mariantonia dopo aver accompagnato la madre a fare il bucato al fiume, nel ritornare a casa, tormentata dalla sete decide come suo solito di abbeverarsi ad una pozza d’acqua. Dopo esser tornata a casa la bambina cominciò a stare male, come paralizzata contorcendosi e bestemmiando per circa un mese. Fra tutti coloro che assistono ai tormenti della poverina, si diffonde l’idea che essa bevendo in quella pozza d’acqua sia diventata indemoniata. Nonostante varie preghiere e suppliche la bambina non guarisce, e così dopo alcuni anni, una colta baronessa del luogo, Enrichetta Scoppa, decide di portare a sue spese la piccola Mariantonia alla Certosa di Serra San Bruno per farla esorcizzare.

Agli inizi del 1500, verso l’anno 1505, a Serra avvenne un lietissimo evento, ossia il ritrovamento nella chiesa di S. Maria del Bosco del corpo di San Bruno, le cui reliquie furono portate solennemente in processione, il martedì di Pentecoste. Da allora in Calabria si era diffuso il suo culto come taumaturgo e liberatore degli indemoniati, chiamati anche ossessi o spirdati. Gli esorcismi avvenivano pubblicamente con lunghi riti collettivi che si svolgevano il lunedì e il martedì dopo Pentecoste nel laghetto in mezzo al quale si trova la statua di San Bruno penitente, poco lontano dalla Certosa. Nel mese di giugno del 1894, Mariantonia accompagnata dalla mamma viene trasportata, all’interno di una cassa sorretta da quattro uomini, attraverso i sentieri di montagna da Sant’Andrea a Serra in un estenuante tragitto della durata di otto ore. La comitiva con l’inferma giunse a Serra circa a mezzogiorno, e dopo averla immersa ripetutamente nelle acque del laghetto miracoloso senza ottenere risultati, si incamminò fermandosi davanti all’ingresso della certosa. Cominciarono i rituali per l’esorcismo, che proseguirono per circa cinque ore alla presenza del priore don Pio Assandro, il quale decise di far prendere dall’altare maggiore il busto reliquiario contenente le ossa di San Bruno per sistemarlo davanti alla portineria dove era situata Mariantonia. A quel punto succede il miracolo: Mariantonia alla vista del busto argenteo di  San Bruno, si solleva da sola, abbraccia la statua gridando “San Bruno mi ha fatto la grazia!” a seguito del prodigio la popolazione esulta e provvede a bruciare i vestiti e la cassa che aveva trasportato la ragazza. Essa fa ritorno a Sant’Andrea percorrendo la strada per Soverato che simbolicamente, nei casi di liberazione dal demonio, significava abbandonare la strada vecchia e intraprenderne una nuova. Dopo la guarigione la ragazza visse in salute per due anni, poi fu afflitta da una grave forma di artrosi che la costrinse di stare a letto, coricata sulla schiena, con le gambe rattrappite e le ginocchia levate. L’ennesimo prodigio è rappresentato dal fatto che la poverina visse in quella posizione per sessant’anni, fino alla morte avvenuta nel 1953. Durante questo lungo periodo a  Mariantonia rimase solo l’uso delle mani per sgranare il rosario e mangiare qualcosa con le dita, la poverina all’età di 34 anni perse la madre ma non rimase sola poiché le persone del paese si avvicendavano per assisterla. Ogni mattina riceveva la comunione e tre volte al giorno, mattina, mezzogiorno e sera, c’era nella sua casetta la recita del rosario in latino insieme con le visitatrici, fu venerata come una santa ed alla gente che gli chiedeva intercessioni, grazie e miracoli Mariantonia dava speranza e fiducia con la sua voce flebile e dolce. La baronessa Scoppa, aveva donato il suo palazzo alle Suore Riparatrici del Sacro Cuore, le quali elessero loro consorella con voti privati Mariantonia  che da allora con il capo coperto dal velo nero della congregazione fu chiamata la Monachella di San Bruno. Le Suore Riparatrici del Sacro Cuore, alle quali la baronessa Scoppa aveva lasciato il suo palazzo di Sant’Andrea, la elessero loro consorella con voti privati, e da allora la sua testa fu coperta con il velo nero della congregazione e Mariantonia fu chiamata la Monachella di San Bruno. Il 27 maggio 1953, all’età di 78 anni ella si spense tra lo stupore del popolo che la acclamò subito come una santa, alla luce del fatto che il suo corpo risultò prodigiosamente senza piaghe da decubito, e la sua pelle appariva fresca e liscia. Fu portata in processione per le strade del paese, poi la salma rimase esposta al pubblico fino al 29 maggio, quando fu tumulata nella Cappella delle Suore Riparatrici del Sacro Cuore, per loro espresso desiderio. Dopo la sua morte le testimonianze delle grazie ottenute dai fedeli si moltiplicarono, la segnalazione di prodigi come la bilocazione, il profumo di rose o gelsomino, l’intercessione in situazioni difficili e le guarigioni miracolose si ripeterono.

Dopo cinquant’anni, dal 3 agosto 2003 i sacri resti di Mariantonia Samà sono stati traslati dalla Cappella delle Suore, alla Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo, a S. Andrea dello Ionio. Nella stessa chiesa con una cerimonia solenne in data 5 agosto 2007, venne annunciata l’apertura dell’inchiesta diocesana per la canonizzazione della serva di Dio Mariantonia Samà, mentre il 2 marzo del 2009 ne è stata formalizzata la chiusura. Pertanto l’intera documentazione è ora a Roma presso la Congregazione per le Cause dei Santi, nell’attesa la invochiamo.

Preghiera
Signore Gesù, che hai voluto chiamare la tua serva Mariantonia a seguirti da vicino sulla via della croce vivendo immobile a letto per sessanta anni, concedimi di poterti amare anche nelle dure prove della vita.
Ti prego umilmente di voler glorificare questa tua serva e di accordarmi, per sua intercessione, la grazia particolare che ti chiedo… Amen.
Pater, Ave, Gloria