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Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 25)

CAPITOLO 25
Il Vicario e il Coadiutore

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1 Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico sono ordinati l’uno all’altro: poiché entrambi partecipano, ciascuno secondo il proprio modo, all’unico sacerdozio di Cristo. Nella celebrazione dell’Eucaristia, centro e culmine della nostra vita, i sacerdoti che servono la comunità, cioè il vicario e il coadiutore, investiti di sacro potere e agendo nella persona di Cristo, realizzano in mezzo a noi il suo sacrificio; le monache, in virtù del sacerdozio regale che è loro, contribuiscono all’offerta dello stesso sacrificio, in cui la totalità della loro vita si trova ricapitolata e presentata al Padre. Il vicario e il coadiutore sono per noi anche ministri degli altri sacramenti, in particolare della liturgia penitenziale, che pone il sigillo del Signore nella nostra quotidiana opera di conversione. Sono finalmente i testimoni della Parola di Dio.
2 Il loro ruolo nei confronti delle monache è unicamente spirituale e liturgico. Svolgono tutte le funzioni sacerdotali.
3 Il vicario e il coadiutore sono cappellani dei monasteri di monache. Sono nominati dal Capitolo Generale dei monaci o dal Reverendo Padre, e restano soggetti all’autorità dell’Ordine.
4 Una monaca, anche novizia, può legittimamente e validamente confessarsi a qualsiasi sacerdote approvato dall’Ordinario del luogo. Se una monaca desidera un confessore particolare, gli sarà concesso, per quanto possibile. Ricorderemo, però, che la solitudine in cui siamo impegnati a volte porta a una certa povertà anche in questa zona. Ogni comunità avrà un confessore esterno che sarà preferibilmente membro dell’Ordine. Le monache non sono obbligate a presentarsi a lui.
5 Il vicario e il coadiutore avranno ciascuno il proprio confessionale che sarà munito di grata. I confessionali devono essere installati in un luogo facilmente accessibile e sufficientemente discreto. Le confessioni e gli indirizzi spirituali non possono aver luogo nel solito modo in parlatorio o in capitolo.
6 Il vicario e il coadiutore devono dirigere i loro penitenti secondo lo spirito del nostro Ordine di cui saranno imbevuti essi stessi, ma non possono imporsi come direttori di coscienza. I confessori non possono mai imporre o permettere alle suore di fare penitenze corporali.
7 Pur amandole in Cristo, il confessore manterrà il suo rapporto con le monache ad un livello puramente soprannaturale. Farà in modo che i colloqui non si prolunghino e riguardino solo argomenti utili al bene delle anime.
8 Per svolgere al meglio il suo ministero, il confessore sarà molto attento alle differenze della psicologia femminile. Se trascura di informarsi e di controllarsi in tal senso, si espone a commettere errori di giudizio ed a dare consigli mal adattati.
9 È molto importante per la pace e il beneficio spirituale delle comunità non confondere il foro interno con il foro esterno. Il vicario e il coadiutore non devono interferire nel governo, interno o esterno, della comunità, né intervenire nell’amministrazione della casa.
10 Se accade che la priora chieda consiglio al vicario, quest’ultimo non cercherà di imporre la sua volontà, ma dovrà mantenere una prudente riserva. La priora, dal canto suo, conserverà tutta la sua indipendenza di giudizio e di decisione, soprattutto in materia di ammissioni e di rifiuto dei candidati. I confessori eviteranno di esprimere la loro opinione sulle monache, poiché normalmente le conoscono solo attraverso la confessione e la direzione spirituale.

11 I rapporti del vicario e del coadiutore con la priora e gli ufficiali devono essere sempre franchi e leali. Un disaccordo duraturo non mancherebbe di farsi notare e di avere le conseguenze più disastrose. I padri devono sempre sforzarsi di essere artigiani di pace e di unione tra tutti.
12 Il vicario è il superiore immediato del coadiutore e dei fratelli; è da lui che dipendono per l’osservanza e gli devono obbedienza. Ma spetta alla priora o al cellario ordinare il lavoro dei fratelli. (cfr St 31,16)
13 Il vicario si mostrerà gentile e comprensivo verso il coadiutore ed i fratelli, e assicurerà loro le condizioni di un’autentica vita certosina. Pur non godendo del ricordo della clausura, tutti si sforzeranno di vivere il più possibile la loro vocazione di silenzio e solitudine.
14 Il vicario, pur essendo amabile, deve mantenere la necessaria discrezione nei confronti dei parenti delle monache, come nei confronti degli altri visitatori. Nessuna donna dovrebbe essere ammessa nelle celle dei monaci.
15 I membri del vicariato conducono la loro vita di certosini in condizioni particolari e delicate. Saranno desiderosi di dare un esempio di buona comprensione e serenità. In caso di difficoltà, sapranno conservare su di loro un saggio riserbo e sopportarle con amore, ricordando che il loro atteggiamento avrà sempre un impatto pastorale sulla comunità.
16 Cooperatori di Cristo, nostro unico Signore e Maestro, il vicario e il coadiutore si sforzeranno di essere, sul suo esempio, servi delle loro sorelle. La comunità, dal canto suo, sarà attenta a facilitare la loro vita da certosini. Quanto più saranno fedeli a questa vocazione essenziale, tanto più sarà benefica la loro presenza.

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Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 24)

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CAPITOLO 24
Stabilità

1 La monaca si offre a Dio come perfetta oblazione solo se persevera tutta la vita nel suo proposito: tale è l’impegno che assume, in piena libertà, con la professione solenne. Essendo questo un atto irrevocabile, prima di compierlo si siederà e si chiederà: è davvero determinata a donarsi a Dio per sempre? Di professione, la suora si colloca nella comunità, come nella famiglia che Dio le dona; deve, nel corpo e nella mente, stabilirsi lì permanentemente. (St 30.1)
2 Che dunque ciascuna, una volta consacrata a Dio nello stato di monaca di clausura o di monaca laica, rimanga fedele alla vocazione ricevuta e si sforzi di crescere in essa nella perfezione, per la santità più grande e più grande della Chiesa gloria dell’una e indivisibile Trinità. (St 30.2)
4 Le monache non si persuaderanno facilmente di avere validi motivi per chiedere alle superiori di trasferirle in un’altra casa. Il miraggio di un nuovo ambiente e il richiamo del cambiamento hanno ingannato molti; e non conviene monaca attribuire tanta importanza al clima, al cibo, al carattere della gente, o ad altri particolari di questo genere. (St 30.4)
7 La pazienza e la perseveranza nelle circostanze volute da Dio, sappiamo, promuovono grandemente la contemplazione. È impossibile che l’uomo fissi la sua attenzione sullo stesso oggetto, se prima non ha fissato il suo corpo con perseveranza in un determinato luogo; e la mente deve stare irrevocabilmente su di esso, se vuole avvicinarsi a Colui in cui non c’è né cambiamento né ombra di variazione. (St 30.8)

Tre video per le vacanze

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Carissimi amici di Cartusialover, quest’anno ho deciso che in assenza di nuovi articoli nel periodo della pausa estiva, voglio offrirvi la riproposizione di due video sulla vocazione maschile certosina ed una novità… Un nuovo video sulle monache certosine!

Di esso vi avevo già parlato qualche mese fa in un precedente articolo, semplicemente annunciandolo, ma ora possiamo ammirarlo.

I tre video sulla vocazione di Padri, Fratelli e Monache sono stati realizzati su richiesta dell’Ordine dei Certosini tra il 2016 e il 2021, dal regista Marc Jeanson, già autore del film “Saint Bruno, Père des Chartreux”.

Sono stati girati presso la Grande Chartreuse, le certose di Portes, Serra San Bruno e nelle certose femminili di Reillanne e Nonenque, nel sud della Francia.
Questi eccellenti documenti video sono stati realizzati esclusivamente solo con le parole di monaci e monache. È quindi la prima volta nella loro storia che i monaci certosini, interrompono il loro amato silenzio, accettando di parlare apertamente della loro chiamata, della loro vocazione, di Dio e della loro vita eremitica, ciò conferisce a questi film un fascino emozionante ed eccezionale.

Vi auguro una buona visione!

titolo

Ho pensato di fare cosa gradita offrendoveli con sottotitoli in varie lingue.

I Padri certosini

               

I Fratelli certosini

                

Le monache certosine

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 19)

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CAPITOLO 19

Monache laiche e loro obbedienza

8 Agli orari stabiliti le converse lavorano; mentre provvedono ai bisogni della casa, con quest’opera compiuta in compagnia di Gesù, figlio del falegname, fanno concorrere tutta la creazione alla lode della gloria di Dio e glorificano il Padre coinvolgendo tutto l’uomo all’opera della redenzione. Nel sudore e nella fatica del lavoro trovano effettivamente una piccola parte della croce di Cristo, e diventano così, grazie alla luce della risurrezione, partecipi dei nuovi cieli e della nuova terra. (St 15.1)
9 L’antica tradizione monastica considera il lavoro un mezzo molto efficace per progredire attraverso la pratica delle virtù verso la carità perfetta. Attraverso l’equilibrio che assicura tra l’uomo esterno e l’uomo interiore, il lavoro aiuta la monaca laica a trarre più frutti dalla solitudine. (St 15,2) 10 I fratelli laici lavorano nell’obbedienza. Possono, tuttavia, avere il tempo di lavorare in cella ogni giorno. (cfr. St 12,3)
11 Per lo svolgimento delle obbedienze e per tutto ciò che hanno a loro disposizione, le suore laiche si conformano alle disposizioni della priora e della cellària mettendo in atto le loro attitudini naturali ed i doni di grazia nell’adempimento dei compiti loro affidati. L’obbedienza amplia così la loro libertà di figli di Dio, e con questa volontaria sottomissione contribuiscono all’edificazione del Corpo di Cristo secondo il disegno divino. (St 15.3)
12 La cellària, così come le suore incaricate di un’obbedienza, organizzano il lavoro affinché le monache possano, negli orari stabiliti, tornare al silenzio della cella e alla preghiera. Se, in questi momenti, si presenta inaspettatamente un bisogno, la cura di essa dovrebbe essere preferibilmente affidata a una suora che non deve recarsi all’Ufficio notturno. (St 15.14)
13 Per quanto riguarda il lavoro, i capi dell’obbedienza nei confronti dei loro aiutanti, la cellària nei confronti delle suore laiche e la priora nei confronti di tutti, eserciteranno la loro autorità in spirito di servizio. Sapranno discernere le attitudini di ciascuno e farle fruttificare. Così manifesteranno alle sorelle che dipendono da loro l’amore con cui Dio le ama. Li consulteranno o li ascolteranno volentieri, pur conservando il potere di decidere e dare ordini. In questo modo, tutti parteciperanno al compito comune, obbedendo con iniziativa e amore. (St 15.4)
14 Nessuno può entrare in un’obbedienza senza permesso; e colui che è responsabile di un’obbedienza non può introdurvi nessuno se non per necessità; passato questo, chi è venuto deve ritirarsi, senza parole superflue. Parimenti, per permettere alle monache di vivere meglio secondo la loro vocazione, il loro lavoro sarà distribuito in modo tale che ciascuna, per quanto possibile, operi da sola, anche se ce ne sono più nella stessa obbedienza. (St 15.16; 15.8; 12.8)
15 Il capo dell’obbedienza non può dare né ricevere nulla senza permesso. Fa per le monache solo le opere che gli spettano secondo gli Statuti. Se in assenza della cellària si presenta un caso urgente, il preposto all’obbedienza agirà come avrebbe agito la cellària e poi le riferirà della sua condotta. (St 15.7)
16 Il cuoco e l’assistente cuoco possono consumare i pasti nella loro obbedienza. Nessun altro deve mangiare o bere in cucina, se non in circostanze eccezionali e con il permesso della priora. (St 15.16)
17 Le obbedienze che hanno rapporti frequenti, come la cucina e la spesa, saranno organizzate in modo tale che tra loro regni la carità e la concordia e che si evitino violazioni del silenzio. Tutto deve mostrare quanto sia bello e dolce per le sorelle vivere insieme. (St 15.15)

NEWS: Trasmissione tv sulle monache certosine!

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Cari amici di Cartusialover, voglio condividere con voi una trasmissione televisiva, dedicata alle monache certosine.

Sono lieto di annunciarvi che dalla scorsa domenica 5 giugno, e per la settimana a seguire, come si evince da palinsesto della emittente televisiva francese KTO è stata trasmessa una puntata della rubrica “Fede in parola” dal titolo “Le monache certosine”. Il conduttore, Régis Burnet intervista Nathalie Nabert docente all’Istituto Cattolico di Parigi, ed il giovane Pierre Deveaux Direttore del Museo della Grande Chartreuse, che hanno risposto alle domande loro poste, parlando della vita certosina condotta nel ramo femminile. Si è inoltre commentato, mostrandone alcuni estratti, il documentario video “Les moniales chartreuses” ed il numero della rivista trimestrale francese “LES AMIS DES MONASTERES”, che contiene un rapporto di Nathalie Nabert sulla storia delle monache certosine, che potrete leggere in basso.

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Potrete seguire l’interessante puntata, nelle date ed orari indicati sul sito della tv KTO, oppure nel video che segue.

La trasmissione è in lingua francese. Buona visione!

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“Vocazione paradossale per il nostro tempo”

In Les Amis des Monastère, Nathalie Nabert racconta la storia delle monache certosine.

Il ramo femminile dell’Ordine nacque circa 50 anni dopo la sua fondazione da parte di Bruno. Nabert descrive gli atteggiamenti di base dell’ascolto e dell’amore come fondamentali per la vocazione, che dovrebbe essere decisiva in ogni attività della vita quotidiana e dovrebbe avere un effetto performativo sulle monache.

Nel corso dei secoli sono stati fondati circa 20 monasteri certosini. Alcuni di loro, come Celle-Roubaud, dove visse Santa Roseline de Villeneuve verso la fine del XIII secolo, divennero famosi nonostante l’esistenza solitaria delle suore certosine. Altrettanto noto era il monastero di Poleteins, dimora di Marguerite d’Oingt, poetessa e mistica che servì come quarta priora dal 1286 al 1310 e scrisse la biografia della beata Beatrice d’Ormacieux, entrata nella Certosa di Parménie nel 1273 e  ad’Eymeu, dove morì nel 1303 dopo una vita di sacrificio mistica e austera. Secondo Nathalie Nabert, queste tre importanti monache certosine plasmano la storia spirituale del ramo femminile dell’ordine.

Ancora oggi, la solitudine nella povertà autoimposta e la ricchezza che deriva da entrambi è caratteristica della vita di entrambi i rami dell’ordine, la cui esistenza silenziosa e orante ha effetti profondi, sebbene invisibili nella chiesa, dice Nabert.

Lo scopo della vita delle monache certosine, allora come oggi, è quello di diventare una cosa sola con Gesù Cristo, di sintonizzarsi con la sua volontà e di essere d’accordo con i moti del suo cuore.

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 10)

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CAPITOLO 10
Formazione

1 Compito della maestra è di formare le novizie nell’osservanza, di dirigerle negli esercizi di vita spirituale e di dare loro, nella prova, un aiuto adeguato. Sebbene debba, sull’esempio del nostro padre san Bruno, avere un cuore materno, mostra anche la fermezza di un padre affinché le novizie ricevano una formazione autenticamente monastica. Insegna loro ad aiutarsi spiritualmente nella semplicità e nella verità dell’amore. (San 9,4)
2 Ella cerca di farli crescere continuamente nell’amore di Cristo e della Chiesa, grazie ad un instancabile ritorno alle sorgenti di tutta la vita cristiana, alle testimonianze della tradizione monastica e all’ispirazione primitiva del nostro Ordine. Mette in risalto lo spirito del nostro padre San Bruno e coltiva le tradizioni autentiche, fedelmente conservate nell’Ordine fin dalla sua nascita, e che Guigo in particolare ha raccolto. (St 9,6) Ella mostra loro anche il valore della consacrazione delle vergini che le suore certosine hanno sempre custodito, come segno concreto della chiamata che il Signore rivolge a tutto l’Ordine, a condurre una vita puramente consacrata a Lui.
3 La maestra provvede affinché le novizie acquisiscano una buona conoscenza dei nostri Statuti, mediante uno studio attento e continuo, che le faccia sempre più comprendere e amare. Una volta alla settimana li riunisce per una conferenza di almeno mezz’ora, dove insegna soprattutto lo spirito della nostra vocazione e le osservanze dell’Ordine, che non possono ignorare. (St 9,4; 20,3)
4 La maestra visita i membri del noviziato e conversa con loro molto semplicemente in privato; Le conosce così meglio e dà loro consigli adeguati alle loro particolari necessità, perché ciascuna possa realizzare la pienezza della sua vocazione. (St 9,4; 20,4)
Le giovani suore dovrebbero sempre poter incontrare e parlare con la maestra delle novizie, ma di propria iniziativa e senza costrizioni. Li invitiamo ad esporre alla maestra le loro difficoltà con tutta semplicità e confidenza, ed a considerarla prescelta dalla divina Provvidenza per dirigerli ed aiutarli. (St 20,8)
6 La maestra sarà molto attenta e attenta nell’accogliere le novizie, anteponendo la qualità al numero. Per diventare veramente certosina, e non esserlo solo di nome, volerlo fare non basta; oltre all’amore per la solitudine e per la nostra vita, abbiamo bisogno di speciali attitudini fisiche e psichiche, grazie alle quali possiamo riconoscere la chiamata divina. La maestra delle novizie si occuperà di questo con grande cura, perché è la prima responsabile dell’esame e della prova dei candidati. Non dovrebbe ignorare che a prima vista difetti apparentemente piccoli molto spesso si sviluppano dopo la professione. Rifiutare o destituire un argomento è certamente una decisione seria, da prendere dopo attenta considerazione; ma ricevere o trattenere troppo a lungo una persona manifestamente priva delle qualità richieste sarebbe un atto di falsa e crudele compassione, oltre che un’ingiustizia verso la comunità. La maestra farà tutto ciò che è in suo potere affinché la novizia scelga il suo cammino in piena libertà; si asterrà dall’esercitare la minima pressione su di lei per fare la professione o la donazione. (St 9,3; 20,7)
8 Dal secondo anno di noviziato, le novizie iniziano gli studi destinati a completare la loro formazione dottrinale e monastica, secondo gli orientamenti dati dalla Ratio Studiorum. (San 9.10)
9 È certamente molto utile per una novizia studiare e lavorare con le sue mani; ma non basta essere occupati in una cella e perseverarvi onorevolmente fino alla morte, né dedicarsi generosamente alle obbedienze. Occorre di più: spirito di orazione e orazione. Se la vita con Cristo e l’intima unione dell’anima con Dio venissero meno, la fedeltà nelle cerimonie e la regolarità dell’osservanza servirebbero a poco: la nostra vita meriterebbe di essere paragonata a un corpo senz’anima. La prima cura della maestra è dunque inculcare questo spirito di preghiera e svilupparlo con discernimento, affinché le novizie, dopo la loro professione o la loro donazione, crescano giorno dopo giorno nell’intimità divina e raggiungano la meta della loro vocazione. (San 9,5)
10 La formazione spirituale ricevuta dalla maestra delle novizie è il primo passo di un’opera di trasformazione interiore che continua per tutta la vita. La suora deve restare sempre vigilante per restare attenta allo Spirito. Pur restando nell’ambito della sua vocazione certosina, sarà dunque attenta ad utilizzare i mezzi che la Chiesa le indica a tale scopo. La comunità sarà attenta a mettere in atto ciò che può favorire la continua crescita umana e spirituale dei suoi membri, e nutrire in ciascuno il desiderio di Dio.

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 4)

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CAPITOLO 4
A guardia della cella
1 La nostra principale applicazione e la nostra vocazione è trovare Dio nel silenzio e nella solitudine. Là, Dio e il suo servo tengono frequenti conferenze, come fa tra amici. Là, spesso, l’anima fedele è unita alla Parola di Dio, la sposa allo Sposo, la terra al cielo, l’umano al divino. Ma la strada è lunga, arida e arida sono i sentieri che devono essere seguiti fino alla sorgente, nella terra promessa. (St 4.1; 12.1)

Le monache di clausura

2 La monaca di clausura, particolarmente dedita a curare il silenzio e la solitudine della cella, deve fare molta attenzione a non contraffare o accettare occasioni di uscita, eccetto quelle che la regola fornisce; anzi, considererà la cellula indispensabile alla sua salvezza e alla sua vita come l’acqua per i pesci e l’ovile per le pecore. Se si abitua a lasciarlo spesso, per futili motivi, le diverrà presto insopportabile, perché, dice sant’Agostino, per gli amici del mondo non c’è lavoro peggiore che restare senza lavoro. Al contrario, più è rimasta in cella, più vi starà volentieri, a condizione che vi si occupi con ordine e con frutto, leggendo, scrivendo, cantando, pregando, meditando, contemplando e lavorando. In questo tempo, prenda l’abitudine all’ascolto silenzioso del cuore, che permette a Dio di entrarvi per tutte le strade e per tutti gli accessi. In questo modo, aiutando Dio, ella eviterà il pericolo che spesso si annida nella solitudine, di cedere al riposo nella cella, e di essere infine annoverata tra i mediocri. (St 4.2)

Le monache laiche

4 Dio chiama anche il converso o il donato a godere delle benedizioni e della gioia divina che portano la solitudine e il silenzio. Il suo cuore sia come un altare vivo dal quale si eleva incessantemente al Signore la pura preghiera, e che questa permei tutte le sue azioni. (St 4,11) 5 Ella vegli con premurosa sollecitudine sulla sua solitudine esteriore, che generalmente non è protetta dal ritiro dalla cella. Ma questa solitudine esteriore resterà infruttuosa se in ogni momento, anche durante il lavoro, non sa mantenere la sua mente solitaria, ma evita la moderazione. (St 12.2) 6 Quando l’Ufficio non trattiene i colloqui in chiesa, né lavora nelle obbedienze, essi ritornano sempre nella cella come porto tranquillo e sicuro. Rimangono lì in pace e per quanto possibile senza rumore, seguono fedelmente il loro programma e agiscono sempre sotto lo sguardo di Dio nel nome del Signore Gesù Cristo, ringraziando per suo mezzo Dio Padre. Nella cella sono utilmente occupati a leggere o meditare, specialmente la Sacra Scrittura che è il nutrimento dell’anima; oppure si applicano alla preghiera quanto possono. Stanno attenti a non forgiare o accettare occasioni per uscire, eccetto quelle previste dalla regola, o quelle suscitate dall’obbedienza. La natura, infatti, a volte vorrebbe sfuggire al silenzio della solitudine, e della tranquillità spirituale. (St 12,3)

7 Uno dei primi atti di carità verso le nostre sorelle è il rispetto della loro solitudine. Non entriamo nelle loro celle senza permesso. Chi ne è provvisto non entra inaspettatamente; bussa, aspetta che qualcuno le apra, poi saluta religiosamente, e la conversazione resta breve. (St 4.4,6; 12.6,7) Tra questo momento e l’Angelus mattutino, senza un motivo eccezionale, non possiamo andare o essere chiamati nella cella della priora o in quella degli ufficiali. (St 12.9) 10 Ogni anno, per otto giorni, consecutivi o divisi in due periodi, ciascuno di noi si dedica più totalmente alla pace della cella e alla meditazione; dati per almeno tre giorni. Secondo l’usanza, l’anniversario della nostra professione o della nostra donazione è l’occasione propizia per questo ritiro. Una suora che lo desideri può fare un simile ritiro un giorno al mese, a giudizio della priora. (St 4,10; 12,5) 11 Ciò che la solitudine e il silenzio del deserto portano di utilità e gioia divina a chi li ama, solo a chi lo conosce, a chi lo ha sperimentato. Qui, infatti, gli uomini forti possono quanto vogliono ritornare in se stessi e rimanervi, coltivare con cura i germi delle virtù e nutrirsi di prelibatezze di frutti del paradiso. Qui, ci sforziamo di acquisire quell’occhio il cui sguardo limpido ferisce lo Sposo con un amore puro e trasparente che vede Dio. Qui ci concediamo uno svago senza ozio e ci immobilizziamo in un’attività tranquilla. Qui, per la fatica del combattimento, Dio dà ai suoi lottatori la ricompensa desiderata: una pace che il mondo ignora e gioia nello Spirito Santo. (San 6,16)

“Una vita in certosa” dvd terapeutico

DVD

L’articolo di oggi è rivolto a tutti coloro che non hanno già acquistato il DVD di cui vi parlerò. Premetto che la promozione di questo prodotto ha il fine di stimolare la vocazione verso la vita monastica certosina, nonchè aiutare con un piccolo contributo la sopravvivenza delle comunità femminili certosine.

“Una vita in certosa”

dalla notte del mondo alla notte pasquale

Da quasi novecento anni le monache certosine hanno abbracciato una vita di solitudine al seguito di san Bruno.

Al di là dell’apparente monotonia della quotidianità, scandita dalla campana, dalla liturgia delle ore e delle stagioni, le suore ci invitano a un viaggio interiore attraverso i secoli della vita: fervore del primo amore, tempi di aridità guerra spirituale e, infine, serenità da cuore a cuore con Cristo.

Per la prima volta le monache certosine hanno aperto le porte dei loro monasteri per trasmettere attraverso il linguaggio sensibile dell’immagine, del suono e dei testi che hanno composto, che è l’essenza della loro vita contemplativa.

Scoprirete quindi la vita nascosta delle monache certosine della Corea del Sud, dell’Italia e della Francia, una vita perfettamente libera, fatta di adorazione, ammirazione e lode.

Preghiera, lavoro, studio, lavoro quotidiano, vita fraterna … costituiscono la cornice in cui si effonde una libagione d’amore per l’onore di Dio.

Questo montaggio di 49 minuti ci permette di condividere la vita quotidiana spogliata e ricca di vita interiore, di queste donne del XXI° secolo che hanno lasciato tutto per servire Qualcuno. Per questo “Une vie en Chartreuse” ci immerge nel silenzio certosino, come un balsamo calmante quando il trambusto della vita ci travolge.

Vi allego immagini deliziose tratte dal video, che a breve avrà traduzione in altre lingue e forse diffusione su piattaforma digitale. Nell’attesa, questo è il link per l’acquisto online.

Voglio inoltre rivolgere un appello a coloro che già hanno acquistato o acquisteranno il DVD, in maniera particolare a chi vive negli Stati Uniti, Canada, Irlanda, Regno Unito, Nuova Zelanda o Australia, dopo averlo ammirato potrebbero considerare di inviarlo al proprio vescovo locale e chiedergli di considerare di invitare la Comunità a stabilire una fondazione nella propria diocesi! O alternativamente di diffondere e divulgare il DVD al proprio direttore delle vocazioni, al fine di condividerlo con quelle donne che possano essere inclini ad essere chiamate ad una tale vita.

Cartusialover si sente investito di questo delicato compito, individuando una urgenza di vocazioni femminili, preghiamo dunque per le vocazioni, ma adoperiamoci.

Ora godiamoci queste splendide immagini!

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Un opuscolo per le vocazioni femminili

Cari amici di Cartusialover, oggi voglio promuovere con questo articolo un opuscolo che è in vendita on line presso il sito della Certosa inglese di Parkminster. In esso vi sono 32 pagine, con altrettante foto che mostrano ogni aspetto della vita monastica femminile certosina. Furono realizzate nella certosa di Notre Dame di Reillanne in Francia, alcuni anni orsono, risulta essere un ottimo reportage sull’ideale monastico certosino e sulla quotidianeità all’interno della clausura. Voglio offrirvi alcune di queste immagini, con relativa didascalia. Possa questo articolo essere un’ ausilio per coloro che mi contattano con intenzioni di voler fare discernimento seguendo questo stile di vita. Preghiamo insieme per le vocazioni monastiche femminili certosine.

  • Interno della cappella, con ambone, stalli del coro a sinistra e a destra, altare, tabernacolo (al centro), statua della Madonna con Gesù Bambino (L), crocifisso (R) e campana a fune (L) appena fuori dalla porta che immette al cella del sacrista.

Interno della cella. Questa foto mostra la camera da letto, lo studio e lo spazio di preghiera sul retro della casetta, la stanza anteriore, collegata all’Ave Maria, è uno spazio di lavoro / deposito per cucire, fare iconografia, calligrafia, dattilografia, ecc. C’è anche un bagno e giunge a sinistra di questa stanza sul retro, dietro una porta. A destra accanto alla finestra c’è una porta che immette direttamente in giardino. Le dimensioni sono di 15mx17 contando il giardino.

  • Cella, Ave Maria, casa e giardino con monaca presente . Sono presenti alberi da frutto insieme ai fiori e il raccolto viene utilizzato per i bisogni della comunità. Talvolta un fico e un mandorlo sono presenti in giardino.
  • (Portello) sul lato della cella, Ave Maria accanto alla porta che conduce al chiostro e vista dal lato del chiostro con la suora alla porta della cella.

  • (Portello) sul lato della cella, Ave Maria accanto alla porta che conduce al chiostro e vista dal lato del chiostro con la suora alla porta della cella.
  • Pranzo di mezzogiorno in cella. Postulante seduta al suo tavolo a leggere mentre consuma il suo sostanzioso pasto della giornata. Solitamente composto da zuppa o insalata, piatto di carboidrati come patate o pasta e piatto proteico, pesce, uova o lenticchie, sono presenti anche frutta e yogurt, burro e pane. Nella cella viene conservato un grande barattolo di miele e latte in polvere insieme a caffè solubile e sale e pepe, il resto viene consegnato giornalmente al guichet, che è un portello nel muro dell’Ave Maria che collega la cella al chiostro. L’acqua del rubinetto nella cella è potabile.

  • Refettorio, utilizzato per i pasti della comunità la domenica e nei giorni di festa come il Natale. La priora siede sola sotto la croce. Le postulanti si siedono ai tavoli più lontani da lei
  • Incontro domenicale del noviziato con Madre Maria Madeline – Maestra delle Novizie, due postulanti vestite di nero e due semplici suore professe

  • Sala del capitolo situata accanto alla cappella, tutto è molto semplice, semplice, con elementi di distrazione minimi, ma molta luce e aria.
  • Veduta aerea di Nostra Signora di Notre Dame che mostra i due chiostri, quello in basso a sinistra per le suore del coro e quello in alto a destra per le suore converse e donate, la cappella si trova al centro dell’immagine immediatamente sopra di essa, al centro del quadrato oltre lo spiazzo di terra, è l’edificio dove vivono i due sacerdoti e il fratello laico. Il terreno è ricoperto da piccoli alberi di quercia e un fiume che alimenta i bisogni elettrici della comunità scorre attraverso i terreni.

Riflessioni sulla vocazione

monaca certosina cartoon
Cari amici, voglio condividere con voi questa testimonianza di una amica, della quale come di consueto rispetterò l’anonimato in stile certosino, sulla sua esperienza in certosa. Il titolo di questo articolo è “Riflessioni sulla vocazione”, come da lei richiestomi. Un ringraziamento speciale da parte mia e credo anche da parte di voi tutti.

Reflections on a vocation (in inglese)

1. Come hai fatto a prendere contatti con una certosa femminile?
Ho deciso di entrare in contatto con il Priore della Certosa nel mio Paese, Inghilterra, e gli ho chiesto consigli su come aderire all’Ordine Certosino. È stato molto gentile e mi ha messo in contatto con la Maestra delle novizie di una Certosa in Francia. La comunicazione non è stata difficile perché già parlavo un po’ di francese, ma per approfondimenti e domande più complessi, un monaco di lingua inglese ci visitava dalla Grande Certosa ed una suora di lingua inglese dalla ‘Society of St. Paul”, che era una psicologa esperta, ci visitava anche per comunicare con me.
2. Quale certosa preferivi tra quelle femminili?
Non avevo preferenze perché non conoscevo nessuna delle Certose o delle comunità, anzi non sapevo che ci fossero differenze tra le comunità o le case, mi fidavo solo della Divina Provvidenza e accettavo la direzione che mi era stata data dal Priore della Certosa di Sant’Ugo, che mi aveva incontrato personalmente e scambiava corrispondenza con me.
3. Come hai capito di essere incline allo stile di vita claustrale delle certosine?
Avevo letto tutti i libri della “DLT series” dai certosini: “They Speak by Silences”, “The Prayer of Love and Silence”, ecc. E qualcosa si è mossa profondamente nella mia anima, un’attrazione, un sussurro che diceva “Ti voglio”. Quindi, per testare l’autenticità di questo movimento nella mia anima, ho scritto prima al Priore di Sant’Ugo e poi, dopo averlo incontrato e le sue istruzioni, ho contattato la Maestra di Novizie a Reillanne, in Francia. Mi ha risposto invitandomi a venire a provare la vita per una settimana durante le mie vacanze di Natale (all’epoca ero insegnante in un collegio). Dopo questa visita iniziale sono stata invitata a tornare per una seconda visita durante le vacanze di Pasqua. In questa seconda visita, mi è sembrato più chiaro che Dio voleva che lasciassi tutto e Lo seguissi nel deserto, perché mi è stato chiesto di dimettermi dalla mia posizione in collegio e mi è stato dato una notevole somma di denaro per farlo! Nell’estate di quell’anno avevo venduto la mia casa e quindi ero libera da attaccamenti mondani ed obblighi finanziari per unirmi definitivamente alla comunità, e così ho fatto, nell’agosto 1996.
4. Come hai affrontato l’idea di distaccarti dalla tua famiglia?
Avevo lasciato la casa e la sicurezza della famiglia molti anni prima di unirmi ai certosini a 34 anni, quindi non è stato difficile per me staccarmi da loro o lasciarmi andare. In precedenza, avevo già provato la mia vocazione con le Suore di San Giuseppe di Cluny e con i Cistercensi della Stretta Osservanza, quindi questo era solo un altro passo nel mio cammino di fede e discernimento di ciò che Dio voleva da me.
5. Come hanno reagito i tuoi genitori?
I miei genitori sono stati lieti e tuttavia anche cauti. Avevano avuto precedenti esperienze dei miei “pellegrinaggi”, la mia ricerca di qualcosa di profondo ed avvincente che mi assorbisse e soddisfacesse. In segreto, mio padre era molto “orgoglioso” di pensare che una sua figlia sarebbe diventata certosina, questa non è una piccola cosa, una tale chiamata è un grande dono di Dio, quindi era determinato a pregare per me ed a sostenere il mio viaggio. Ma anche era aperto alla possibilità che la strada fosse dura e che Dio potesse indicarmi un altro cammino. Mia madre era più preoccupata, temeva che io non trovassi una comunità che mi accogliesse, ma che, forse, fossi stata ferita o danneggiata dall’esperienza.
6. Quando è arrivato il giorno della partenza, cosa è successo?
Ho noleggiato un’auto e l’ho caricato con tutti i miei libri ed altri materiali che immaginavo che la comunità potesse usare, ad esempio un computer e una stampante, biancheria da letto, asciugamani, statue e vestiti ecc. Poi ho guidato per più di 1500 Km fino a Reillanne, prendendo un amico lungo la strada, che aveva accettato di riportare la macchina per me. Mi ci sono voluti 4 giorni in totale, quindi ho avuto la possibilità di vedere la campagna e praticare il mio francese, e sintonizzare l’orecchio con l’accento.
7. Giunta in Francia, chi ti ha accolto?
Sono arrivata alla Certosa nel pomeriggio e sono stata subito accolta dalla Maestra di Novizie, che stava ascoltando il suono della macchina. Lei è rimasta un po’ stupita da tutti i libri che avevo portato con me, ma ha preso un piccolo carrello e dopo aver svuotato il bagagliaio della macchina e salutando l’amico accompagnatore, abbiamo portato quello che potevamo e lei mi ha mostrato la cella che dovevo occupare per i successivi 12 mesi.
8. Come ti è apparsa la certosa appena sei entrata?
Sono rimasta sorpresa dalle dimensioni della cella. Nelle mie due precedenti visite ero rimasta nella foresteria e frequentavo i servizi liturgici solo attraverso la cappella pubblica, rimanendo per il resto del tempo nella stanza a me assegnata e non mescolandomi affatto con la comunità, appena visitata dalla Maestra di Novizie ogni giorno per un’ora di conversazione, il resto del tempo lo trascorrevo in silenzio, leggendo e pregando, dormendo e mangiando. La Maestra di Novizie mi ha assicurato che le dimensioni della cella erano necessarie affinché lo spirito crescesse ed espandesse, in totale, la piccola casa ed il giardino occupavano circa. 15×17 metri.
9. Da chi era composta la comunità?
C’erano 16 membri della comunità di cui io ero la più giovane a 34 anni, mentre la più anziana aveva 90 anni. C’era una novizia (tedesca) a quel tempo, una postulante, una signora americana matura che aveva già vissuto come eremita professa per molti anni e durante i 12 mesi in cui ero lì, 1 altra postulante (francese sui 20 anni) che si era unita poi ha lasciato la comunità dopo un mese o due. Durante i 12 mesi in cui sono stata lì è morta la fondatrice della comunità, ho avuto il grande privilegio di sedermi e pregare con lei nelle ore prima che andasse nella sua agonia. La comunità aveva inoltre due sacerdoti e un fratello laico appartenenti all’Ordine.
10. Come ti è sembrata la vita in certosa?
È stata una benedizione! Pensavo di aver trovato il paradiso in terra. Ero così felice. Tutte le preoccupazioni e le cure che si avvolgono intorno alle spalle nella vita nel mondo, sono svanite da me, il mio spirito ha sperimentato una grande libertà e un senso di pace. Durante l’anno, anche la mia anima è entrata nel silenzio interiore, un silenzio in cui cessa la voce interiore e si prende coscienza solo della creazione e della presenza di Dio nella sua creazione.
11. Cosa facevi e cosa non facevi?
Ho svolto la maggior parte del mio lavoro in cella, dal momento che è stato determinato fin dall’inizio che mi sarei addestrata per diventare una suora del coro. Ho dovuto studiare il francese, in modo da poter comunicare meglio con le altre sorelle; Latino, in modo che potessi approfittare profondamente la liturgia; cantando in modo che la mia voce fosse adeguatamente allenata; Ho anche fatto giardinaggio, preparato il legno per la stampa di icone, cucito un abito da lavoro per il fratello monaco che era un membro della comunità, preparato verdure e tradotto un libro per lo psicologo in visita collegato alla comunità. Una volta ho aiutato l’altra postulante a piegare i panni nella lavanderia, ma a parte il lavaggio comune di piatti e pentole che si faceva ogni domenica, lavoravo da sola o nella mia cella o in altre celle vuote della Certosa che necessitavano delle cure di un giardiniere, o pulizie o pittore / stuccatore / decoratore.
12. Quanto era distante la realtà da della vita in certosa da come l’avevi immaginata?
La vita nella Certosa era esattamente come l’avevo immaginata, comprese le prove interne ed esterne. Ogni giorno si svolgeva con un ritmo rilassato e facile, ogni settimana seguiva uno schema prevedibile ed equilibrato, ogni anno era scandito dal cambio delle stagioni e dalle celebrazioni liturgiche. Il mio corpo si è adattato molto rapidamente ai rigori della dieta e al ritmo del sonno, poiché i miei livelli di stress sono diminuiti rapidamente, i miei capelli sono diventati folti e molto lunghi, i miei occhi hanno guadagnato una gioia che brillava da loro, il peso in eccesso è caduto da me. Piccoli incidenti hanno dato origine a storie che mi hanno insegnato lezioni e aperto prospettive nella mia mente. L’uccello che bussa alla finestra durante l’inverno chiedendone un pezzo; il serpente emerso sotto una roccia dove ero seduta 5 minuti prima; l’ultraleggero che girava in cerchio è un pilota che spia la nostra libertà sotto il sole estivo; la mia rimozione di tutte le piantine di fiori scambiandole per erbacce; il mio beato oblio del tempo in cui dovevo essere nella dispensa a lavare i piatti con gli altri.
13. Quanto ti ha spaventato il silenzio?
Il silenzio non mi ha mai spaventato, e il silenzio della cella mi ha attirato verso un silenzio più profondo e sensibile, un ascolto del cuore che mi ha aperto la mente ad altri mondi interiori ed esteriori.
14. E la notte? Quanto dormivi?
Dormivo dalle 20.00 a mezzanotte e poi dalle 3.00 alle 6.00, 7 ore in totale. Il secondo sonno è stato sempre più difficile per me, la mia mente era più sveglia dopo le ore di canto gregoriano, e mi è stato consigliato di prendere una bevanda calda di latte e miele per aiutare il mio riposo dopo essere tornata in cella, il che ha aiutato enormemente.
15. Il bilancio di questi dodici mesi?
Ogni domenica mattina mi univo alle novizie e alle altre postulanti con la Maestra delle Novizie per la condivisione spirituale, una rilettura del Vangelo domenicale e la condivisione dei pensieri che esso provocava; dopo il pranzo della domenica lavavamo, ho anche lavato i piatti della comunità; ogni lunedì pomeriggio le accompagnavo anche nella loro passeggiata / spaziamento settimanale; e partecipavo pienamente al programma liturgico quotidiano e ai pasti della comunità domenicale, alle uscite annuali (sì, ad eccezione delle suore molto fragili e malate, uscivamo tutte insieme in un minivan per un’intera giornata di escursione e picnic) e le ricreazioni trimestrali (un incontro di gioia, giochi e condivisione nella sala ricreativa della comunità tutte insieme, comprese le suore molto anziane). Le uniche cose da cui ero esclusa erano le riunioni capitolari settimanali ed il regolare lavoro quotidiano nelle obbedienze come la cucina, la lavanderia e la foresteria in cui erano impegnate le sorelle converse e donate; inoltre non mi era permesso cantare in coro, ma solo seguire la notazione musicale nei libri dell’ufficio con gli occhi e le orecchie mentre cantavano le suore professe.
16. Come ti è sembrato tornare a casa?
L’anno mi è stato dato come momento per il discernimento di ciò che Dio voleva fare con me. Dopo 11 mesi di beatitudine vivendo come una suora del coro, ma senza cantare, (posso cantare in modo molto bello con gioia quando lo Spirito Santo prende il sopravvento sulla mia voce, ma di solito sono completamente sorda e suona male stonata e quindi non ho fiducia nel cantare), ho provato la vita di una suora donata con la comunità, partecipando al lavoro delle suore converse e donate nelle loro obbedienze, lavorando specificatamente per il cellario nella cucina. Il cambio di orario e di routine mi ha aperto all’enorme sacrificio di rinunciare al silenzio più profondo e alla solitudine della cella, e mi ha fatto riconoscere che il mio orgoglio di non essere una suora del coro era gravemente intaccato dall’opportunità di crescere in umiltà e pratica, essendo la serva di tutte come una sorella donata. Così, dopo un ulteriore mese, 12 mesi in totale, mi è stata data la scelta di tornare nel Regno Unito, accompagnato dalla postulante americana che aveva terminato tre anni di discernimento, e così, seguire il consiglio della mia Maestra di Novizie, che dovevo perseguire un cambiamento di carriera, passando dal mondo dell’educazione alla medicina, per darmi l’opportunità di incontrare qualcuno che potrebbe diventare mio marito; o di continuare altri tre mesi con la comunità e poi vestirmi ed entrare in noviziato, come novizia, con lo scopo di unirmi alla comunità allora fondata in Corea del Sud. Ho scelto di tornare nel Regno Unito.
17. Cosa ti mancava di più?
L’assenza di stress che il mondo ci rapisce in cui ci rientriamo subito, ma che è assenza in una vita ordinata alla gloria di Dio, e una vita vissuta solo per Lui, solo, nell’accogliente sicurezza di una amorevole comunità religiosa
18. In cosa consiste la tua vita adesso?
Ora sono sposata, ho due figli adulti e seri problemi di salute miei da affrontare, quindi la vita è molto diversa, ma è pur sempre un viaggio nel mistero dell’amore che quotidianamente ognuno di noi è invitato ad impegnarsi.
19. Cosa consiglieresti alle giovani donne lettrici di Cartusialover attratte dalla vocazione certosina?
Ascolta il tuo cuore e “Non avere paura”!
La comunità è così adorabile che ti aiuterà ad ascoltare la voce di Dio, a discernere la Sua volontà per te senza alcuna pressione. Sarai ampiamente ricompensata se vai con il cuore aperto a dare tutto e e ricevere molto di più.

Grazie