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Il giardino della mia cella.

nella cella in solitudine

Nell’articolo di oggi, vi propongo una semplice e breve poesia scritta da un certosino della certosa spagnola di Miraflores, la cui identità come consuetudine resta anonima.

Parole semplici provenienti dal cuore che ci fanno capire il trasporto di questo monaco verso questa sublime vita claustrale.

Il giardino della mia cella.

Da un monaco della certosa di Miraflores (Spagna).

” Mi basta questo piccolo
pezzetto dell’universo,
Che di altri ho ricevuto, ereditato,
Il deserto dove mi ha guidato.

Qui piove, da qui vedo il sole,
Di notte la luna mi visita con il suo silenzio,
Qui, in questo pezzetto dell’universo
Incontro il Dio Creatore.

Giardino di lacrime,
Giardino di contemplazione e lodi,
Prigione delle mie preghiere,
Che si levano in paradiso.

Mi basta questo piccolo
Pezzetto dell’universo,
Nella sua solitudine e silenzio,
Mi ritrovo con la pace di Dio “.

Un certosino

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Una struggente poesia

Una struggente poesia

certosa di Jerez

Il testo della poesia che voglio oggi sottoporre alla vostra attenzione, è stato realizzato da un monaco certosino. Egli è Dom Carlos Kerremans, che nacque a Gand in Belgio, il 1 gennaio del 1771. Poco più che ventenne, decise di diventare certosino entrando nella certosa spagnola di Jerez, laddove svolse la sua vita claustrale fino al giorno della soppressione del monastero. Difatti il 19 agosto del 1835, per effetto della legge di Mendizabal i poveri certosini dovettero abbandonare la certosa. A seguito di ciò i monaci furono dispersi, tra cui Dom Kerremans che rimase in città ospite presso una casa di proprietà dei Gesuiti, rispettando ed osservando sempre la regola certosina. Condusse una vita di austerità e penitenze fino al giorno della sua morte, avvenuta il 31 agosto del 1843. Alla sua morte fu seppellito con il suo abito certosino nel cimitero cittadino.

Il dolore per l’espulsione dalla sua amata certosa lo accompagnò negli ultimi anni di vita. Egli dedicò a quel tragico allontanamento un’ode struggente che voglio proporvi:

Addio chiostro penitente:

Addio cella, addio clausura;

Addio perchè una vile creatura ,

che non consente una Tua virtù:

Da Te si allontana un delinquente

per evitare di macchiare il tuo suolo

Addio immagine del cielo,

Addio dimora della pace,

Addio Non posso più,

Ricevi il mio dolore. “

Parole semplici, dettate dal cuore pregno di dolore per quell’abbandono forzato.

La visita di Federico García Lorca alla certosa di Miraflores

La visita di Federico García Lorca alla certosa di Miraflores

Il giovane Lorca alla destra del monaco con il cappuccio

Il giovane Lorca alla destra del monaco con il cappuccio

Una delle persone privilegiate a varcare il portone principale della certosa spagnola di Miraflores in Burgos, fu il poeta Federico García Lorca.

Lorca è considerato uno degli scrittori di maggior talento del ventesimo secolo in Spagna. Poeta, drammaturgo e scrittore di prosa spagnolo nato nel 1898 a Fuente Vaqueros (Granada), è morto vittima della guerra civile svoltasi in Spagna nel 1936.

Questa visita l’ha poi raccontata e descritta in vari articoli pubblicati sul quotidiano “Diario di Burgos”. Un giovanissimo Lorca appena diciottenne, visitò il monastero certosino nell’estate del 1917, ed all’inizio della sua carriera di scrittore e cronista fece un reportage sulle condizioni di vita e sugli ambienti monastici. Descrisse la quiete e la pace che provò trattenendosi alcune ore in quel luogo paragonato ad un vero paradiso, aggiungendo che non vi è sontuosità negli interni di questo complesso claustrale. Egli fu uno dei pochi ad entrare in ambienti riservati ai monaci di clausura, e commentò le scene rappresentate in alcuni dipinti con scene di martirio, come orrende e sgraziate. A proposito dei monaci che lo accolsero dietro il portone d’ingresso ebbe a dire “La porta si apre ed appare in controluce un certosino con il suo abito bianco di lana e pallida come il marmo, ed hanno un enorme barba che gli copre il petto”. Oltre descrivere meticolosamente gli odori e le atmosfere percepite tra le mura certosine, aggiunse che “L’uomo che è entrato nella Cartuja tremulo e appiattito per la vita, ha trovato conforto qui” rendendosi conto della gioia e della serenità espressa dai volti di tutti i confratelli. I suoi articoli riscossero un discreto successo di pubblico, il quale apprezzò la attenta descrizione del giovane cronista, ignari della sua successiva consacrazione ad illustre drammaturgo e poeta. Vi allego le foto della storica visita.

lorca 2

lorca3

 

Nel 1925 Lorca produsse un libro di dialoghi, in esso inserì un testo ricordando la sua visita giovanile a Miraflores. Avendo conosciuto la vita certosina, volle immaginare un dialogo muto, ovvero un ossimoro essendo i monaci votati al silenzio. Vi propongo, come avevo già fatto sul sito, questo testo che ha per “protagonisti silenziosi” appunto i certosini.

Dialogo muto dei certosini

 Personaggi:

I Certosino

II Certosino

III Certosino

IV Certosino

V Certosino

Frate Dispensiere

Nel patio della certosa, i Certosini, in veste bianca, passeggiano. Vanno e vengono fra i rovi e le malve caroliniane. Sono cinque e sono uno. Il frate più vecchio sta scrutando una rosa appena sbocciata. Gli altri si avvicinano delicatamente.

 I CERTOSINO: ?

II CERTOSINO: !

III CERTOSINO: ()

IV CERTOSINO: …

V CERTOSINO: .

 (Il Frate Dispensiere attraversa la galleria con il mazzo delle chiavi avvolto nel cotone. Nella vetrata della sera volano gli uccelli mistici. La rosa giudicata trema nelle mani del più vecchio.

 L’ombra delle ali dell’Angelus ricopre la superficie cattolica. I frati si calano i cappucci e si avviano verso la chiesa).

 I CERTOSINO: (camminando lentamente).

II CERTOSINO: (dietro).

III CERTOSINO: ( dietro).

IV CERTOSINO: ( dietro).

V CERTOSINO: ( dietro).

(In un angolo del gran refettorio prismatico di brusii ed echi difficili, un rivolo di formiche si arrampica lungo la parete fino alle melacotogne mature del soffitto).

 firma

 

9 luglio 1925

Poesia preghiera a san Bruno

Poesia preghiera a san Bruno

Oggi 6 ottobre, come contributo per la  celebrazioni della ricorrenza di san Bruno,  nell’anno del cinquecentesimo anniversario della sua canonizzazione , vogliate gradire questa poesia-preghiera. Il testo in francese è stato tradotto in italiano ed è stato realizzato da una monaca certosina francese del XX° secolo, ovviamente anonima, nel rispetto della tradizione dell’Ordine.

Bruno, tu as mis tout ton coeur
A connaitre la sagesse. Tu as fait silence
Et elle t’a été enseignée par Dieu.
Tu as rendu tes oreilles attentives.
Tu l’as cherchée ouvertment dans
La prière et elle a été répandu
dans ton Coeur comme une pluie.

Heureux es-tu de l’avoir trouvée!
Nous glorifions celui qui te l’a donné
Quand nous voyons tes actes empreints
De douceur et de sagesse.

Ton silence est devenu louange
Parce que la Sagesse
Ouvre la bouche des muets.

Viens, esprit de Sagesse,
J’ai soif de vérité.
Tout les êtres sont à découvert
Devant toi.

Bruno-751688

Bruno, hai messo tutto il tuo cuore

Per conoscere la sapienza. Hai taciuto

Essa ti è stata insegnata da Dio.

Hai prestato attenzione con le tue orecchie.

Tu l’ hai cercato apertamente nella

Preghiera ed essa si è riversata

nel tuo cuore come pioggia.

Sei felice di aver trovato!

Glorifichiamo colui che te l’ha donato

Quando vediamo le vostre azioni contrassegnati

Di Dolcezza e saggezza.

Il tuo silenzio è diventato lode

Perché la Sapienza

Apre la bocca in silenzio.

Vieni, Spirito di Sapienza,

Ho sete di verità.

Tutti gli esseri sono esposti

Davanti a Te

(Une moniale de la Chartreuse Notre-dame, XX siécle, “Prier 15 jours avec saint Bruno”, Paris, Nouvelle Cité, 2001, pp.66 et 69).

 

“Sul Disprezzo del Mondo”

“Sul Disprezzo del Mondo”

De contemptu Mundi

bruno giovane

A conclusione di questo mese di ottobre gradisco offrirvi una preziosa elegia sotto forma di orazione parenetica, dal titolo “Sul disprezzo del mondo”. Questa poesia, secondo Dom Du Puy, Priore Generale dell’Ordine certosino dal 1503 al 1521, è da attribuire a san Bruno. Sarebbe uno scritto composto intorno al 1050, quindi in età giovanile da Bruno, diligente studente, che già aveva una particolare visione e idea, appunto sul disprezzo del mondo. Dom Du Puy, senza fornire elementi documentabili, ha inserito questo testo in una sua opera scritta nel 1515: “Vita Beati Brunonis primi institutoris Ordinis Cartusiensis”.

Vi offro, tradotto dal latino, il testo, che appare sublime ma semplice, poiché nell’XI secolo si conoscevano e si veniva attratti dagli autori greco-latini, ma si era ben lontani dal concepire testi classicheggianti e raffinati tipici del Rinascimento.

Dio creo tutti i mortali

per godere della loro gentile compagnia.

 

Chi sempre a Dio i suoi pensieri invia

sfugge felice ai peggiori mali.

 

Beato quello che errori sì fatali

piange con pena notte e dì

perché infausta e pazza fantasia

è non pensare che vi sian pene infernali.

 

Chè se è di fede il morire e l’inferno

chi è così pazzo, chi così sventurato

da non temere il morire e condannarsi?

 

Se l’uomo deve morir e non è eterno,

viva per vivere, chè il suo bene è misurato

solo in salvarsi o non salvarsi.

Analisi del testo

Iddio  ha creato tutti i mortali nella luce, affinché mediante i loro meriti possano conseguire le supreme gioie del Cielo. Felice di certo è colui che incessantemente tiene la mente rivolta lassù, e, vigilante, si guarda da ogni male! Ma felice altresì chi si pente del peccato commesso, e chi sovente suol piangere la propria colpa. Purtroppo gli uomini vivono come se la morte non seguisse la vita, e come se l’inferno fosse una favola vana, Mentre l’esperienza insegna che ogni vita si dissolve con la morte, e la divina Scrittura attesta le pene dell’Erebo! Vive del tutto infelice e da insensato chi tali pene non teme; morto, ne patirà l’ardente rogo. I mortali tutti cerchino pertanto di vivere in maniera da non temere la palude dell’inferno.

 

“I certosini” poesia di Ernest Dowson

“I certosini” 

poesia  di

Ernest Dowson

(α1867 – Ω1900)

Ernest Dowson

 L’autore della poesia che oggi voglio offrirvi, è l’inglese Ernest Dowson. Egli vissuto alla fine del XIX secolo, fu con le sue liriche espressione del decadentismo ed  incline ad una struggente malinconia. La sua breve esistenza fu caratterizzata da tragici eventi, che lo condussero a vivere in maniera dissoluta. A me sembrano sublimi le parole che usa per descrivere il rigore della austera vita certosina, tanto distante dal suo modo di vivere ma per la quale sembra provare una velata attrazione.

“I certosini”

Attraverso quale prolungato carico, seduti a quale

focolare straniero, questi bianchi monaci si sono mossi

alle vie della pace disprezzando del mondo saggezza e

brama che non liberano dalla carcassa di questa morte?

Dentro le austere mura non penetrano voci

solo un silenzio sacrale, come di morte, prevale;

Nulla di forte o passionale qui ha accesso

Questa quiete è l’ulteriore profitto ai loro dolori.

giunsero da terre lontane, per innumerevoli strade di fuoco

ognuno seppe poi la vanità delle gioie terrene.

Uno fu incoronato di spine e uno coronato d’alloro

e alla fine ognuno fu stanco di sciocchi rumori terreni.

Non atti come Domenico a predicare la santa ira divina.

troppo rigorosi per portare l’influenza gentile del dolce

Francesco, la loro era una chiamata più alta e una via

più erta vivere soli in Cristo in meditazione e preghiera.

Una compagnia conventuale, soli, nessuno qui conosce

il segreto del cuore del fratello: sono solo riuniti per

maggiore recesso il cui obbligo è solitudine e silenzio

l’unica parte.

O vita di beatificazione! chi mai può contraddire la

vittoria del vostro grande rifiuto! la vostra poca

rinuncia abbandonare vanità per una via più perfetta

Il più dolce servire la Croce più dolente.

Lanciamo fiori e risa, tra i fumi del vino

Col vino rendiamo le nostre anime ottuse e prudenti le

forme d’arte

Le nostre coppe, lucidi teschi con rose a cerchio intorno

Nessuno ha cuore di guardare Morte che furtiva

c’osserva e attende.

In cammino, bianca compagine, verso chi non basta!

Le nostre viole tacciono, il vino è morto, le rose

appassiscono: Pregate per noi sconsiderati, voi che in

Cristo avete dimora!

Se pur il mondo a pezzi cade, voi soli trionferete

“Cuore che t’aspetta”, la poesia di un certosino

“Cuore che t’aspetta”,

la poesia di un certosino

La crescita personale di ogni monaco certosino, dedito al silenzio, avviene anche quando le proprie emozioni derivanti dalle profonde meditazioni, prendono forma trasformandosi in scrittura. Attraverso pensieri, raccoglimenti, riflessioni, concepiti e scritti non a scopo divulgativo, il certosino appunta frammenti della sua condizione eremitica di vicinanza a Dio. Gli scritti, dunque, possono considerarsi il loro rapporto privilegiato con la parola, attraverso la contemplazione che appunto diventa scrittura.

Oggi voglio proporvi una poesia scritta da “un certosino” francese, praticamente anonimo, nel rispetto della consolidata tradizione, propria dell’Ordine di San Bruno.

“Cuore che t’aspett”

Solo dolore d’amare è il mio cuore

ma Dio

finché non possa raggiungerti

Sospira tutto il giorno

gemendo

consumato dall’attesa

Alcune scintille dall’avvenire già

illuminano a tratti

la mia sete

Ahimé

la Tua bellezza ricade

in fondo

ad un ricordo

che ravviva la mia sofferenza

Quanto la fede

può essere dura da vivere

per un cuore che ha fame solo di

Te

Il pane d’oggi

promette tanto

l’eterno

tanto gusta la tua

gloria

Quando

potrai incontrare

il tuo desiderio

inciso nel mio intimo

T’aspetto tutto il giorno

avendo come sola risposta

di poterti ancora attendere

un domani

Sai

Signore

tutto è vuoto

senza

Te

Ho solo il tuo

amore

per vivere ancora

Ascoltami

In fondo

alla mia solitudine

porto

la tua speranza

come una fiaccola

per i tuoi fanciulli

“Un certosino”