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“Non avere niente, ma possedere tutto”

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Questo piccolo estratto dallo scritto di un certosino è venuto come un acuto promemoria della natura dello stretto sentiero verso il Regno – che, pur non permettendo illusioni su noi stessi e sulla nostra povertà, ci conduce al Padre,

Afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e invece possediamo tutto! Come afflitti, eppure sempre allegri; come poveri, eppure arricchendo molti; come non avendo nulla, eppure possedendo ogni cosa!

2 Corinzi 6 10

«Le prove provvidenziali ci rendono sempre più consapevoli della nostra debolezza. Alla fine, comprendiamo che non siamo niente, ma che Dio ci ama nonostante tutto, che si è fatto uomo per entrare in comunione con noi, che la grazia opera in noi e attraverso di noi, la grazia è tutto, non abbiamo diritto di rivendicare come nostro il bene che facciamo, non abbiamo nemmeno la certezza assoluta di credere in Dio, di amare lui o i nostri fratelli. Ogni mattina dobbiamo ricevere tutto di nuovo nella fede. Dio ci crea veramente in ogni momento. Affidiamo il passato alla sua misericordia, dobbiamo svuotare la nostra memoria delle sue presunte ricchezze per trasformarla in un puro movimento verso Dio stesso al di là dei suoi doni. Questo movimento è vissuto in modo unico nella realtà del momento presente, nel nostro conformarci alla volontà del Signore per noi, qui e ora, nella nostra comunione d’amore e nella nostra stretta attenzione a Lui. Qui povertà e semplicità diventano una cosa sola. Per il futuro, ci affidiamo a Dio. Non abbiamo, per così dire, un conto in qualche banca celeste; tutto ciò che abbiamo è la nostra fede nell’amore del Signore, la nostra speranza e il nostro desiderio di amare. Non dobbiamo essere ansiosi di fronte alle esigenze della vera povertà spirituale. Non siamo mai così benestanti come quando non abbiamo niente. Siamo liberi e disponibili per qualsiasi cosa. Il nostro ego, debole com’è, vorrebbe ricoprire la sua nudità con pellicce fatte di cose materiali, beni intellettuali e spirituali. La luce oscura della fede è davvero una luce, e chi vi si abituerà non la abbandonerà per tutta la dolcezza e le consolazioni di un tempo. Che Dio ci protegga dalle nostre virtù! La nostra fede ci permette di scartare questa copertura ingannevole per camminare nella verità lungo la via che non è una via, che conduce al Padre nell’Amore, cioè nello Spirito di Cristo. L’uomo povero trova aperte le porte della morte e passa liberamente nel regno di Dio. Perché se ci spogliamo, è per riscoprire nel nostro cuore l’innocente nudità dell’immagine di Dio e rivestirci così di Cristo. La nostra povertà è la povertà dei figli di Dio, che «non avendo nulla, eppure possiedono tutto» nella speranza e nella fede. Abbiamo ricevuto ‘uno spirito di adozione a figli, in virtù del quale gridiamo: ‘Abbà! Padre!'” Qui c’è abbastanza su cui meditare per mesi…e nutrire sempre la speranza! Un messaggio edificante per la fine di quest’anno ed un’auspicio per il prossimo anno che verrà.

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Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 23)

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CAPITOLO 23
Amministrazione temporale


1 I beni affidati alla priora non sono né suoi né degli uomini; appartengono al Cristo povero, ed è a lui che dovrà rendere conto di tutto. Spetta quindi alla priora dirigere i suoi ufficiali ed i loro assistenti nell’amministrazione economica della casa, ed esercitare una prudente amministrazione, davanti a Dio, secondo la sua coscienza, secondo i principi dell’Ordine e le prescrizioni degli Statuti. Sarà cura di evitare ogni spesa ingiustificata. (St 29.1)
2 Quando una priora prende l’incarico, il contabile le presenta una dichiarazione dei principali beni mobili e immobili della casa. Questo documento, controfirmato dalla priora e dai membri del suo consiglio, deve essere conservato in archivio. (St 29.2)
5 Per la sussistenza dei loro monasteri, i nostri primi padri decisero di non fare affidamento su donazioni ricevute occasionalmente, ma di avere, per Dio, stabili rendite annuali. Era inopportuno, pensavano, assumere, sulla base di risorse incerte, certe responsabilità che non potevamo né assolvere né liberarci senza grandi rischi. Inoltre, andare in giro per il mondo a chiedere l’elemosina li inorridiva. (St 29,5)
6 Crediamo, tuttavia, che ci basteranno modeste risorse, con l’aiuto di Dio, se l’ispirazione originaria della nostra vita rimane viva in mezzo a noi, nella sua ricerca di ciò che è umile, povero e sobrio nell’abito, vivendolo, e tutto ciò che è per il nostro uso; infine, se ogni giorno progredisce il distacco dal mondo e l’amore di Dio, per il quale tutto bisogna fare e tutto sostenere. Indubbiamente, le parole del Signore sono rivolte a noi: Non ti preoccupare per il domani, il tuo Padre celeste sa che hai bisogno di tutto questo. Cerca prima il regno di Dio e la sua giustizia. (St 29.6)
14 La casa ha diritto di possedere ciò che è necessario per consentire alla comunità di vivere secondo la nostra vocazione; tuttavia, deve evitare ogni forma di lusso, guadagno smisurato o accaparramento; solo così potremo testimoniare l’autentica povertà. Non basta che le monache siano dipendenti dalle loro superiori nell’uso dei beni; devono, come Cristo, essere veramente poveri il cui tesoro è nei cieli. Non basterebbe liquidare lo sfarzo; bisogna ancora evitare le convenienze eccessive, perché tutto nelle nostre case respiri la semplicità della nostra vocazione. (St 29.14)
16 Avremo edifici sufficienti e adatti al nostro modo di vivere, ma saranno sempre molto semplici. Le nostre case, infatti, non sono monumenti alla vanagloria o all’arte, ma devono testimoniare la povertà evangelica. (St 29.16)
19 Infine rivolgiamo una fervida preghiera a tutte le priore. Nel nome di Gesù Cristo, nostro Dio e Salvatore, che per amore nostro ha dato se stesso interamente sul legno della croce, preghiamo ciascuno di loro di dedicare tutto il proprio cuore a fare abbondanti elemosine secondo i mezzi della sua Casa. Pensiamo che qualsiasi somma sprecata o sconsideratamente trattenuta sarebbe un furto commesso contro i poveri ed i bisogni della Chiesa. Manteniamo così i beni della terra come destinazione comune e prendiamo a modello i primi cristiani, tra i quali nessuno pretendeva di avere nulla di proprio, perché tutto era loro comune. (St 29.19)

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 22)

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CAPITOLO 22

La povertà

1 La suora ha scelto di seguire il Cristo povero per arricchirsi nella sua povertà. Senza sostegno terreno, conta su Dio, e il suo tesoro è in cielo, dove anche il desiderio del suo cuore la chiama. Ai suoi occhi niente è suo: è quindi sempre disposta a mettere nelle mani della priora, quando chiede, tutto ciò che le resta a disposizione. (St 28.1)
2 Le donne che professano i voti solenni non hanno nulla di loro, se non ciò di cui l’Ordine semplicemente concede loro l’uso. Hanno anche rinunciato a chiedere, ricevere, dare o alienare qualsiasi cosa senza permesso. Anche tra di noi, è necessario il permesso per scambiare o ricevere qualsiasi cosa. (St 28.2)
3 I professi di voti temporanei e quelli conferiti conservano la proprietà dei loro beni e la capacità di acquistarli; ma non tengono con sé oggetti personali, non più dei novizi. La maestra delle novizie instillerà soprattutto il distacco dai beni materiali e dalle comodità, e l’amore per la povertà. (St 28.3)
4 Secondo un detto di Guigo, se un parente o un amico manda un vestito o qualche altro dono a un monaco, non è a lui, ma a un altro che viene dato, per evitare l’apparenza di proprietà. Nessuno, quindi, si permetterà di rivendicare un diritto d’uso o altro privilegio sui libri o su qualsiasi altro bene acquisito dall’Ordine grazie ad esso. Al contrario, se le viene concesso il godimento di tali oggetti, lo riceverà con gratitudine, nella convinzione che non le appartengono. Mai, però, una suora dovrebbe avere denaro a sua libera disposizione, né tenerne con sé. (St 28.4)
5 Poiché il Figlio dell’uomo non aveva dove posare il capo, conserviamo nelle nostre celle l’assoluta semplicità e povertà. Assicuriamoci instancabilmente di eliminare ogni superfluo e ogni ricerca, ricorrendo anche volentieri al parere della priora. (St 28,5)
8 Nelle nostre vesti evitiamo ogni raffinatezza e ogni superfluo che sarebbe contrario alla semplicità e alla povertà. I nostri padri non avevano altra cura in questo campo che proteggersi dal freddo e coprirsi decentemente; secondo loro, per i certosini erano perfettamente adatti tessuti o oggetti di uso quotidiano molto grossolano. Manteniamo questo spirito, assicurandoci che i nostri vestiti e la nostra cella siano puliti e decorosi. Tranne in caso di malattia o di viaggio, la nostra biancheria da letto deve essere conforme all’austerità monastica. (St 28.8)
9 Gli strumenti economici sono ammessi solo a coloro che, a giudizio della priora, ne hanno veramente bisogno. L’uso degli strumenti musicali non è conforme alla nostra vocazione. Tuttavia, per imparare la nostra canzone, possiamo ammettere i dispositivi che servono a guidare la voce o a registrarla. Ma radio e televisione sono del tutto esclusi dalle nostre case. (St 28.9)
10 Così grande è la varietà delle condizioni locali che spesso ciò che è necessario in un luogo diventa superfluo altrove, e difficilmente è possibile stabilire una legge valida ovunque e per tutti. Invitiamo piuttosto le priore a provvedere con buona grazia a tutti i bisogni reali delle loro monache secondo i mezzi della casa. Si lascino trascinare dalla carità di Cristo, e non potranno sopportare su questo punto un rimprovero degno, specialmente quello di aver spinto, con eccessiva parsimonia, le loro monache nel vizio della proprietà. Infatti, più la nostra povertà è volontaria, più piacerà al Signore. Ciò che è lodevole non è essere privati ​​delle comodità della vita, ma privarsi di esse. (St 28.10)

Buone vacanze 2020

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Monache certosine e lo spaziamento

Cari amici lettori, è giunto il momento di separarci per qualche settimana. Sarà un periodo di riposo, che arriva a quattro mesi dall’inizio della pandemia del terribile Coronavirus, che tante vittime ha mietuto in questo lasso di tempo. Un riposo fisico ma anche psichico, che possa farci ritemprare dall’ansia e dall’angoscia che ha attanagliato tutti noi, costringendoci ad una clausura forzata. Molti dei lettori di questo blog mi hanno confidato di aver trovato conforto nel consultare Cartusialover, e nel leggere meditazioni, preghiere e testi di alcuni Priori, oltre ad allietarsi nell’ascolto dei canti certosini. La spiritualità certosina, è stata per noi un faro in questa violenta tempesta che si è abbattuta su tutto il pianeta. La domanda che sorge spontanea a seguito di questo isolamento è la seguente, ma ne usciamo piu ricchi o più poveri? Abbiamo nutrito sufficientemente lo spirito in questo periodo di privazioni?

E per questo, che vi allego un breve testo di Dom Innocent le Masson che ci illumina sulla povertà materiale connessa alla povertà spirituale.

Nel congedarmi da voi vi auguro buone vacanze, che siano all’insegna del riposo della serenità, e delle riflessioni.

A presto!!!

La povertà materiale diventa quindi una risorsa della povertà mentale che è la soglia dell’umiltà commentata da Dom Innocent Le Masson nelle sue Direzioni e argomenti di meditazioni per l’uso delle monache certosine. Egli scrive: “La perdita dell’uomo è iniziata con la perdita della povertà di spirito che egli ha sviluppato mentre voleva diventare come Dio. Presunzione di diventare più ricco di com’era, lo fece sprofondare nella miserabile povertà dello spirito, che passò in eredità a tutti i suoi posteri. Le miserie della mente e del corpo che soffriamo provengono solo da un possesso ingiusto, opposto alla povertà. Quindi possiamo dire la verità, che quando non abbiamo niente, noi possediamo tutto, ma volendo possedere, abbiamo perduto tutto. Le consorelle certosine sono pertanto invitato ad applicare alla lettera lo spirito di povertà dell’Ordine, per raggiungere la fonte di umiltà”

 

certosina in bosco spaziamento