• Translate

  • Follow us

  • Memini, volat irreparabile tempus

    marzo: 2023
    L M M G V S D
     12345
    6789101112
    13141516171819
    20212223242526
    2728293031  
  • Guarda il film online

  • Articoli recenti

  • Pagine

  • Archivi

  • Visita di Benedetto XVI 9 /10 /2011

  • “I solitari di Dio” di Enzo Romeo

  • “Oltre il muro del silenzio”

  • “Mille anni di silenzio”

  • “La casa alla fine del mondo”

  • Live from Grande Chartreuse

  • Inserisci il tuo indirizzo email per seguire questo blog e ricevere notifiche di nuovi messaggi e-mail.

    Unisciti a 657 altri iscritti
  • Disclaimer

    Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001. Rare immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione. L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.


Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 32a)

in chiesa

Statuti 32 a

Ricezione di una conversa o di una novizia o donata

6 La postulante, al termine della sua prova, viene presentata alla comunità nel giorno stabilito (cfr 11,9). Preliminarmente compila e firma un questionario relativo al suo ricovero (vedi n° 2). (cfr St 36,6)

7 Il giorno della sua accoglienza, la postulante, prostrata in capitolo davanti a tutta la comunità, chiede misericordia. La priora, con indosso la stola bianca, lo invita ad alzarsi; poi la postulante chiede, per amore di Dio, di essere ammesso alla libertà vigilata sotto l’abito monastico, come il più umile servitore di tutti. La priora, dopo aver fatto un’esortazione, le spiega che, durante il noviziato, potrà ritirarsi liberamente e che, da parte nostra, manterremo la libertà e il diritto di dimetterla se, dopo aver esaminato la questione davanti a Dio, non lo riteniamo adatto al nostro modo di vivere. Se la postulante dà il suo assenso, si inginocchia ai piedi della priora e pone le mani giunte nelle sue; la priora, in nome di Dio e dell’Ordine, in nome proprio e in quello delle sorelle, l’accoglie nella comunione dell’Ordine. Quindi la candidata viene vestita con la cocolla della novizia (in questo momento si può anche rimettere il velo bianco) ed è ammessa a ricevere il bacio della pace, prima dalla priora, poi da tutte le altre monache. La novizia viene quindi condotta dal capitolo alla chiesa, mentre la comunità canta il Salmo 83. La priora cammina prima, accompagnata dalla novizia; poi arriva la comunità, la più anziana in testa. Giunta alla chiesa, la priora prende per mano la novizia e la conduce al margine del presbiterio; la novizia vi si prostra e prega. La priora si collocherà nell’ultimo stallo del coro di destra, se la disposizione dei locali lo consente. Tutti si inginocchiano nelle forme, in coro, e cantano la strofa: Veni, Sancte Spiritus; finito ciò, tutta la comunità si inchina alla misericordia; il vicario, con indosso la cocolla ecclesiastica e la stola bianca, dice un versetto e aggiunge una preghiera. Dopodiché, la novizia si alza, fa un profondo inchino e va al suo posto nel coro. (St 36.7)

Professione di voti semplici

8 Il giorno prima del giorno in cui la novizia deve emettere i voti, semplici o solenni, prima dei Vespri, oppure la mattina dello stesso giorno, va al capitolo per chiedere misericordia, prostrata alla presenza di tutta la comunità; quando la priora le dice: Alzati, si alza e chiede di essere accolta nella professione come la più umile serva di tutte. Poi, sempre in piedi, ascolta l’esortazione della priora. Nel giorno della professione, le reliquie dei santi vengono esposte sull’altare. (St 36.8)
9 Quando si tratta della professione temporanea, prima di Terza la maestra delle novizie pone la nuova cocolla sui moduli davanti ai futuri professi. Dopo il Vangelo, o il Credo se cantato, omessa la preghiera universale, il futuro professato, portando nelle sue mani la nuova cocolla, avanza fino al bordo del santuario; dopo un profondo inchino, vi depone la cocolla e resta eretta. Il vicario, che celebra, si avvicina e recita le preghiere indicate nel rito. Poi, stendendo la mano, benedice la cocolla posta davanti alla futura professa, mentre recita l’opportuna preghiera. Finita la benedizione, asperge la ciotola con acqua santa. Poi, il futuro professo si inginocchia e recita con voce intelligibile (se sono più di loro, recitano insieme) Salmo 15: Guardami, fino al versetto: Signore, la mia parte, non compreso. La priora, aiutata dalla maestra delle novizie, toglie poi la cocolla della novizia mentre il vicario dice: Il Signore ti spogli del vecchio e delle sue opere. La priora la riveste della lunga cocolla, e il vicario continua: E che vi rivesta dell’uomo nuovo creato, santo e giusto in verità ad immagine di Dio. Se ci sono più novizi, il vicario ripete queste parole per ciascuno. Quindi la novizia legge la formula della professione (12.4) scritta su un foglio che tiene in mano. Se ce ne sono diversi, la formula deve essere letta da ciascuno separatamente. Fatti i voti, la professa lascia la sua formula nelle mani della priora e riprende il salmo, dal versetto: Signore, mia parte, a Gloria al Padre… Amen. Poi fa un profondo inchino contemporaneamente alla Priora e alla Maestra delle Novizie e tornano ai loro posti. (St 36.9)

Pubblicità

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 12)

Eine_Karthäuserin_wie_sie_eingekleidet_[...]Verhelst_Egid_btv1b100523755

CAPITOLO 12

Professione

1 Morta al peccato e consacrata a Dio per battesimo, la monaca, per professione, è più totalmente dedicata al Padre celeste; liberata dai vincoli del mondo, potrà ormai tendere alla pienezza della carità per un cammino più diretto. Il patto saldo e stabile che la lega al Signore la rende partecipe del mistero dell’unione indissolubile di Cristo e della Chiesa; davanti al mondo, essa testimonia la vita nuova che Cristo ha acquistato per noi mediante il suo sacrificio redentore. (St 10.1; 18.1)

2 Prima della fine del noviziato, la novizia, se si ritiene idonea, sarà presentata alla comunità; quest’ultimo, dopo un serio esame, si pronuncerà, pochi giorni dopo, sulla sua ammissione alla professione temporanea (cfr 11.10). È importante che il novizio si impegni solo dopo un’attenta considerazione e in piena libertà. (St 10,2; 18,4)

4 La futura professa scriverà lei stessa la sua professione nella forma seguente: Io, suor N., prometto… stabilità, obbedienza e conversione dei miei costumi davanti a Dio e ai suoi santi, e le reliquie di questo eremo, edificato a gloria di Dio e ad onore della Beata Maria, sempre Vergine e di San Giovanni Battista, alla presenza di Madre N., priora. Dopo prometto, se è la prima professione temporanea, aggiungiamo per tre anni; e quando tale professione viene prorogata, viene indicata la durata della proroga; se è la professione solenne, si dice per sempre. (St 10.9; cf. 18.10)

5 Va notato che tutti i nostri eremi sono innanzitutto dedicati alla Beata Vergine Maria ea San Giovanni Battista, i nostri principali patroni in cielo. L’orario di ogni professione deve essere datato e firmato dalla professa e dalla priora che ha ricevuto i voti. È conservato negli archivi della casa. (St 10,10; 18,11)

8 La prima professione è emessa per tre anni. Al termine di questo periodo, spetta alla priora, previo voto della comunità (11.10), ammettere la giovane professa al rinnovo della professione temporanea per due anni. Per i giovani professi di clausura, questi ultimi due anni devono essere trascorsi tra i professi di voti solenni. La giovane professa conversa rimane sotto la guida della padrona. (cfr 9.9) La priora può, a sua discrezione o su richiesta della giovane professa, prolungare il tempo di prova per la professione temporanea, sia dopo i primi tre anni e prima della rinnovazione dei voti per due anni, sia dopo cinque anni. anni, prima dell’emissione della professione solenne. Ma la durata totale dei voti temporanei non deve in nessun caso superare i sei anni. Per giusta causa, il Capitolo Generale o il Rev.do Padre possono esentare un soggetto dalle norme relative alla durata del noviziato oa quella dei voti temporanei, essendo esentato dalle norme del diritto universale. (St 10,4; 18,5)

9 Al discepolo che segue Cristo è chiesto di rinunciare a tutto ea se stesso: prima dei voti solenni, la futura professa deve dunque sbarazzarsi di tutti i suoi beni attuali. Può anche disporre di proprietà future a cui ha diritto. Nessuno nell’Ordine dovrebbe chiederle nulla di ciò che ha, nemmeno opere pie o elemosine destinate a nessuno. Al contrario, la giovane professa deve poter disporre di tutto liberamente ea suo piacimento. (St 10,6; 18,7)

12 La professione fatta, colei che è appena stata accolta ora sa di essere così estranea a tutto il mondo che non ha più potere su nulla, nemmeno sulla sua persona, senza il permesso della Priora. Tutti coloro che hanno deciso di vivere sotto una regola devono osservare l’obbedienza con grande diligenza; ma ad essa dobbiamo dedicare tanto più pietà e cura quanto più ci sottoponiamo ad una dichiarazione più rigorosa ed austera: se davvero, purtroppo, mancasse l’obbedienza, tutti questi sforzi rimarrebbero vani. Di qui le parole di Samuele: Meglio obbedienza che vittime; sottomettersi a un prezzo più alto che offrire il grasso dei montoni. (St 10,11; 18,13) 13 Sull’esempio di Cristo Gesù che venne per fare la volontà del Padre e che, assumendo la condizione di servo, imparò, da ciò che patì, l’obbedienza, la monaca, per professione, si sottomette alla priora che rappresenta Dio; si sforza così di permettere a Cristo di raggiungere in lei la sua piena statura. (St 10.13)

14 Dopo la professione solenne o la donazione perpetua, le monache possono ricevere la consacrazione verginale, di cui l’Ordine ha sempre mantenuto la tradizione, tenendo conto delle norme decretate dai preliminari del rito certosino di consacrazione, sotto il titolo IV . Le case che lo desiderano possono seguire l’antica usanza secondo la quale tutte le monache del chiostro ricevono questa consacrazione.

15 La consacrazione verginale è un rito solenne con il quale la Chiesa stabilisce la vergine in stato di appartenenza a Dio. Diventa come primizia del Regno a venire e simbolo trasparente del grande sacramento, la cui pienezza è l’unione di Cristo e della Chiesa. L’offerta che la vergine fa a Dio della sua verginità durante la consacrazione richiede una particolare effusione dello Spirito Santo. Attraverso la fedeltà e la disponibilità con cui accoglie questo dono, aggiungerà una nuova bellezza al Corpo mistico di Cristo e, attraverso la sua unione con Lui, diventerà una sorgente di vita più feconda per il mondo. La vergine consacrata ha cura del suo Signore. La sua vita è nascosta in Dio con Cristo. Ad imitazione di Maria, vergine Madre di Dio, desidera essere, in verità, la serva del Signore.

La professione (seconda parte)

La professione

(seconda parte)

professione

Il grande momento era arrivato. Erano già nell’Offertorio. Il diacono aveva portato le offerte all’altare e le aveva consegnate al celebrante, il priore, che aveva offerto l’Altissimo pane e vino per il sacrificio. Sacrificio al quale si sarebbe associato, oggi, un ulteriore elemento. Pedro lasciò il suo posto nel coro e, avvolto nel suo ampio mantello nero, andò al santuario, in piedi accanto ai gradini al centro. Poi, inclinando leggermente la testa, sollevò profondamente il respiro:

“Stringimi Signore, secondo la tua promessa, e io vivrò. Non lasciare che la mia speranza sia frustrata”. (Sal 118, 116) C’era la sua voce fu veloce e tremante durante le prime note, e la sua fretta lo fece cantare un tono mezzo tono più basso del solito, ma il verso era stato cantato con coraggio. Il coro si alzò dalle sedie, si girò verso l’altare e continuò il canto, ripetendo la supplica di Pedro. Chi avrebbe potuto indovinare i pensieri che stavano attraversando il cuore di quelli che cantavano quando ricordavano il giorno della loro professione, dieci, venti, trenta, quaranta, cinquanta anni fa! La sua oblazione e le sue speranze, le sue gioie e le sue pene, le sue cadute e risurrezioni, la sua piccolezza e grandezza di Dio, la sua incostanza e l’instancabile amore divino! Tre volte Pedro ha cantato il verso e tre volte il coro ha risposto, appoggiandosi a cantare Gloria Patri. Pedro tornò dall’altare e dal coro, si inginocchiò di fronte a ciascuno dei due fratelli, chiedendo loro per il loro aiuto in quel momento supremo: – “Adesso me pro, Pater!” – ha detto, mentre passava da una all’altra fino alla fine restituire al coro. Poi tornò ai gradini del santuario, dove padre Priore era sceso a benedire la cocolla.

presa abito

“Signore Gesù Cristo – ha cantato il Priore – che si è degnato di prendere la natura della nostra carne mortale, chiediamo della vostra immensa generosità si Dignes benedici questo vestito speciale che i santi Padri stabiliti per coloro che rinunciano al mondo a partire dal segnale di innocenza e umiltà che questo tuo servo che lo userà merita di vestirsi (Rom 13,14). Che vivi e regni per sempre. Amen. “

Pedro era in ginocchio e padre Priore, togliendosi il mantello nero e il mantello da novizio, disse: “Possa Dio privarti del vecchio e delle sue azioni …” Ef. 4, 22-24). Poi, passando sopra la sua testa, la cocolla, con le sue tipiche bande laterali, che era stata appena benedetta, concluse: “… ed ecco l’uomo nuovo, che fu creato da Dio nella vera giustizia e santità”. Esile figura bianca e gloriosa della sua nuova abitudine, Pedro si alzò e andò all’altare sul lato dell’epistola per leggere la sua formula di professione. Srotolò la pergamena e cantò le semplici parole che lo mettevano al servizio di Dio come monaco per sempre davanti ai suoi fratelli qui sotto e davanti a tutte le assemblee lassù nel cielo:

“Io, il fratello Pedro Ulrich, prometto stabilità, l’obbedienza e la conversione dei miei modi di fronte a Dio e dei suoi santi, e le reliquie di questo deserto, che è stato costruito in onore di Dio e della Vergine Maria, e di san Giovanni Battista, alla presenza di Dom Pedro Blomevenna, Priore “.

L’austera calma del coro monastico era diventata un silenzio quasi teso quando venivano pronunciate le parole decisive. E poi, posando il rotolo sull’altare, Pietro cadde per ricevere la solenne benedizione contenuta nella preghiera consacrante. Estendendo la sua mano sacerdotale al monaco prostrato, il Priore cantò:

“Signore Gesù Cristo, tu sei il modo senza il quale nessuno viene al Padre (Gv. 14,6), imploriamo la tua misericordia benigníssima per questo tuo figlio, lontano da ogni desiderio carnale, conduca il modo di disciplina regolare ; e poiché ti sei degnato di chiamare i peccatori dicendo: “Vieni a me, tutti voi che siete oppressi e vi darò riposo” (Mt 11,28), concedete che questo invito della vostra voce possa essere così potente in lui che, Ebrei 12: 1), e assaporando quanto sei dolce (Salmo 3,3), meriti di essere sostenuta con il tuo cibo. E come si è degnato di proteggere le vostre pecore riconoscono questo fra la vostra in modo da sapere in modo che non segue (pastori) estranei, né ascoltare la voce di un altro (Gv. 10: 2-5), ma la vostra , chi dice: “Chiunque vuole servirmi deve seguirmi” (Giovanni 12:26). Che vivi e regni con il Padre nell’unità dello Spirito Santo e sei Dio nei secoli dei secoli. Amen. “

L’oblazione era stata fatta. Pedro si alzò e tornò alla sua sedia, non più per il suo bene, ma interamente di Dio. L’oblazione fu fatta e il sacrificio lo avrebbe presto completato. A Tyburn, dove il boia ha trafitto con mano insanguinata nel cuore del beato Giovanni Houghton, il martire aveva lasciato a sentire: “Bene Gesù, che cosa intendi fare per il mio cuore?” Allo stesso modo ora, il nuovo monaco avrebbe potuto chiedere la stessa domanda a Eterno sacerdote del perpetuo sacrificio celeste: “Buon Gesù, che cosa farai con il mio cuore? Poteva esserci una sola risposta ed espressa in un linguaggio che pochi potevano capire e ancora meno accettarlo. “Renderò il tuo cuore come il mio.” Significa con queste parole che deve essere coronato di spine e trafitto da una lancia. In ogni caso, il giorno in cui un giovane uomo o una donna si commettono l’un l’altro davanti all’altare di Dio, anche se è “nel bene e nel male, nella ricchezza e nella povertà”, sono “i migliori” e ” ricchezza “che domina nei loro cuori e nelle loro menti. Tutto il resto è come assorbito da una gioia del momento e della ragione. Così è stato con Pedro. Non che provasse molta gioia o altri sentimenti. È un’oscurità divina, come spiega San Giovanni della Croce, che è solo per noi, perché i nostri occhi interiori sono troppo deboli per sopportare lo splendore della luce di Dio. I nostri sensi spirituali soffrono della stessa mancanza. La voce della Parola nell’anima è assordante per il nostro orecchio e impedisce di parlare. L’incommensurabile impatto della grandezza di Dio sul nostro fragile essere di creature produce un certo imbarazzo per la causa del suo shock. Pedro mentre stava in piedi sulla sua sedia, non provava quasi nulla, ma era perché aveva troppo da sentire. Ma proprio a causa di questo stato, quasi in coma per tutti i sensi, si rese conto che qualcosa di più profondo accadeva ancora in lui: una calma calma e silenziosa, la perfetta assimilazione della sua volontà con la volontà di Dio. Quella vera carità che porta tutte le cose, crede tutte le cose e non passerà mai! 13: 7-8), anche se tutto fosse stato distrutto.

“Una porta fu aperta in cielo” (Apocalisse 4: 1), ma nello splendore precedente, a prima vista Pietro poteva vedere solo la luce. La voce del cantore lo riportò a se stesso: Sanctus (Is 6: 3) E mentre la campana suonava solennemente, il coro continuava l’inno cherubico a cui agli uomini è concesso di unirsi per un momento, anche sulla terra. Pochi istanti dopo che la luce della gloria se ne fu andata, fu data ad uno per aprire le porte d’oro del tabernacolo. E “l’Agnello in piedi come un uomo decapitato” (Apocalisse 5: 6) fu sollevato agli occhi dei monaci. Questi, come i ventiquattro anziani, “caddero a terra e adorarono colui che vive per sempre” (Apocalisse 4:10). Nel momento esatto di Agnus Dei, quando il diacono si avvicinò al coro e Pedro diede il bacio della pace, riconobbe in quel rito la convocazione all’atto che avrebbe incoronato l’intera cerimonia. E così tornò all’altare, questa volta per non dare, ma per ricevere. Il dono di se stesso era stato senza riserve: con tutto il cuore, con tutta la sua anima, con tutta la sua mente, con tutte le sue forze. Era arrivato alla fine, non era stato infedele alla sua chiamata divina, e così con sicurezza si recò all’altare per ricevere questa fratellanza, che il suo Maestro gli aveva promesso, sarebbe stata piena di grazie più di ogni altra. “Ti darò la manna nascosta. Dice la promessa – e gli darò un piccolo ciottolo bianco e inciso sul ciottolo, un nuovo nome che nessuno conosce, se non colui che lo riceve “(Ap 2:17). Se sono Giovanni,l’Evangelista, non potrebbe istruirci di persona, Pedro non può tentare di dirci qualcosa, se possiamo capire? Da questa “tavola degna del Signore Gesù”, mentre questo “Sassolino bianco” è stato dato a Pietro, questa delicatezza preziosa e delicata – il vero Corpo e Sangue del Signore – Dio si è arreso a sua volta. Venne nella sua sacra umanità, ma necessariamente portando con sé un regalo che nessun uomo può offrire al suo vicino, nemmeno una figura pallida: la sua divinità. Pedro ha ricevuto il suo Dio L’hai ricevuto? Più di questo. Il nome segreto scritto sulla “pietra bianca” la Santa Eucaristia non è davvero un segreto, o ancora, perché non v’è infatti altro nome dato agli uomini con cui possono essere salvati (Ebrei 4:12). Il Santo Nome di Gesù. Ciò che era nuovo e ciò che è un segreto, che queste parole sconcertanti rivelano, è che, essendo il nome del suo Salvatore, Pedro sapeva che in qualche modo quel nome era diventato suo. La comunione sacramentale con Gesù Cristo che è riuscita a penetrare questo mistero? A cosa possiamo confrontarlo? Probabilmente l’immagine più appropriata è l’unione sacra di un uomo con sua moglie, la figura dell’unione di Cristo con la sua Chiesa, che costituisce la realtà. Ma “questo è un grande mistero” (Ef 5,32), grande e insondabile. La Chiesa mescola una goccia d’acqua nel vino del calice e prega che attraverso il “mistero” di questo vino mescolato con l’acqua possiamo essere degni di partecipare alla divinità, ma il mistero rimane. In quel momento di comunione, Pedro era stato in grado di dirci che non sembrava più essere se stesso: “Io vivo, ma non sono io, è Cristo che vive in me” (Gal 2,20). Senza l’identificazione della personalità, sentiva, questo soldato, fatto uno con Cristo. “Ossa delle mie ossa, carne della mia carne” (Genesi 2:23). E avvolto come in un velo, per quanto possibile, di divinità. Stretto in questo abbraccio straordinario, sarebbe un altro Cristo che ascende sulla terra, sotto gli occhi del Padre, per offrirgli ogni giorno, ogni ora, l’incenso piacevole del sacrificio di lode. E così potrebbe essere nel tempo, e sarebbe nell’eternità, quando le splendenti lampade di fede si spegneranno da sole davanti al sole del giorno perfetto. E, elevato dalle forti braccia del suo avvocato al trono del trono divino, dal diritto della sua incorporazione al Figlio, sarebbe entrato nel Santo dei Santi della Trinità. E lì, chiamato dal Padre con quel nuovo nome – quello di Gesù – gli avrebbe offerto adorazione e amore per sempre. Ecco perché Gesù, con lui e in lui, come fratello con suo fratello, a te Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, tutto onore e gloria per sempre.

Amen.

La professione (prima parte)

La professione

(prima parte)

accettazione

Per il giovane Pedro il gran giorno della professione è arrivato!!!

“De Ventre”, cantava il cantante, e il coro continuava l’Intróito del giorno di S. João Baptista, che è, con la possibile eccezione della messa di Natale di mezzanotte, la più appropriata di tutte le graduali professioni religiose, per una professione certosina.

Dal grembo di mia madre il Signore mi ha chiamato per nome, ha reso la mia bocca come una spada affilata; Mi ha protetto sotto l’ombra della sua mano e mi ha fatto come una freccia scelta (Is 49,1-2).

Queste parole hanno fatto si che Pedro vedesse, in rapida sequenza, immagini della sua vita dai suoi primi anni fino a quel giorno. Come Dio lo aveva sorvegliato fin dalla prima infanzia. Lo sguardo attento di sua madre là nella Foresta Nera, la chiesa parrocchiale con le sue prime preghiere e i primi segni di una speciale chiamata di Dio, come se avesse dolcemente sussurrato il suo nome alle sue orecchie. Ora, dal silenzio della vita, che era il fine a cui dedicarsi per tutta la vita, le sue labbra si muovevano così spesso a pregare, sarebbe stata una spada del Signore nelle loro battaglie per la terra, protetti e guidati da lui nella sua breve carriera universitaria e nella sua cella solitaria. Si sentiva come una freccia nascosta nella faretra divina, pronta per essere lanciata come gli serviva l’Arciere delle anime. La canzone era piena e sonora. Non c’era una sedia di coro vuota. Persino il vecchio Dom Vincent, sempre a letto e quasi cieco, era stato portato in chiesa da due giovani e corpulenti fratelli prima dell’inizio dell’ora di Terza. lui è rimasto, seduto nella parte posteriore della sua sedia, la soddisfazione di essere testimoni, almeno con la sua presenza, la mia gioia di vedere un’altra anima prendere il suo posto nel lavoro di preghiera, di lode e di pentimento che avrebbe lasciato a breve . Il sacerdote sacrestano aveva preso tutti i migliori ornamenti per adornare la giornata. Qui c’erano i quattro santuari argentati di Santa Barbara a forma di torre, disposti tra i candelabri. Di fronte a loro, ai lati della croce, un ara di ottone lavorato e arricchita con placche smaltate, contenente uno, numerosi resti della Vergine, e gli altri reperti di vari Santi, tra i quali Bruno, il fondatore recentemente canonizzato. Tutto questo per formare, per quanto possibile, una corte di testimoni celesti di quegli impegni che Pedro avrebbe assunto in pochi istanti. L’altare era stato rivestito con un coprialtare che mostrava la trinità al centro, eseguita con tanta abilità, che le linee del ricamo ricordavano il vigore di uno specialista. Inoltre, l’altare è stato decorato anche con quello che potremmo chiamare le rose ‘Tudor’ e oltre il recinto in rilievo, circondato da un bordo di tali rose e le spine rami d’oro, aveva intrecciato la scritta:

MAGISTER ADEST ET VOCAT TE (Il Maestro è qui e ti chiama, Gv 11,28).

 

Nel mezzo di un’atmosfera così festosa, a volte corriamo il rischio di dimenticare qual è il miglior cappotto dell’altare: il perfetto sguardo fisso su una tovaglia bianca impeccabile. Perché non è giusto che l’intero tavolo per la Cena, con la sua patena e il suo calice, sia superiore a tutti gli altri quando il Re celebra il matrimonio di un figlio?
Pedro era in un vortice di devozione e distrazioni. Ora c’era la parte che doveva suonare, preparata con cura nella modesta cerimonia. Se si potesse paragonare Pedro ad una farfalla, con la stessa l’ansia di quando è pronta per uscire dal bozzolo e di ottenere il primo volo, tale era quella di Pedro nel momento in cui sarebbe stato spogliato del proprio mantello novizio bianco e gli sarebbe dato la sua nuova cocolla bianca. A poco a poco, come progrediva la Messa, stava prendendo il controllo di se stesso e il rumore dei pensieri che distraggono ha dato modo al silenzio e il canto solenne del rito, proprio come nella “Ouverture 1812” di Tchaicowsky la rivoluzione della musica selvatico è, alla fine, dominato dal grave canto di Kiev.
I suoi vari pensieri sul grande atto che stava per realizzare erano gradualmente concentrati in uno. Non il sacrificio di se stesso, che sarebbe poi il motivo per cui stava cominciando a capire che per spostare davvero perfettamente i nostri occhi devono essere non solo lontano dalla vanità del mondo, così come l’auto compiacenza segreta, nascosta in eccesso di introspezione. È stato dato a Dio per un olocausto. Ma non ti appartiene più? Cosa possiamo dare a Dio per tutto ciò che ci ha dato? Niente che non sia già completo.Tutto ciò che possiamo fare è rivolgere gli occhi al Signore con gratitudine, amandolo per i suoi benefici (questo è il suo dono) e adempiendo la sua adorabile volontà in tutte le cose.
“Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza” (Mc 12,30). – scrive Lanspérgio – questo è il culmine della perfezione. È per arrivare all’osservanza di questo comandamento che tutto ciò che è stato scritto è stato scritto. Dall’osservanza di questo comandamento dipendono la Legge e i Profeti. È la causa di questo comandamento che le leggi ecclesiastiche, le statue e le regole dei monaci, infine, tutte le ordinanze esistenti sono state stabilite dalla Chiesa. È per questo motivo che sono stati stabiliti: per raggiungere la perfezione di questo comandamento. Questo vale per tutti, per il popolo e per i sacerdoti, per i monaci e per il cristiano comune. Chi ha raggiunto questa perfezione non ha bisogno di entrare in un monastero; ma non importa se vive in casa o fuori, in campagna o in città, nella foresta o nel convento, o come nero o bianco come chiunque ami Dio con tale perfezione. No, non è impossibile raggiungerlo nel mondo, ma pochi arrivano lì con difficoltà. Molte sono le seduzioni e le trappole che le fanno tornare indietro, molte sono le occasioni in cui cadere. Ma voi, cari figli, insegnati dallo Spirito di Dio, come ci aspettiamo, desideriamo offrirvi per il servizio di Dio come un sacrificio perpetuo. Tu non vuoi amarlo un giorno, ma tutta la tua vita. Non amarlo con misura, ma perfettamente come Lui stesso ha insegnato che uno dovrebbe amarlo, cioè con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente. Per iniziare bene non è sufficiente, ci deve essere la perseveranza, l’unica che può strappare la corona della giustizia che il Signore donerà a coloro che chiedono, che chiamano e che cercano, come Lui stesso ha promesso (Lc 11.9).

Allora, dì a te stesso in questo modo: è Gesù che mi ha chiamato, è Gesù che mi ha stabilito in questo luogo. Così, Signore, mio Dio, io non ti abbandonerà, non voglio essere ingrato prima di un così grande vantaggio, non voglio trascurare la grazia della vostra chiamata, ma vinco con l’aiuto della tua grazia tutta l’accidia e la miseria che a volte è nel mio cuore. Tutto ciò che è stato o sarà difficile, ora, per te e per il tuo amore, dolce Gesù, sarà non solo tollerabile, ma anche lieve. Aiutami, mio Signore e mio Dio! E insegnami non solo a conoscere, ma anche a fare la tua volontà, perché tu sei il mio Dio e io sono la tua opera e la tua creatura. “Stringimi, sostienimi con la tua grazia, e mantienimi, guidami, possiedimi e restituiscimi interamente alla tua lode, al tuo amore ed a tutto ciò che ti piace”.

Continua….