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Il protettore dei bambini

 Il protettore dei bambini

Jan-Erasmus QuellinusMiracle of Saint Hugh of Lincoln is painted in this year (KMSKA, Antwerp).

Nel giorno della ricorrenza di sant’Ugo vescovo di Lincoln, voglio descrivervi uno dei suoi miracoli. Premesso, che il cappellano personale del vescovo certosino fece un indagine approfondita sui prodigi compiuti da Ugo, archiviando come tali solo quelli fortemente documentati.

Tra i tanti, il più toccante ed eclatante di tutti fu di resuscitare un bambino, restituito a sua madre per intercessione di quello che viene considerato il protettore dei bambini. Per l’amore che dedicava loro. Guarigioni, azioni salvifiche, protezioni prodigiose per intercessione del santo certosino ve ne furono tante, ma questa è davvero singolare.

I fatti si svolsero nei paraggi di Lincoln, poco dopo la morte del santo vescovo, laddove una donna fu colpita dal dolore di vedere suo figlio spirare tra le sue braccia a seguito di una malattia durata quindici giorni. Il corpicino del bimbo divenne presto rigido e freddo come se fosse morto da tanto tempo. A quel punto una vicina della povera mamma con un gesto delle dita chiuse gli occhi del piccolino. Era notte. e la mamma piangeva a dirotto disperandosi fino al canto del gallo, quando l’alba schiarì il cielo. Dopo una notte di meditazione ed i preghiere, la povera donna esclamò con impeto :” Ebbene, prima che mio figlio sarà interrato Dio me lo renderà, grazie all’intercessione del prodigioso sant’Ugo” oltre a questa frase ella promise di accendere un cero sulla tomba del santo vescovo, alto quanto la statura del figlio morto. Proferite queste parole, prodigiosamente  apparve il santo certosino in abiti vescovili, che visto da molteplici testimoni, benedisse il piccolo bambino, ancora in braccio alla sua mamma, il quale ebbe un sobbalzo e cominciò a piangere come se fosse venuto in vita per la seconda volta!!!

Di fronte a questo prodigio ed alla iniziale incredulità  sfociata in gioia, tutti piansero e si recarono in processione sulla tomba del santo vescovo acclamandolo.

Questo è forse il più stupefacente miracolo, che fu ovviamente oggetto di rappresentazioni pittoriche legate all’iconografia di sant’Ugo, come ci testimoniano i dipinti che allego in questo articolo.

 S. Ugo resuscita un bambino - Napoli Certosa di San Martino

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“La apparizione di Basilio di Borgogna al suo discepolo Ugo di Lincoln”

“La apparizione di Basilio di Borgogna al suo discepolo Ugo di Lincoln”

Ancora un dipinto del ciclo di Vicente Carducho, dal titolo “La apparizione di Basilio di Borgogna al suo discepolo Ugo di Lincoln”. L’episodio descritto in questa tela ci narra, che poco dopo la sua morte, Dom Basilio ottavo Priore Generale dell’Ordine certosino apparve ad un suo discepolo, Ugo di Lincoln, divenuto dopo tante traversie anch’egli certosino. Ma cerchiamo di inquadrare i fatti ed i personaggi. Innanzitutto conosciamo meglio Dom Basilio, che come detto divenne Priore Generale giovanissimo, a 25 anni nel 1151 succedendo a s. Antelmo di Chignin. Durante il suo generalato, nel 1155  egli decise che il Capitolo Generale si sarebbe tenuto una volta l’anno, e più precisamente il giorno della festività di San Luca, il 18 ottobre. Stabilì inoltre, nel 1163, che tutti monasteri certosini avrebbero dovuto sottostare alle decisioni della Grande Chartreuse, compiendo un passo importante verso l’unità dell’Ordine. Basilio va anche ricordato per aver introdotto istituzionalmente l’uso del canto gregoriano nell’Ufficio dei certosini, inoltre, dietro sua richiesta ricevette dal Pontefice Alessandro III, una bolla nella quale si riconosceva l’Ordine certosino e la conferma delle sue istituzioni. Insomma possiamo asserire che fu un personaggio di grande spessore, è infatti considerato da tutti una delle colonne portanti dell’Ordine. Scrisse molti testi e fu fervente e conosciuto nella sua attività monastica attirando alla vita monastica  sia preti che laici. Egli ricevette a Grande Chartreuse personaggi come Gerardo conte di Nevers ed appunto Ugo di Lincoln.  Basilio morì in odore di santità il 14 giugno del 1173, dopo ventitrè anni di generalato. Ma detto ciò torniamo al soggetto del dipinto che raffigura Ugo di Lincoln, in preda a turbamenti nella sua cella, a cui appare Basilio, avvolto in un bagliore di luce tra nubi, e che viene raffigurato nell’atto di liberare da legacci il cuore del giovane Ugo. Alle cui spalle nelle tenebre dell’angustia appare una donna lasciva discinta con un crostaceo, ed in basso un demone dalle orride sembianze. La simbologia appare molto forte e sembra evidente come al buio dei tormenti si contrappone la luce della scelta di vita monastica confortata dalla visione di Dom Basilio. In quanto al crostaceo esso rappresenta instabilità ed incostanza, incarnando il peccato ed il demonio che si ritiene camminino all’indietro.

Ma perché? Cosa accadde ad Ugo da essere così turbato ed afflitto dalla tentazione?

Il pittore Carducho si riferisce ai turbamenti giovanili di Ugo, che nel 1159 fu inviato in un convento non lontano da Avalon suo luogo natìo costretto a dedicarsi alla predicazione e ad alle attività parrocchiali. Ma egli soffriva tale condizione, poiché votato ad una vita contemplativa. Recatosi con un suo amico in visita alla Grande Chartreuse, conobbe Dom Basilio al quale confessò il suo desiderio di diventare certosino. Il priore per sottoporre a prova la sua vocazione lo dissuase da tale desiderio, esortandolo a riprendere la sua attività, ed Ugo risentito giurò di non accostarsi mai più alla vita certosina!

Successivamente in preda a tormenti riferiti nel dipinto, Ugo si rese conto che non poteva tenere fede a quel giuramento effettuato con estrema superficialità, e senza tener conto della volontà di Dio che spesso prevarica la nostra. Con grossi turbamenti si recò nel 1153 alla Grande Chartreuse, dove fu accolto amorevolmente da Dom Basilio, e dove fece il suo ingresso come novizio, dando inizio alla sua vita da certosino. Ugo di Lincoln si rivelerà in seguito come un’altra colonna portante della storia del glorioso ordine monastico fondato da San Bruno.

Il solito puzzle, vi farà cogliere i particolari di questo splendido dipinto.
preview30 pieceLa apparizione di Basilio di Borgogna al suo discepolo Ugo di Li

Celebrando sant’Ugo di Lincoln

Celebrando sant’Ugo di Lincoln

Oggi in occasione della ricorrenza della celebrazione di Ugo di Lincoln, ho scelto per voi un estratto della biografia scritta da Adamo Scoto, di cui vi parlerò in un prossimo articolo e tratta dalle “Letture della preghiera notturna dei certosini”.

 

Dalla “Vita di sant’Ugo di Lincoln”, scritta da Adamo il Certosino.

Sancti Hugonis Vita, I,6.9; II,3;IV,11;V,7.8.22 PL 153,951‑952.956. 959.966.1024.1043‑1045.1047‑1048.1088‑1089

 Ugo d’Avallon faceva parte dei canonici di Villard‑Bonnot, nel Delfinato, dove era entrato giovanissimo. Per opinione generale egli aveva raggiunto una gran perfezione nell’esercizio delle virtù, ben superiore alla sua giovane età.

Ma Ugo pensava di non essere neppure all’inizio della santità, ossia della conversione.

Venne a conoscenza dei monaci certosini e ne concepì somma stima, struggendosi senza posa per il desiderio di modellare la propria esistenza su quella forma di vita.

Sulle prime tenne nascosto l’ardore di siffatta aspirazione e s’ingegnò di incontrare quei monaci e di guadagnarsene l’affetto.

Difatti ci riuscì e allora esplose in lui un tale amore per quella vocazione, da non poter più soffocare l’incendio scoppiatogli in cuore.

In preda a quella fiamma beata, sperimentava quanto avesse ragione quell’amante infelice nel dire: “Il fuoco coperto tanto più avvampa quanto più è nascosto”.

Nel contemplare la Certosa, Ugo era colto da ammirazione: gli pareva che quel luogo si elevasse più alto delle nubi, fino a toccare il cielo, lontano com’era dalle inquietudini terrene.

Ugo era affascinato dal quadro di vita offerto in Certosa per attendere a Dio solo: come ausilio potente a questa divina attività c’era una gran ricchezza di libri, abbinata a copiosa possibilità di lettura e all’indisturbata quiete per l’orazione. Ma più che la disposizione del monastero, attiravano i monaci: il loro corpo austero, la mente serena, il cuore libero, la letizia del volto e la purezza del dire.

La regola invitava i monaci alla solitudine, ma non all’eccentricità; le celle erano separate, i cuori uniti. Ognuno abitava da solo, senza possedere nulla in proprio e nulla facendo per spirito d’indipendenza. Pur restando in solitudine, tutti costituivano una comunità: vivendo da solitario, ogni monaco non inciampava negli svantaggi del contesto sociale, benché una certa vita comune gli garantisse il conforto dei fratelli.

Questi e altri aspetti piacevano a Ugo, ma soprattutto egli apprezzava il sicuro baluardo dell’obbedienza (senza di cui molti eremiti sono lasciati a se stessi, esposti a eccessivi pericoli); perciò quella vita lo seduceva, anzi lo estasiava.

Vi erano in Certosa, allora come sempre, uomini egregi, sia padri sia fratelli, testimoni forti e veri del vangelo, giustamente stimati dai principi e dai prelati della Chiesa. Difficilmente si sarebbe potuto stabilire fra loro una graduatoria del fervore o dei meriti. L’ascesi corporale era rigorosa, ma non minore la discrezione; ognuno si teneva nel giusto mezzo, mai pago di uno sforzo inferiore alle sue possibilità, ma nemmeno andando oltre le proprie forze.

Negli Atti pontificali per la canonizzazione di sant’Ugo leggiamo: ”L’ordine certosino spicca sugli altri, perché ha imposto una misura alle voglie disordinate.”

Fin dai primi mesi Ugo progredì a grandi passi. La sua bella intelligenza si trovò favorita dall’agio che la cella offre per le attività dello spirito e stimolata dall’aiuto costante e fraterno della comunità. Cosi crebbe in lui l’amore di imparare dai libri e dai maestri. Giorno e notte attendeva con gioia agli studi e solo la brevità del tempo gli era un ostacolo. L’arco di un’intera giornata non gli bastava per applicarsi quanto avrebbe voluto a leggere, a meditare, a pregare.

Ugo trascorse cosi circa dieci anni entro la quiete del suo nido, nella totale amputazione dal mondo. Aveva messo ali vigorose ed era pronto per spiccare il volo.

Il priore lo nominò allora procuratore della casa, sebbene Ugo avesse tentato il possibile per esimersi da quella carica. Egli governò con maestria la famiglia che gli era stata affidata, formando con cura i fratelli. Aveva preso come massima un detto di sant’Onorato di Arles che amava citare spesso: “Sempre dovrai scuotere dal torpore gli indolenti e riportare alla quiete i troppo zelanti”.

Il Signore benedisse la casa, che prospero in ogni abbondanza di beni. Chi veniva da Ugo per affari temporali ripartiva infiammato per i beni eterni, e chi giungeva libero da preoccupazioni materiali, riceveva dal nostro Procuratore consigli cosi validi da meritare l’ammirazione dei sapienti del mondo.

Un bel giorno arrivarono dei messi del Re d’Inghilterra per condurre Ugo a Witham, a fondarvi la prima Certosa del regno. Davanti alla preghiere e alle insistenti ragioni degli inviati regi, la comunità vinta si arrese.

Spinto ad acconsentire, Ugo ricorse all’unica possibilità: rimettere al priore la decisione. Sapeva bene che molto a stento il superiore avrebbe imposto un tale ordine, poiché lo amava come la pupilla dei suoi occhi e per nessun motivo avrebbe voluto allontanarlo da se.

Al dire di chi fu presente, il priore, sotto il fuoco dei moniti del vescovo di Grenoble e delle preghiere accorate di tutti, avrebbe risposto: “Dio m’è testimone: non uscirà mai dalla mia bocca il comando che Ugo abbandoni la mia vecchiaia e immerga nel lutto la Certosa, privandola della sua presenza necessaria e amatissima”.

Ma tutti incalzarono talmente che alla fine il priore non ebbe più via di scampo. Si rivolse al vescovo, dicendogli: “Confermo quello che ho detto. La mia parola o la mia volontà non potranno mai allontanare Ugo da me. Veditela tu: sei il nostro vescovo, il nostro padre e il nostro fratello. Se gli ingiungi l’ordine di partire, non opporrò resistenza”.

Alcuni anni più tardi, Ugo divenne vescovo di Lincoln. Quando, dopo un lungo viaggio, poteva ritornare al suo amato deserto della certosa di Witham, appena entrava inquella regione tanto solitaria, si trasfigurava. Il suo volto acquistava un insolito roseo colorito, al punto da accordarsi con la tinta purpurea delle sue vesti episcopali. Come molte volte confessò agli amici, appena scorgeva all’orizzonte la Certosa, si sentiva pervadere nell’intimo da un ineffabile gaudio spirituale.

Finché poteva trattenersi a Witham, riceveva dal Signore la grazia di un rinnovamento profondo di tutto l’essere. Si notava in lui una repentina trasformazione, interna ed esterna, come aquila che rinnova la sua giovinezza.

Svestiva allora il pallio che soleva indossare in pubblico, fatto di panno violaceo, foderato di candida pelliccia d’agnello, e indossava una tunica e una pelle di montone, priva di lana; sulla carne portava il cilicio. L’arredo del letto consisteva in un panno grossolano, un guanciale e delle pelli di montone.

Nell’assemblea generale di Oxford, sant’Ugo osò energicamente rifiutare gli aiuti bellici richiesti dal re Riccardo. “lo non ignoro egli disse che il vescovo di Lincoln è tenuto a fornire al suo re e signore un contingente di uomini armati, ma soltanto sul nostro territorio; fuori dell’Inghilterra tu non puoi chiedermi nulla”.

Il re, ottenendo sempre lo stesso diniego dopo rinnovate ambascerie, fu colto da ira violenta e ordinò l’immediata confisca di tutti i beni del vescovo renitente. Ma non si trovò chi avesse il coraggio di eseguire il mandato; temevano tutti di offendere il vescovo e d’incorrere nella scomunica, che li atterriva peggio del supplizio capitale.

Sant’Ugo si presentò allora al re e in brevi perentorie parole difese la sua causa: di fronte alla collera ingiustificata di Riccardo, addusse evidenti ragioni in ordine alla propria ineccepibile condotta. Al re non rimase possibilità di replica; anzi elogio pubblicamente davanti alla corte la forza d’animo dell’uomo di Dio con queste parole: “Se tutti i vescovi fossero come Ugo di Lincoln nessun principe o re oserebbe alzare la testa contro di loro”.

Mentre era in viaggio per le Gallie il vescovo di Lincoln si recò a visitare quattro Case del suo Ordine: la Gran Certosa, Arvières, Lugny e Val San Pietro. Arvières, situata fra i monti, era di accesso difficile e piuttosto staccata dall’itinerario dell’uomo di Dio. Ma Ugo vi si recò per un motivo speciale.

Colui (Artoldo) che un tempo era stato vescovo di Belley e priore di quella casa, aveva ormai abbandonato l’onere della cura pastorale, ed era ritornato semplice monaco in cella, per dedicarsi con maggiore libertà a desideri di cielo.

Da molto bramava rivedere il vescovo di Lincoln, per trovare conforto dalle sue parole e dalla sua presenza e glielo aveva fatto sapere più volte. Infatti quel santo monaco, di età avanzata e al tramonto dei giorni mortali, sospirava il giorno che non ha fine. Analoghe aspirazioni portava in cuore il nostro Vescovo, benché non analoga fosse l’età. Le realtà effimere,che fin da giovanissimo Ugo aveva sdegnato, ora gli erano quasi insopportabili. Eccoli entrambi intrattenersi finalmente nell’auspicato colloquio. Si svelano entrambi i sentimenti più intimi e alla luce della santità dell’altro, ciascuno riesce a cogliere meglio il fondo del proprio cuore.

Preghiera

Signore nostro Dio,
in Ugo di Lincoln, monaco e vescovo vediamo riflesso il tuo amore e la tua compassione per gli uomini, specie i più disagiati e colpiti da mali; egli è stato uno splendido monaco e un grande vescovo. Dona anche a noi un cuore di carità e compassione, così saremo come lui, fedeli tuoi amici. Per Cristo, nostro Signore.
Amen.

Dossier certose attive: Parkminster

Dossier certose attive:

Parkminster

Il nostro viaggio virtuale tra le certose attive continua, e ci conduce oggi in Inghilterra alla certosa di Parkminster. Questo complesso monastico certosino risulta essere il primo ed unico costruito dopo la Riforma inglese. Come sappiamo i certosini erano presenti in Inghilterra con dodici certose, ma subirono una violenta repressione e persecuzione ai tempi di Enrico VIII. Nel 1873 venne deciso di fondare e dedicare a Sant’Ugo di Lincoln una grande certosa, in grado di accogliere due comunità espulse dal continente europeo. La struttura realizzata, risulta esser molto grande con un chiostro Grande di enormi dimensioni, quasi un chilometro di lunghezza (il più vasto d’Europa) sul quale si affacciano trentaquattro celle ed un cimitero. La chiesa è caratterizzata da una guglia altissima, ed al cui interno vengono conservate preziose reliquie, tra le tante quelle di S. Ugo di Lincoln , San Bonifacio e la Vergine Maria. Gli altri ambienti monastici come il refettorio, la sala capitolare decorata con immagini del martirio dei certosini d’Inghilterra, e la ricchissima biblioteca, circa 35000 volumi,  con preziosi libri e manoscritti rari ed antichi,  alcuni dei quali risalenti al XII° secolo, completano questa splendida certosa. La comunità, attualmente, è composta  da soli 27 monaci, mentre nel 1928 erano addirittura 70 per poi scendere a soli 22 nel 1984. Vi sono oggi religiosi provenienti da India, Vietnam, Giappone, Australia, America, Spagna, Ungheria, Italia, Francia, Irlanda, Olanda, Polonia e Inghilterra. Le splendide immagini che seguono, ci mostreranno nei particolari gli affascinanti ambienti di Parkminster.

Per informazioni e contatti

Buona Visione

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Sant’Ugo vescovo di Lincoln, e la sua iconografia

Sant’Ugo vescovo di Lincoln, e la sua iconografia

Oggi 17 novembre, si celebra la festività di Sant’Ugo vescovo di Lincoln, che ricordiamo è stato il primo certosino della storia ad essere canonizzato, nel 1220. La sua biografia è stata da me già trattata l’anno scorso in occasione di questa data, pertanto oggi vorrei soffermarmi su qualche aneddoto della sua santa esistenza. Alcuni episodi tratti dalla vita, sono infatti all’origine delle illustrazioni realizzate da pittori e scultori, che caratterizzano la sua iconografia classica. Cominciando dalla rappresentazione iconografica di Sant’Ugo, notiamo che solitamente, pur essendo stato vescovo, egli viene effigiato indossante l’abito da certosino ed affiancato sempre da un cigno. La presenza della mitria è ricorrente tranne che nel bel dipinto eseguito nel 1638, dallo spagnolo Francisco de Zurbaran, che raffigura Ugo accompagnato dal cigno ed in estatica ammirazione del calice da cui fuoriesce una figura di bimbo. A tal riguardo occorre menzionare il miracolo che sovente accadeva al santo certosino, egli ogni giorno celebrando la santa messa con estrema devozione verso il Santissimo Sacramento dell’Altare, vedeva ricompensato il suo fervore con la prodigiosa apparizione di un bel Gesù Bambino!!! Per quanto concerne il cigno, si narra che all’indomani della sua elezione a vescovo di Lincoln, avvenuta nella abbazia di Westminster a Londra il 21 settembre 1186, Ugo durante una passeggiata fu seguito da un cigno bianco che da quel momento non lo abbandonò mai più. La leggenda ci racconta che il pennuto, faceva quasi da guardia al santo vescovo, tanto che un giorno rifiutandosi di mangiare si sdraiò ai piedi del certosino ormai malato, il quale deducendo che si avvicinava il momento della sua dipartita promise all’uccello di partire con lui per sempre, cosa che avvenne di li a poco. Sembra evidente inoltre l’aspetto allegorico di questo animale, che sta a simboleggiare con le sue piume bianche la purezza e l’intelligenza della vita del santo Altro elemento iconografico, è il modello della cattedrale di Lincoln, che il santo sovente regge in una mano, ciò per rammentare che fu lui l’artefice della ricostruzione della prestigiosa cattedrale, dopo la distruzione avvenuta a seguito di un terremoto nel 1185. Il vescovo collaborò alla ricostruzione materialmente, aiutando attivamente le maestranze nella riedificazione. Ugo, come sappiamo è stato un vescovo molto impegnato anche in campo diplomatico, fu una figura fondamentale per porre fine ai contrasti tra la Francia e l’Inghilterra, ma visse sempre con spirito da certosino. Egli infatti ricordò sempre il noviziato svolto alla Grande Chartreuse e l’esperienza come priore alla certosa di Witham, dove spesso ritornava pur essendo ormai divenuto vescovo. Ugo era inoltre, da buon certosino, un grande amante dei libri, si narra che al riguardo esprimesse questo splendido concetto: «Quando siamo in pace i libri sono il nostro tesoro e la nostra delizia; quando combattiamo sono le nostre armi; quando abbiamo fame, ci servono come nutrimento; quando siamo ammalati sono il nostro rimedio. Tutti i religiosi devono fare uso di questi soccorsi, ma quelli che ne hanno più bisogno sono coloro che vivono in solitudine». Voglio terminare quest’articolo offrendovi alcune delle tantissime raffigurazioni del santo vescovo certosino.