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Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 34a)

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CAPITOLO 34a

L’elezione della priora

1 Quando una casa dell’Ordine ha perso la priora, la sottopriora interroga a suffragio segreto le professe solenni che hanno diritto di voto per sapere se vogliono eleggere la nuova priora. Se il Capitolo generale si riunisce in questo momento, comunicherà la risposta al Definitorio con i mezzi più rapidi. In caso di risposta negativa o di equa ripartizione dei voti al secondo scrutinio, la Sottopriora chiede al Capitolo Generale, o al Reverendo Padre se il Capitolo non è riunito, di provvedere, nella sua prudenza, a quanto necessario in casa. (St 38,1)
3 Se la comunità decide di procedere all’elezione, la sottopriora rivolge agli elettori un serio monito a nome del Signore: l’elezione di una priora è materia delicatissima e della massima importanza, perché il bene o il male di una comunità dipende quasi interamente da un superiore buono o cattivo. Bisogna dunque procedere con tutta rettitudine e prudenza; ognuna prenderà coscienza della propria responsabilità personale che non può condividere con nessun altro. Per scegliere una priora, bisogna prima tener conto delle qualità che la rendono idonea a guidare le anime. È necessaria anche una certa capacità di amministrazione temporale, ma non può da sola determinare la scelta, tanto più che l’amministrazione può essere affidata ad altri. (St 38,3)
4 Dopo questa presentazione della sottopriora, si prescrive a tutti il digiuno; dura tre giorni consecutivi, a meno che non cada una solennità o una domenica. (St 38,4)
5 D’altra parte, ogni giorno fino ad avere una priora, la comunità canta, dopo le Lodi ed i Vespri, in comune fervore, l’inno Veni, Creator Spiritus, come indicato nel rito. (San 38,5)
6 Ciascuno ha il diritto e anche il dovere di interrogare i membri dell’Ordine che meglio conoscono le monache. Le persone così consultate devono aver cura di non esercitare alcuna pressione sugli elettori. (St 38,6)
8 I confermatari che devono presiedere all’elezione siano convocati appena possibile: saranno due priori, deputati dal Capitolo generale o dal Reverendo Padre; oppure, se non è facile portarne due, almeno uno accompagnato da un altro monaco. Se nulla lo impedisce, uno dei cresimanti sarà un Visitatore della casa; ma non possono essere scelti come confermatori il vicario e il coadiutore. (St 38,8)
9 Chiamati ad essere testimoni dell’elezione, i confermatari si uniranno nel silenzio e nella preghiera alla comunità eleggente, senza interferire in alcun modo con l’elezione. Non devono nominare persone, ma devono solo rispondere in modo veritiero a chiunque li interroghi, e ricevere, senza di più, i voti delle donne elettori. (St 38,9)
10 Nel giorno dell’elezione si celebra o concelebra la Messa dello Spirito Santo alla presenza di tutta la comunità; la presiede uno dei confermanti (55,5). Poi la sottopriora chiama al capitolo i confermatari e la comunità. Questo sta in piedi mentre il principale confermatario inizia le preghiere descritte nel rituale; poi quest’ultimo o il suo collega fa un’esortazione. Dopo di che rimangono nel capitolo solo gli elettori ei confermatori; tutti gli altri membri dell’Ordine devono ritirarsi. (St 38,10)
11 Poi il primo confermatario invita gli elettori a votare per la monaca che ritengano, in coscienza e davanti a Dio, veramente idonea e adatta ad esercitare l’ufficio di priora nella loro casa. (St 38,11)
12 Poi, su ordine dell’ufficiale confermante principale, ognuna si reca nel luogo designato, per scrivere lì il suo bollettino. Scrive solo il cognome e il nome di colui che vuole eleggere, mette questa scheda in una busta, e viene a depositarla nell’urna appositamente predisposta sul tavolo dei confermatari. (St 38,12)
13 Se un elettore non può partecipare personalmente alla sessione elettorale, può votare per scheda in una busta, redatta come le altre. I cresimandi incarichino due suore di prenderlo. (St 38,13)

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Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 32a)

in chiesa

Statuti 32 a

Ricezione di una conversa o di una novizia o donata

6 La postulante, al termine della sua prova, viene presentata alla comunità nel giorno stabilito (cfr 11,9). Preliminarmente compila e firma un questionario relativo al suo ricovero (vedi n° 2). (cfr St 36,6)

7 Il giorno della sua accoglienza, la postulante, prostrata in capitolo davanti a tutta la comunità, chiede misericordia. La priora, con indosso la stola bianca, lo invita ad alzarsi; poi la postulante chiede, per amore di Dio, di essere ammesso alla libertà vigilata sotto l’abito monastico, come il più umile servitore di tutti. La priora, dopo aver fatto un’esortazione, le spiega che, durante il noviziato, potrà ritirarsi liberamente e che, da parte nostra, manterremo la libertà e il diritto di dimetterla se, dopo aver esaminato la questione davanti a Dio, non lo riteniamo adatto al nostro modo di vivere. Se la postulante dà il suo assenso, si inginocchia ai piedi della priora e pone le mani giunte nelle sue; la priora, in nome di Dio e dell’Ordine, in nome proprio e in quello delle sorelle, l’accoglie nella comunione dell’Ordine. Quindi la candidata viene vestita con la cocolla della novizia (in questo momento si può anche rimettere il velo bianco) ed è ammessa a ricevere il bacio della pace, prima dalla priora, poi da tutte le altre monache. La novizia viene quindi condotta dal capitolo alla chiesa, mentre la comunità canta il Salmo 83. La priora cammina prima, accompagnata dalla novizia; poi arriva la comunità, la più anziana in testa. Giunta alla chiesa, la priora prende per mano la novizia e la conduce al margine del presbiterio; la novizia vi si prostra e prega. La priora si collocherà nell’ultimo stallo del coro di destra, se la disposizione dei locali lo consente. Tutti si inginocchiano nelle forme, in coro, e cantano la strofa: Veni, Sancte Spiritus; finito ciò, tutta la comunità si inchina alla misericordia; il vicario, con indosso la cocolla ecclesiastica e la stola bianca, dice un versetto e aggiunge una preghiera. Dopodiché, la novizia si alza, fa un profondo inchino e va al suo posto nel coro. (St 36.7)

Professione di voti semplici

8 Il giorno prima del giorno in cui la novizia deve emettere i voti, semplici o solenni, prima dei Vespri, oppure la mattina dello stesso giorno, va al capitolo per chiedere misericordia, prostrata alla presenza di tutta la comunità; quando la priora le dice: Alzati, si alza e chiede di essere accolta nella professione come la più umile serva di tutte. Poi, sempre in piedi, ascolta l’esortazione della priora. Nel giorno della professione, le reliquie dei santi vengono esposte sull’altare. (St 36.8)
9 Quando si tratta della professione temporanea, prima di Terza la maestra delle novizie pone la nuova cocolla sui moduli davanti ai futuri professi. Dopo il Vangelo, o il Credo se cantato, omessa la preghiera universale, il futuro professato, portando nelle sue mani la nuova cocolla, avanza fino al bordo del santuario; dopo un profondo inchino, vi depone la cocolla e resta eretta. Il vicario, che celebra, si avvicina e recita le preghiere indicate nel rito. Poi, stendendo la mano, benedice la cocolla posta davanti alla futura professa, mentre recita l’opportuna preghiera. Finita la benedizione, asperge la ciotola con acqua santa. Poi, il futuro professo si inginocchia e recita con voce intelligibile (se sono più di loro, recitano insieme) Salmo 15: Guardami, fino al versetto: Signore, la mia parte, non compreso. La priora, aiutata dalla maestra delle novizie, toglie poi la cocolla della novizia mentre il vicario dice: Il Signore ti spogli del vecchio e delle sue opere. La priora la riveste della lunga cocolla, e il vicario continua: E che vi rivesta dell’uomo nuovo creato, santo e giusto in verità ad immagine di Dio. Se ci sono più novizi, il vicario ripete queste parole per ciascuno. Quindi la novizia legge la formula della professione (12.4) scritta su un foglio che tiene in mano. Se ce ne sono diversi, la formula deve essere letta da ciascuno separatamente. Fatti i voti, la professa lascia la sua formula nelle mani della priora e riprende il salmo, dal versetto: Signore, mia parte, a Gloria al Padre… Amen. Poi fa un profondo inchino contemporaneamente alla Priora e alla Maestra delle Novizie e tornano ai loro posti. (St 36.9)

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 32)

in chiesa

LIBRO 5

Riti e atti di vita certosina
CAPITOLO 32 

I riti della vita certosina

1 Chi entra nella famiglia certosina, al termine di una prima prova, viene accolta come novizia: ponendo le mani in quelle della priora, esprime la sua dipendenza ed entra nella comunità certosina; tutti la portano in cella o, se è una conversa o novizia data, in chiesa, per farle capire che la sua vita è essenzialmente consacrata alla preghiera. La professione, o a suo modo la donazione, è un impegno libero e personale: per questo si compie nell’emissione della formula della professione o della donazione. Prima di emettere i primi voti, il futuro professo indossa la cocolle del professo, che simboleggia la conversione della morale e la consacrazione a Dio; prima dell’atto irrevocabile della professione solenne, ha esortato le sue sorelle ad aiutarla con la preghiera. (St 36,1) È la priora che accoglie le monache nelle diverse tappe. Ma il vicario può anche pronunciare una predica se lo ritiene opportuno.

Accoglienza di una novizia del chiostro

2 La postulante, al termine della sua prova, viene presentata alla comunità nel giorno stabilito (cfr 11,9). In precedenza compila e firma un questionario le si chiede se ha emesso la professione in un altro istituto religioso, se è libera dai vincoli del matrimonio, se ha qualche difetto del corpo o della mente che è di ostacolo alla professione religiosa e se ha nessun debito. Deve sapere che se nasconde qualcosa mentre risponde al questionario può essere licenziata (estromessa), anche dopo la professione. (St 36.2)
3 Un altro giorno, essendo tutta la comunità riunita in capitolo, la postulante si prostra per chiedere misericordia. La priora la invita ad alzarsi; dice poi il postulante: Chiedo, per amore di Dio, di essere ammesso in libertà vigilata sotto l’abito monastico, come il più umile servitore di tutti, se voi, mia madre, e la comunità lo ritenete opportuno. Poi la priora le spiega il tipo di vita che desidera abbracciare. (St 36.3)
4 Se la postulante risponde che, confidando unicamente nell’amore di Dio e nella preghiera delle sue sorelle, intende soddisfare tutto questo nella misura in cui la bontà divina le concederà, la priora la informa che prima della professione potrà ritirarsi liberamente e che, da parte nostra, conserveremo la libertà e il diritto di rimandarla indietro, se, dopo aver esaminato la cosa davanti a Dio, non la riterremo adatta al nostro modo di vivere. Poi, se la postulante dà il suo assenso, si inginocchia ai piedi della priora e pone le mani giunte nelle sue; la priora, in nome di Dio e dell’Ordine, in nome proprio e in quello delle sorelle, l’accoglie nella comunione dell’Ordine. Poi la novizia riceve il bacio della pace, prima dalla priora, poi da tutte le altre monache. (St 36.4)
5 Lo stesso giorno, se possibile, la postulante veste l’abito in privato; poi all’ora stabilita, in chiesa, va al limite del presbiterio dove si prostra e prega. La comunità si inginocchia nelle forme, in coro, e canta il verso: Veni, Sancte Spiritus. Poi tutti si inchinano alle misericordie, e il vicario, vestito con la cocolle ecclesiastica e la stola bianca, dice un versetto e aggiunge una preghiera. Dopodiché, tutti conducono la novizia nella sua cella cantando i Salmi 83, 131 e 50. Se bastano uno o due salmi, non si dirà altro. Indossando la stola, la priora cammina per prima, accompagnata dalla novizia; poi viene la cellaria o un’altra suora che porta l’acqua santa, poi la comunità, la più anziana in testa. Arrivata alla porta della cella, la priora asperge la novizia e la cella dicendo: Possa la pace del Signore…; prende per mano la novizia, la fa entrare e la conduce all’oratorio. La novizia si inginocchia lì e prega. Quando la comunità ha terminato la salmodia, si recitano le preghiere indicate nel rito. Finite queste preghiere, la priora ingiunge alla novizia di seguire fedelmente la vita della cella e le altre osservanze del nostro Ordine; così, nella solitudine e nel silenzio, nella preghiera assidua e nella gioiosa penitenza, la novizia si renderà disponibile solo a Dio. Poi la priora la affida alla maestra delle novizie. (St. 36.5)

monaca e acquasantiera

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 31)

capitolo

CAPITOLO 31

Statuti

1 Ascoltiamo, in questi Statuti, gli insegnamenti dei nostri padri, rinnovati e adattati al nostro tempo; non cessare di meditarli. Non abbandonarli, ed essi ci custodiranno; amali e saranno la nostra sicurezza. Vi troveremo la forma e per così dire il sacramento della santità a cui Dio intende ciascuno di noi. È lo Spirito, però, che dona la vita e ci invita ad andare oltre la lettera. Perché questi Statuti hanno il solo scopo di farci camminare, guidati dal Vangelo, sulla strada che conduce a Dio, e di farci scoprire l’immensità dell’amore. (St. 35.1)
3 Per i punti non specificati negli Statuti, le priore sono libere di fissare la linea da seguire, purché non sia contraria agli Statuti. Ma non vogliamo che in questa occasione, come in qualsiasi altra, le priore cambino sconsideratamente i costumi delle case, quando sono buone e religiose. Tuttavia, le consuetudini domestiche non possono mai prevalere sugli Statuti. (St 35.3)
5 Se tuo fratello ha sbagliato, dice il Signore, va’ a parlargli da solo e mostragli il suo torto. Tuttavia, richiede un’umiltà molto profonda e molto tatto; la correzione sarebbe anche dannosa se non venisse da una carità pura e disinteressata. In cambio, ciascuno di noi deve, in tutta umiltà, desiderare la correzione. Per il resto, sarebbe saggio, in generale, lasciare il compito di ammonimento alla priora, alla subpriora o alla cellaria, che lo assolverà secondo il proprio giudizio e le indicazioni della propria coscienza. (St. 35.5)
7 Le monache avranno un atteggiamento di responsabile obbedienza verso gli Statuti, sottomettendosi non per farsi vedere e per piacere agli uomini, ma con cuore aperto, per rispetto di Dio. Devono sapere che un’esenzione ottenuta senza giusta causa non ha valore. Accoglieranno anche con dolcezza gli insegnamenti e gli avvertimenti dei loro anziani, specialmente della priora che è per loro la rappresentante di Dio, e li metteranno in pratica. Se sbagliano, per debolezza umana, non resisteranno ostinatamente alla correzione, per paura di dare una presa al diavolo; ma piuttosto ritorneranno, per la via difficile dell’obbedienza, al Dio da cui il nostro primo padre si separò per la via facile dell’indolenza. (St 35.7)
8 Alla vista di tutti i benefici che Dio riserva a coloro che Egli chiama nel deserto, rallegriamoci con nostro padre san Bruno: perché abbiamo ricevuto la grazia di raggiungere la tranquillità di un porto nascosto, dove siamo invitati a gustare qualcosa dell’incomparabile splendore del Sommo Bene. Esultiamo dunque per il nostro felice destino e per la munificenza di Dio verso di noi. Rendiamo grazie incessantemente a Dio Padre, che ci ha resi degni di condividere nella luce la sorte dei santi. Amen. (St 35.8)

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 30)

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CAPITOLO 30
Funzione del nostro Ordine nella Chiesa

1 Ciò che la solitudine e il silenzio del deserto portano di utilità e di gioia divina a coloro che li amano, solo chi l’ha sperimentato lo sa; ma non abbiamo scelto questa parte eccellente per essere gli unici a beneficiarne. Abbracciare la vita nascosta non ci fa abbandonare la famiglia umana: assistere solo a Dio è una funzione che dobbiamo svolgere nella Chiesa, dove il visibile è ordinato all’invisibile, l’azione alla contemplazione. (St 34.1)
2 L’unione con Dio, se è vera, non ci chiude in noi stessi, ma al contrario ci apre la mente e dilata il nostro cuore, fino ad abbracciare il mondo intero e il mistero della redenzione per mezzo di Cristo. Separati da tutti, siamo uniti a tutti: e così è in nome di tutti che stiamo alla presenza del Dio vivente. Raggiungere Dio in questo modo, così direttamente e continuamente come la condizione umana lo consente, ci associa in modo speciale alla Beata Vergine Maria, che siamo abituati a chiamare l’impareggiabile Madre dei Certosini. (St 34.2)
3 Rivolti, con la nostra professione, solo a Colui che è, attestiamo davanti a un mondo troppo assorbito dalle realtà della terra che fuori di Lui non c’è Dio. La nostra vita mostra che i beni del cielo sono già presenti quaggiù; è un presagio di risurrezione e un’anticipazione dell’universo rinnovato. (St 34.3)
4 Con la penitenza, infine, partecipiamo all’opera redentrice di Cristo. Ha salvato il genere umano, prigioniero e travolto dal peccato, specialmente con la sua preghiera al Padre e con la sua immolazione; sforzandoci di associarci a questo aspetto più profondo della redenzione, e nonostante la nostra astensione dall’attività visibile, esercitiamo l’apostolato in modo eminente. (St 34.4)
5 A lode di Dio, per il quale è stato appositamente istituito l’Ordine Eremitico della Certosa, offriamo dunque al Signore, nel resto della cella e nell’opera, un culto ininterrotto: così santificati nella verità, saremo quei veri adoratori che il Padre cerca. (St 34,5)

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Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 29)

CAPITOLO 29

La conversione della vita

1 La santa vocazione che i nostri padri ci hanno trasmesso ci impegna su un cammino molto alto: tanto maggiore è il rischio di caderne, forse meno per evidenti deviazioni che per naturale inclinazione dell’abito. Poiché Dio dà la sua grazia agli umili, ricorriamo a lui soprattutto e lottiamo senza posa perché questa vigna del Signore non degeneri. (St 33.1)
2 Il mantenimento del nostro scopo dipende più dalla fedeltà di ciascuno che dall’accumulazione di leggi, da un adattamento di consuetudini, o anche dall’azione delle priore. Non basterebbe obbedirli, né attenersi esattamente alla lettera degli Statuti, se non sapessimo anche lasciarci condurre dallo Spirito per sentire e vivere secondo lo Spirito. La suora, fin dall’inizio della sua nuova esistenza, si ritrova posta in solitudine e lasciata alle proprie scelte. Non è più una bambina, ma un’adulta: quindi non deve lasciarsi sballottare nel vento, ma saper riconoscere ciò che piace a Dio e conformarsi ad esso spontaneamente, attuando, con sobria saggezza, la libertà di una bambina di Dio di cui è responsabile davanti al Signore. Nessuno, però, si fidi del proprio giudizio: perché chi trascura di aprire il suo cuore a una guida sicura corre il rischio, per mancanza di discrezione, di avanzare meno del dovuto, o di sfinirsi per correre troppo, o di cadere addormentato dal trascinamento. (St 33.2)
3 Come potremmo svolgere la nostra funzione nel popolo di Dio come schiere viventi, gradite al Signore, se ci separiamo dal Figlio di Dio che è la Vita e l’Ostia perfetta? Questo è ciò che accadrebbe se ci abbandonassimo alla pigrizia, all’immobilità, alle peregrinazioni della mente, alle chiacchiere vane, alle cure e alle occupazioni futili; o se nella cella l’egoismo ci terrebbe incatenati a miserevoli preoccupazioni. Con cuore semplice e mente purificata, ci sforziamo di fissare i nostri pensieri e i nostri affetti su Dio. Ciascuna, dimenticando se stessa e ciò che ha lasciato, tenda alla meta, al coronamento della vocazione celeste a cui Dio la chiama in Cristo Gesù. (St 33.3)
4 Ma colei che non ama la sorella che vede, come amerà Dio che non vede? Senza rispetto reciproco per le persone, non c’è dialogo fraterno tra gli uomini; noi, dunque, che viviamo nella casa di Dio, dobbiamo prima testimoniare l’amore che viene da Lui: accogliamo con amore le sorelle che condividono la nostra vita; per quanto il loro carattere e la loro forma d’animo siano diversi dai nostri, assicuriamoci di comprenderli con il cuore e con l’intelligenza. Le inimicizie, infatti, i conflitti e altri mali di questo genere, derivano comunemente dal fatto che non si ha riguardo per la persona degli altri. (St 33.4)
5 Guardiamoci da ciò che potrebbe nuocere al bene della pace; più che altro, non parliamo male di nostra sorella. Se sorge un disaccordo in casa tra le monache, o tra loro e la priora, si deve fare di tutto, con umiltà e pazienza, per risolvere il conflitto in spirito di carità, prima di ricorrere ai Visitatori, al Reverendo Padre, o al Capitolo Generale. È meglio che la famiglia del convento assicuri la conservazione della sua pace con gli sforzi concertati di tutti. In tali circostanze, la priora avrà un atteggiamento fraterno e non dominante; se ha torto, lo riconoscerà e si correggerà. (St 33,5)
6 Le priore svolgono un ruolo essenziale nel declino o nel progresso spirituale delle case dell’Ordine; esercitino il servizio dell’esempio, mettendo in pratica prima ciò che insegnano. Dalla loro bocca non dovrebbe uscire nessuna parola che Cristo si sarebbe rifiutato di assumere da solo. Si dedicheranno pienamente alla preghiera, al silenzio e alla vita in cella: così meriteranno la fiducia delle loro sorelle, realizzando con loro una vera comunione nell’amore. Con attenta benevolenza prenderanno coscienza della vita nella cella e delle disposizioni delle loro monache, per poter rimediare fin dall’inizio alle loro tentazioni: perché se queste acquistano forza, il rimedio potrebbe arrivare troppo tardi. (St 33.6)
7 Oggi, soprattutto, dobbiamo stare attenti a non lasciarci plasmare dallo spirito secolare. L’eccessiva ricerca della comodità, la troppa fretta per beneficiarne, sono del tutto contrarie al nostro stato, soprattutto se pensiamo che una novità ne richieda un’altra. Le risorse fornite dalla Provvidenza non sono destinate a fornirci le comodità dell’esistenza. Facile è la strada che conduce a Dio, perché per avanzare lì non è necessario caricare, ma scaricare. Deponiamo così bene il nostro peso che, dopo aver abbandonato tutto e rinunciato a noi stessi, condividiamo la vita dei nostri primi padri. (St 33.7)

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 25)

CAPITOLO 25
Il Vicario e il Coadiutore

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1 Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico sono ordinati l’uno all’altro: poiché entrambi partecipano, ciascuno secondo il proprio modo, all’unico sacerdozio di Cristo. Nella celebrazione dell’Eucaristia, centro e culmine della nostra vita, i sacerdoti che servono la comunità, cioè il vicario e il coadiutore, investiti di sacro potere e agendo nella persona di Cristo, realizzano in mezzo a noi il suo sacrificio; le monache, in virtù del sacerdozio regale che è loro, contribuiscono all’offerta dello stesso sacrificio, in cui la totalità della loro vita si trova ricapitolata e presentata al Padre. Il vicario e il coadiutore sono per noi anche ministri degli altri sacramenti, in particolare della liturgia penitenziale, che pone il sigillo del Signore nella nostra quotidiana opera di conversione. Sono finalmente i testimoni della Parola di Dio.
2 Il loro ruolo nei confronti delle monache è unicamente spirituale e liturgico. Svolgono tutte le funzioni sacerdotali.
3 Il vicario e il coadiutore sono cappellani dei monasteri di monache. Sono nominati dal Capitolo Generale dei monaci o dal Reverendo Padre, e restano soggetti all’autorità dell’Ordine.
4 Una monaca, anche novizia, può legittimamente e validamente confessarsi a qualsiasi sacerdote approvato dall’Ordinario del luogo. Se una monaca desidera un confessore particolare, gli sarà concesso, per quanto possibile. Ricorderemo, però, che la solitudine in cui siamo impegnati a volte porta a una certa povertà anche in questa zona. Ogni comunità avrà un confessore esterno che sarà preferibilmente membro dell’Ordine. Le monache non sono obbligate a presentarsi a lui.
5 Il vicario e il coadiutore avranno ciascuno il proprio confessionale che sarà munito di grata. I confessionali devono essere installati in un luogo facilmente accessibile e sufficientemente discreto. Le confessioni e gli indirizzi spirituali non possono aver luogo nel solito modo in parlatorio o in capitolo.
6 Il vicario e il coadiutore devono dirigere i loro penitenti secondo lo spirito del nostro Ordine di cui saranno imbevuti essi stessi, ma non possono imporsi come direttori di coscienza. I confessori non possono mai imporre o permettere alle suore di fare penitenze corporali.
7 Pur amandole in Cristo, il confessore manterrà il suo rapporto con le monache ad un livello puramente soprannaturale. Farà in modo che i colloqui non si prolunghino e riguardino solo argomenti utili al bene delle anime.
8 Per svolgere al meglio il suo ministero, il confessore sarà molto attento alle differenze della psicologia femminile. Se trascura di informarsi e di controllarsi in tal senso, si espone a commettere errori di giudizio ed a dare consigli mal adattati.
9 È molto importante per la pace e il beneficio spirituale delle comunità non confondere il foro interno con il foro esterno. Il vicario e il coadiutore non devono interferire nel governo, interno o esterno, della comunità, né intervenire nell’amministrazione della casa.
10 Se accade che la priora chieda consiglio al vicario, quest’ultimo non cercherà di imporre la sua volontà, ma dovrà mantenere una prudente riserva. La priora, dal canto suo, conserverà tutta la sua indipendenza di giudizio e di decisione, soprattutto in materia di ammissioni e di rifiuto dei candidati. I confessori eviteranno di esprimere la loro opinione sulle monache, poiché normalmente le conoscono solo attraverso la confessione e la direzione spirituale.

11 I rapporti del vicario e del coadiutore con la priora e gli ufficiali devono essere sempre franchi e leali. Un disaccordo duraturo non mancherebbe di farsi notare e di avere le conseguenze più disastrose. I padri devono sempre sforzarsi di essere artigiani di pace e di unione tra tutti.
12 Il vicario è il superiore immediato del coadiutore e dei fratelli; è da lui che dipendono per l’osservanza e gli devono obbedienza. Ma spetta alla priora o al cellario ordinare il lavoro dei fratelli. (cfr St 31,16)
13 Il vicario si mostrerà gentile e comprensivo verso il coadiutore ed i fratelli, e assicurerà loro le condizioni di un’autentica vita certosina. Pur non godendo del ricordo della clausura, tutti si sforzeranno di vivere il più possibile la loro vocazione di silenzio e solitudine.
14 Il vicario, pur essendo amabile, deve mantenere la necessaria discrezione nei confronti dei parenti delle monache, come nei confronti degli altri visitatori. Nessuna donna dovrebbe essere ammessa nelle celle dei monaci.
15 I membri del vicariato conducono la loro vita di certosini in condizioni particolari e delicate. Saranno desiderosi di dare un esempio di buona comprensione e serenità. In caso di difficoltà, sapranno conservare su di loro un saggio riserbo e sopportarle con amore, ricordando che il loro atteggiamento avrà sempre un impatto pastorale sulla comunità.
16 Cooperatori di Cristo, nostro unico Signore e Maestro, il vicario e il coadiutore si sforzeranno di essere, sul suo esempio, servi delle loro sorelle. La comunità, dal canto suo, sarà attenta a facilitare la loro vita da certosini. Quanto più saranno fedeli a questa vocazione essenziale, tanto più sarà benefica la loro presenza.

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 24)

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CAPITOLO 24
Stabilità

1 La monaca si offre a Dio come perfetta oblazione solo se persevera tutta la vita nel suo proposito: tale è l’impegno che assume, in piena libertà, con la professione solenne. Essendo questo un atto irrevocabile, prima di compierlo si siederà e si chiederà: è davvero determinata a donarsi a Dio per sempre? Di professione, la suora si colloca nella comunità, come nella famiglia che Dio le dona; deve, nel corpo e nella mente, stabilirsi lì permanentemente. (St 30.1)
2 Che dunque ciascuna, una volta consacrata a Dio nello stato di monaca di clausura o di monaca laica, rimanga fedele alla vocazione ricevuta e si sforzi di crescere in essa nella perfezione, per la santità più grande e più grande della Chiesa gloria dell’una e indivisibile Trinità. (St 30.2)
4 Le monache non si persuaderanno facilmente di avere validi motivi per chiedere alle superiori di trasferirle in un’altra casa. Il miraggio di un nuovo ambiente e il richiamo del cambiamento hanno ingannato molti; e non conviene monaca attribuire tanta importanza al clima, al cibo, al carattere della gente, o ad altri particolari di questo genere. (St 30.4)
7 La pazienza e la perseveranza nelle circostanze volute da Dio, sappiamo, promuovono grandemente la contemplazione. È impossibile che l’uomo fissi la sua attenzione sullo stesso oggetto, se prima non ha fissato il suo corpo con perseveranza in un determinato luogo; e la mente deve stare irrevocabilmente su di esso, se vuole avvicinarsi a Colui in cui non c’è né cambiamento né ombra di variazione. (St 30.8)

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 23)

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CAPITOLO 23
Amministrazione temporale


1 I beni affidati alla priora non sono né suoi né degli uomini; appartengono al Cristo povero, ed è a lui che dovrà rendere conto di tutto. Spetta quindi alla priora dirigere i suoi ufficiali ed i loro assistenti nell’amministrazione economica della casa, ed esercitare una prudente amministrazione, davanti a Dio, secondo la sua coscienza, secondo i principi dell’Ordine e le prescrizioni degli Statuti. Sarà cura di evitare ogni spesa ingiustificata. (St 29.1)
2 Quando una priora prende l’incarico, il contabile le presenta una dichiarazione dei principali beni mobili e immobili della casa. Questo documento, controfirmato dalla priora e dai membri del suo consiglio, deve essere conservato in archivio. (St 29.2)
5 Per la sussistenza dei loro monasteri, i nostri primi padri decisero di non fare affidamento su donazioni ricevute occasionalmente, ma di avere, per Dio, stabili rendite annuali. Era inopportuno, pensavano, assumere, sulla base di risorse incerte, certe responsabilità che non potevamo né assolvere né liberarci senza grandi rischi. Inoltre, andare in giro per il mondo a chiedere l’elemosina li inorridiva. (St 29,5)
6 Crediamo, tuttavia, che ci basteranno modeste risorse, con l’aiuto di Dio, se l’ispirazione originaria della nostra vita rimane viva in mezzo a noi, nella sua ricerca di ciò che è umile, povero e sobrio nell’abito, vivendolo, e tutto ciò che è per il nostro uso; infine, se ogni giorno progredisce il distacco dal mondo e l’amore di Dio, per il quale tutto bisogna fare e tutto sostenere. Indubbiamente, le parole del Signore sono rivolte a noi: Non ti preoccupare per il domani, il tuo Padre celeste sa che hai bisogno di tutto questo. Cerca prima il regno di Dio e la sua giustizia. (St 29.6)
14 La casa ha diritto di possedere ciò che è necessario per consentire alla comunità di vivere secondo la nostra vocazione; tuttavia, deve evitare ogni forma di lusso, guadagno smisurato o accaparramento; solo così potremo testimoniare l’autentica povertà. Non basta che le monache siano dipendenti dalle loro superiori nell’uso dei beni; devono, come Cristo, essere veramente poveri il cui tesoro è nei cieli. Non basterebbe liquidare lo sfarzo; bisogna ancora evitare le convenienze eccessive, perché tutto nelle nostre case respiri la semplicità della nostra vocazione. (St 29.14)
16 Avremo edifici sufficienti e adatti al nostro modo di vivere, ma saranno sempre molto semplici. Le nostre case, infatti, non sono monumenti alla vanagloria o all’arte, ma devono testimoniare la povertà evangelica. (St 29.16)
19 Infine rivolgiamo una fervida preghiera a tutte le priore. Nel nome di Gesù Cristo, nostro Dio e Salvatore, che per amore nostro ha dato se stesso interamente sul legno della croce, preghiamo ciascuno di loro di dedicare tutto il proprio cuore a fare abbondanti elemosine secondo i mezzi della sua Casa. Pensiamo che qualsiasi somma sprecata o sconsideratamente trattenuta sarebbe un furto commesso contro i poveri ed i bisogni della Chiesa. Manteniamo così i beni della terra come destinazione comune e prendiamo a modello i primi cristiani, tra i quali nessuno pretendeva di avere nulla di proprio, perché tutto era loro comune. (St 29.19)

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 22)

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CAPITOLO 22

La povertà

1 La suora ha scelto di seguire il Cristo povero per arricchirsi nella sua povertà. Senza sostegno terreno, conta su Dio, e il suo tesoro è in cielo, dove anche il desiderio del suo cuore la chiama. Ai suoi occhi niente è suo: è quindi sempre disposta a mettere nelle mani della priora, quando chiede, tutto ciò che le resta a disposizione. (St 28.1)
2 Le donne che professano i voti solenni non hanno nulla di loro, se non ciò di cui l’Ordine semplicemente concede loro l’uso. Hanno anche rinunciato a chiedere, ricevere, dare o alienare qualsiasi cosa senza permesso. Anche tra di noi, è necessario il permesso per scambiare o ricevere qualsiasi cosa. (St 28.2)
3 I professi di voti temporanei e quelli conferiti conservano la proprietà dei loro beni e la capacità di acquistarli; ma non tengono con sé oggetti personali, non più dei novizi. La maestra delle novizie instillerà soprattutto il distacco dai beni materiali e dalle comodità, e l’amore per la povertà. (St 28.3)
4 Secondo un detto di Guigo, se un parente o un amico manda un vestito o qualche altro dono a un monaco, non è a lui, ma a un altro che viene dato, per evitare l’apparenza di proprietà. Nessuno, quindi, si permetterà di rivendicare un diritto d’uso o altro privilegio sui libri o su qualsiasi altro bene acquisito dall’Ordine grazie ad esso. Al contrario, se le viene concesso il godimento di tali oggetti, lo riceverà con gratitudine, nella convinzione che non le appartengono. Mai, però, una suora dovrebbe avere denaro a sua libera disposizione, né tenerne con sé. (St 28.4)
5 Poiché il Figlio dell’uomo non aveva dove posare il capo, conserviamo nelle nostre celle l’assoluta semplicità e povertà. Assicuriamoci instancabilmente di eliminare ogni superfluo e ogni ricerca, ricorrendo anche volentieri al parere della priora. (St 28,5)
8 Nelle nostre vesti evitiamo ogni raffinatezza e ogni superfluo che sarebbe contrario alla semplicità e alla povertà. I nostri padri non avevano altra cura in questo campo che proteggersi dal freddo e coprirsi decentemente; secondo loro, per i certosini erano perfettamente adatti tessuti o oggetti di uso quotidiano molto grossolano. Manteniamo questo spirito, assicurandoci che i nostri vestiti e la nostra cella siano puliti e decorosi. Tranne in caso di malattia o di viaggio, la nostra biancheria da letto deve essere conforme all’austerità monastica. (St 28.8)
9 Gli strumenti economici sono ammessi solo a coloro che, a giudizio della priora, ne hanno veramente bisogno. L’uso degli strumenti musicali non è conforme alla nostra vocazione. Tuttavia, per imparare la nostra canzone, possiamo ammettere i dispositivi che servono a guidare la voce o a registrarla. Ma radio e televisione sono del tutto esclusi dalle nostre case. (St 28.9)
10 Così grande è la varietà delle condizioni locali che spesso ciò che è necessario in un luogo diventa superfluo altrove, e difficilmente è possibile stabilire una legge valida ovunque e per tutti. Invitiamo piuttosto le priore a provvedere con buona grazia a tutti i bisogni reali delle loro monache secondo i mezzi della casa. Si lascino trascinare dalla carità di Cristo, e non potranno sopportare su questo punto un rimprovero degno, specialmente quello di aver spinto, con eccessiva parsimonia, le loro monache nel vizio della proprietà. Infatti, più la nostra povertà è volontaria, più piacerà al Signore. Ciò che è lodevole non è essere privati ​​delle comodità della vita, ma privarsi di esse. (St 28.10)