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Consegnati a chi ci ama

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Ecco per voi un breve testo di un certosino, che gradisco condividere affinchè lo leggiate e meditate. Abbandoniamoci alle sue considerazioni.

Avendo brevemente evocato il volto delle tre virtù teologali vorrei dirti una parola su qualcosa che mi sembra essere una caratteristica completamente diversa della frase teologica. All’inizio di queste pagine ti dicevo che il suo obiettivo era quello di farci arrivare direttamente a Dio. Questo è ciò che vorrei precisare in maniera più rigorosa. La preghiera teologica ci mette in relazione personale con qualcuno e non con qualcosa: è un vero incontro tra te e il Padre o suo Figlio o il suo Spirito. Non si va più da loro attraverso la mediazione delle idee per quanto sublimi siano o con contemplazioni intellettuali del mistero. La parola di Gesù, che è il fondamento della nostra fede, ci conduce dritti al suo cuore senza alcun intermediario, come quello del Padre o del Consolatore, nella semplicità dell’unità divina.

Hai notato come durante il vangelo di San Giovanni il rimprovero che Gesù continuamente lancia ai Giudei, che non possono o non vogliono credere, è sempre lo stesso? Sono incapaci o diventano incapaci di accoglierlo. Ascoltano le stesse parole dei discepoli, assistono agli stessi segni, sono eredi delle stesse promesse ma stanno lontano da Gesù, non entrano in contatto con lui. Tutto quello che fanno è proiettare su di lui i loro pensieri e le loro teorie invece di vederlo e lasciarsi illuminare fino al profondo del loro cuore. Non credono. Vogliono mantenere una distanza tra le idee che credono di loro proprietà e la realtà del dono di Dio che li costringerebbe a spogliarsi di tutto e aprire i loro cuori alla persona del Figlio.

Questo è più o meno quello che stiamo vivendo anche noi nella misura in cui come gli ebrei ci leghiamo alle cose create che ci danno più sicurezza invece di consegnarci alla Persona divina che non può darci nulla se non a se stessa. E la preghiera teologale non è proprio questo dono di noi stessi, senza limiti né restrizioni, a chi ci ama?

Un certosino

Dialogo con San Bruno 10

6 dialogo

Continuano le domande del GC (il giornalista certosino) poste al nostro amato San Bruno, in questa fantasiosa intervista edita nel libro “Dialogo con San Bruno

Gli ostacoli ed i vantaggi della conversione.

CG – Padre, in Dio tu sai, con assoluta certezza, tutto ciò che riguarda i tuoi figli. Quindi, vorresti indicarmi alcuni di questi ostacoli?

SB – Ogni anima ha i suoi ostacoli personali; tuttavia, ecco alcuni di quelli che tendono ad essere comuni: un amor proprio nascosto che ti acceca e ti fa vedere tutto dal tuo punto di vista; questo ostacolo genera un attaccamento disorganizzato al proprio punto di vista ed è causa di innumerevoli discussioni. E poi anche un certo attaccamento alle creature e l’eccessiva attenzione ad esse riservata. Tutti questi ostacoli si oppongono all’amore del Padre; a quell’amore totale e sincero che Dio esige dal tuo cuore consacrato. È quindi necessario rinunciare a tutto per poter diventare discepolo della Divina Sapienza. Perché solo lei può farti vedere i tuoi errori, scoprire il tuo egoismo e darti la forza per vincere la tua codardia. Sì, sono tante le volte in cui conti sulle tue luci, quando ti affidi alle tue risorse, quando pensi di poter camminare con le tue forze, quando vuoi volare con le tue ali, quando già capisci cosa è la perfezione… Ma La Divina Sapienza dice il contrario: “Devi rinunciare a tutto ciò che credi di avere se vuoi rimanere alla sua scuola per imparare, sotto la guida dello Spirito, la filosofia di Dio, l’unica che dà la vera felicità” (Lettera a Raul). E questa Sapienza richiede, da parte tua, un cuore che si lascia istruire, che vuole ascoltare, che gli sta vicino. Così, il lavoro che presuppone lo sforzo, la rinuncia, la sofferenza, l’abnegazione accettata per la conversione all’amore, diventa fonte di utilità e di dolcezza, di bellezza e di fiducia.

Perciò, caro figlio, è necessario che tu ricominci ogni giorno; che ravvivi quel fuoco iniziale che ti ha spinto nel deserto all’inizio della tua conversione vocazionale. Non stupitevi della mia insistenza, perché è assolutamente necessario riattivare la forza di quegli impegni contratti con Dio, come se ogni giorno fosse il primo e l’ultimo che offri a Dio. Gli anni trascorsi devono essere come una preparazione al nunc coepi, da adesso comincio, perché ogni giorno diventi urgente per camminare verso il Signore e rimanere intimamente uniti a Lui nell’amore.

CG – Che vantaggio ha questo modo di vivere la nostra conversione?

SB – Ecco la principale: porsi in un atteggiamento permanente di dialogo intimo ed esperienziale con Dio. Infatti, ti ha chiamato e ti chiama, e tu rispondi; Egli si è impegnato con te e tu con lui; Lui ti illumina e tu vivi in quella luce; Ti dà la forza, e con essa cammini verso la conversione; Egli ti assiste, e tu progredisci nella purezza del cuore e fai fruttificare il primo dono. È una dipendenza totale che ha voluto instaurare con i suoi figli.

CG – Qual è il ruolo dell’amore in questo compito?

SB – Se qualche volta il motore dell’amore non funziona correttamente, allora devi far funzionare il motore del santo timore di Dio. È stato questo avvertimento che ho rivolto anche al mio amico Raul. Perché, vivendo da figli di Dio ed essendo a Lui consacrato per tutta la vita, la distanza infinita che intercorre tra Lui e te, tra la donazione che gli ha fato e ciò che per indolenza o per incoscienza non riesci a fare, devi muoverti e entrare in te stesso e incoraggiarti ad essere più fedele all’amore promesso. Sì, essere amato da Dio ed essere a Lui consacrato e contare per tutto sulla sua provvidenza deve essere per te uno stimolo potente ad essere generoso nell’amore. Sì, l’amore è la cosa più preziosa che l’uomo abbia. Agli occhi di Dio, questo amore è un tesoro di valore infinito, perché è la risposta che l’Amore infinito dà a se stesso in ognuno di noi. Solo alla luce dell’eternità possiamo comprendere tutta la grandezza di questo amore. Tuttavia, è già lì, nel mondo, che inizia questa comprensione. E il primo grado di questa comprensione è ammettere che vivere d’amore è darsi senza misura e che l’amore esige contraccambio, poiché il miglior corrispettivo dell’amore consiste nel poter amare l’Infinito, il Bene supremo. “Io stesso sarò la tua ricompensa, più grande di quanto si possa calcolare” (Genesi 15,1), disse il Signore ad Abramo.

I tre tipi d’amore

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In questo articolo ecco per voi un testo di un certosino, che ci illustra con semplicità tre tipi d’amore. Leggiamo e meditiamo amici!

Ci resta l’ultima delle virtù teologali, la più grande secondo San Paolo, la carità, l’amore. Lei esercita in tre registri: l’amore per il Signore, l’amore per quello accanto, l’amore verso noi stessi. Questi tre amori non sono uguali ma crescono sulla stessa radice: tutti e tre insieme sono l’immagine dell’amore eterno che unisce il Padre e il Figlio nello Spirito. È lo stesso Spirito che ci è stato dato in Pentecoste che ci permette di amare come amano il Padre e il Figlio.

Questo amore divino ha ovviamente punti in comune con l’amore umano che è un riflesso di Dio nei nostri cuori perché Dio è amore. Qualunque amore vero, qualunque siano i suoi limiti, ci rimanda a Dio anche se spesso lo fa in modo lontano. Ma l’amore divino che ci interessa qui, ancor più della fede e della speranza, è un dono nuovo, uscito direttamente dal cuore di Dio. Non è una tecnica nonostante dobbiamo impararla passo dopo passo per introdurla nella nostra vita reale. Non è una tecnica, è lo stesso impeto che vivono le persone divine e di cui partecipiamo per poter vivere a loro immagine.

La realtà dell’amore in te si riconosce dalla qualità dello sguardo che rivolgi ad una persona; cioè, se non sei capace di condannarla, di non rispettarla, di non ammirarla, vivrai in totale povertà davanti a lei senza trattenere nulla di ciò che puoi. Allo stesso tempo, aspiri a ricevere lo stesso da parte sua non come un diritto che potresti esigere ma come un adempimento del tuo amore.

Non bisogna confondere l’amore teologico con i grandi impulsi passionali che risvegliano gli strati del fondo del cuore o della nostra sensibilità. Non si oppongono necessariamente al vero amore, ma si trovano su un altro livello. La vera carità non finisce in questo mondo o nell’altro. Le grandi passioni assomigliano alle onde del mare, violente, a volte potenti ma mutevoli e che possono dare spazio alla tranquillità assoluta.

Sembra insegnarci l’esperienza che l’amore più difficile da sviluppare nel nostro cuore e soprattutto all’inizio, è l’amore per noi stessi che non ha nulla a che fare con l’egoismo, l’amor proprio o il ripiegamento su se stessi. È un dono dell’Onnipotente che ci arriva perché siamo suoi figli: qualunque siano le miserie che possiamo scoprire in noi stessi quasi non contano accanto a questa divinizzazione. Questo non può che suscitare la nostra ammirazione, gioia, rispetto e amore, nella luce e nella trasparenza. Non smettere mai di prenderti cura di questo amore in te, perché se fosse troppo carente, tutta la comunione con Dio ne soffrirebbe.

Bisogna rileggere il discorso di Gesù nell’ultima cena e la prima lettera di San Giovanni se vogliamo ascoltare ciò che il cuore di Dio ci dice sull’amore per gli altri. Tutti abbiamo la possibilità di praticarlo nella vita quotidiana ma dobbiamo svilupparlo e approfondirlo senza sosta nella preghiera aprendo sempre più il nostro cuore a quello del Padre e del Figlio.

Parlando dell’amore per Dio, arriviamo all’unico fine di queste pagine. Una fine di cui abbiamo ricevuto sin dall’inizio della vita spirituale, ma che non potremo portare alla sua pienezza prima della seconda venuta del Signore quando, nel corpo e nell’anima, nella comunione di tutti i santi, vedremo Dio che ci sarà consegnato e saremo capaci di accoglierlo.

Dialogo con San Bruno 9

6 dialogo

Ancora domanda e risposta tra GC (il giornalista certosino) ed il nostro amato San Bruno (SB), nella originale intervista edita nel libro “Dialogo con San Bruno

Riferimento all’amore che ci incombe.

CG – Padre, vuoi indicarmi dei punti di riferimento di questo amore personale che ci incombe?

SB – Non è raro che, all’inizio della nostra conversione, sentiamo il nostro cuore ardere di un fuoco insolito e sconosciuto, che ci spinge a prendere sul serio la chiamata di Dio, la nostra rinuncia al mondo e il nostro ingresso in monastero per donarci interamente al Signore. Ma capita anche spesso che l’ideale contemplato come meta della vita e verso la cui conquista il monaco si gettò con tutto l’ardore di un nuovo amore si offuschi, si nasconda e ci sembri lontanissimo. Questo è causato dalla realtà di ogni giorno, così uguale, così monotona, così poco importante per i sensi che sono sempre desiderosi di “novità”, di stimoli. È chiaro che, di fronte a questa realtà concreta e ordinaria della vita monastica, può sorgere sulla superficie dell’anima un certo disordine, che prima i recessi profondi del cuore nascondevano sotto forma di amore per il mondo, di attaccamento a certe creature su cui abbiamo fatto affidamento, di inquietudine, insoddisfazione, stanchezza…

È la prova, figlio mio, che l’amore per il Padre non regna ancora in te con dominio indiscutibile e indisturbato; è una manifestazione di uno spirito fuorviato o di uno stato di spirito degenerato; è segno che il tuo amore non è completamente purificato dalle creature; è una dimostrazione che la radice del male non è stata estirpata, in quanto non è stata ancora individuata. Non ignoro che questa situazione può darti tensioni, dolore, sofferenza, scoraggiamento. Cosa fare? Ti dico ciò che ho detto anche a Raul, e con maggior ragione che a lui: «Seguite il consiglio divino, credete nella verità che non può ingannare e che manda a tutti questo salutare invito: «”Venite a Me, voi tutti che siete stanchi e oppressi ed io vi darò riposo”» (Mt 11. 26. Lettera a Raul).

Sì, figlio caro, questa è la migliore risposta e il miglior consiglio per quando ti senti “stanco di lottare durante la notte” della tua conversione e non ne vedi i frutti immediati, senti la fatica del compito e, di fronte a esso, hai l’esperienza della tua impotenza o della tua debolezza. Perché, di fronte alle esigenze della tua conversione, non si tratta più di ogni persona che si purifichi, ma di andare a Gesù, sorgente di ogni purezza, perché ci ama, perché ha promesso di aiutarci e vuole rendere il nostro lavoro più leggero. Se il tuo fardello è pesante per te, vai da Lui e metti il tuo fardello nelle sue mani con la semplicità di un cuore di bambino, di un cuore filiale. Se lo fai, avrai l’esperienza di sentire la tenerezza del suo amore e della sua attenzione su di te. Siate novizi, giovani, anziani che hanno imbiancato il capo al servizio del Signore Gesù, solo da Gesù può venire la vostra salvezza. Di questo Gesù che, nonostante tutti i dolori che ti affliggono, continua a vivere in te e ti spinge verso la fine, di questo Gesù che ti incoraggia nella tua resa e cammina con te, portando il tuo peso. Solo con questo aiuto potrai uscire incolume e vittorioso da questa tentazione, da questo turbine di onde impetuose che cercano di impedirti di raggiungere “il porto nascosto, sicuro e pacifico” che ti aspetta.

Permettimi infine di ricordarti una cosa che conosci molto bene, ma che non dovresti mai dimenticare: l’opera di conversione, l’esperienza del tuo amore, il raggiungimento di quella purezza di cuore di cui abbiamo parlato, è opera di Dio, certo sì, ma è anche, allo stesso tempo, opera tua.

CG – Cosa intendi con questo?

SB – Semplicemente che devi impegnarti il più possibile, non risparmiarti gli sforzi per superare gli ostacoli che ti mettono in pericolo e superare tutti gli ostacoli che ti fanno inciampare. La parte di Dio non viene mai meno! Possa non essere la tua parte che fallisce.

“Non avere niente, ma possedere tutto”

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Questo piccolo estratto dallo scritto di un certosino è venuto come un acuto promemoria della natura dello stretto sentiero verso il Regno – che, pur non permettendo illusioni su noi stessi e sulla nostra povertà, ci conduce al Padre,

Afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e invece possediamo tutto! Come afflitti, eppure sempre allegri; come poveri, eppure arricchendo molti; come non avendo nulla, eppure possedendo ogni cosa!

2 Corinzi 6 10

«Le prove provvidenziali ci rendono sempre più consapevoli della nostra debolezza. Alla fine, comprendiamo che non siamo niente, ma che Dio ci ama nonostante tutto, che si è fatto uomo per entrare in comunione con noi, che la grazia opera in noi e attraverso di noi, la grazia è tutto, non abbiamo diritto di rivendicare come nostro il bene che facciamo, non abbiamo nemmeno la certezza assoluta di credere in Dio, di amare lui o i nostri fratelli. Ogni mattina dobbiamo ricevere tutto di nuovo nella fede. Dio ci crea veramente in ogni momento. Affidiamo il passato alla sua misericordia, dobbiamo svuotare la nostra memoria delle sue presunte ricchezze per trasformarla in un puro movimento verso Dio stesso al di là dei suoi doni. Questo movimento è vissuto in modo unico nella realtà del momento presente, nel nostro conformarci alla volontà del Signore per noi, qui e ora, nella nostra comunione d’amore e nella nostra stretta attenzione a Lui. Qui povertà e semplicità diventano una cosa sola. Per il futuro, ci affidiamo a Dio. Non abbiamo, per così dire, un conto in qualche banca celeste; tutto ciò che abbiamo è la nostra fede nell’amore del Signore, la nostra speranza e il nostro desiderio di amare. Non dobbiamo essere ansiosi di fronte alle esigenze della vera povertà spirituale. Non siamo mai così benestanti come quando non abbiamo niente. Siamo liberi e disponibili per qualsiasi cosa. Il nostro ego, debole com’è, vorrebbe ricoprire la sua nudità con pellicce fatte di cose materiali, beni intellettuali e spirituali. La luce oscura della fede è davvero una luce, e chi vi si abituerà non la abbandonerà per tutta la dolcezza e le consolazioni di un tempo. Che Dio ci protegga dalle nostre virtù! La nostra fede ci permette di scartare questa copertura ingannevole per camminare nella verità lungo la via che non è una via, che conduce al Padre nell’Amore, cioè nello Spirito di Cristo. L’uomo povero trova aperte le porte della morte e passa liberamente nel regno di Dio. Perché se ci spogliamo, è per riscoprire nel nostro cuore l’innocente nudità dell’immagine di Dio e rivestirci così di Cristo. La nostra povertà è la povertà dei figli di Dio, che «non avendo nulla, eppure possiedono tutto» nella speranza e nella fede. Abbiamo ricevuto ‘uno spirito di adozione a figli, in virtù del quale gridiamo: ‘Abbà! Padre!'” Qui c’è abbastanza su cui meditare per mesi…e nutrire sempre la speranza! Un messaggio edificante per la fine di quest’anno ed un’auspicio per il prossimo anno che verrà.

Natale 2022

Natale disegno cartolino

Cari amici lettori di Cartusialover, intendo in questo articolo fare a tutti voi, i miei auguri di Buon Natale affinchè la luce dell’amore proveniente dalla nascita di Nostro Signore raggiunga voi oggi e sempre. 

Ai miei auguri si aggiungano, come di consueto, quelli della comunità certosina di Serra San Bruno….

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Voglio donarvi una sublime omelia di un padre Priore certosino rivolta alla sua comunità monastica nel Natale del 2000. Meditiamo su queste parole semplici ma profonde ed edificanti. Abbandoniamoci alla luce di Nostro Signore!

B U O N   N A T A L E

Ancora una volta, ritroviamo sul cammino della nostra vita la festa del Natale, la celebrazione dell’amore ineffabile del nostro Dio, che fa cose nuove. La luce di Betlemme – dolce e luminosa – risplende su di noi. Oggi la nostra celebrazione ha qualcosa che tocca i cuori in modo particolarmente consolante, perché possiamo ammirare, alla luce di Betlemme, l’onnipotenza divina posta al servizio di un amore infinito per noi uomini.

Celebriamo oggi il dono ineffabile di questo Salvatore, un dono che supera ogni aspettativa: non era necessario che l’onnipotenza si riducesse all’estrema impotenza di un neonato. Dio fatto figlio è un mistero d’amore che supera ogni immaginazione, ogni ragione. La nascita di Dio sulla terra esige da noi uno sguardo semplice e limpido, se vogliamo entrare nella luce di Betlemme con gioia e frutto spirituale.

Cosa ci rivela questa luce di Betlemme? Rivela che l’evento più sublime della storia dell’umanità si svolge in estrema semplicità. Dio aveva tanti altri modi di fare la propria volontà, ma no; sceglierà il più semplice possibile. Una semplicità stupenda, che confonde il nostro orgoglio.

È la luce di Betlemme che ci insegna a leggere lo sviluppo dei piani divini nella nostra vita. Abituati come siamo a cercare le novità e ad apprezzare le cose che fanno spettacolo, non sempre riusciamo a cogliere la preferenza di Dio per le cose semplici e umili. Dio usa il più semplice e ordinario, non il più comodo, né il più brillante.

Un’altra luce da Betlemme: silenzio e solitudine. Dio ha offerto a Maria e Giuseppe silenzio e solitudine, per quale motivo? Non c’era posto per loro nella locanda. Così Maria ha partorito nell’intimità, nella solitudine, come era giusto che Dio nascesse tra gli uomini. Possiamo immaginare Maria calma e serena nelle avversità e conforme ai disegni del Padre.

La povertà è un’altra luce di Betlemme. Trova una povera Madre, un uomo giusto, una coppia santa e ignorata. La luce di Betlemme insegna che il distacco dona serenità al cuore. Il confine tra il necessario e il superfluo non è violato continuamente anche nelle Certose? Non ne abbiamo mai abbastanza. Sempre nuove esigenze. Ma quando si possiedi molto e se ne gode, compaiono disillusione e disagio, ed allo stesso modo, la serenità e la gioia fuggono dal cuore. La luce di Betlemme può chiarire questa confusione che è dannosa per la vita spirituale.

Davanti alla grotta di Betlemme, possiamo e dobbiamo scoprire la bellezza del cammino di Dio verso di noi. In questa visione serena il cuore sarà calmo, l’anima troverà pace e l’intelligenza comprenderà – alla luce di Betlemme – il perché di tante cose che Dio fa o permette. Pace nel cuore, perché la luce di Betlemme insegna che la causa di ciò che non si comprende è sempre l’amore divino.

La serenità di Maria ci serva di conforto e di modello. Celebriamo la Natività del Signore nel silenzio, nel raccoglimento; e così la luce di Betlemme potrà irradiarsi nei nostri cuori. La luce di Betlemme illumini i nostri cuori, cari fratelli!

Gli eventi della vigilia di Natale – dolorosi per i cuori di Maria e Giuseppe – devono essere per noi uno stimolo ad adattarci generosamente ai disegni divini.

Auguro a ciascuno di voi qui presenti di essere sereno nella povertà di Betlemme, felice nell’obbedienza che ci unisce a Gesù, e incoraggiato nella castità che permette al cuore di dilatarsi e di avvicinarsi a Dio e di vivere nella sua intimità, come Maria e Giuseppe.

Indubbiamente è un programma esigente! La luce che emerge dal presepe ci rafforzi, ci consoli nella desolazione ed illumini il cammino.

Zelo per l’Ufficio Divino

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Cari amici, il testo che vi propongo oggi, è stato realizzato da “un certosino“, il quale ha voluto esternare lo zelo con cui impegnarsi per l’Ufficio Divino. Il contenuto ci mostra l’abnegazione e la totale attrazione, verso il tempo dedicato a lodare Dio, questo testo si conclude come una vera e propria preghiera. Davvero sublime!

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Sono in uno stato in cui non ho obbligo più grande di benedire il tuo santo nome, o mio Dio; quanto è felice e glorioso il mio destino in questo mondo! Essere Supremo, che desidera essere adorato in spirito e verità, purifica il mio cuore, perché i miei peccati me lo rendono! Indegno di alzare la mia voce al tuo trono, ma lascia che un peccatore benedica le tue misericordie con tutta l’effusione del suo cuore. Le tue lodi non saranno solo sulle mie labbra; il mio spirito sarà impregnato delle tue infinite perfezioni mentre reciterò i santi Cantici, che mi ricordano la tua potenza e i tuoi benefici. Allontanatevi, pensieri estranei, distrazioni sgradite. Che tutti i poteri della mia anima manifestino la gloria del Creatore sovrano. Possano tutti i miei sensi essere nel ricordo più profondo quando i miei desideri sono offerti al Signore. Se il tempo trascorso con un amico mi sembra molto breve, come potrei trovare troppo lungo il tempo destinato a lodare un Dio così misericordioso nei miei confronti? Felice se potessi morire celebrando l’ufficio; alla sera, al mattino, nel mezzo della giornata, pronuncerò le lodi dell’Altissimo e tu mi ascolterai, Signore, nelle tue misericordie (Sal 54; ). Sosterrò il coro secondo il mio grado di Forza; Interromperò perfino il mio sonno per circondarne i vostri altari: “Media nocte surgebam ad confitendum tibi” PS. 118.

Ti cercherò durante la notte come uno dei tuoi Profeti: “ Anima mea desideravit te in nocte“. Isaia 26.
Che è vantaggioso e onorevole per un solitario; mentre tutte le creature stanno in silenzio, entrare nel tuo santuario per cominciare da questo giorno questa lode continua, che non sarà mai interrotta dalle vicissitudini dei giorni e delle notti. Quanti misfatti commessi nelle tenebre, e di cui tu sei testimone, giudice sovrano di tutti gli uomini, che vede nel loro cuore tutto ciò che accade più segretamente! Che le mie deboli lodi disarmino, se possibile, la tua ira. I Solitari hanno il compito di intercedere per i popoli. Non rispondereste più alla mia vocazione se trascurassi queste sante veglie praticate con tanto affetto da coloro che mi hanno preceduto nella stessa prescrizione; il sonno umilia l’uomo, lo rende simile agli animali; la tua lode ci unisce agli spiriti celesti: “In conspectu angelorum psallam tibi deus meus“. Felice segnale che colui che mi strappa dal torpore e mi richiama, per così dire, alla vita e dall’ombra della morte deve adorare colui che mi ha vegliato nel tempo del mio riposo. Possano queste ore trascorse la notte ai piedi dei tuoi altari aiutarmi a ricucire queste conversazioni che durante il giorno sono state troppo prolungate. Le stelle che irrompono nel firmamento mi portano a lodare colui dal quale ricevono il loro splendore. Riaccendi i miei sensi, o mio Dio, affinché io possa renderti continuamente il culto che è dovuto alla tua suprema grandezza.

zelus

Omelia per l’Immacolata

0 Immacolata con S. Bruno S.Antelmo (Mozzillo 1807)

Per l’odierna celebrazione della Festa della Immacolata Concezione, è mio desiderio offrirvi una profonda Omelia di un Padre Priore certosino pronunciata l’8 dicembre del 1995. Essa è estratta dal libro “Palavras do deserto”.

copertina Palavras do silencio

Omelia Immacolata 1995

L’Arca dell’Alleanza era un simbolo della presenza di Yahweh nel suo popolo eletto e del valore che Dio attribuiva alla sua alleanza. Era anche la manifestazione dell’infinito rispetto che il Popolo doveva avere per la presenza del Dio Altissimo e viverci in essa.

Oggi la Chiesa celebra l’Arca della Nuova ed Eterna Alleanza, e Dio ha voluto per lei una bellezza morale e spirituale molto più grande, incomparabilmente più grande. Riempiendo Maria di grazia e di una prerogativa eccezionale, Dio ha preparato la futura Madre di suo Figlio, fin dal primo momento della sua esistenza, ad essere l’Arca degna e santa della Nuova Alleanza, tutta pura e santa, “ricoperta dell’oro più puro “.

È il senso profondo dell’unico privilegio di cui Dio ha adornato l’anima della Madre del Redentore. Tuttavia, non vorrei soffermarmi su questo aspetto del mistero di Maria. Vorrei piuttosto mettere in primo piano il significato originario del privilegio, quello che riguarda Dio e non la creatura, l’autore della grazia e non il suo destinatario. Perché se Dio ha fatto questa eccezione a favore di Maria, è stato innanzitutto perché Dio merita un’Arca dell’Alleanza degna di sé.

Parlando del privilegio della Beata Vergine, è facile cadere nell’errore di insistere più sulla grazia di Maria che sulla grazia di Dio. L’Immacolata Bellezza di Maria è totalmente e fondamentalmente orientata al rispetto dovuto a Dio. In Maria contempliamo una creatura scelta da Dio e per Dio.

Alla luce dell’attuale Magistero della Chiesa, la categoria fondamentale in cui dobbiamo cercare di comprendere la santità di Maria Immacolata non è quella del privilegio, ma quella della fede. L’anima di Maria Immacolata è stata straordinariamente arricchita dai doni dello Spirito Santo, che sono come i gioielli più preziosi che Dio può elargire all’uomo. Ma perché tutto questo? Perché il ruolo di Maria, la sua vocazione la chiamava al mistero sconcertante del distacco e della totale fedeltà a Dio nel suo cammino di fede.

Anche Maria, come Gesù, imparò l’obbedienza (Eb 5,8). Avanzò in essa, attraverso prove e sofferenze, tanto da poter dire di lei con piena fiducia: non abbiamo una Madre che non possa avere compassione per le nostre debolezze, le nostre stanchezze, le nostre tentazioni; al contrario, lei stessa è stata provata in tutto, a nostra somiglianza, tranne che nel peccato. E qui sta la grandezza di Maria. Niente è stato facile per Maria. Ha dovuto combattere e vincere l’oscurità e la fatica; non era esente dalla lotta o dalla fatica di credere e di camminare.

Infatti, la grandezza spirituale di una creatura davanti a Dio non si misura tanto da ciò che Dio gli dona, quanto da ciò che Dio gli chiede. Infatti, Dio dà in proporzione a quanto chiede o chiederà. E la tua richiesta è un grande dono per noi. E cosa ha chiesto Dio a Maria, per la quale, inoltre, l’ha anche preparata con la sua Immacolata Concezione, se non il sacrificio totale del cuore, l’obbedienza silenziosa al disegno di Dio? Indubbiamente abbiamo qui il fondamento della devozione a Maria Immacolata: la Madre di Gesù era una serva fedele, obbediente, umile. Fedeltà costante, frutto perfetto del suo concepimento senza peccato.

La devozione a Maria Santissima non è contemplazione “angelica”, né sentimento superficiale, ma legame affettivo profondo con quella che abbiamo ricevuto come Madre, ai piedi della Croce, legame radicato nella fede e nella certezza assoluta che Maria Santissima ha portato alla pienezza della perfezione l’ineffabile grazia della sua Immacolata Concezione, nel suo mirabile cammino di fede, obbedienza e fedeltà assoluta al Padre.

Arca Immacolata dell’Eterna Alleanza, prega per noi!

Amen.

Dialogo con San Bruno 8

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Ancora domande del certosino giornalista a San Bruno. Si parla di tentazioni e vi sono diversi riferimenti alla Lettera a Rodolfo il Verde

“Tentazione comune?”

CG – Mi può dire come appare questa tentazione, questo pericolo?

SB – Questa tentazione assume molte forme e presenta una grande varietà di sfumature. Ma la sua essenza è sempre la stessa; mette sempre in gioco la scelta primordiale: l’amore di Dio, da una parte, e l’amore delle creature, dall’altra; la resa totale a Lui, o dispersione per le creature; l’integrità dell’amore per Dio, o un amore condiviso tra molte creature; una vita per Dio, o una vita per il mondo; o, come molto spesso accade, né per il mondo – perché non si può avere il mondo e vivere nel monastero – né per Dio – che si dona totalmente solo a chi si dona tutto a Lui.

C’è sempre stata questa tentazione nel mondo monastico, fin dai primi giorni della sua nascita nel deserto.

CG – Padre, vuoi dirmi come si può risolvere questo problema?

SB – Ognuno di voi deve risolverlo con la stessa procedura che ho indicato a Raul, non appena si rende conto che l’integrità del proprio abbandono o la purezza del proprio amore è minacciata, qualunque sia l’origine o la causa di questo pericolo.

Il tuo amore è per Dio, tutto per Dio, per Dio solo, e tutto nella tua vita deve tendere a quella realizzazione. Come ho detto a Raul, questo è l’unico modo per rispondere a Dio e per “liberarti dai vincoli del grande debito che gli devi”.

Questa è per te la realtà suprema, la grande utilità, il vantaggio supremo: amare soprattutto l’unico BENE, e amarlo con amore assoluto, senza misura, senza condivisione, senza lacune. Questo è, lo ripeto, l’unico modo per risolvere questo problema con la felicità, poiché è l’unica soluzione che ti permetterà di vivere l’amore monastico in tutta la sua purezza.

Ecco perché, in questo momento, posso solo dire a te, come a tutti i tuoi fratelli, ciò che ho detto a Raul in un altro tempo, anche se purtroppo senza alcun frutto per lui: “Tu sai bene con quale promessa sei vincolato e a chi. Onnipotente e tremendo è il Signore, al quale ti sei dato come offerta gradita e accettabile. Non ti è lecito, né è opportuno che tu gli menta… Non ti trattengano le ricchezze corruttibili, né la gloria carezzevole e seducente del mondo” (Lettera a Raul).

È vero che, per te, le ricchezze deperibili del mondo o le seduzioni della sua gloria non saranno più ciò che ti tenta e mette a rischio la tua resa, ma mille altre sciocchezze che, pur essendo pure bagattelle, lasceranno il tuo cuore vuoto e renderanno insensibile un gran bene: la pienezza amorosa della tua oblazione al Signore.

Il solitario si ritrova solo con il suo amore, che non può tradire e al quale deve rimanere fedele. Pertanto, il suo principio guida è questo: l’amore di Cristo, che è venuto a rivelare l’amore che il Padre ha per noi. A questo punto posso ricordarti ciò che ha detto anche Teresa de Jesus sulla santità, l’insigne compatriota di molti di voi: «es un asunto de mucho amor».

Sì, di un amore integrato da quella purezza di cuore tanto apprezzata dalla tradizione monastica; di un amore incessante, come incessante è la tua donazione a Dio e incessante anche la tua conversione dei costumi; di un amore continuo, come continuo ed eterno è l’amore con cui Dio ci ama.

Ma né questa purezza, né questa donazione, questa conversione e questo amore cesseranno di esigere il tuo sforzo personale. Te lo dico per mia esperienza personale.

Sui tempi moderni

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Oggi, cari amici lettori voglio offrirvi un breve testo o meglio una considerazione di un certosino sui tempi moderni.

Essa sembra apparentemente semplice ma al contempo molto profonda sulla quale vi invito a riflettere. Non facciamoci travolgere e stravolgere da questi tempi moderni!

Ho voluto inserire come immagine di questo articolo un disegno del compianto artista serrese Silvano Onda, dal titolo “San Bruno e l’uomo moderno” mi sembrava alquanto pertinente. La immaginaria linea diagonale, che attraversa il disegno dal basso verso l’alto ci evidenzia: il fanciullo, l’uomo moderno (robot), sorretto da San Bruno e la morte. Sono queste le quattro fasi della vita umana per l’artista. Al di sopra di tutto, Dio e la Santissima Trinità visibilmente amareggiato per la triste involuzione umana.

Il fanciullo in basso, triste e pensieroso sembra voler sollecitare l’adulto su questa tematica. Un disegno del 1975 incredibilmente attuale, come ci ricorda il testo che segue.

stelle sette x

“Purtroppo, oggigiorno l’uomo vive in un mondo meccanico e ipertecnologico. I suoi rapporti con la natura sono fortemente degradati perché il lavoro a cui è sottoposto non favorisce il suo sviluppo. Si passa dal lavoro seriale alla distrazione seriale. Non è facile dialogare con gli altri, come non è facile dialogare solo con con Dio. A tal fine, si presume una vera conversione di tutto il nostro essere egoistico e amor proprio.

L’uomo nella preghiera, deve sentire sotto l’azione dello Spirito Santo la gioia di rimanere in Dio. Spesso, sperimenterai la tua totale incapacità di entrare in questo movimento; lascia che la tua preghiera si unisca alla grande preghiera filiale di Cristo, e il Padre ti accoglierà a braccia aperte, ammettendolo nella sua intimità: “Un giorno nei tuoi cortili val piú che mille altrove. Preferisco fermarmi sulla soglia della casa del mio Dio, piuttosto che vivere nella tenda dei peccatori”. (Salmo 84:10)

(un certosino)