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Dom Raphaël Deparis

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Il personaggio di cui voglio oggi parlarvi e Emanuele Deparis, figlio di Emanuele e Marie Anne Sénès. Secondo di cinque fratelli maschi di cui tre diventeranno sacerdoti e quattro sorelle di cui tre diventeranno suore. Nacque il 18 gennaio del 1744 ed a seguito di una profonda educazione religiosa, decise di entrare nella certosa di Villeneuve-lès-Avignon, e di prendere il nome di Raphaël. Dopo aver effettuato la professione solenne, si distinse per le sue virtù e nel 1774 fu nominato Vicario, poi coadiutore nel 1778. Fu successivamente inviato alla certosa di Durbon dove fu nominato nel 1782 priore. Trascorsi alcuni anni, il primo ottobre del 1787, Dom Raphaël fu nominato priore della certosa di La Verne. Partecipò così all’Assemblea del Clero che si riunì il 31 marzo 1789 nella chiesa domenicana di Tolone per eleggere i delegati agli Stati Generali. Ma la rivoluzione che ne verrà fuori sequestrerà i beni del monastero: il 7 giugno 1790 gli ufficiali municipali di Collobrières effettuarono la necessaria perquisizione; il 10 giugno Dom Raphaël dichiarò di voler rimanere nell’Ordine dei Certosini, come la maggior parte dei sedici religiosi presenti, di cui undici padri e cinque fratelli conversi. Ben presto gli edifici ed i terreni della comunità sarebbero stati messi in vendita come beni nazionali ed i poveri monaci furono costretti alla fuga. Dom Raphaël fu uno dei primi a raggiungere l’Italia, dapprima a Pisa nel 1793, poi a Bologna la cui Certosa divenne Casa Generalizia dell’Ordine in sostituzione della Grande Chartreuse, e infine Roma dove fu nominato nel 1801 scrivano del Reverendo Padre Generale, Dom Antoine Vallet, incarico che mantenne fino al 1 giugno 1810. Tornato in Francia, si stabilì presso la famiglia a Marsiglia dove ricevette la dignità di canonico. Il “fascicolo Barthélémy”, nell’archivio diocesano di Fréjus-Toulon, racconta aneddoti edificanti, se non plausibili, sulla sua fine della vita di cui vi allego qualche stralcio.

Dom Raphaël, fu Confessore Straordinario del Convento della Visitazione a Marsiglia. Un giorno ebbe l’ispirazione di andare a dire la Santa Messa nel convento dove si trovava una delle sue sorelle. Era una domenica; la monaca, che doveva recarsi alla santa mensa subito dopo suor Paris, fu assai sorpresa di sentire la santa religiosa che comunicava alla sorella in viatico: “accipe, soror, viaticum corporis”. Oh ! pensò, Dom Paris ha una distrazione. Terminata la messa e detto il ringraziamento, il superiore diede il segnale per il ritiro;tutte le suore obbedirono, solo una rimase al suo posto, nel dirle che era ora di uscire dal coro e andare in refettorio, scorsero un corpo inanimato: suor Paris godeva già della vista del suo Dio (…)

Purtroppo, Dom Paris non tardò a raggiungere la sua virtuosa sorella: gravemente malato, non potendo più alzarsi dal letto, era stato autorizzato dal vescovo de Mazenod, vescovo di Marsiglia, a far dire la messa nella sua stanza. Il sacerdote di Gémenos, suo fratello, aveva appena celebrato il divino sacrificio e dato la comunione al santo religioso certosino: era l’una dopo mezzanotte quando entrò il medico. Ero obbligato, disse quest’ultimo, ad alzarmi per vedere un cliente del quartiere e non volevo passare così vicino senza salutare Dom Paris. Il malato lo ringraziò molto per l’attenzione e le buone cure che gli aveva prestato, poi lo salutò e pregò il fratello di accompagnare il medico alla porta: un fedele fratello converso rimase solo accanto al malato. Non volevo, confessò allora il santo religioso, dare a mio fratello il dolore di vedermi morire: addio, frate Denis. Gli strinse la mano, baciò il suo crocifisso e si addormentò nel Signore. Quella stessa notte, suor Marie Aimée Fajon, della comunità di questo convento di Marsiglia, morta superiora a Grasse, sentì aprirsi una tenda e, svegliandosi di soprassalto, vide passare davanti a lei un certosino che la benedisse e le annunciò il suo addio. Raccontò ciò che le era successo aggiungendo: – In quel momento fui certa: Dom Paris deve essere morto. Questa notizia è stata presto confermata.»

Dom Raphaël, alias Emmanuel Paris morì a Marsiglia il 4 luglio 1819.

Fratello Francisco de Aranda (seconda parte)

Fratello Francisco de Aranda

Donato di Porta Coeli

Aranda

Prosegue il racconto della vita di Francisco de Aranda…

La condizione della donazione differisce in molti punti dallo stato di converso. In effetti, grazie alla loro professione, sono veri religiosi, mentre gli altri non lo saranno mai. Ne consegue che la formazione di quest’ultimo non richiede la stessa cura o la stessa profondità spirituale. Tuttavia, ogni candidato alla donazione è sottoposto a un esame di un anno

Durante questi dodici mesi, che possono essere estesi, per volontà del priore, il principiante donato sperimenta in qualche modo le sue forze psichiche e morali. Iniziato a poco a poco nella vita ordinaria, è presto in grado di vedere se questa esistenza risponde ai suoi gusti, i suoi bisogni e i superiori, dalla sua parte, sono chiamati a parlare con la conoscenza della causa a favore o contro la sua ammissione. Parallelamente a questo lavoro, il novizio ne sta perseguendo uno più importante. Fatto già maestro nelle scienze umane, deve imparare le basi del catechismo religioso, sapere che lo stato e l’abito non ci santificano affatto, se non ci applichiamo per acquisire una grande umiltà di spirito, un sincero amore per l’abiezione, una rinuncia perfetta alla nostra volontà propria, anche in azioni sante. Il nostro aspirante ha avuto la fortuna di cadere nelle mani di un uomo famoso: Dom Bonifácio Ferreri. Quando entrò anche in questa casa, all’età di quarantuno anni, aveva appena emesso i voti, quando il nostro futuro donato debuttò come postulante. Prima di assumere il governo di Porta Coeli, per trasferirsi da lì alla Grande Chartreuse il nuovo Priore fu incaricato, oltre alla gestione della certosa, di dirigere i Fratelli. Basti dire che, non appena è stato investito nell’abito, Francisco Aranda si è dato con tutto il cuore per lavorare, senza mai scendere a compromessi; a chi non piacevano i termini medi, né la lentezza. «Parla, mio venerabile Padre, dice, senza considerare chi sono o da dove vengo. Sono pronto a soffrire. Abituato a seguire i miei capricci e fare, un po ‘più o meno la mia volontà, vai da me, quindi penso che costerà molto, che la sofferenza conta per un’anima che pone la cura del suo futuro in Dio! Quindi ho chiesto tutto ciò che ti piace. Con l’aiuto della grazia, trovami docile da bambino. »Mantenne la parola. L’estrema purezza delle sue intenzioni, la delicatezza della sua coscienza, la cura con cui veglia su tutta la sua condotta, quel ricordo abituale e, così profondo che non riesce a distrarre senza sforzo il suo spirito dalla meditazione mattutina, quella costante generosità in presenza di sacrificio, questo amore di Dio che tende costantemente verso un’unione più intima, tali sono le caratteristiche di questa figura virile. Il tempo non farà altro che evidenziarlo. Un principiante non potrebbe offrire migliori garanzie. Quindi è stato ammesso alla donazione senza il minimo accenno di difficoltà. Da quel giorno, il buon Fratello attraversò una serie di incidenti molto curiosi, di cui avremmo il diritto di essere sorpresi, se non sapessimo che non si è mai allontanato, dal controllo dell’obbedienza. Ecco, inoltre, le linee principali del programma, che ha dovuto presentare, e questo secondo le istruzioni formali inviate dal reverendo padre generale, Guillaume de Raynaud e che sono state rapidamente confermate, in seguito da Dom Bonifácio Ferreri. Sebbene donato, occupava una cella nel chiostro, con la facoltà di uscire, di volta in volta, per aiutare i conversi. Seguì i religiosi del coro e cantò la prima lezione nei giorni festivi. Per poter seguire esattamente le cerimonie, era stato montato un cappuccio nella sua tuta – un’appendice che non esisteva allora per i conversi. Nella mensa, dove si mescolava ai religiosi. a sua volta leggeva. Ammesso alle deliberazioni del capitolo, aveva il diritto di voto. Infine, non è stato escluso dalle ricreazioni o dallo spaziamento. Questo insieme, come si può vedere, costituiva una specie di vita mista, in relazione alla vita del coro religioso e a quella dei conversi: esistenza singolare, è necessario confessare, ma cara e regolata, nei minimi dettagli, dall’autorità superiore. In ogni caso, per quanto ampi siano i suoi privilegi, il caro Fratello non era religioso.

Mancava ciò senza il quale l’anima non può diventare, la “cosa” del Signore, la sua proprietà autentica; assoluta; mancava il sigillo della professione. Questo inaspettato favore arrivò a porre fine, non solo alle sue intime ispirazioni, ma a ciò che avrebbe voluto, se avesse sognato qualcosa di diverso dalla pura e semplice donazione. La cerimonia si è svolta, come di consueto, durante la messa conventuale. Nonostante tutto, nulla è cambiato, né il suo nome né il suo titolo. Solo, era designato più che da questa denominazione generale: il donato, come se fosse l’unico in casa. Ovunque, veniva chiamata il donato di Porta Coeli; perché, – ci siamo affrettati a dirlo, ha acquisito, in breve tempo, una grande notorietà nelle province dell’ordine. Com’è stato? Diciamolo il più brevemente possibile. I tempi furono difficili nei primi anni del XV secolo. La Chiesa divisa dallo scisma stava attraversando una delle crisi più acute della sua storia. C’erano poi due papi, ognuno con i suoi sostenitori, quello di Roma e quello di Avignone. Gli ordini religiosi non potevano non seguire il Pontefice riconosciuto dalla sua nazionalità. I certosini gettati nella corrente erano anche raggruppati sotto l’obbedienza dell’uno o dell’altro, a seconda che fossero francesi o spagnoli, tedeschi o italiani. Bonifácio Ferrer, assolutamente devoto a Benedetto XIII, ancor prima di entrare in Porta Coeli, gli rimase fedele dopo la sua elevazione al Priorato della Grande Chartreuse. Il sovrano Pontefice, che lo conosceva come abile giurista e religioso come marchio, lo chiamò vicino a lui e lo fece suo intimo consigliere, lasciandolo solo di tanto in tanto per tornare al suo posto.

Il reverendo padre avrebbe sacrificato tutto per riprendere il cammino nel deserto, ma era obbligato a obbedire e prolungare la sua permanenza ad Avignone. Non contento di avere di persona il Padre Generale nel suo palazzo, Benedetto XIII gli ordinò di mandare immediatamente il famoso Aranda, aggiungiamo che quest’ultimo era personalmente noto al papa. All’epoca in cui viveva nella corte di Aragona, era stato mandato in missione straordinaria al vicario di Gesù Cristo. Aveva manifestato, in questa circostanza, tanta scienza giuridica e un tal talento premuroso, che Benedetto voleva averlo sotto mano, soprattutto da quando aveva appreso, da Bonifácio Ferreri, i dettagli più edificanti sugli inizi del caro Fratello in carriera monastica. Quest’ultimo, dopo aver ricevuto il messaggio pontificio, ebbe un movimento di sorpresa. «Come, ha detto, il Santo Padre si degna ancora di ricordare il suo povero servitore! E, ora che mi conosce rinchiuso in una certosa, non ha paura di lanciarmi di nuovo nel mare politico, dove, ahimè! Ho sperimentato più di un naufragio. “Basta con le recriminazioni, mio buon fratello” disse il priore. In presenza di un ordine così elevato, oggi devi inchinarti e prendere la strada per la Francia. Dio sia con te! Ti benedico”Il Fratello si ritirò dalla culla della sua vita religiosa, con un cuore oppresso, pronto comunque a tutti i sacrifici, persino a morire lontano dalla cella. Appena arrivati al palazzo dei papi. fu portato negli alloggi di Benedetto XIII, il che lo rese l’ospite migliore e con grande sforzo nascose un sorriso alla vista di quella strana abitudine. Fu stabilita una vera intimità tra loro, molto presto il nuovo diplomatico fu iniziato per molto tempo nei più piccoli segreti del conflitto aperto. L’umile donato, uomo della sua parola, si comportò in quelle circostanze con l’ammirevole abilità che lo distingueva: interamente consegnato a Dio, durante gli esercizi spirituali, tutto consegnato, quando necessario, alla domanda in sospeso. Finché le sessioni del consiglio non lo richiedevano, lo abbandonava alla preghiera e allo studio. Diremo quanto Bonifácio Ferreri e lui erano felici di riunirsi? Che non è stato, ahimè! in solitudine! Quali ore deliziose il padre e il figlio hanno trascorso insieme, parlando sia dei vantaggi della vita contemplativa che di Porta Coeli, sia della tristezza del momento, del disordine della loro esistenza, hanno deciso tuttavia di rispettare fino in fondo la volontà del rappresentante di Gesù Cristo nella persona di Benedetto XIII. Era il 1407. I negoziati, sebbene condotti con entusiasmo da entrambe le parti, non raggiunsero il sindacato così impazientemente atteso da tutto il mondo cattolico. Aranda era ad Avignone da alcuni anni, sospirando per la cella, chiedendosi se non avrebbe dovuto rinunciare a tutto per sempre, quando fu improvvisamente chiamato in Spagna. Il re d’Aragona avanza a grandi passi e morirà senza figli. Ansioso di tagliare gli intrighi degli ambiziosi che stanno già contestando la corona, ignorando gli interessi della nazione, pensa a designare l’uomo di sua scelta, un successore che risponde allo stesso tempo alle speranze del paese. Ma, per paura, per scrupolo, d’altra parte, avendo domande più serie da esaminare, raccolse attorno al letto di morte i suoi migliori consiglieri, tra i quali si rammarica fortemente di non contare il suo fedele Aranda. Non è a Porta Coeli! Dovrebbe chiedere al papa di separarsi da lui? È improbabile che il papa lo permetta. Viene effettuato almeno un tentativo e pochi giorni dopo arriva il Fratello a Barcellona, giusto in tempo per porre una semplice domanda al paziente e prepararlo a lasciare il mondo. «Signore, dice, Vostra Maestà capisce, voglio credervi, tagliare la difficoltà nella giustizia buona e rigorosa o, in altre parole, segnalare all’attenzione degli elettori il candidato più vicino per sangue, della famiglia reale. – Tale è il mio pensiero, tale è la mia volontà, risponde l’uomo morente. – Ti rispetteremo, Signore; puoi credere nel tuo servitore dedicato. ”Successivamente, l’umile religioso si rivolge al campo della coscienza. Senza essere qualificato per esercitare questo tipo di ministero, parla al re del nulla della vita presente e delle meraviglie dell’altro mondo, con un accento di fede che fa scorrere molte lacrime. È il linguaggio autorizzato di un uomo che una volta possedeva le fortune più invidiabili e morì, dodici anni fa, di tutte le cose quaggiù. La persona morente ascolta attentamente queste considerazioni serie e, dopo aver ricevuto gli ultimi sacramenti con piena conoscenza, si addormenta con fiducia sul cuore del Re dei re. Non appena i confidenti del defunto tornarono dal funerale, si ritrovarono obbligati a soddisfare i loro ultimi desideri. Riunirono i tre parlamenti di Aragona, Valencia e Catalogna, composti da arcivescovi, vescovi e dei grandi di ogni regno. Questi, dopo lunghi dibattiti, nominano, a scrutinio segreto, nove deputati che investono con pieni poteri con l’effetto di proclamare il successore al trono. Fare la storia di questo atto solenne ci porterebbe troppo lontano. Basti pensare che tra questi nove commissari vi sono Don Bonifácio Ferreri per il regno di Valencia e Francisco de Aranda per l’Aragona. Nelle notizie precedenti era stato detto che il reverendo padre, con l’accordo di Benedetto XIII, si era ritirato in Spagna e che il capitolo generale era stato presieduto da lui a Valle de Cristo. Ora, leggiamo nella lettera di questo capitolo una nota più o meno simile a questa: “In considerazione dello zelo che Dom (sic) Francisco de Aranda sviluppa al servizio del papato e del nostro ordine, i celebranti diranno della loro intenzione una Messa dello Spirito Santo con la preghiera pretende; le non celebrità reciteranno i sette salmi penitenziali e convertiranno trenta volte Pater noster e Ave Maria. I delegati del parlamento, giustamente orgogliosi del proprio mandato, si sono dotati di tutte le garanzie necessarie per rimuovere, all’ombra, ogni sospetto. Sarebbe quasi un conclave. Aggiungiamo, in tuo onore, che la preghiera ha avuto un ruolo importante durante queste deliberazioni. Dopo otto giorni, il bambino di Castiglia, Don Fernando, fu nominato re d’Aragona, con l’unanimità dei suffragi. C’erano cinque pretendenti. nel paese fu riconosciuto che l’onore di questa soluzione davvero inaspettata proveniva in gran parte dal povero monaco, il cui talento diplomatico era proverbiale. L’Infante di Castiglia si congratulò con lui e, a testimonianza della sua simpatia, lo portò a Saragozza il giorno in cui fece il suo solenne ingresso in questa città (1413). Quasi immediatamente, il re ed il donato andarono a Morella, dove Benedetto XIII li stava aspettando, venendo espressamente a incontrare il sovrano sulle misure da prendere al fine di porre fine allo scisma. A seguito di questa intima conferenza, il papa è andato a presiedere il consiglio di Perpignan, accompagnato dal suo instancabile segretario. Da lì tornarono nel regno di Sicilia, dove rimasero fino all’inizio del 1417. È allora che il caro donato osa, un’ultima volta, chiedere riposo. L’età avanzata circa, settantadue anni, l’austerità dell’ordine praticata con perseverante rigore, varie malattie incurabili hanno reso difficile il suo lavoro, i suoi viaggi ancora più dolorosi. Benedetto XIII, accetta queste ragioni gli consente di tornare alla solitudine, imponendo così, in nome dell’obbedienza, l’obbligo di usare cibi grassi. Per comprendere la felicità degli umili religiosi, si deve aver vissuto quella vita frenetica, diametralmente opposta a quella del chiostro. Lasciamolo nelle gioie della cella e aggiungiamo che quest’anno il 1417 ha visto ristabilire l’unione con l’elezione di Martino VIII e promulgata dal concilio di Costanza. Non appena il Fratello fu consapevole della fine di queste dispendiose controversie, si sottomise rapidamente al legittimo Papa. Non ci si aspettava di meno da lui. Molto di più, scrisse al pontefice una lettera molto ferma, in cui lo esortava a rinunciare e riconoscere il nuovo vescovo di Roma. Benedetto, non volendo sentire nulla, insistette il vecchio donato. Ragioni, preghiere, lacrime, tutto era inutile. Il venerabile settuagenario non ha mai lasciato la casa per gli ultimi vent’anni della sua vita. Ottima preparazione per questa morte! Che felicità per tutti coloro che sono andati a cercarla, che si tratti di un consiglio, che si tratti di una parola di incoraggiamento! Con instancabile bontà, sempre accessibile, rispose ai secolari che si scusavano per aver disturbato i suoi esercizi: “Ma, no, non mi interrompi più del solito; Non smetto mai di pregare ”. In effetti, la carità, costringendolo a disperdersi, non interruppe la sua unione con Dio. Senza essere un regista qualificato, poiché non ha mai voluto ricevere ordini sacri, ha letto molto e la sua memoria è rimasta fedele fino alla fine, ha aggiunto un vero tesoro che, nonostante la sua umiltà, ha arricchito la sua conversazione. Durante il suo prolungato riposo scrisse un buon numero di trattati spirituali, tutti impregnati di unzione e significato pratico. Egli morì l’11 novembre del 1438, terminando una vita esemplare.

Fratello Francisco de Aranda

Fratello Francisco de Aranda

Donato di Porta Coeli

Monument_a_Francesc_d'Aranda,_Terol

Monumento a Francisco de Aranda a Teruel

Ho lasciatio per ultimo questo profilo di vite esemplari di fratelli e donati. Il Fratello Francisco de Aranda è infatti uno speciale donato della certosa di Porta Coeli. La sua vita, oltre ad essere esemplare, è stata abbastanza sui generis, proverò ad illustrarvela. A causa della lunghezza del testo ho ritenuto opportuno dividerlo in due articoli.

È una vita estremamente curiosa quella di questo bravo Fratello che morì all’età di novantadue anni sotto l’umile abito di donato. Venne al mondo nel villaggio di Teruel intorno al 1346. La famiglia di origine era tra le più illustri del paese. La sua prima educazione, diretta al bene, sotto il controllo dei suoi genitori e con l’aiuto di abili maestri, non lasciava a desiderare. Dotato di doni e aggettivi squisiti che donano al giovane tanto fascino, il bambino è diventato un adolescente di grande distinzione, destinato ad avere un ruolo importante nella società. Suo padre lo presentò alla corte, dove lui stesso aveva i suoi ingressi, e lo presentò al re d’Aragona, Pedro IV, persuaso che avrebbe aperto i suoi onori. Francesco vinse presto, il favore del monarca che lo nominò primo cameriere del figlio minore. C’è la morte del sovrano, l’erede della corona ha dovuto inviare un corpo di marina in Sicilia per sopprimere un inizio di insurrezione. Mise il fratello alla testa delle truppe, ma mantenne il brillante scudiero a cui affidò l’educazione del figlio maggiore da bambino. Delicata missione per un giovane di sedici anni! Interamente dedicato al suo compito, il maestro coltivava lo spirito e il cuore del suo studente con sorprendente competenza e maturità, che gli valse più di una volta gli incoraggiamenti dei principi e lo mise in evidenza. Queste due esistenze finirono per crearne una sola, in modo tale da avere punti di contatto. Le giornate sono state condivise tra la vita familiare e le lezioni del tutor. Quest’ultimo, tuttavia, ha avuto la parte migliore. Di notte, le loro stanze erano comunicanti. Ora, una mattina, contrariamente alla sua abitudine, il bambino non rispose alla chiamata. Sorpreso e non ascoltando, Aranda penetra nell’appartamento e trova un cadavere ancora caldo. L’emozione è indescrivibile e trasmessa con il passaparola ai quartieri più remoti della capitale. Immediatamente furono svolte indagini. Gli abitanti del palazzo furono sottoposti a un accurato interrogatorio; Aranda fu particolarmente incalzato di domande. Nonostante ciò, questa tragica morte rimase avvolta nel mistero. Tuttavia, il giovane viene arrestato e, sebbene non vi sia alcun sospetto fondato su di lui, viene imprigionato nella cittadella di Morella. Scuola dura che un giorno dovrebbe metterti in possesso anche del sovrano! Scuola dura, diciamo! In effetti, si può prevedere una svolta più inaspettata e completa? Ieri al vertice delle distinzioni; oggi, in fondo alla scala sociale! Seduto al tavolo di un re ieri; gettato oggi nel fondo di una prigione! Ieri, lusingato dalla massa di favoriti; oggi, posto tra i ranghi dei prigionieri! In quale direzione tende la fortuna di un uomo! A ciò che tende la tua rovina morale! Qui, per uno spirito esperto nelle cose della fede, ci sarebbe una questione di riflessione. Profondamente abbattuto, ma rassegnato, consapevole della sua innocenza, il nostro prigioniero adora, senza capire, le vie della Provvidenza e bacia la mano che lo batte. “Ah! se dice, il mondo è fatto comunque! Promette molto. Cosa dà comunque? La fortuna mi ha sorriso. La mia orgogliosa famiglia mi ha mostrato il futuro con i colori più belli. Quanti miei amici hanno invidiato la mia situazione! Ed ecco questo bellissimo edificio crollato da cima a fondo! Cosa diventerò? Solo tu lo sai, Signore; questo è abbastanza per me. Mi abbandono anima e corpo ai tuoi disegni impenetrabili. Tutto quello che posso promettere, “giuro” è che se mi dai la libertà, il mondo non conta più su di me tra i suoi adoratori. Mi rinchiuderò in un chiostro.

Nel frattempo, re Giovanni I d’Aragona morì improvvisamente per un incidente di caccia (1395). Per mancanza di un erede diretto, suo fratello minore, Martino, un tempo studente di Aranda, salì al trono. Ma, essendo stato trattenuto in Sicilia, Dona Maria, sua moglie, fu proclamata regina dell’Aragona. Riconosciuto per i servizi forniti, una volta, dallo scudiero di Teruel, ne ordina la scarcerazione e lo nomina membro del consiglio privato: una doppia iniziativa che riceve piena approvazione dal sovrano. La riparazione fu completa, soprattutto perché era necessaria. Il rilascio del prigioniero fu un sollievo per tutte le coscienze. Riabilitato nell’opinione e reintegrato in tribunale, Aranda non perderà di vista le riflessioni sensibili suggerite dal suo soggiorno a Morella? Ora che la fortuna gli sorride, il mondo non gli appare, senza dubbio, con colori così cupi. E, in effetti, una voce gli dice: questa voce del mondo che invariabilmente dà la stessa nota: «Tagliare la tua carriera, lanciarti nell’ignoto, lasciare il giusto per l’incerto, è pazzo. Ci hai pensato? E se i certosini ti respingessero? O se non riuscissi a perseverare in questo impegno? La corte sarebbe evidentemente chiusa a te.

Recatosi a Barcellona per la famiglia, convinto del grande progetto che alimenta, un giorno entra in una chiesa, si avvicina a una cappella dedicata a Santa Anna e le sue mani appoggiate sull’altare, rinnova il suo giuramento per rompere con la corte e per finire se stesso nella certosa di Porta Coeli e voler trascorrere il resto dei suoi giorni con l’abito di donato. Ciò accadde nel 1396. Poco dopo, scrive al priore di questa casa, implorandolo di riceverlo come l’ultimo dei suoi figli. Per ottenere la benedizione del cielo su sua richiesta, si impegnò a costruire interamente un chiostro e sette celle a proprie spese. Queste celle sarebbero state fornite da lui e fornite del materiale necessario per le occupazioni dei suoi abitanti. Inoltre, un reddito annuo di cinquanta scudi d’oro, che sarebbe stato consegnato, vicino al Natale, nelle mani del priore, e diretto ai bisogni più urgenti del monastero. La risposta non fu fatta aspettare; era del tutto affermativo. Il lettore estraneo alle cose di religione dirà esiste un singolo convento che non apre tutte le porte a un candidato armato di tali pezzi? Anche se, secondo gli statuti, al priore è vietato, sotto severe sanzioni, di pretendere qualsiasi cosa da un postulante, non gli è tuttavia proibito accettare una donazione mano nella mano. Ritornando al nostro Francisco. Con il suo futuro fissato, poteva solo dire addio ai sovrani. È, secondo lui, il lato delicato della domanda. Il re e la regina, ascoltando questa notizia, non possono evitare un movimento di sorpresa misto a tristezza. dopo trentadue anni che questo coraggioso Aranda entrò in tribunale, tutti i principi lo avevano votato come un affetto quasi fraterno; tutti si sono resi conto dell’idea di vederlo finire in mezzo a loro. Nessuno è più silenzioso del sovrano. Non è sotto gli occhi e, per così dire, nella scuola del tuo precettore, che sei cresciuto e hai imparato le lezioni in cui ti ispiri ogni giorno nella gestione degli interessi del Paese? Quante obiezioni, quante riparazioni affettuose, cadono da questi due cuori infranti e sono confuse nel mezzo di un diluvio di lacrime! E lui rispose con una voce rotta dai singhiozzi: «L’affetto per il tuo augusto popolo, mi è stato concesso per molto tempo. Ciò che ho cercato lì per forza morale, nel corso della mia frequente cattività, solo Dio lo sa. La tua desolazione testimonia la sincerità della tua amicizia; i tuoi gemiti mi spingono nel profondo della mia anima. Solo Dio lo sa. Vuoi allora che resista alla chiamata della grazia? Tutto mi indica la vita del chiostro. Separandomi da te, sono sicuro, per quanto possibile, di adempiere un dovere di coscienza. Se il sacrificio che sto pensando di fare fosse opera della mia volontà, certamente non lo farei. Ma state tranquilli, la separazione non vi sta dimenticando. Al contrario, più apparteniamo a Dio, più apparteniamo a coloro che amiamo quaggiù. Là tutto consegnato alle mie sante occupazioni, vi porterò, ancora di più nel mio cuore. Lontano dalle vanità del mondo, estraneo agli affari, non smetterò di pregare per la conservazione di Vostra Maestà e per la prosperità del regno, – ciò che è più caro in questo mondo. »Crediamo che le cose debbano accadere più o meno così. Ciò che ci rifiutiamo di tradurre è l’emozione che è esplosa da una parte e dall’altra nel momento in cui, con l’ultimo saluto, sono stati scambiati gli ultimi sguardi pieni di lacrime. Aranda aveva cinquantadue anni quando aprì l’ingresso di Porta Coeli Per lui, stava entrando nell’atrio del paradiso. Arrivato al porto, si espande in termini commossi ed esclama: «Che ringraziamento devo darti, Signore, per avermi portato in questa santa dimora! È allora al tuo tabernacolo che i miei giorni passeranno d’ora in poi. È sufficiente, per riconoscere questo favore, offrirti l’offerta della mia povera persona sotto il dominio di São Bruno? Perché dovrei pentirmi di ciò che ho lasciato? Tutto questo non è nulla in confronto a quello che ho trovato, oh mio Dio. ”Ricordiamo, aveva espressamente chiesto di rimanere nella condizione di donato, vale a dire tra i più piccoli della famiglia. Per non parlare del chiostro a cui non ha mai osato appartenere, ha respinto l’idea di unirsi ai conversi. La donazione pura e semplice era il suo sogno. Le sue aspirazioni più intime non salirono più in alto. Lavoratore dell’ultimo minuto, voleva vivere nell’ignoranza, nonostante il fatto che la sua esperienza di vita, la sua educazione, la sua conoscenza lo rendessero adatto a tutte le posizioni. La Provvidenza gli aveva riservato delusioni crudeli.

Continua…..

Fratello Pierre Héron

Fratello Pierre Héron

Professo della Grande Chartreuse

Fratello converso e silenzio

Pierre Héron era il fratello del religioso Denis,morto nella Grande Chartreuse, come  converso, il 13 febbraio 1636. La famiglia ricca e profondamente cattolica viveva a Parigi. Dio, introducendo queste due meravigliose anime nel percorso della consulenza evangelica, ha premiato le virtù patriarcali di questa casa in cui religione e misericordia erano importanti. Senza godere di quella che viene definita una fortuna, i genitori avevano una certa solidità finanziaria, la cui parte migliore è scomparsa quotidianamente, tra i poveri del quartiere. Mentre il padre veniva ceduto alle sue occupazioni per alimentare i suoi modesti soldi, la madre faceva l’ufficio di una sorella di carità. I suoi figli salirono con lei, quelle scale sporche e strette, confinate in queste roccaforti scarsamente ventilate, dove giacciono i diseredati del mondo in cui la fede viene come membri di Gesù Cristo. Il ricordo di queste lezioni austere non è mai svanito dalla memoria dei due fratelli e li ha sostenuti nelle ore critiche dell’adolescenza. Nel frattempo, il più grande dei due è partito per la Grande Chartreuse dove ha trovato, come infermiere, l’opportunità di arrendersi senza riserve, non solo ai religiosi e alle governanti, ma anche a tutti i pazienti che cercavano le sue conoscenze farmaceutiche. Il più giovane, dopo aver soggiornato a Parigi, si spendeva per gli altri. Era troppo penetrato dallo spirito cristiano per non sentirsi bene tra gli umili della famiglia umana. Tutte le sue riserve erano in elemosina. Visitava i poveri e gli ammalati impegnando buona parte del suo tempo. Un gran numero di buone opere sfuggì agli occhi della moltitudine; alcuni, tuttavia – e non ultimo – hanno indicato il giovane coraggioso ad ammirare persone oneste. Durante questo periodo, un’opera stava operando nel profondo della sua anima. Attratto anche dal chiostro, andava spesso in certosa. Questa vivace atmosfera si posò su di lui e riprese il suo zelo. Inoltre, aveva numerosi dettagli riguardanti il regime dei conversi; i suoi genitori erano naturalmente felici e vivevano, per così dire, le vite del loro amato primogenito. Acceso da questi pii rapporti, più che mai sotto pressione per essere coinvolto in questa milizia in cui suo fratello era diventato una figura eccellente, Pierre decide di sistemare tutto in una volta. Ma in anticipo, consulterà il suo precettore. Questo non gli impedisce di seguire suo fratello maggiore. “Solo, dice, se mi ascolterai, sarai tra noi. I tuoi genitori invecchiano; non aumentare il tuo dispiacere. Faranno questo sacrificio, di cui non ho dubbi. Ma quanto saranno consolati di conoscerti alla tua porta, di poterti parlare del passato e del caro assente! ”Il priore stava interpretando inconsapevolmente suo padre e sua madre. Questi, infatti, concordarono sulla stessa linea non appena il figlio parlò di lasciarli. «Lontano da noi il pensiero di contestarti con il buon Dio! Quanto siamo felici di vedere i nostri figli chiamati al tuo servizio! ma non basta aver perso il primo – ti vedremo di più in questo mondo? Lascia che il secondo, almeno dimori vicino a noi! ”E le lacrime scorrevano abbondantemente. “La tua desolazione non è una meraviglia per me”, risponde. Soffro di vederti soffrire. Se decido di allontanarmi, è nel mio interesse. Soggiornare a Parigi, quasi nel mezzo della mia famiglia, avrei ancora un piede nel mondo, e non va bene per un principiante. D’ora in poi, rassegnatevi e sopportate che mi unirò a mio fratello. Devo solo guadagnare vivendo vicino a lui. il padre e la madre che fanno appello alla loro fede si dimettono e il giovane aspirante prende rapidamente la strada della Grande Chartreuse. Mons. Juste Perrot ti dà il benvenuto con gentilezza e attende con impazienza un buon futuro. Molto simili nelle loro caratteristiche, i due fratelli sembrano moralmente fuori dallo stesso stampo. Il più giovane seguirà quindi le orme del più vecchio. Il fratello Pierre sarà la riproduzione esatta del fratello Denys. A rigor di termini, il giovane, decorato con una modesta cultura letteraria, sarebbe stato ammesso tra i religiosi del chiostro. Inizialmente il Reverendo Padre ci aveva pensato. L’opposizione del candidato ha preso tutto il suo desiderio di insistere. Il nuovo arrivato ha mostrato l’emulazione di suo fratello comunque e ovunque, e come lui, sebbene altrove, si ritrova nell’ambiente in cui è cresciuto. È stato responsabile della porta per molti anni ogni giorno, distribuendo aiuti in natura e in beni, che non vanno mai senza un adeguato avvertimento per incoraggiare queste brave persone. Dal modo in cui procede, è facile vedere che non sei più un principiante nell’arte di fare del bene. Il buon fratello fu incaricato per trentotto anni di fare il pane dell’altare. A lungo termine, questo lavoro ha rovinato i suoi occhi e ha finito per per perdere la vista. Ha sopportato questa dura prova con ammirevole pazienza. A tutti coloro che gli hanno rivolto una parola di simpatia, si è accontentato di rispondere, il sorriso sulle labbra: “Il santo nome del Signore sia benedetto! Possa la mia malattia sigillare alla tua gloria! Non voglio nient’altro. ”Una volta un confratello lo rimproverò gentilmente di essere rimasto fermo nonostante la fatica nei suoi occhi:“ Avresti dovuto sospendere quel servizio fin dall’inizio dei primi sintomi del male. “Non l’avrei mai fatto”, ha detto, anche se era sicuro di essere cieco. Non mi lamento. Non vedere la terra aiuta a vedere meglio il cielo ”. In questo completo abbandono nelle mani di Dio, la forza e la gioia della sua vita, l’umile converso ha aggiunto una grande semplicità. Lasciò la vita terrena senza dolore il 25 ottobre 1675.

Fratello Judoque de Migrode

converso disegno

Fratello Judoque de Migrode

Professo della certosa di Bruxelles

Questo buon fratello non era un letterato nel vero senso della parola. Per cos’altro gli sarebbe servito possedere una vasta conoscenza? Il converso, applica parte della sua giornata al lavoro materiale, sarebbe imbarazzato nei suoi movimenti da un corpo di conoscenza puramente scientifico. Ciò non significa che una modesta quantità di conoscenza sia inutile. Ogni giorno alcuni dei nostri fratelli sfruttano al massimo la cultura intellettuale che hanno portato al chiostro. Questi, tuttavia, faranno bene a non tentare affatto di sfruttarlo, perché sarebbero esposti ad andare nella direzione sbagliata.

Ma c’è una scienza che non è vietata a nessuno, è la scienza dei santi. Il più ignorante degli uomini può rivendicarla tanto quanto un maestro di teologia. Solo che questo è sotto il controllo di una direzione saggia, perché anche qui è facile smarrirsi. Da questo punto di vista, Judoque de Migrode ha sottolineato l’ordinario. Lo Spirito Santo gli aveva insegnato meno a penetrare i segreti dell’alta spiritualità che a umiliarsi in ogni momento. Da quando è entrato nella certosa di Scheut, è stato irreprensibile, semplice e docile come un bambino appena nato. Pieno di zelo per i suoi progressi, aspirava alle grazie più eccellenti e fece rapidi progressi nei percorsi spirituali. Era così povero, a causa di questa povertà canonizzata nel Vangelo, che non solo non aveva mai il minimo attaccamento alle cose superflue, ma era felice di perdere ciò che era necessario. Ha approfittato di tutto, stracci e tessuti, con un’abilità che non farebbe male a un sarto di professione. Dopo di ciò, è necessario parlare delle capacità che il caro fratello ha impiegato nelle diverse obbedienze che ha passato successivamente? Inteso nel lavoro, adatto a tutti i mestieri, aveva il dono della prodigalizzazione, di essere per così dire dappertutto contemporaneamente, senza mai correre. Chiunque avesse bisogno di consigli, di aiuto per le mani, lo trovò sollecito, sempre sorridente, felice di dare piacere, custodendo invariabilmente in mezzo a questa continua andirivieni il ricordo della presenza di Dio. Mentre le sue braccia lavoravano, il suo spirito si occupava dello studio della perfezione. Sarebbe andato molto lontano su questa strada se avesse avuto una lunga carriera. Ma sfinito prima del tempo dalla stanchezza e ancor più dal fuoco dell’amore divino, è sceso insensibilmente senza staccarsi dal suo Tutto. “Ah! disse, avrei voluto dare a Dio la mia vita a poco a poco, in dettaglio; Non mi ha dato il tempo. Possa il suo santo nome essere benedetto! ”Queste pia disposizioni sono state cancellate il ventiquattresimo giorno del febbraio 1612. La comunità ha a lungo conservato il ricordo di questo semplice e laborioso fratello, così risoluto e così sicuro di sé.

Fratello Hipolito Raymond

Fratello Hipolito Raymond

Professo di Val San Pietro

Fratello converso

La santità di un umile converso, quasi ignorato, pesa tanto nell’equilibrio di Dio quanto a volte più della santità di un personaggio distinto e di un marchio saggio. Il fratello Raymond, che morì a metà del diciassettesimo secolo, aveva una sua personalità. Certamente non che voleva essere qualcuno; ma la popolarità è arrivata a lui, come i metalli vanno al magnete. Era, in ogni senso della parola, uno di quei buoni israeliti, in cui, come diceva il Salvatore, né malizia né ombra di travestimento. Fece ingresso, da giovane, a Val Saint Pierre, ha condotto una vita pura ed edificante, non cercando Dio in tutte le cose. Reso professo tendeva alla raddoppiata alla perfezione, sfidando sempre lo straordinario. Un religioso interessato a se stesso diventa ridicolo e diventa insopportabile. Semplicità, ancora e sempre semplicità! Incaricato di prendersi cura dei malati, il buon Fratello si dà senza riposo. Dove c’è un dolore da curare, offre i suoi servizi senza calcolare la stanchezza. Questa dedizione assoluta, realizzata senza ulteriori motivi, diventa il suo carattere distintivo. Quando in seguito gli verrà affidato il compito di mantenere la porta con la distribuzione delle elemosine, si dedicherà con diligenza al servizio dei poveri. Lo sfortunato, il piccolo, il vecchio lo troveranno sempre pronto ad ascoltarli e ad aiutarli. Nel giorno del suo funerale, erano tutti lì con le lacrime, dicendo a modo loro che avevano appena perso un vero amico. Dove il fratello Raymond ha consegnato il tesoro della sua carità, è stato con i suoi aspiranti, i donati e i giovani professi che hanno avuto cura della loro esperienza e del loro zelo. Questi doveri, sebbene differissero essenzialmente da quelli del maestro dei novizi, poiché non implicavano né confessione né direzione, non hanno meno importanza capitale. Questo è così vero che anche qui possiamo dire: “Vale tanto l’educatore, tanto vale il discepolo”. Le nuove reclute mantengono invariabilmente il segno del luogo in cui sono state espresse. Quale eccellente impulso per un maestro Fratello, desideroso della perfezione stessa, se, per parlare un linguaggio molto comune, vede i suoi simili solo attraverso il seno sacro del Salvatore! Tale era l’eccellente converso di cui abbiamo parlato. Lo spirito soprannaturale abbondava in lui; era visibilmente visibile nelle sue parole, nelle sue azioni, anche dall’esterno. “Quando mi preoccupo delle sciocchezze, ha detto, mi ritiro nella parte posteriore del mio cuore, ascoltando abbastanza a lungo perché nessuno si accorga della mia ritirata.” Ha mantenuto lo stesso atteggiamento a Mont-Dieu, dove ha trascorso gli ultimi anni del suo la tua vita. Il coraggioso Raymond si era sempre distinto per la profonda devozione a San Giuseppe: ora non si prevedeva che una cappella, eretta di recente in onore del marito di Maria, fosse aperta al culto, ma una benedizione liturgica. Mentre si avvicinava il 19 marzo (1639), il fratello Ippolito chiede umilmente di porre fine a questa formalità. Infatti, e come si crede, il priore benedirà l’oratorio alla vigilia della festa e lì dirà messa il giorno successivo.

Per una ragione o per l’altra, non considera appropriato ignorare la richiesta del Fratello. Quindi cede le sue ripetute istanze. Tutto va secondo il programma. Il 18, il santuario è benedetto e il 19, al mattino, il priore è pronto per salire all’altare. Già, ad eccezione della casula, copriva i suoi paramenti; nient’altro è atteso dalle coincidenze. È proprio il fratello Raymond che dovrebbe portarli. Ma ha impiegato alcuni minuti per confessare nel capitolo; che lo ha ritardato naturalmente. Volendo recuperare il tempo perduto, impone il ritmo e ansima a metà della collina. Lì si prende una pausa e, appena seduto, fa il suo ultimo respiro tra le braccia di un converso che il Priore inquieto, gli aveva appena inviato per incontrarlo. Invano si cerca di riportare il calore su questo corpo spezzato. È troppo tardi Il celebrante, che era disceso, recitò alcune preghiere e si ricompose immediatamente per offrire i santi misteri ai defunti.

Fratello Juan De Nea

Fratello Juan De Nea

Professo di Porta Coeli

2016-08-30

De Nea discendeva da una delle più antiche famiglie del regno di Aragona. I suoi genitori lo iniziarono alla pietà e gli diedero un’educazione degna della sua nascita. Suo padre era di servizio a corte e naturalmente presentò suo figlio. Questo giovane di bell’aspetto, distinto nei modi, aveva conquistato la stima del sovrano, che lo legava alla sua persona con l’idea di offrirgli in seguito un posto nel suo consiglio privato. Il giorno in cui entrò nell’intimità del re, De Nea vide uno dei suoi migliori amici, Tommaso Parentuccelli di Sarzana, figlio di un medico di Lucca in Italia, con il quale era legato dai banchi di scuola. Questi due adolescenti, sebbene di una condizione diversa, avevano moralmente più di un tratto simile, specialmente l’amore per il dovere e un’inflessibile tendenza al bene. Dopo i suoi studi, Sarzana ha dovuto tornare sul sentiero del suo paese. Era da entrambe i lati un vero dispiacere. Al momento del congedo, hanno giurato fedeltà alla vita e alla morte. Inoltre, si sono impegnati solennemente ad aiutarsi reciprocamente in futuro che se uno di loro avrebbe avuto successo nella vita, l’altro probabilmente sarebbe stato meno fortunato a trarre beneficio dalla situazione del proprio amico. Per cementare la loro unione, partecipano alla messa e condividono tra loro il santuario, la partenza dello scopo da parte del celebrante. Le lacrime abbondanti si mescolano con gli ultimi abbracci, le mani sono chiuse e i due amici prendono ciascuno la loro strada. Sembra che De Nea non si riprenda da questo violento scossone. È vero, che il suo lavoro quotidiano strappa i pensieri neri da lui. Ma Dio avvelena per lui la coppa delle gioie umane. Lo sfortunato giovane si distacca gradualmente dagli affetti della terra. Aspiri ardenti per un ideale misterioso lo consuma. Ovunque soffre la tua anima; Non sa come spiegare queste nuove emozioni. Non sarebbe necessario, tuttavia, immaginare che anche nei giorni più belli dei suoi vent’anni, De Nea fosse una vittima di questo mondo in cui veniva applaudito; aveva un cuore troppo nobile, uno spirito troppo alto per vegetare miseramente nelle tane dei piaceri sensibili. Possa la grazia parlare abbastanza forte da sottomettere questo rumore della terra, appartiene solo a Dio. Nello stesso istante, alla luce di una luce molto vivace, i dubbi si dissipano e una calma completa lo invade; la sua decisione è presa. Fortificato dalla decisione del suo direttore, che non dubita più della sua vocazione, il giovane cortigiano esce inaspettatamente e chiederà al priore della certosa di Porta Coeli per l’ammissione alla casa. Siamo nell’anno 1413. Vedere un uomo della sua qualità scendere al livello dei conversi non è un fenomeno così raro che vale la pena commentare. Ma anche se è relativamente volgare, non gli manca la sua originalità e la sua edificazione, perché mostra una profonda umiltà. questa virtù esisteva solidamente ancorata nell’anima del postulante, che non provava repulsione nel mantenersi ovunque nell’ultimo posto. Niente lo spaventava che di solito disorienta, all’inizio, nature spezzate dalla stanchezza e dal lavoro manuale. Penetrato dallo spirito del suo stato, non si è mai vantato delle sue

conoscenze o del suo passato. A prima vista, era preso per un semplice contadino o per un volgare lavoratore. Due cose, tuttavia, lo tradirono: il fuoco del suo sguardo e la purezza della sua dizione. Nonostante i suoi sforzi, non potè mai sbarazzarsi dell’uno o dell’altro, Arrivato alla fine del suo calvario, Fratello Giovanni – questo è ciò che chiameremo da ora in poi – si consacra al Signore con un’emozione che è facile da capire. Si considera il più felice degli uomini e benedice il paradiso di essersi ritirato dalla vita travagliata che stava conducendo a corte. L’abitudine rianima il cuore, e questo cuore ama con tutta la forza che ama Dio, soprattutto. In questo buon fratello, l’amore trasfigura gli affetti della famiglia. I nomi dei loro padri, dei loro sovrani e dei loro amici sono ricordati fedelmente nel loro ricordo, perché non c’è un giorno che non prega per loro. I superiori di Porta Coeli hanno gli occhi su questo fervido converso. Ma, per non esporlo troppo al grande giorno, il priore lo lasciò per alcuni anni nell’andirivieni dell’obbedienza. Diciamo “Vieni e vai”, perché, a differenza dei Fratelli le cui occupazioni sono naturalmente indicate dal loro primo stato di vita, il nuovo traguardo appena arrivato non è stato fissato da nessuna parte. Questo posto, che non farebbe piacere a tutti, ha almeno il vantaggio di rompere la volontà. Per un’anima avida di perfezione, questo vantaggio non è senza prezzo. Don Francisco Maresme, fortemente radicato nel comportamento del fratello di Nea, lo nomina procuratore di casa. Cerchiamo di aggiungere rapidamente che questo titolo non include qui la gestione della tempesta né la direzione spirituale dei conversi. Ma poiché c’erano molti casi pendenti e per cavarsela con onore, ci voleva un uomo che avesse la qualità di difendere gli interessi di Porta Coeli, senza essere accessibile alle influenze esterne. Questo compito lo aveva nella persona dell’ex cortigiano che il re teneva in grande considerazione. De Nea prendeva l’affare nelle sue mani e lo dirigeva con tanta intelligenza, che riuscì senza grandi sforzi di dialettica. Questo successo inaspettato ha fatto risaltare il buon fratello. Precisamente, la certosa di Montalegre , si aspettava una mano ferma che avrebbe consolidato le basi. Questa casa, recentemente fondata e in condizioni deplorevoli, ha minacciato di crollare prima della sua completa conclusione. Dopo aver fatto i primi test a Porta Coeli, il fratello De Nea sembrava essere lo strumento fornito dalla Provvidenza. Questo era almeno il sentimento del capitolo generale (1423) che lo inviava con istruzioni su questo terreno ardente. Questo non poteva essere compreso, tranne che come un vigilante e un controllore. Missione delicata e piena di insidie! Per lui, la cosa principale era attenersi rigorosamente agli ordini della grande Chartreuse. Era quello che faceva con sorprendente destrezza, e fin dall’inizio il luogo primitivo era abbandonato come insufficiente e per certi aspetti malsano. Un altro luogo, con vista sul mare, è stato adottato., Questo proprio dove Montalegre è ambientato oggi. Il nuovo piano ha ricevuto l’approvazione del Padre Generale, l’incontro camminava con passo sotto l’impulso del fratello Giovanni, tanto più che i signori della regione, il re, la regina, il papa stesso ha preso a cuore il capolavoro di Porta Coeli. Nel momento in cui meno pensava, De Nea fu mandata a Roma, dove venivano discussi interessi seri riguardo alla sua casa di professione. Il nostro giureconsulto affrontò queste domande astratte con la sua solita competenza e lasciò la corte pontificia meravigliata della sua conoscenza, e ancor più della sua conoscenza e del suo atteggiamento profondamente religioso.

Ma che fine ha fatto dopo vent’anni il giovane di Sarzana? Ricordiamo la stretta unione dei nostri due studenti. Aveva anche fatto la sua strada, ma con una strada completamente diversa. Impegnata a clericatura, era stato attaccato alla persona del Beato Nicola Albergati certosino, cardinale arcivescovo di Bologna, che aveva affidato la gestione del loro reddito e la direzione del suo personale. È in questa situazione onorevole che il suo vecchio compagno di scuola lo ha incontrato. Se erano felici di vedersi, era ovvio. Chiamato poco dopo per ricevere la successione del suo augusto maestro, il canonico Parentuccelli fece un punto d’onore per seguire le tradizioni del santo certosino. Questo, per premiarlo del suo zelo, sembra che un giorno gli predisse che sarebbe diventato papa, non mancò molto tempo. Questo è quello che successe. L’arcivescovo di Bologna, eletto alla morte di Eugenio IV, prese il nome di papa Niccolò V. Ricordando immediatamente pronunciato l’impegno ai piedi degli altari e cementata da borsa di studio, ha chiamato il Nunzio Converso del regno di Aragona Porta Coeli (28 Maggio 1448), senza tener conto che questo titolo era incompatibile con la sua professione religiosa. A quel tempo tali anomalie non stupivano nessuno, anzi. Ma ancora meglio. A questo primo titolo, il sovrano pontefice si unì a quello del Collezionista della Camera Apostolica. Fare troppo onore al povero detenuto. De Nea era entrato a Montalegre diversi anni fa. Aveva portato il suo lavoro a termine con successo, sostenuto da fiducia e incoraggiamento da Francisco Maresme, priore della Certosa nel 1437.

All’umile converso la gloria di aver innalzato questa splendida casa, che, al momento in cui scriviamo queste righe, è in procinto di essere ripopolata, rimane senza risposta. Fai crescere il paradiso in numero e merito! Nel corso di queste eccitanti peripezie, il santo religioso aveva raggiunto una vecchiaia estrema. Questa vita che ha causato così tanto rumore si spegnerà alla prima occasione. Aveva la sensazione, ed era in grado di comparire davanti al giudice dei vivi e dei morti. C’è solo il tempo di amministrargli il santo viatico e le ultime unzioni. Fortificato dalla visita di Nostro Signore, la sua anima fugge senza sforzo rispondendo alle preghiere di agonia. Era il ventinovesimo giorno di ottobre dell’anno 1459.

Fratello Martin Ramos de Balbas

Fratello Martin Ramos de Balbas

Professo di Miraflores

Fratello calzolaio

Fratello calzolaio

Oggi, ancora la proposta di una vita esemplare di un Fratello certosino.

Questo buon Fratello professo di Miraflores, trascorse quarantadue anni nell’Ordine e diede, dall’inizio alla fine, l’esempio delle più belle virtù. L’obbedienza era forse quella che coltivava più attentamente; quello che gli ha dato anche le maggiori gioie spirituali.

Convinto che l’attaccamento alla propria volontà è il grande ostacolo alle operazioni della grazia, non ha risparmiato nulla al piccolo che poteva padroneggiare di sé. Il giorno in cui attraversò l’ingresso del monastero, si arrese corpo e anima nelle mani del priore. Di questo consegnarsi non si è mai pentio. Tutti hanno visto il modo in cui gli si è comportato con estrema prodigalità al servizio della comunità. In una parola, al segno del procuratore, da un semplice capo di obbedienza, corse a lavorare, senza mai calcolare gli sforzi. Più lui dava, più voleva dare. I suoi giorni migliori erano quelli in cui poteva sacrificarsi di più. Questa abnegazione a volte è diventata il suo tormento. È già noto che il diavolo si traveste in certi momenti come un angelo di luce e che l’amor proprio è estremamente sottile. Gli hanno insegnato che il vecchio riappare sempre dappertutto, anche dopo l’olocausto della sua professione. Tutto ciò mise il povero Fratello in profonda angoscia. Per non parlare di queste prede che irritavano il cuore di Dio, e il pensiero di una infedeltà volontaria che lo turbava. Al minimo dubbio che fosse salito nel suo spirito, sarebbe caduto ai piedi dei suoi superiori. Alcuni ritenevano che fosse più ammirevole che imitativo. “Perché allora, diranno, questa tensione costante? Chi non vede che conduce infallibilmente a screditarsi e può avere le conseguenze più tristi? “Qualunque cosa sia, questa delicatezza è veramente bella e lodevole. Dio vuole che i superiori non devono mai sopprimere altri eccessi! Con l’età arrivarono le malattie. Cinque o sei anni prima della sua morte, una paralisi gli tolse l’uso delle gambe. Non poteva camminare senza supporto. Per vendetta, sarebbe rimasto in ginocchio per ore senza provare alcuna fatica. Ogni mattina ha sentito molte Messe in questa posizione. Era uno stimolante per la sua pietà. Fino alla fine, è stato un partecipante attivo negli uffici conventuali. La vista di questo povero malato, la sua faccia sempre sorridente, il suo cuore strettamente unito a Dio, confortato ed edificato. Si potrebbe vedere il risveglio di uno di questi anacoreti di cui conosciamo le virtù eroiche. Arrivato alla fine del suo viaggio, il valoroso lavoratore ricevette il suo salario e andò a godersi il riposo eterno. Salì al cielo il 23 settembre 1600.

Fratello Pedro Noguez

Fratello Pedro Noguez

Professo di Val de Cristo

Fratelli in lavori agricoli

Ancora una vita esemplare di un Fratello converso

Questo buon Fratello era, nel suo cinquantesimo anno, uno di questi servi assolutamente giusti che, alla fine del proprio viaggio, possono essere orgogliosi di avere, con l’aiuto di Dio, reso fecondo il talento del loro Signore. Eppure le occasioni non mancavano di scendere a compromessi con il dovere di commettere tali infrazioni leggere, di cui il Salvatore affermava che conducevano infallibilmente a gravi faglie, se non a clamorose catastrofi. Proprio come l’anima raggiunge le punte della perfezione a passi, quindi non è un salto che si ribella nel peggiore dei disordini. Pedro Noguez, dopo aver fatto le sue prove come factotum e religioso, era responsabile della vigilanza e della direzione dei mulini situati a breve distanza dal monastero. Una missione delicata tra tutti, è necessario dirlo? Per avere un piede nel chiostro e un altro nel mondo, la testa rivolta agli affari e il cuore costantemente unito a Dio dalla fine sottile dell’anima, c’è una posizione che, il comune mortale, non saprebbe corrispondere, e che l’amato Fratello occupato per trent’anni, con uno zelo superiore elogio, con piena soddisfazione dei suoi superiori e plauso del pubblico, molto esigente a questo riguardo, lo sappiamo tutti. Indubbiamente, un converso in queste condizioni non vive totalmente isolato dalla comunità. Fuori di domenica e nei giorni festivi che lo fanno tornare lì per ventiquattro ore, le necessità più frequenti lo riportano indietro ma non più di quel passaggio. Generalmente, è solo, assistito da alcuni servitori le cui idee, lingua e abitudini contrastano singolarmente con la condotta di un uomo, vincolato dai voti religiosi. E poi c’è questo contatto perpetuo con i secolaristi di ogni condizione e di ogni età, che è comunque pericoloso. È così difficile che la persona non vada fuori controllo, quanto sia facile perdere di vista l’unica cosa necessaria. Lo spirito religioso traboccava in questa bella anima. Nel mondo come nella solitudine, nell’azione come nel riposo, nel rumore della città come nella calma dei mulini, ha mantenuto intatto il ricordo di Dio; ma il suo ricordo era intriso di buona grazia. Non potevamo non ammirare la serietà della sua presentazione, la riserva della sua lingua e, allo stesso tempo, la nota di gioia dei suoi rapporti con la sua comunità. Nell’intimità, era la vita di famiglia. A questi uomini assoldati aveva le sue viscere, sorvegliando la sua salute, prendendosi cura delle anime. Che scuola dolce e fortificante quella di Fratello Noguez! Il devoto converso si era sempre distinto per la sua tenera devozione a Maria e per la sua adorazione dalle undicimila vergini: gli ultimi trenta anni della sua vita non passarono un solo giorno senza affidarsi a queste coraggiose mogli di Cristo. Qual è stato l’oggetto di questa preghiera incessante? Saremmo portati a credere che fosse la grazia di una buona morte. Questo glorioso sciame, infatti, venne a frequentare il servo di Dio nei suoi ultimi istanti e lo scortò al trono del sovrano giudice, che immediatamente gli diede la corona di giustizia. (8 settembre 1591).

Fratello Cristoforo Varga

Fratello Cristoforo Varga

Professo di Val de Cristo

innaffiatura Fratello

Nuovamente un racconto di una vita esemplare di un fratello converso certosino.

Ammesso come postulante nella certosa di Val-de-Cristo, il primo agosto 1649, il fratello Christoforo emise la professione il 15 agosto dell’anno successivo. Nell’intervallo, sono accadute cose che il lettore dedurrà. Adatto a tutti gli uffici, fervido nel lavoro, buono e utile, il giovane postulante dava, da questo punto di vista, piena soddisfazione ai superiori. Ma c’era il rovescio della medaglia. Da una natura calda ed esuberante, viva come la polvere da sparo, Varga avrebbe avuto, in un altro modo, un genio esaltato e in difficoltà. Anche tra i fratelli conversi, la gente pacifica per la maggior parte, venne più di una volta a dimenticare. Fu il primo a lamentarsi per questo, il che non gli impedì di ricadere il giorno dopo, quando non era il giorno stesso. Scoraggiato di fronte alle sue persistenti debolezze, attaccato allo stesso tempo da riluttanti tentazioni, pensò di tornare al mondo, persuaso di non essere fatto per la vita religiosa. Il suo direttore, Francisco Pallas, lo informa formalmente di rimanere, ed insistere. Il buon Varga, per quanto poco socievole, possedeva, una volontà di ferro, ed un cuore d’oro. Non è questa la chiave di una chiamata soprannaturale? Pallas, almeno, era convinto, e poiché aveva a che fare con un uomo sincero,trattenne senza difficoltà il povero novizio. Ben presto capì che stava crescendo. Aveva per istinto il senso religioso. La sua precisione invariabile, la dolcezza della sua obbedienza, l’amore pratico della povertà, la sua devozione alla santa Eucaristia, i fiumi d’acqua che accompagnavano le sue comunioni, la nota dominante della sua pietà, lo collocarono molto presto in primo luogo tra i numerosi conversi di Val-de-Cristo. Nell’aspetto della mortificazione e delle penitenze del corpo, probabilmente sarebbe andato troppo lontano. La prudenza del suo direttore lo mantenne entro i limiti della discrezione. Si impegnò esclusivamente all’opera della sua metamorfosi, così ha amato la preghiera ed i dettagli dell’osservanza. Nel vederlo, d’altra parte, attraverso la casa, docile a tutti gli ordini, felice di rendere servizio, uno avrebbe potuto accusarlo di eccesso di attività. Per non parlare di chi lo ha seguito più da vicino, sarebbe stato difficile bilanciare meglio i ruoli di Marta e Maria. Cos’è questo oltre alla perfezione? Un grave incidente lo ha messo fuori gioco presto. Esaurito in pochi giorni dalle frequenti emorragie e violenti attacchi di febbre, stabilì i suoi conti con Dio e quindi si mise a disposizione della sua santa volontà. C’era intorno al suo povero letto come riflesso di un’eternità beatitudine un odore di santità. Il buon fratello vi entrò il primo marzo dell’anno 1656, raggiungendo serenamente la casa del Padre.