• Translate

  • Follow us

  • Memini, volat irreparabile tempus

    marzo: 2023
    L M M G V S D
     12345
    6789101112
    13141516171819
    20212223242526
    2728293031  
  • Guarda il film online

  • Articoli recenti

  • Pagine

  • Archivi

  • Visita di Benedetto XVI 9 /10 /2011

  • “I solitari di Dio” di Enzo Romeo

  • “Oltre il muro del silenzio”

  • “Mille anni di silenzio”

  • “La casa alla fine del mondo”

  • Live from Grande Chartreuse

  • Inserisci il tuo indirizzo email per seguire questo blog e ricevere notifiche di nuovi messaggi e-mail.

    Unisciti a 657 altri iscritti
  • Disclaimer

    Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001. Rare immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione. L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.


Dom Pedro de Soto y Domecq (2)

La vita monastica

1 pedro

Dom Pedro con Giovanni di Borbone

Prosegue oggi il racconto della storia della conversione di Pedro de Soto y Domecq. Ho terminato lo scorso articolo con l’ingresso, nel novembre del 1947, dell’ormai maturo aristocratico tra le mura della certosa di Miraflores. All’età di quarantacinque anni, egli decide di isolarsi dal mondo e di dedicare il resto dei suoi giorni alla ricerca di Dio, nel silenzio di una cella monastica. Ora proverò a ricostruire la sua nuova vita, quella monastica attraverso alcune testimonianze di alcuni confratelli che lo hanno conosciuto. Cominciò il suo percorso da novizio il 18 marzo del 1948 e successivamente fece la professione temporanea il 25 marzo del 1949 sempre a Miraflores, dove nello stesso giorno del 1953 fece la professione dei voti solenni. A seguire fu nominato diacono il 19 settembre del 1953, ed ordinato sacerdote il 13 marzo del 1954. Celebrò la sua prima messa il 15 marzo 1954, all’età di 51 anni. Poco dopo, il 22 maggio del 1955, fu nominato procuratore. Nel Capitolo Generale del 1963, fu nominato primo priore della certosa portoghese di Scala Coeli ad Évora.
Vari sono gli aneddoti raccolti sulla sua lunga vita claustrale, del primo periodo, un suo confratello ci narra che durante il noviziato il suo Maestro, per testare la sua vocazione fu molto rigido nei suoi confronti. Un giorno di ritorno dallo spaziamento settimanale, Pedro aveva i piedi insanguinati a causa delle calzature (fatte dagli stessi monaci artigianalmente e senza differenza fra il piede destro o sinistro!), egli dunque chiese umilmente al Padre Maestro di essere fornito di scarpe più comode per evitare questo inconveniente, ma gli fu risposto con tracotanza: «Perché sei venuto in Certosa, per vivere da gentiluomo o per fare penitenza?».
I suoi primi anni in clausura furono quasi eroici, egli che conosceva gli agi di una vita da ricco, dovette patire il freddo, la fame e le condizioni di vita spartana ed austera.
Ma piano piano egli si integrò al punto di essere nominato procuratore, ed in quella veste mostrò tutte le sue capacità.
In quegli anni la certosa di Miraflores aveva poche risorse economiche, ne aveva soltanto per arrivare fino a maggio, il resto dell’anno era sovvenzionata dalla Grande Chartreuse. Dom Pedro decise di inventarsi qualcosa per risollevare le sorti economiche del monastero, e quindi aprì un enorme allevamento di polli, pare fossero undicimila!
Con la sua oculata amministrazione, qualche anno dopo, la certosa divenne autosufficiente. Si distinse anche per aver formato oltre venti Fratelli conversi, indirizzandoli al meglio nella vita monastica.
Ormai, aveva fatto tanta esperienza ed aveva attirato a se le attenzioni dei superiori, fu così che nel 1963 fu nominato primo priore della nuova fondazione certosina in Portogallo, Santa Maria Scala Coeli a Évora.
Chiamò subito come collaboratori due giovani di Miraflores: un asturiano che aveva studiato medicina veterinaria, per aiutarlo a creare un pollaio ed un caseificio, e l’altro per aiutarlo a gestire la comunità come suo vicario.

Per questa nascente certosa, Dom Pedro impiantò un pollaio per ottomila volatili, inoltre costituì una mandria di vacche di razza Charolaise che divenne la migliore della Penisola, con il miglior stallone Charolaise del mondo, una medaglia d’oro! Grazie al suo ingegno, ideò la prima diga costruita alla periferia di Évora. Si narra che Vasco Maria Eugénio de Almeida, Conde de Vill’Alva, ovvero colui che donò i terreni ai certosini, ebbe a dire: “Padre, sono un ingegnere agricolo, sono il proprietario e sono cresciuto qui, non mi è mai venuto in mente di realizzare questo, ed un monaco viene a migliorare la mia fattoria, sono incredulo” e Dom Pedro gli rispose candidamente: “La preghiera dovrà pur avere qualche utilità“.

mandria

giornale medaglia d'oro

Dom Pedro benedice acque per diga
La principale preoccupazione e occupazione di Dom Pedro era il noviziato, poichè voleva contribuire a far rifiorire Scala Coeli. Dei sei certosini portoghesi professi o donati, cinque furono da lui ammessi e formati. Successivamente l’Ordine spostò il noviziato a Miraflores.
Come avrete capito il suo lavoro fu incessante, e soprattutto far sviluppare una nuova certosa in ogni suo aspetto lo provò molto nel fisico. Inoltre la sua insufficienza tiroidea appesantiva tale condizione, i suoi confratelli narrano che era corpulento ed aveva le palpebre gonfie a causa di questa malattia.

Per tale motivo, chiese misericordia, che gli fu concessa il 3 luglio del 1972, e che lo portò a ritirarsi a Porta Coeli, a Valencia, dove morì di cancro il 28 agosto del 1980.

firma
Questi due miei articoli sono volti alla memoria di un uomo, che stravolto dagli urti della vita ha saputo non abbandonarsi alla confusione ed alla propria dissoluzione, ma dopo aver incontrato Dio nel dolore, ha voluto dedicare per ben trentatré anni la sua esistenza alla gloria di Dio tra le mura certosine.
Vada una prece alla sua memoria.

Pubblicità

Una preghiera per le vocazioni

229313729_859046695036994_6317923271930006009_n

Nell’articolo di oggi, voglio proporvi una intensa preghiera concepita da “una certosina“. La sua invocazione si rivolge a Dio e chiede, per intercessione di San Bruno protezioni delle comunità certosine e di ogni singolo monaco.

Uniamoci in preghiera condividendo l’intento di pregare per le vocazioni certosine, indispensabili nell’epoca che stiamo vivendo,

statbn

Dio Eterno Onnipotente
Prepara una dimora in cielo per quelli
che ti amano e rinunciano alle promesse del mondo.
Hai mandato in solitudine il nostro santo padre Bruno per servirti.
Seguendo il suo esempio, innumerevoli uomini e donne sono entrati nelle Certose per seguire Gesù di Nazaret, nascosto al mondo.
Ti chiediamo umilmente:
Per intercessione di san Bruno, Padre dell’Ordine, che i membri dell’Ordine certosino adempiano i loro voti, affinché avanzino nella vocazione che Tu hai posto nei loro cuori, non confondendosi, e raggiungendo sani e salvi la loro meta, perché

Ciò che nessun occhio ha visto e nessun orecchio ha udito, tu hai preparato per coloro che ti amano”.
O Padre amorevole, San Bruno, prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte!
Amen.

Testimonianza da Reillanne

monaca certosina cartoon

Molte sono le testimonianze di esperienze fatte in certosa, che mi giungono e che io pubblico al fine di divulgarle a tutti i lettori di Cartusialover, consapevole di farne cosa gradita. Ecco per voi amici una inedita testimonianza, di una aspirante monaca certosina. Ovviamente per rispettare la sua volontà le sue dichiarazioni resteranno anonime, posso solo aggiungervi che trattasi di una donna proveniente dagli Stati Uniti.

statbn

Recentemente sono stata a Reillanne per quasi tre mesi, per un ritiro di discernimento vocazionale. Il ritiro di discernimento di solito non è così lungo, ma mi hanno invitato per un tempo più lungo, poiché sono stata in noviziato in altre due comunità e avrei bisogno di tempo per adattarmi a un carisma diverso e anche perché venivo da un altro continente e non volevo essere in grado di venire per più ritiri più brevi. Venendo così a lungo, ho anche potuto vivere la vita di una suora di clausura per circa un mese e la vita di una suora conversa per oltre un mese. Ecco alcune riflessioni della mia esperienza.

certosa Reillanne

La partenza

“Perché il Signore tuo Dio sta per farti entrare in un paese fertile: paese di torrenti, di fonti e di acque sotterranee che scaturiscono nella pianura e sulla montagna; paese di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; paese di ulivi, di olio e di miele; paese dove non mangerai con scarsità il pane, dove non ti mancherà nulla” (Dt 8:7-9a). Questo versetto faceva parte della lettura della Messa nel mio ultimo giorno intero a Reillanne, e penso che si ricolleghi alla mia esperienza. Ho contattato per la prima volta le certosine a metà agosto 2021. Quando mi hanno invitato a fare una visita, ho deciso che dovevo andare in fretta, nel caso in cui il confine si chiudesse di nuovo a causa della pandemia. Però penso che lo Spirito Santo abbia usato la pandemia per portarmi lì, perché avevo così tanta trepidazione prima di partire che forse me ne sarei convinta, se ci avessi pensato più a lungo. Avevo così paura delle pratiche ascetiche che quando sono arrivata a Parigi, mi sono fermata alla Basilica del Sacre Coeur e ho detto: “Signore, sono venuta in Francia per soffrire per te“. Io, come immagino molti altri, immaginavo che ci sarebbe molta sofferenza fisica dall’ascesi.

Le impressioni delle pratiche della vita ascetica…

Certamente la penitenza fa parte della vita certosina, ma quelle cose vengono introdotte gradualmente, e le cose che più temevo non erano realtà. Ad esempio, avevo così paura del freddo che la maggior parte dello spazio nella mia valigia era occupato da calzini di lana ed indumenti intimi lunghi e termici per tenermi al caldo, soprattutto di notte. La realtà, però, era che le suore, nella loro carità, erano così preoccupate per il mio freddo, che mi hanno messo così tante coperte sul letto che mi sono svegliata sentendomi accaldata, anche senza usare tutte le coperte! Certo, c’erano volte in cui avevo freddo, se non ero avvolta correttamente o mi trovavo in una zona senza calore, ma il Signore mi aveva preparato il corpo e l’anima anche per quello. (A causa della pandemia, la mia parrocchia ha celebrato la messa all’aperto l’anno scorso, anche quando era intorno ai -15°C.) Il freddo certosino è molto più caldo di quello. Avevo anche paura di avere sempre fame. La realtà era che le sorelle non volevano che avessi fame; Avevo troppo da mangiare e ho dovuto chiederle più volte di non darmi così tanto. È davvero una terra dove scorre latte e miele e non mi mancava davvero nulla. Nel corso degli anni, le monache hanno imparato che i loro corpi non sono costruiti per le stesse pratiche penitenziali dei monaci. Ad esempio, molto presto, le suore hanno scoperto che avevano bisogno di fare un po’ di colazione. A Reillanne mangiano pane e una bevanda calda a colazione. Almeno durante il noviziato le monache hanno anche più di pane e acqua il venerdì. Le suore sono rimaste senza latte, yogurt e formaggio per circa una settimana prima del Natale. Penso che sia simile prima della Pasqua. Però al Padre Vicario (il monaco certosino che vi è cappellano), non è stato permesso di avere quelle cose per tutto l’Avvento. Avevo anche visto le immagini dei monaci con le stufe a legna nelle loro celle. Ero preoccupata per questo perché sono stata in un eremo un’anno e mezzo fa, quando c’erano circa -15°C, con una stufa a legna, e l’ho trovato un po’ travolgente e non ero sicura di avere la forza per tagliare la legna. Alla fine, non conosco le altre località delle suore, ma a Reillanne hanno i radiatori elettrici. La maestra delle novizie mi ha detto che mentre il loro digiuno è più leggero di quello dei monaci, la loro pratica ascetica primaria è la solitudine.

Altre impressioni spirituali…

Ho menzionato prima le cose pratiche perché quelle erano le cose che mi preoccupavano di più prima di partire. Tuttavia la vocazione è certamente molto più e molto più profonda di queste cose: sono stata davvero toccata da alcune cose che Padre Andre Ravier, SJ, ha scritto della vita certosina nel suo libro “L’Approche de Dieu par le Silence de Solitude“, che si traduce come “L’approccio di Dio attraverso il silenzio della solitudine”. Padre Ravier dice che la vocazione certosina trascende la Certosa. È una chiamata all’amore puro in una vita tutta dedicata ad amare Cristo, a riprodurre la vita interiore di Cristo e a prolungare la preghiera di Cristo, la sua adorazione, la sua offerta filiale, il suo amore per il Padre, nel segreto della solitudine ( pag 48-49, 51). Sebbene gran parte della vocazione certosina sia vissuta in solitudine, non è solo per la salvezza degli stessi certosini. Invece, Padre Ravier ha citato Papa Pio XI il quale ha affermato che si tratta di un apostolato nascosto e silenzioso (p. 52) e che i certosini contribuiscono alla salvezza della Chiesa in modo tale che senza le loro preghiere e penitenze, gli operatori nel campo dell’evangelizzazione darebbero poco frutto ( pag. 47). Perciò ho appreso che la vocazione certosina è anche quella di essere missionaria, così come santa Teresa di Lisieux, lei stessa patrona dei missionari, è stata chiamata ad essere missionaria.

La conclusione…

Nel complesso, ho davvero trovato la mia esperienza a Reillanne un momento gioioso per incontrare il Signore. Lui è così buono e ha chiarito esperienze che non avevo capito nel corso degli anni e ha mostrato come mi ha condotto a questo punto. Come nella vita spirituale in generale, ci sono momenti più facili e altri più difficili. Tuttavia, coloro che mi hanno aiutato con la formazione a Reillanne sono stati molto disponibili e attenti nell’aiutare nei momenti più difficili. Non vedo l’ora di tornarci presto, ma questa volta come postulante, piuttosto che solo per ritiro.

Grazie

a questa amica che ha voluto concedermi questa prezioso testo nutro la certezza che essa rappresenti un valido contributo per tutti coloro che sono attratti dalla ricerca di Dio all’interno di una certosa.

Possa san Bruno illuminare il prosieguo del cammino di questa giovane aspirante monaca certosina.

Ed ora per voi…un breve estratto dal film “Una vita in certosa

 

Dalla speleologia alla certosa 2

ff

Continua l’intervista al giovane spagnolo Joaquin, che ha deciso di fare ingresso in certosa, a Porta Coeli.

Sei consapevole che in un certo senso è morire al mondo per nascere a Dio?

Completamente, l’unico modo per poter vivere da eremita e separato dal mondo è fare questo passo. Non è una rinuncia violenta come rifiuto del mondo, ma una completa infatuazione di Dio. Se si sente la chiamata di Dio e del suo amore, nella sua scala di valori diventa la prima cosa e tutto diventa molto sopportabile, nonostante la durezza della vita nel chiostro, la rassegnazione della famiglia e degli amici, dei viaggi, degli hobby. .. Se uno è innamorato di Dio, sa che in questa vita gli darà il centuplo e soprattutto la promessa della vita eterna, che è ciò che conta davvero. Se uno è molto unito a Dio, il resto è totalmente irrilevante e va su un piano molto secondario.

Fino a che punto questo ritiro dal mondo fa sparire tanti ostacoli sulla via della santità?

Allontanandosi davvero dal rumore del mondo, dalla secolarizzazione attuale… in un clima di raccoglimento, di silenzio, è più facile avvicinarsi a Dio, avere momenti di intimità molto più intensi ed essere in un presenza di Dio, senza preoccupazioni materiali, senza impegni mondani.

Comunque è una vita oggettivamente molto dura, di tanta preghiera e sacrificio, lavoro manuale ecc…

Esatto, ma se credi che Dio ti chiama a lodarlo, a pregare, a chiedere per il mondo… l’ascesi è necessaria e offrendo tutta la tua vita, tutta la tua volontà ha per Dio un valore molto grande. Se si cerca la santità, è il modo migliore per aiutare la Chiesa e salvare le anime, avendo come riferimento lo stesso Cristo che ha dato se stesso donando la sua vita per redimerci dal peccato e salvarci. Il certosino si ritirava in solitudine, ad una vita dura e di rinuncia, per avere quella pienezza in Dio.

Perché la gioia interiore di vivere uniti a Dio non deve necessariamente essere accompagnata da una gioia sensibile?

Quando una persona lascia tutto, per una vita di sacrificio, di penitenza… ha pochissime gioie sensibili, lontane dalla società del benessere, ma è più propenso all’ascolto di Dio attraverso il silenzio interiore e il silenzio esteriore, che sono molto importanti, soprattutto quello interno. Quando sei molto unito a Dio, Lui stesso ti dà una sorta di compenso spirituale e di gioie interiori essendo unito a Lui. Non si può vivere di queste consolazioni, ma di fede, che è ciò che fa realmente la tua volontà unita a Dio, a prescindere di consolazione o desolazione. Ci possono essere momenti di difficoltà nella propria vocazione, dove bisogna avere la convinzione di perseverare nelle lotte interiori. Preghi molto e ti sacrifichi, ma a volte non vedi i frutti, devi vivere per fede. Dio opera attraverso l’umiltà, il distacco, la dedizione… Dio, di fronte all’umiltà e alla fiducia dei santi, opera meraviglie in loro.

Cosa diresti a un giovane che sta valutando una vocazione alla vita religiosa?

Che è una decisione che deve nascere da dentro, nessuno deve convincerti, sei tu che devi fare il passo. Se cerchi con rettitudine di intenzione di seguire la volontà di Dio se ti chiama alla vita religiosa, hai tutte le opzioni per essere felice. Se cerchi sempre la volontà di Dio, Lui ti ripaga con quella felicità che tutti desideriamo. A volte non è facile discernere la chiamata, ma devi essere coraggioso per osare per cercare di sapere se Dio ti chiama davvero. La vita religiosa è condizionata dall’obbedienza, dal rinnegare se stessi, che è l’esatto contrario del mondo moderno.

Ho pubblicato questa intervista affinchè possa essere di aiuto ed orientamento per tutti coloro che hanno esitazioni e perplessità sulla vita monastica. A Joaquin, vadano le mie e le vostre preghiere.

san Bruno

san Bruno

Dalla speleologia alla certosa

Joaquin

Dalla Spagna, ci giunge questa interessante intervista a Joaquin un giovane che ha deciso recentemente di abbracciare la vita monastica certosina ed entrare nella certosa di Porta Coeli a Valencia. Ha chiesto ad amici e parenti preghiere nascondendo fino all’ultimo il suo intento, portando avanti la sua vocazione in silenzio. La passione per la speleologia e per la montagna hanno contribuito a temprarlo alla solitudine ed al silenzio. La Provvidenza gli ha donato la vocazione, e come si evince dalle risposte date ad un amico che lo ha intervistato, si avvia con grazia verso questa nuova vita volta all’incontro con Dio. Vi invito a pregare per lui ed a chiedere a San Bruno di illuminare il suo nuovo cammino.

Le dieci domande le ho divise in due articoli, oggi le prime cinque a seguire le restanti.

Come è nato nella tua vita il desiderio di consacrarti a Dio come religioso?

Non è stata una scoperta improvvisa, è stato qualcosa di graduale che ho visto nella preghiera, parlando con il direttore spirituale o con amici sacerdoti. È stata una scoperta progressiva dopo un’intuizione o un’inclinazione a un tipo di vita. Non c’è un tempo preciso. Vedendo i mali che esistono in questa società, hai più ragioni per donarti completamente a Dio, contando sempre sulla sua forza e sulla sua chiamata.

Perché in una certosa? Cosa ti ha attratto di più di quella vita?

Ho sempre avuto molto contatto con la montagna, con l’ambiente naturale e la vita contemplativa mi ha sempre attratto molto, perché era una vita di riflessione, di preghiera, di sguardo verso un Dio, che è tutto, che è l’unico che ci ha creato, colui che ci sostiene in ogni momento. È un tipo di vita che ha qualcosa di molto speciale per donarsi a Dio in modo pieno. Non mi sono mai piaciute le folle e la vita di solitudine l’ho sempre condotta abbastanza bene. Sono sempre stato attratto dalla vita eremitica. Ho un amico per metà eremita, e con lui ho sempre avuto un ottimo rapporto e tanta amicizia.

Perché il contatto con la natura, il silenzio… qualcosa che hai sempre cercato?

Fin da piccola ho fatto molti momenti di escursioni il sabato con i miei genitori, passeggiando, camminando in montagna … Dei miei 5 fratelli, 4 di noi sono andati per le montagne alla scoperta dei castelli, per esplorare la geografia intorno a Castellón, le diverse montagne… e questo è stato ulteriormente intensificato dal mio amore per la speleologia. Ho sempre avuto bei momenti e silenzio, di raccoglimento, di ammirazione delle meraviglie del creato.

Come è stato il processo di discernimento?

È stata una cosa che è durata molto tempo, parlare con persone diverse, studiare com’era la vita monastica, meditare… Ho fatto una piccola esperienza vocazionale 2 anni fa durante una prova di 2 settimane in certosa e l’ho vissuta molto bene e mi sono adattato molto bene alla vita nell’eremo, che è dove vivono e si ritirano i certosini. Sono una specie di case dove c’è un giardino e spazi diversi per il lavoro, la preghiera, il bagno, il letto, la scrivania o lo studio…

Qual è stato il punto di svolta in cui hai preso quella decisione epocale nella tua vita?

È una domanda complicata e una decisione difficile. Quell’opzione nella mia vita mi è sempre rimasta in testa e una volta fatto il test e mi sono adattato bene, la bilancia ha optato per questo tipo di vita verso Dio, lasciando il mio lavoro e lasciando tutto per il Signore. Con gioia ho deciso di lasciare il secolo per dedicarmi interamente a Dio.

Continua…

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 12)

Eine_Karthäuserin_wie_sie_eingekleidet_[...]Verhelst_Egid_btv1b100523755

CAPITOLO 12

Professione

1 Morta al peccato e consacrata a Dio per battesimo, la monaca, per professione, è più totalmente dedicata al Padre celeste; liberata dai vincoli del mondo, potrà ormai tendere alla pienezza della carità per un cammino più diretto. Il patto saldo e stabile che la lega al Signore la rende partecipe del mistero dell’unione indissolubile di Cristo e della Chiesa; davanti al mondo, essa testimonia la vita nuova che Cristo ha acquistato per noi mediante il suo sacrificio redentore. (St 10.1; 18.1)

2 Prima della fine del noviziato, la novizia, se si ritiene idonea, sarà presentata alla comunità; quest’ultimo, dopo un serio esame, si pronuncerà, pochi giorni dopo, sulla sua ammissione alla professione temporanea (cfr 11.10). È importante che il novizio si impegni solo dopo un’attenta considerazione e in piena libertà. (St 10,2; 18,4)

4 La futura professa scriverà lei stessa la sua professione nella forma seguente: Io, suor N., prometto… stabilità, obbedienza e conversione dei miei costumi davanti a Dio e ai suoi santi, e le reliquie di questo eremo, edificato a gloria di Dio e ad onore della Beata Maria, sempre Vergine e di San Giovanni Battista, alla presenza di Madre N., priora. Dopo prometto, se è la prima professione temporanea, aggiungiamo per tre anni; e quando tale professione viene prorogata, viene indicata la durata della proroga; se è la professione solenne, si dice per sempre. (St 10.9; cf. 18.10)

5 Va notato che tutti i nostri eremi sono innanzitutto dedicati alla Beata Vergine Maria ea San Giovanni Battista, i nostri principali patroni in cielo. L’orario di ogni professione deve essere datato e firmato dalla professa e dalla priora che ha ricevuto i voti. È conservato negli archivi della casa. (St 10,10; 18,11)

8 La prima professione è emessa per tre anni. Al termine di questo periodo, spetta alla priora, previo voto della comunità (11.10), ammettere la giovane professa al rinnovo della professione temporanea per due anni. Per i giovani professi di clausura, questi ultimi due anni devono essere trascorsi tra i professi di voti solenni. La giovane professa conversa rimane sotto la guida della padrona. (cfr 9.9) La priora può, a sua discrezione o su richiesta della giovane professa, prolungare il tempo di prova per la professione temporanea, sia dopo i primi tre anni e prima della rinnovazione dei voti per due anni, sia dopo cinque anni. anni, prima dell’emissione della professione solenne. Ma la durata totale dei voti temporanei non deve in nessun caso superare i sei anni. Per giusta causa, il Capitolo Generale o il Rev.do Padre possono esentare un soggetto dalle norme relative alla durata del noviziato oa quella dei voti temporanei, essendo esentato dalle norme del diritto universale. (St 10,4; 18,5)

9 Al discepolo che segue Cristo è chiesto di rinunciare a tutto ea se stesso: prima dei voti solenni, la futura professa deve dunque sbarazzarsi di tutti i suoi beni attuali. Può anche disporre di proprietà future a cui ha diritto. Nessuno nell’Ordine dovrebbe chiederle nulla di ciò che ha, nemmeno opere pie o elemosine destinate a nessuno. Al contrario, la giovane professa deve poter disporre di tutto liberamente ea suo piacimento. (St 10,6; 18,7)

12 La professione fatta, colei che è appena stata accolta ora sa di essere così estranea a tutto il mondo che non ha più potere su nulla, nemmeno sulla sua persona, senza il permesso della Priora. Tutti coloro che hanno deciso di vivere sotto una regola devono osservare l’obbedienza con grande diligenza; ma ad essa dobbiamo dedicare tanto più pietà e cura quanto più ci sottoponiamo ad una dichiarazione più rigorosa ed austera: se davvero, purtroppo, mancasse l’obbedienza, tutti questi sforzi rimarrebbero vani. Di qui le parole di Samuele: Meglio obbedienza che vittime; sottomettersi a un prezzo più alto che offrire il grasso dei montoni. (St 10,11; 18,13) 13 Sull’esempio di Cristo Gesù che venne per fare la volontà del Padre e che, assumendo la condizione di servo, imparò, da ciò che patì, l’obbedienza, la monaca, per professione, si sottomette alla priora che rappresenta Dio; si sforza così di permettere a Cristo di raggiungere in lei la sua piena statura. (St 10.13)

14 Dopo la professione solenne o la donazione perpetua, le monache possono ricevere la consacrazione verginale, di cui l’Ordine ha sempre mantenuto la tradizione, tenendo conto delle norme decretate dai preliminari del rito certosino di consacrazione, sotto il titolo IV . Le case che lo desiderano possono seguire l’antica usanza secondo la quale tutte le monache del chiostro ricevono questa consacrazione.

15 La consacrazione verginale è un rito solenne con il quale la Chiesa stabilisce la vergine in stato di appartenenza a Dio. Diventa come primizia del Regno a venire e simbolo trasparente del grande sacramento, la cui pienezza è l’unione di Cristo e della Chiesa. L’offerta che la vergine fa a Dio della sua verginità durante la consacrazione richiede una particolare effusione dello Spirito Santo. Attraverso la fedeltà e la disponibilità con cui accoglie questo dono, aggiungerà una nuova bellezza al Corpo mistico di Cristo e, attraverso la sua unione con Lui, diventerà una sorgente di vita più feconda per il mondo. La vergine consacrata ha cura del suo Signore. La sua vita è nascosta in Dio con Cristo. Ad imitazione di Maria, vergine Madre di Dio, desidera essere, in verità, la serva del Signore.

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 11)

251038170_2957459617830480_3677666592919879777_n

CAPITOLO 11
Il noviziato

1 Coloro che ardono d’amore divino, alla ricerca dell’eterno, aspirano a lasciare il mondo, devono al loro arrivo con noi sentirsi accolti dallo stesso spirito. È quindi molto importante che i novizi trovino nelle case destinate alla loro formazione l’esempio dell’osservanza regolare, della pietà, della custodia della cella e del silenzio, come anche della carità fraterna. Altrimenti sarebbe vano sperare di vederli perseverare nella nostra vocazione. (St 8,1; 17,1)

2 I candidati che si fanno avanti devono essere considerati con cura e prudenza, secondo l’avvertimento di san Giovanni: Metti alla prova gli spiriti per vedere se sono da Dio. È certo infatti che l’Ordine progredisce o declina, in qualità come in numero, a seconda che i novizi siano scelti e formati bene o male. Le Priore devono informarsi attentamente sulla loro famiglia, sulla loro vita passata, sulle loro attitudini fisiche e psichiche; sarà bene consultare su questo argomento medici prudenti, che conoscono bene la nostra vocazione. Tra le qualità richieste a un candidato per una vita solitaria, l’equilibrio e il giudizio vengono infatti prima di tutto. (St 8,2; 17,2)

3 Solo tra i candidati possono essere ammessi coloro che la priora e la maggioranza della comunità riterranno dotati di spirito religioso, maturità e forza fisica sufficienti a reggere il peso dell’osservanza. Devono mostrarsi capaci, certo, della solitudine, ma anche della convivenza. Non abbiamo l’abitudine di ricevere novizi prima dei vent’anni. (St 8,3; 17,3)

4 È necessaria una maggiore riservatezza per l’ammissione di alcune persone che abitualmente si adattano con più difficoltà alle nostre osservanze e al nostro modo di vivere: coloro che hanno più di trentacinque anni, coloro che sono legati o che sono stati vincolati con i voti in un istituto religioso, coloro che hanno già abitato a qualsiasi titolo in una casa dell’Ordine e poi l’hanno lasciata. Queste persone non possono essere ammesse al postulato senza l’espressa autorizzazione richiesta al Capitolo Generale o al Rev.do Padre. Se questi ultimi lo ritengono necessario, il permesso può essere differito fino alla fine del postulato, ma non oltre un anno. Questa esenzione può essere concessa solo per ragioni veramente eccezionali. Nel caso di un professo di voti perpetui, il Rev.do Padre deve ottenere il consenso del Consiglio Generale. (St 8.4; 17.4) La candidata che intenda richiedere una delle esenzioni di cui sopra deve riflettere attentamente, e ricordare che l’Ordine, concedendole tale permesso, non si impegna in alcun modo alla sua definitiva ammissione nel caso in cui, dopo i lunghi anni di libertà vigilata, alla fine sarebbe stata ritenuta inadatta.

6 Quando una candidata ci si presenta, le chiediamo in particolare le sue motivazioni e intenzioni. Se davvero sembra cercare solo Dio, è esposta allo scopo della nostra vita, alla gloria che speriamo di dare a Dio partecipando alla redenzione, alla felicità di lasciare tutto per seguire Cristo. Ma gli si presentano anche prospettive dure e austere; mettiamo sotto il suo sguardo, per quanto possibile, tutti gli aspetti della vita che desidera abbracciare. Se non è scossa e si impegna risolutamente a percorrere una strada difficile mediante la fede nella parola del Signore, determinata a morire con Cristo per vivere con Lui, allora, secondo il Vangelo, è invitata a riconciliarsi con chiunque ha un rimprovero per lui. (St 8.6,7; 17.7)

7 Se è candidata alla clausura, deve saper vivere in solitudine, possedere in particolare una certa cultura generale, saper imparare il canto e, se possibile, avere una certa conoscenza del latino. (St 8,6) Se è candidata ai colloqui, faremo in modo che possa raggiungere gradualmente questa unità armoniosa che deve esistere tra contemplazione e azione nella nostra vita solitaria. Si esaminerà anche se possiede le attitudini richieste per impegnarsi nel lavoro ordinario dei condannati.

8 Con la postulante usiamo soprattutto gentilezza e dolcezza, e non le permettiamo di affrontare subito tutta l’austerità della nostra vita, ma solo a poco a poco, secondo le sue possibilità. (cfr. 8.4) Prima di iniziare il noviziato, la postulante in stato di conversa o donata si familiarizza gradualmente con la sua nuova vita. Partecipa alla liturgia in chiesa e assolve l’Ufficio come le monache laiche e donate. Si esercita in varie opere e obbedienze. (St 17.8)

9 La prova dura da sei mesi a un anno. Verso la fine di questo tempo, il postulante viene presentato alla comunità per essere ammesso al noviziato. Il voto si svolge in un altro giorno. (Per l’ammissione al noviziato di monache laiche e religiose, cfr. 17.3). (St 8.8)

11 L’ingresso in noviziato sarà preceduto da un ritiro di otto giorni per le monache della clausura. Per conversazioni e dati, questo ritiro sarà di almeno quattro giorni.

12 Poiché ha deciso di lasciare tutto per seguire Cristo, la novizia, se avesse denaro o altro, dà tutto alla priora. Questa, o la suora da lei designata, li custodirà fedelmente in deposito. Per noi non chiediamo nulla a coloro che vogliono entrare nell’Ordine, né ai novizi. (St 8,11; 17,10)

13 Il noviziato dura due anni. La priora può prorogarlo, a sua discrezione o su richiesta della novizia, ma non oltre i sei mesi. (St 8,13) I novizi che si orientano sulla via della conversazione o dei dati devono aver fatto la loro scelta tra questi due stati al più tardi alla fine del primo anno. Prenderanno questa decisione da soli liberamente. (St 17.12) Se un dato novizio del secondo anno, o un dato, passa allo stato di conversa, spetta alla priora precisare le tappe della formazione, in modo che si estenda su sette anni e almeno la metà e che le norme di legge sono rispettate. Si procederà in modo analogo per il passaggio di un colloquio, novizio o professo di voti temporanei, allo stato di dato. (St 17,14)

17 San Paolo scriveva ai primi cristiani: Dio non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze. Anche tu, novizio, non lasciarti schiacciare dalla tentazione: è la parte che accompagna Cristo nel deserto. Sfida te stesso con le tue forze, riponi la tua fiducia in Gesù; se ha partorito la tua vocazione, realizzerà l’opera iniziata. (St 8:16; 17:15)

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap.7)

safe_image

CAPITOLO 7
Le norme della nostra clausura

1 La nostra clausura è una clausura papale: una separazione più rigorosa dal mondo per dedicarci in solitudine ad una preghiera più intensa. È un modo particolare di vivere ed esprimere il mistero pasquale di Cristo che è morte per una risurrezione.
2 Secondo le norme date dalla Santa Sede, monache, novizie e postulanti non escono di casa, se non in casi ben definiti. Allo stesso modo, solo le persone la cui presenza è prevista da questi standard entrano nella clausura.
3 Per le necessarie visite mediche, o per adempimenti amministrativi, seguiamo le regole del nostro stesso diritto (21.5-6; 6.2). D’altra parte, a causa della vita solitaria che conduciamo, possiamo uscire dal recinto per fare spazio. (15.9)
4 Per svolgere lavori manuali, la priora può autorizzare le monache a lasciare la clausura, restando all’interno degli edifici (chiesa, foresteria, sale di visita). Tuttavia, non dovrebbero andare nel quartiere dei monaci.
5 Le monache dell’Ordine di passaggio in una delle nostre case possono soggiornare all’interno della clausura.
6 Durante gli Uffici, la separazione richiesta dalla parte della chiesa non recintata sarà assicurata, a giudizio dei visitatori, con mezzi approvati dalla Santa Sede, tenuto conto della diversità delle case.
7 Riceviamo tutte le visite al parlatorio, ma nessuno va senza il permesso della priora o, in sua assenza, della sottopriora.
8 La sala visite ha una separazione materiale, come una griglia o un tavolo fisso. Quando riceviamo i nostri genitori, le monache che lo desiderano possono, a giudizio della priora, accoglierli in luoghi che non prevedono alcuna separazione, ed uscire con loro in giardino, nei limiti fissati. Se c’è un cancello nella sala visite, possiamo aprirlo. In nessun caso, però, le suore sono presenti durante i pasti dei genitori, ed esse stesse non entrano nel recinto.
9 Quando accogliamo, fuori della clausura, delle fanciulle venute ad esaminare la loro vocazione certosina, possiamo, a giudizio della priora, accoglierle nello stesso modo appena detto per i nostri genitori (nn. 7 e 8 ).
10 Durante la Visita, i Visitatori entrano nella chiusura per vedere i luoghi. Possono anche entrare per incontrare l’intera comunità e, secondo l’usanza della casa, possono votare a cancelli aperti se lo ritengono opportuno.
11 A loro è affidato il compito di vigilare sull’osservanza della recinzione in ogni casa. Al momento della Visita, esamineranno tutto ciò che riguarda la custodia del recinto, in particolare i confessionali e le sale di visita. Ricorderemo anche la responsabilità che la Chiesa affida all’Ordinario del luogo riguardo alla clausura.
12 Tuttavia, ogni monaca deve sentirsi responsabile davanti a Dio della propria solitudine e di quella della comunità. È soprattutto la fedeltà del nostro cuore che ci permetterà di assumere le norme della nostra clausura, nella quale si incarna il nostro spirito di solitudine.

Statuti delle monache dell’Ordine Certosino (cap. 6)

69735771_9858eb8670

CAPITOLO 6
A guardia della clausura

1 Fin dall’inizio l’intenzione dell’Ordine è stata quella di dare alla nostra assoluta consacrazione a Dio un’espressione visibile e un sostegno con una chiusura molto rigorosa. Quanto bisogna evitare di uscire senza seria necessità è evidente nel fatto che il priore di Chartreuse non varca mai i limiti del suo deserto. Poiché un Ordine religioso impone la stessa osservanza a tutti i suoi professi, noi che abbiamo adottato la forma di vita della Certosa – da cui il nostro nome di Certose – non ammettiamo facilmente eccezioni su questo punto. Se però la necessità ci obbliga a farlo, dobbiamo sempre chiedere il permesso al Reverendo Padre, salvo i casi urgenti o previsti dagli Statuti. (St 6.1)
3 Normalmente le persone esterne che devono circolare nella clausura sono accompagnate da una suora. Evitiamo il luogo dove sono. Se è necessario attraversarli, li salutiamo gentilmente e ci incamminiamo in silenzio. A meno che la priora non dia un permesso eccezionale, le monache non lavorano con fratelli o operai.
4 Le porte di accesso alla recinzione devono essere chiuse, sotto la responsabilità della porta, che sarà preferibilmente una conversa. Non fa entrare o uscire nessuno senza il permesso della priora.
5 La porta sarà a servizio di tutti; avrà un atteggiamento religioso ed eviterà ogni pettegolezzo: così il suo esempio gioverà al secolare. Se pensa di dover accogliere qualcuno o allontanarlo, lo farà con gentilezza, ma in poche parole. (St 13.6)
6 Tuttavia, una chiusura rigorosa sarebbe un’osservanza farisaica se non fosse il segno di quella purezza di cuore a cui è promessa solo la visione di Dio. Per riuscirci è necessaria una grande rinuncia, soprattutto per quanto riguarda l’istintiva curiosità che la natura ha per le vicende umane. Non lasciamo che la nostra mente corra per il mondo alla ricerca di novità e novità: la nostra parte è invece quella di rimanere nascosta nel segreto del volto di Dio. (St 6,4; 13,1)
7 Dobbiamo quindi evitare libri o periodici secolari capaci di turbare il nostro silenzio interiore. Sarebbe particolarmente contrario allo spirito dell’Ordine permettere ai giornali che parlano di affari politici di entrare nei nostri chiostri. Le priore cercheranno anche di persuadere le loro sorelle ad essere molto riservate riguardo alle letture secolari. Ma un tale invito, per essere compreso, richiede una mente matura e controllata, capace di assumersi fedelmente tutte le conseguenze per la parte migliore che ha scelto: sedersi ai piedi del Signore per ascoltare la sua parola. (St 6,5; 13,11)
8 Eppure l’unione con Dio non restringe il cuore, ma lo dilata; gli permette di portare in Dio le aspirazioni ei problemi del mondo, nonché le grandi intenzioni della Chiesa, di cui è normale che le monache abbiano una certa conoscenza. Tuttavia, la nostra sollecitudine per i fratelli, se è vera, si esprimerà non con soddisfazioni concesse alla curiosità, ma con un’intima comunione con Cristo. Spetta a ciascuna ascoltare lo Spirito per discernere ciò che può ammettere nel suo interno senza turbare il colloquio con Dio. (St 6,6; 13,10)
9 Se ci capita di apprendere qualche notizia dal mondo, stiamo attenti a non trasmetterla; piuttosto, lasciamo questi rumori esterni dove li abbiamo sentiti. Spetta alla priora far conoscere alle sue monache ciò che non dovrebbero ignorare: la vita della Chiesa anzitutto e le sue necessità. (St 6,7; 13,4)
10 Se per casa passano persone dell’Ordine o di altre parti, non si deve cercare di parlare con loro senza reale bisogno. Perché la suora, attaccata seriamente alla solitudine, desiderosa di silenzio e di pace, non guadagna nulla facendo o ricevendo visite senza motivo. (St 6,8; 14,9)
11 Sta scritto: Onora tuo padre e tua madre. Per accogliere i nostri genitori e i nostri cari, moderiamo la severità della nostra recinzione ogni anno per due giorni, consecutivi o meno. Altrimenti, se la carità di Cristo non ci impone davvero di fare un’eccezione, evitiamo di far visita agli amici e di parlare con le persone del mondo. Sappiamo che Dio è degno di questo sacrificio, più utile agli uomini delle nostre parole. (St 6,9; 13,7)
12 Se i nostri parenti più prossimi, in circostanze eccezionali, richiedono la nostra presenza al loro
lato, ricorderemo che scegliendo la solitudine per Dio abbiamo voluto donarci liberamente a Lui in modo completo e definitivo. Il nostro affetto li assiste così in modo più profondo, perché confidiamo che il Signore stesso poi si prenderà cura di loro per noi.
14 Non riceviamo nessuno in albergo per ritiri, ad eccezione di coloro che aspirano alla vita certosina. Queste possono, se lo desiderano e se la priora lo ritenga utile, stare dentro la clausura per un periodo non superiore a un mese, una o due volte.
16 Più prezioso della solitudine esteriore, il carisma della castità è un dono di Dio che libera il cuore in modo eccezionale e incoraggia ciascuno di noi, affascinato da Cristo, a dedicarsi interamente a Lui. Questa grazia non lascia spazio alla ristrettezza di cuore o all’egoismo, ma, in risposta all’amore inesprimibile che Cristo ci ha mostrato, deve dilatare la nostra anima nell’amore, e farle sentire un invito irresistibile a sacrificarsi sempre più completamente. Per questa verginità spirituale che è silenzio e semplicità quando è divenuta possesso di Dio, annunciamo queste misteriose feste di nozze da lui istituite per manifestarsi pienamente nel secolo futuro, in cui la Chiesa ha Cristo come unico Sposo. (St 6,15; 13,14)

Riflessioni sulla vocazione

monaca certosina cartoon
Cari amici, voglio condividere con voi questa testimonianza di una amica, della quale come di consueto rispetterò l’anonimato in stile certosino, sulla sua esperienza in certosa. Il titolo di questo articolo è “Riflessioni sulla vocazione”, come da lei richiestomi. Un ringraziamento speciale da parte mia e credo anche da parte di voi tutti.

Reflections on a vocation (in inglese)

1. Come hai fatto a prendere contatti con una certosa femminile?
Ho deciso di entrare in contatto con il Priore della Certosa nel mio Paese, Inghilterra, e gli ho chiesto consigli su come aderire all’Ordine Certosino. È stato molto gentile e mi ha messo in contatto con la Maestra delle novizie di una Certosa in Francia. La comunicazione non è stata difficile perché già parlavo un po’ di francese, ma per approfondimenti e domande più complessi, un monaco di lingua inglese ci visitava dalla Grande Certosa ed una suora di lingua inglese dalla ‘Society of St. Paul”, che era una psicologa esperta, ci visitava anche per comunicare con me.
2. Quale certosa preferivi tra quelle femminili?
Non avevo preferenze perché non conoscevo nessuna delle Certose o delle comunità, anzi non sapevo che ci fossero differenze tra le comunità o le case, mi fidavo solo della Divina Provvidenza e accettavo la direzione che mi era stata data dal Priore della Certosa di Sant’Ugo, che mi aveva incontrato personalmente e scambiava corrispondenza con me.
3. Come hai capito di essere incline allo stile di vita claustrale delle certosine?
Avevo letto tutti i libri della “DLT series” dai certosini: “They Speak by Silences”, “The Prayer of Love and Silence”, ecc. E qualcosa si è mossa profondamente nella mia anima, un’attrazione, un sussurro che diceva “Ti voglio”. Quindi, per testare l’autenticità di questo movimento nella mia anima, ho scritto prima al Priore di Sant’Ugo e poi, dopo averlo incontrato e le sue istruzioni, ho contattato la Maestra di Novizie a Reillanne, in Francia. Mi ha risposto invitandomi a venire a provare la vita per una settimana durante le mie vacanze di Natale (all’epoca ero insegnante in un collegio). Dopo questa visita iniziale sono stata invitata a tornare per una seconda visita durante le vacanze di Pasqua. In questa seconda visita, mi è sembrato più chiaro che Dio voleva che lasciassi tutto e Lo seguissi nel deserto, perché mi è stato chiesto di dimettermi dalla mia posizione in collegio e mi è stato dato una notevole somma di denaro per farlo! Nell’estate di quell’anno avevo venduto la mia casa e quindi ero libera da attaccamenti mondani ed obblighi finanziari per unirmi definitivamente alla comunità, e così ho fatto, nell’agosto 1996.
4. Come hai affrontato l’idea di distaccarti dalla tua famiglia?
Avevo lasciato la casa e la sicurezza della famiglia molti anni prima di unirmi ai certosini a 34 anni, quindi non è stato difficile per me staccarmi da loro o lasciarmi andare. In precedenza, avevo già provato la mia vocazione con le Suore di San Giuseppe di Cluny e con i Cistercensi della Stretta Osservanza, quindi questo era solo un altro passo nel mio cammino di fede e discernimento di ciò che Dio voleva da me.
5. Come hanno reagito i tuoi genitori?
I miei genitori sono stati lieti e tuttavia anche cauti. Avevano avuto precedenti esperienze dei miei “pellegrinaggi”, la mia ricerca di qualcosa di profondo ed avvincente che mi assorbisse e soddisfacesse. In segreto, mio padre era molto “orgoglioso” di pensare che una sua figlia sarebbe diventata certosina, questa non è una piccola cosa, una tale chiamata è un grande dono di Dio, quindi era determinato a pregare per me ed a sostenere il mio viaggio. Ma anche era aperto alla possibilità che la strada fosse dura e che Dio potesse indicarmi un altro cammino. Mia madre era più preoccupata, temeva che io non trovassi una comunità che mi accogliesse, ma che, forse, fossi stata ferita o danneggiata dall’esperienza.
6. Quando è arrivato il giorno della partenza, cosa è successo?
Ho noleggiato un’auto e l’ho caricato con tutti i miei libri ed altri materiali che immaginavo che la comunità potesse usare, ad esempio un computer e una stampante, biancheria da letto, asciugamani, statue e vestiti ecc. Poi ho guidato per più di 1500 Km fino a Reillanne, prendendo un amico lungo la strada, che aveva accettato di riportare la macchina per me. Mi ci sono voluti 4 giorni in totale, quindi ho avuto la possibilità di vedere la campagna e praticare il mio francese, e sintonizzare l’orecchio con l’accento.
7. Giunta in Francia, chi ti ha accolto?
Sono arrivata alla Certosa nel pomeriggio e sono stata subito accolta dalla Maestra di Novizie, che stava ascoltando il suono della macchina. Lei è rimasta un po’ stupita da tutti i libri che avevo portato con me, ma ha preso un piccolo carrello e dopo aver svuotato il bagagliaio della macchina e salutando l’amico accompagnatore, abbiamo portato quello che potevamo e lei mi ha mostrato la cella che dovevo occupare per i successivi 12 mesi.
8. Come ti è apparsa la certosa appena sei entrata?
Sono rimasta sorpresa dalle dimensioni della cella. Nelle mie due precedenti visite ero rimasta nella foresteria e frequentavo i servizi liturgici solo attraverso la cappella pubblica, rimanendo per il resto del tempo nella stanza a me assegnata e non mescolandomi affatto con la comunità, appena visitata dalla Maestra di Novizie ogni giorno per un’ora di conversazione, il resto del tempo lo trascorrevo in silenzio, leggendo e pregando, dormendo e mangiando. La Maestra di Novizie mi ha assicurato che le dimensioni della cella erano necessarie affinché lo spirito crescesse ed espandesse, in totale, la piccola casa ed il giardino occupavano circa. 15×17 metri.
9. Da chi era composta la comunità?
C’erano 16 membri della comunità di cui io ero la più giovane a 34 anni, mentre la più anziana aveva 90 anni. C’era una novizia (tedesca) a quel tempo, una postulante, una signora americana matura che aveva già vissuto come eremita professa per molti anni e durante i 12 mesi in cui ero lì, 1 altra postulante (francese sui 20 anni) che si era unita poi ha lasciato la comunità dopo un mese o due. Durante i 12 mesi in cui sono stata lì è morta la fondatrice della comunità, ho avuto il grande privilegio di sedermi e pregare con lei nelle ore prima che andasse nella sua agonia. La comunità aveva inoltre due sacerdoti e un fratello laico appartenenti all’Ordine.
10. Come ti è sembrata la vita in certosa?
È stata una benedizione! Pensavo di aver trovato il paradiso in terra. Ero così felice. Tutte le preoccupazioni e le cure che si avvolgono intorno alle spalle nella vita nel mondo, sono svanite da me, il mio spirito ha sperimentato una grande libertà e un senso di pace. Durante l’anno, anche la mia anima è entrata nel silenzio interiore, un silenzio in cui cessa la voce interiore e si prende coscienza solo della creazione e della presenza di Dio nella sua creazione.
11. Cosa facevi e cosa non facevi?
Ho svolto la maggior parte del mio lavoro in cella, dal momento che è stato determinato fin dall’inizio che mi sarei addestrata per diventare una suora del coro. Ho dovuto studiare il francese, in modo da poter comunicare meglio con le altre sorelle; Latino, in modo che potessi approfittare profondamente la liturgia; cantando in modo che la mia voce fosse adeguatamente allenata; Ho anche fatto giardinaggio, preparato il legno per la stampa di icone, cucito un abito da lavoro per il fratello monaco che era un membro della comunità, preparato verdure e tradotto un libro per lo psicologo in visita collegato alla comunità. Una volta ho aiutato l’altra postulante a piegare i panni nella lavanderia, ma a parte il lavaggio comune di piatti e pentole che si faceva ogni domenica, lavoravo da sola o nella mia cella o in altre celle vuote della Certosa che necessitavano delle cure di un giardiniere, o pulizie o pittore / stuccatore / decoratore.
12. Quanto era distante la realtà da della vita in certosa da come l’avevi immaginata?
La vita nella Certosa era esattamente come l’avevo immaginata, comprese le prove interne ed esterne. Ogni giorno si svolgeva con un ritmo rilassato e facile, ogni settimana seguiva uno schema prevedibile ed equilibrato, ogni anno era scandito dal cambio delle stagioni e dalle celebrazioni liturgiche. Il mio corpo si è adattato molto rapidamente ai rigori della dieta e al ritmo del sonno, poiché i miei livelli di stress sono diminuiti rapidamente, i miei capelli sono diventati folti e molto lunghi, i miei occhi hanno guadagnato una gioia che brillava da loro, il peso in eccesso è caduto da me. Piccoli incidenti hanno dato origine a storie che mi hanno insegnato lezioni e aperto prospettive nella mia mente. L’uccello che bussa alla finestra durante l’inverno chiedendone un pezzo; il serpente emerso sotto una roccia dove ero seduta 5 minuti prima; l’ultraleggero che girava in cerchio è un pilota che spia la nostra libertà sotto il sole estivo; la mia rimozione di tutte le piantine di fiori scambiandole per erbacce; il mio beato oblio del tempo in cui dovevo essere nella dispensa a lavare i piatti con gli altri.
13. Quanto ti ha spaventato il silenzio?
Il silenzio non mi ha mai spaventato, e il silenzio della cella mi ha attirato verso un silenzio più profondo e sensibile, un ascolto del cuore che mi ha aperto la mente ad altri mondi interiori ed esteriori.
14. E la notte? Quanto dormivi?
Dormivo dalle 20.00 a mezzanotte e poi dalle 3.00 alle 6.00, 7 ore in totale. Il secondo sonno è stato sempre più difficile per me, la mia mente era più sveglia dopo le ore di canto gregoriano, e mi è stato consigliato di prendere una bevanda calda di latte e miele per aiutare il mio riposo dopo essere tornata in cella, il che ha aiutato enormemente.
15. Il bilancio di questi dodici mesi?
Ogni domenica mattina mi univo alle novizie e alle altre postulanti con la Maestra delle Novizie per la condivisione spirituale, una rilettura del Vangelo domenicale e la condivisione dei pensieri che esso provocava; dopo il pranzo della domenica lavavamo, ho anche lavato i piatti della comunità; ogni lunedì pomeriggio le accompagnavo anche nella loro passeggiata / spaziamento settimanale; e partecipavo pienamente al programma liturgico quotidiano e ai pasti della comunità domenicale, alle uscite annuali (sì, ad eccezione delle suore molto fragili e malate, uscivamo tutte insieme in un minivan per un’intera giornata di escursione e picnic) e le ricreazioni trimestrali (un incontro di gioia, giochi e condivisione nella sala ricreativa della comunità tutte insieme, comprese le suore molto anziane). Le uniche cose da cui ero esclusa erano le riunioni capitolari settimanali ed il regolare lavoro quotidiano nelle obbedienze come la cucina, la lavanderia e la foresteria in cui erano impegnate le sorelle converse e donate; inoltre non mi era permesso cantare in coro, ma solo seguire la notazione musicale nei libri dell’ufficio con gli occhi e le orecchie mentre cantavano le suore professe.
16. Come ti è sembrato tornare a casa?
L’anno mi è stato dato come momento per il discernimento di ciò che Dio voleva fare con me. Dopo 11 mesi di beatitudine vivendo come una suora del coro, ma senza cantare, (posso cantare in modo molto bello con gioia quando lo Spirito Santo prende il sopravvento sulla mia voce, ma di solito sono completamente sorda e suona male stonata e quindi non ho fiducia nel cantare), ho provato la vita di una suora donata con la comunità, partecipando al lavoro delle suore converse e donate nelle loro obbedienze, lavorando specificatamente per il cellario nella cucina. Il cambio di orario e di routine mi ha aperto all’enorme sacrificio di rinunciare al silenzio più profondo e alla solitudine della cella, e mi ha fatto riconoscere che il mio orgoglio di non essere una suora del coro era gravemente intaccato dall’opportunità di crescere in umiltà e pratica, essendo la serva di tutte come una sorella donata. Così, dopo un ulteriore mese, 12 mesi in totale, mi è stata data la scelta di tornare nel Regno Unito, accompagnato dalla postulante americana che aveva terminato tre anni di discernimento, e così, seguire il consiglio della mia Maestra di Novizie, che dovevo perseguire un cambiamento di carriera, passando dal mondo dell’educazione alla medicina, per darmi l’opportunità di incontrare qualcuno che potrebbe diventare mio marito; o di continuare altri tre mesi con la comunità e poi vestirmi ed entrare in noviziato, come novizia, con lo scopo di unirmi alla comunità allora fondata in Corea del Sud. Ho scelto di tornare nel Regno Unito.
17. Cosa ti mancava di più?
L’assenza di stress che il mondo ci rapisce in cui ci rientriamo subito, ma che è assenza in una vita ordinata alla gloria di Dio, e una vita vissuta solo per Lui, solo, nell’accogliente sicurezza di una amorevole comunità religiosa
18. In cosa consiste la tua vita adesso?
Ora sono sposata, ho due figli adulti e seri problemi di salute miei da affrontare, quindi la vita è molto diversa, ma è pur sempre un viaggio nel mistero dell’amore che quotidianamente ognuno di noi è invitato ad impegnarsi.
19. Cosa consiglieresti alle giovani donne lettrici di Cartusialover attratte dalla vocazione certosina?
Ascolta il tuo cuore e “Non avere paura”!
La comunità è così adorabile che ti aiuterà ad ascoltare la voce di Dio, a discernere la Sua volontà per te senza alcuna pressione. Sarai ampiamente ricompensata se vai con il cuore aperto a dare tutto e e ricevere molto di più.

Grazie